Cratere Vesuvio e Campi Flegrei sul fondo immagine |
Anche di recente, alcuni esperti dell’osservatorio
vesuviano hanno ribadito che non ci sono evidenze di risalita di magma nel
sottosuolo dei Campi Flegrei. L’affermazione oltremodo tranquillizzante, pare
che sia stata ispirata dai dati provenienti dai famosi strumenti multi
parametrici in dotazione all’INGV-OV. È notizia di oggi invece, che non si può
escludere una rapida evoluzione verso lo stato di pre allarme vulcanico, in
quanto all'origine del bradisismo, il noto processo d’innalzamento del terreno,
potrebbe esserci proprio la diretta partecipazione del magma. Addirittura si
citano articoli scientifici dove non si esclude la presenza di magma a bassa profondità,
e che il rovente prodotto può essere responsabile di taluni disordini vulcanici
che precedono nel breve un’eruzione.
A dare questa notizia che eleva fortemente la guardia sul
pericolo vulcanico, ancorché in antitesi con l’osservatorio vesuviano, non sono i
cattivoni del web, ma il ministro della protezione civile, Nello Musumeci, a
seguito di una riunione della commissione grandi rischi per il rischio
vulcanico, tenutasi il 27 e il 28 ottobre 2023. Il consesso scientifico
allargato a esperti nazionali e internazionali, ha infatti deliberato che c'è
poco da rassicurare, tant'è che l’autorevole comitato scientifico ha
sentenziato brevemente e per bocca del ministro che:<<…l'insieme dei
risultati scientifici rafforza l'evidenza del coinvolgimento di magma
nell'attuale processo bradisismico di sollevamento del suolo. In particolare,
ritiene che il quadro complessivo - pur se non di univoca interpretazione -
faccia comunque emergere la possibilità che i processi in atto possano evolvere
ulteriormente. La Commissione, pertanto, ritiene opportuno che sia le attività
di monitoraggio da parte dei centri di competenza, sia le attività di
prevenzione da parte delle varie componenti del Servizio nazionale di
Protezione Civile si intensifichino ulteriormente e si preparino all'eventuale
necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore rispetto
all'attuale giallo. (ANSA).
A fronte di questa novità che in verità non ci coglie di
sorpresa, rimane il fatto che la commissione grandi rischi insediatasi a inizio
ottobre nella sua veste standard, ebbe a riaffermare che il livello di allerta
vulcanica nel flegreo permaneva senza colpo ferire sul giallo. Come mai
venticinque giorni dopo, la stessa commissione fa lanciare l’allarme al
ministro Musumeci che la situazione nei Campi Flegrei è possibile che possa
evolversi rapidamente verso un livello di allerta arancione (pre allarme)?
I livelli di allerta vulcanica |
Riteniamo che esistano due possibili risposte che
probabilmente si completano a vicenda. La prima è che sono stati diversamente
interpretati i dati di monitoraggio fin qui acquisiti, al punto da far ritenere
agli esperti riunitisi ultimamente ai massimi livelli, che la sismicità lieve e
moderata dettata dal bradisismo che ha attanagliato il flegreo, con una
recrudescenza recente che ha allarmato, accompagnata da notevoli e
instancabili processi di degassazione dal sottosuolo, potrebbero essere tutti elementi ascrivibili proprio al magma, che pare si sia spinto fino a qualche chilometro dalla superficie, in più serbatoi, così come suggeriscono i modelli di alcuni ricercatori (Montagna, Papale, Longo).
