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martedì 10 gennaio 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: in caso di eruzione la Napoli storica attenderà istruzioni ... di MalKo

 
Napoli centro

La caldera flegrea ha un diametro di circa 15 km. Quivi si riconoscono decine di bocche eruttive monogeniche riconducibili alla passata e ultra secolare attività vulcanica fatta anche di eruzioni epocali.  Trattandosi di una zona dove il vulcanesimo è manifestato da una serie di fenomeni collegati direttamente o indirettamente alla presenza di magma nel sottosuolo a profondità chilometriche, un’eruzione rientra nel campo delle possibilità future non quantificabili temporalmente, così come non è possibile neanche definirne in anticipo l’intensità eruttiva. Come se non bastasse, l’indeterminatezza nel flegreo vale anche per il luogo o i luoghi dove l’eruzione potrebbe originarsi.

I flussi piroclastici o le nubi ardenti, sono fenomeni distruttivi insiti nelle eruzioni esplosive, e le zone rosse evidenziano le aree soggette a questo enorme pericolo. Non è dato sapere in anticipo se i flussi che si svilupperebbero nel flegreo riuscirebbero a superare la collina di Posillipo riversandosi sulla Napoli storica. Molto dipenderebbe proprio dalla posizione del centro eruttivo e dall’intensità delle dirompenze: due elementi che di fatto determinerebbero la reale zona rossa oggi misconosciuta.  Da questo punto di vista la peggiore delle ipotesi sarebbe rappresentata da un’eruzione con indice di esplosività vulcanica uguale o maggiore di VEI 4, che andrebbe a concretizzarsi a ridosso dei contrafforti collinari di Napoli, in quartieri come Fuorigrotta o Bagnoli, finitomi ai poggi.

Quindi, se da un lato, a fronte dei flussi piroclastici è lasciata aperta una minima possibilità protettiva della city partenopea affidata alla barriera posillipina, purtroppo non c’è riparo al fenomeno della caduta dei prodotti piroclastici, che non verrebbe influenzato dalla modesta altezza dei rilievi in questione. Quest’ultimo fenomeno poi, si accompagna a molteplici tipologie eruttive: da una ultra stromboliana (VEI3) a una sub pliniana (VEI4) e pliniana (VEI5). Quindi, a meno che non si verifichi un misurato sbuffo, il problema del materiale piroclastico in caduta libera sussisterebbe per una vasta gamma di stili eruttivi.

La cenere e i lapilli e i brandelli di magma proiettati in atmosfera da una ipotetica eruzione flegrea, cadrebbero al suolo a distanze dipendenti dal peso, a partire dal centro eruttivo con linee di trasporto dei materiali più leggeri verso est, cioè sulla città di Napoli. Questa direzione asseverata statisticamente, e già contemplata nei piani di emergenza, è frutto dello studio dei venti dominanti che sembrano prediligere una direzione orientale. Queste conclusioni sono state adottate anche per il Vesuvio con l’individuazione della zona rossa 2 e di quella gialla. I prodotti più fini dell'eruzione, potrebbero invece essere trasportati dalle correnti in quota per decine se non centinaia di chilometri

La Napoli storica quindi, con molta probabilità, in caso di eruzione verrebbe ricoperta da una coltre di cenere e lapilli, con spessori che potrebbero raggiungere i 300 kg. al mq.; in questo caso sussisterebbe il rischio che i tetti piani potrebbero collassare e cedere con conseguenze rovinose pure per i solai sottostanti. L’aria diverrebbe velocemente insalubre, specialmente in danno di bambini e anziani, che in assenza di protezioni soffrirebbero anche per irritazione e bruciori agli occhi. In tali frangenti calamitosi, la visibilità scenderebbe ai livelli della peggiore nebbia. I motori degli autoveicoli si bloccherebbero per intasamento dei filtri, e le auto che ancora arrancherebbero dovrebbero percorrere strade ricoperte di cenere e lapilli e quindi particolarmente sdrucciolevoli. Le coltri piroclastiche potrebbero mascherare insidie stradali. In ogni caso, con la centrifugazione della cenere in aria dovuta alle ruote slittanti degli autoveicoli, l’indice di vivibilità all'aperto sulle strade, peggiorerebbe in modo insostenibile. La situazione diventerebbe velocemente apocalittica soprattutto nelle viuzze strettissime che caratterizzano il centro storico partenopeo. Qui sussistono spesso dei bassi: abitazioni di pochi metri quadrati con accessi diretti sulla strada, luogo da dove occorrerebbe cogliere luce e aria.