La seconda possibilità è che il consesso scientifico e lo
stesso ministro Musumeci, hanno ritenuto inappropriato che tra gli
amministratori dei territori flegrei si sia rimosso il pericolo vulcanico, solo
perché permane un annoso stato di attenzione (giallo), considerato
inopinatamente fraterno compagno di viaggio a permanenza, e non una
sintomatologia geologica pericolosa, ancorché foriera di possibili evoluzioni
verso l'eruzione. Una persistenza quella del fenomeno bradisismico, che avrebbe
dovuto minimamente impensierire, e far scattare qualche campanello di allarme
non comodoso come quello attuale tarato sull’attenzione, che avrebbe
magari dovuto indurre ospedali e carceri a organizzarsi con le esercitazioni di
evacuazione, e i comuni a pianificare nel miglior modo possibile un eventuale
esodo emergenziale. È appena il caso di ricordare che in assenza di soglie di
riferimento per i passaggi da un livello di allerta vulcanica all'altro,
nessuno può escludere che l'attuale unrest nel sottosuolo flegreo, potrebbe già
essere prodromo a un passaggio di livello successivo a quello di
attenzione, perché il magma che finora nessuno ha visto, pare invece che stazioni a poca distanza dalla superficie. Il bradisismo, che ha le sue
origini nel calore magmatico, persiste da tempo; quindi, elementi di tranquillità
sono da ricercarsi solo nella natura umana che tende a dimenticare o ad obliare
i pericoli perduranti, perché nella natura di un campo vulcanico attivo invece, non
esiste fraternità, ma solo processi ineluttabili e a volte violenti, che
rendono vivo il Pianeta.
Con questo preambolo forse la sveglia bisognava proprio
suonarla, ed è un bene che l'abbia fatto proprio il ministro, in modo da non lasciare
spazio agli equivoci e alle speculazioni. È probabile che nei prossimi giorni
si entrerà nel merito di questo avvertimento giudicato dai media allarmante, perché chiama in causa
direttamente il magma. La nota di Musumeci che chiarisce che non si può escludere un passaggio a livelli superiori di pericolo eruttivo, denota pure un cambio di linguaggio istituzionale verso la chiarezza. La commissione grandi rischi
ha anche invitato le strutture di monitoraggio (OV) ad incrementare la loro
attività, magari fornendo alle stesse pure indicazioni su cosa cercare e come
cercarlo, per dissipare i dubbi sulla "quota" attuale del magma nei Campi
Flegrei.
A prescindere da tante altre disquisizioni che si possono
fare, occorre dire che in questi territori la necessità di destare la
popolazione potrebbe presentare qualche vantaggio organizzativo, anche dal
punto di vista della forma mentis, e favorire allo stesso tempo, nel bene e nel
male, un giudizio critico sull'operato della pubblica amministrazione. Infatti,
il ministro non ha mancato di sottolineare che sono quarant'anni che non si fa
niente di serio nelle comunità flegree per fronteggiare una possibile emergenza. Si rifletta sul termine non far niente, perché l'accidia non è
immobilità, ma una forma di tacito consenso che ha permesso a tantissimi cittadini di
insediarsi all'interno di una caldera vulcanica senza alcuna tutela, lasciando
lievitare quella che oggi è una vera calderopoli cementizia, collocata su magma
ballerino e dicono ben strutturato in altezza.
La cosa veramente insopportabile poi, è che in un connubio
tutto amministrativo di ordine locale, provinciale e regionale e coi silenzi della scienza, si è fatto passare il concetto che il bradisismo è un pericolo, una calamità a sé stante,
diverso da quello sismico e ben diverso da quello eruttivo. La parola eruzione
è odiata dai sindaci, che evitano anche solo di pronunciarla. Il motivo? Il
rischio eruttivo è povero e porta solo rinunce: quello bradisismico porta
soldi, un po' di assunzioni e pure passerelle… Con questo non vogliamo dire che
bisogna ridimensionare il rischio sismico/bradisismico in corso di zonazione, bensì che occorre
rivalutare quello vulcanico: quello che comprende l'intera caldera; quello catastrofico per intenderci, per fenomeni letali e vastità d’impatto pure oltre zona rossa.
L’onorevole Antonio Caso (M5S), ebbe a chiedere al capo
dipartimento della protezione civile, in seno a un’audizione in commissione
ambiente, tenutasi sempre a fine ottobre 2023, come mai non sia stato
predisposto un divieto di edificare nel senso residenziale nei territori della
zona rossa flegrea ad alta pericolosità vulcanica, alla stregua di quanto fatto
nei territori vesuviani con la legge 21/2003.
Il responsabile del dipartimento P.C. , ing. Fabrizio
Curcio, in questa occasione non ha dato una risposta esaustiva, dichiarando
che, come fatto da altri responsabili che l’avevano preceduto (dott. Italo
Giulivo n.d.r.), anche lui avrebbe sfuggito questa domanda. Il capo
dipartimento circa l'assenza di disposti regionali anti cemento, tanto
necessari per non far lievitare il valore esposto (numero di abitanti), e quindi
il rischio nella caldera vulcanica, ha chiamato in causa la
probabile necessità di coniugare le misure di sicurezza dei cittadini, con le
esigenze legate allo sviluppo:<<… Lo strumento di protezione civile è
uno strumento che accompagna scelte che riguardano la incolumità pubblica e
privata che accompagnano altre scelte legate alla vita e allo sviluppo delle
comunità. È nella sintesi politica territoriale che viene messa insieme
l’esigenza della sicurezza con l’esigenza dello sviluppo...>>. A
tradurre questa disquisizione, sembra che anche nel campo della protezione
civile, che è quello della salvaguardia dei cittadini, vige il principio che
occorre muoversi secondo logiche da rischi benefici, e non sul valore assoluto
dettato dalla vita umana. Allora qualcuno può sentirsi escluso dalle garanzie statali. L’ ing. Curcio, nel tentativo di giustificare una
classe politica vecchia e nuova accomunata dalla miopia e dal cinismo politico
basato solo sul presente, ha espresso motivazioni che preoccupano, verità certo, ma enormità diremmo, per il ruolo di soccorritore che ricopre,
ovviamente...
La mancata emanazione di uno strumento urbanistico che vieti la realizzazione di ulteriori manufatti abitativi nella zona rossa dei Campi Flegrei, è un dato di fatto che solo di recente pare stia assurgendo a notizia di rilievo, destando pure qualche incredulità nei soggetti più puri. In realtà ne parliamo da anni, ma nella maggior parte dei casi, la mancata legislazione è stata frutto di interessi economici ed elettorali, e chi avrebbe potuto segnalare nei regolamenti comunali lo stato di rischio vulcanico immanente, in attesa di una più ampia pianificazione regionale, non lo ha fatto. D'altro canto nessun politico vuole allarmare per non far crollare l'economia della zona rossa, comprendente il valore delle case; e poi non si vuole limitare l'urbanizzazione perché ci sono i lavoratori dell'edilizia da salvaguardare, gli imprenditori, i mediatori, i rivenditori di prodotti cementizi e affini, e l'intero business che accompagna il cemento. Si pretende dallo Stato la formula magica tutto per tutti e bonus; e poi matematica garanzia di salvaguardia della popolazione che pretende la previsione dell'evento vulcanico. Purtroppo, sulle necessità della sicurezza areale flegrea, grava pure l'irrinunciabile business dettato dalla spianata di Bagnoli… In questo allettante e spoglio luogo, ci sono le mire di imprenditori pronti ad utilizzare migliaia sacchi di cemento, secondo le logiche che non è importante dove costruisci ma cosa costruisci. Sulla spianata di Bagnoli, avremmo voluto che sorgesse un centro polivalente di protezione civile, con annessa elisuperficie e imbarcadero e scuola di protezione civile regionale.