Basso napoletano

Secondo il piano di evacuazione messo a punto dalla protezione civile nazionale e regionale, l’evacuazione dei cittadini dalla zona gialla, quella in figura sottostante contigua alla zona rossa, avverrebbe solo ad eruzione in corso e solo parzialmente sulla base della maggiore vulnerabilità dettata dai depositi piroclastici. In tali frangenti, gli strateghi pensano di definire quale parte della zona gialla sarà necessario evacuare. Una strategia che forse richiederebbe l'imprescindibile condizione di preventiva e totale evacuazione dei residenti dalla zona rossa. Infatti, sarebbe oltremodo problematico gestire zona rossa e zona gialla contemporaneamente, tra l’altro con i puteolani orbitanti al centro della zona rossa, e che dovrebbero evacuare verso la stazione ferroviaria centrale, ubicata nel cuore della zona gialla a Napoli - piazza Garibaldi.

Zona rossa e gialla Campi Flegrei

La statistica prevede per la zona gialla flegrea, così come dicevamo, l’accentuato fenomeno della caduta di cenere e lapilli in modo inversamente proporzionale alla distanza dal centro eruttivo, che può essere anche plurimo. Fin dall’inizio dell’eruzione, sarebbero probabilmente messe in ginocchio sia le operazioni di volo dall’aeroporto di Capodichino, ma anche quelle dalla stazione ferroviaria di Napoli centrale.

Con il particolato vulcanico dai differenti diametri diffuso in aria, non sarebbe possibile neanche volare con elicotteri, perché i prodotti silicei dispersi in atmosfera, creerebbero gravi problemi alle turbine che si ritroverebbero con le palette erose e con profili aerodinamici magari sfalsati per effetto della vetrificazione dovuta alle elevate temperature. Ovviamente anche le carlinghe trasparenti verrebbero abrase dalla cenere con una perdita totale della visibilità al parabrezza.

Per visualizzare al meglio le problematiche, torna allora utile lo schema sottostante puramente teorico e non contemplato dalle disposizioni governative. Nella zona rossa 1 il pericolo predominante sono le colate piroclastiche che si caratterizzano per furore distruttivo ed elevate temperature non compatibili con la vita umana. Nella zona rossa 2, nell'odierno non prevista dalle autorità competenti, il principale fenomeno vulcanico da cui e all'occorrenza bisognerà difendersi fin dai primi momenti dell’eruzione, è la massiccia pioggia di cenere e lapilli. In tali circostanze gli accumuli più pericolosi si riscontrerebbero sull’edificato e sulle strade del centro cittadino di Napoli, al punto da lasciar temere il collasso delle coperture dei fabbricati a pianta piana. Nella zona rossa 2 e alla stregua di quanto pianificato per il Vesuvio, dovrebbero valere le stesse regole di evacuazione preventiva previste per la zona rossa 1. Nella zona gialla periferica invece, enormi disagi permarrebbero ugualmente per la pioggia di piroclastiti, magari non intensissima a chilometri di distanza, ma continua, in una misura probabilmente di minore intensità rispetto alla zona rossa 1 e 2, e quindi magari con maggiori possibilità di resilienza o di allontanamento successivo della popolazione dai settori interessati.

Schematizzazione delle zone di pericolo che contraddistinguo il rischio eruttivo ai Campi Flegrei

Se dovessero formalizzare la zona rossa 2 come si auspica, sussisterebbero tra le altre tante necessità, quella di evacuare nella fase di preallarme tutti i pazienti dalle case di cura e dagli ospedali della fascia collinare e centrale, delocalizzandoli verso strutture sanitarie fuori dalle zone a rischio.  Classificare zona rossa 2 ad esempio, quella parte di territorio che dalla linea d'impluvio collinare si estende verso est inglobando alcuni quartieri come Mercato e da lì verso nord fino a Piscinola, consentirebbe nella fase di preallarme l'evacuazione spontanea dei cittadini che per una serie di fattori potrebbero sentirsi maggiormente esposti al rischio vulcanico (case fatiscenti; infermi; bambini; vecchi; malati ecc.). Certamente coinvolgere Napoli centro con procedure emergenziali di ampia portata è forse il più grande problema di protezione civile che abbiamo in Italia e in Europa: d'altro canto difficile ignorarlo...




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