Anni fa, quando chiedemmo nell'ambito di un convegno all’allora assessore regionale alla protezione civile, ing. Cosenza, tutor della nuova zona rossa Vesuvio e attuale assessore metropolitano, perché non c’era stata da subito una comunanza in termini di divieti edilizi tra il Vesuvio e i Campi Flegrei, ci rispose che occorreva una legge ad hoc, perché il divieto tutt’ora vigente per il vulcano Vesuvio vale solo per il vulcano Vesuvio… In pratica, si potrebbe riscrivere lo stesso disposto legislativo cambiando la sola parola Vesuvio con Campi Flegrei o Ischia.
La rappresentante di lega ambiente, Anna Savarese, anche lei ascoltata in commissione ambiente, ha precisato:<<Il nostro auspicio è che si superi, ad horas, l’anomalo trattamento riservato ai tre complessi vulcanici presenti in Campania, che sebbene classificati pariteticamente come ‘quiescenti’: Vesuvio, Campi Flegrei e Isola d’Ischia non hanno ricevuto le stesse attenzioni rispetto alla perimetrazione, al piano di emergenza e alla riduzione (legge) dell’incremento del carico insediativo”(Askanews). Parole ampiamente condivisibili seppur un po' tardive, anche se occorre dire che il rischio vulcanico non è una materia predominante nell’ambito di questa associazione. Nella fattispecie del discorso, i distretti vulcanici menzionati hanno tutti e tre caratteristiche molto diverse tra loro, accomunati da un identico mastodontico rischio seppur raro, con territori trattati differentemente dalle autorità competenti. A iniziare dalla fragilissima Ischia, che non ha ancora il suo scenario di rischio vulcanico di riferimento per i piani di emergenza.
Tentare di rendere i territori vulcanici abitabili mitigando
il rischio, dovrebbe essere una
necessità per programmare il futuro, in modo da lasciare ai posteri manufatti senza
che l’accettazione ereditaria comporti pure l’onere di un carico residuale di pericolo
ingestibile per effetto della conurbazione. In tutti i casi, le preoccupazioni di Musumeci ci stanno tutte:
quelle degli amministratori che lamentano la rarefazione del turismo per gli
allarmi vulcanici un po' meno: ci sembrano inappropriate certe
richieste, almeno come tempistica. E poi occorrerebbe programmare il futuro del territorio,
tenendo conto dei limiti naturali e antropici esistenti, e solo dopo aver fatto la propria parte di amministratore, andare dal ministro a battere cassa. Non riduciamo il problema del rischio vulcanico e
sismico e bradisismico a una semplice caccia al bonus. Prima di parlare di rischio bradisismico, parliamo di rischio vulcanico...
Si conclude consigliando al presidente
dell’INGV Doglioni, di mandare al più presto qualche ispettore all’osservatorio
vesuviano, magari solo per procedere a qualche audit aziendale, per fare chiarezza e dettare linee guida future. Infatti,
la sensazione che abbiamo, è quella di una struttura di monitoraggio e ricerca un po’ troppo accomodante col territorio e i suoi protagonisti.
L’osservatorio vesuviano non lo sa, ma indirettamente ha condizionato le politiche territoriali della
provincia di Napoli, magari per senso di appartenenza a quel quadro tutto istituzionale che non vuole allarmismi defilandosi dalle responsabilità. Il risultato
finale è che non sono state messe nero su bianco le reali condizioni di
ambiguità del rischio vulcanico nei Campi Flegrei. Poi, si sono spesi convegni e interviste radiofoniche e televisive affermando che il magma in ascesa sarebbe stato certamente visibile agli strumenti di monitoraggio, tra l'altro in tempo utile per le esigenze del piano di evacuazione. Oggi salta fuori che il magma già c'è e nessuno lo ha visto... Anche se questi studi che hanno allarmato il ministro dovessero essere ridimensionati, rimane il dato che una titubanza scientifica non è ammissibile quando si ha l'onere di tutelare mezzo milione di persone. Da questa faccenda del preallarme Musumeci, potrà uscire sbiadita totalmente la commissione grandi rischi, o l'osservatorio vesuviano. Le terze vie però, spesso si trovano nella via di mezzo..
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