I flussi piroclastici o le nubi ardenti, sono
fenomeni distruttivi insiti nelle eruzioni esplosive, e le zone rosse
evidenziano le aree soggette a questo enorme pericolo. Non è dato sapere in
anticipo se i flussi che si svilupperebbero nel flegreo riuscirebbero a
superare la collina di Posillipo riversandosi sulla Napoli storica. Molto
dipenderebbe proprio dalla posizione del centro eruttivo e
dall’intensità delle dirompenze: due elementi che di fatto determinerebbero la reale zona
rossa oggi misconosciuta. Da questo punto di
vista la peggiore delle ipotesi sarebbe rappresentata da un’eruzione con indice
di esplosività vulcanica uguale o maggiore di VEI 4, che andrebbe a concretizzarsi
a ridosso dei contrafforti collinari di Napoli, in quartieri come Fuorigrotta o Bagnoli, finitomi ai poggi.
Quindi, se da un lato, a fronte dei flussi piroclastici è
lasciata aperta una minima possibilità protettiva della city partenopea affidata
alla barriera posillipina, purtroppo non c’è riparo al fenomeno della caduta dei
prodotti piroclastici, che non verrebbe influenzato dalla modesta altezza dei
rilievi in questione. Quest’ultimo fenomeno poi, si accompagna a molteplici tipologie eruttive: da una ultra stromboliana (VEI3) a una sub pliniana (VEI4) e pliniana
(VEI5). Quindi, a meno che non si verifichi un misurato sbuffo, il
problema del materiale piroclastico in caduta libera sussisterebbe per una vasta gamma di stili eruttivi.
La cenere e i lapilli e i brandelli di magma proiettati in
atmosfera da una ipotetica eruzione flegrea, cadrebbero al suolo a distanze dipendenti dal peso, a partire dal centro eruttivo con linee di trasporto dei materiali più leggeri verso est,
cioè sulla città di Napoli. Questa direzione asseverata statisticamente, e già contemplata nei
piani di emergenza, è frutto dello studio dei venti dominanti che sembrano
prediligere una direzione orientale. Queste conclusioni sono state adottate anche
per il Vesuvio con l’individuazione della zona rossa 2 e di quella gialla. I prodotti più fini dell'eruzione, potrebbero invece essere trasportati dalle correnti in quota per decine se non centinaia di chilometri
La Napoli storica quindi, con molta probabilità, in caso di eruzione verrebbe
ricoperta da una coltre di cenere e lapilli, con spessori che potrebbero raggiungere i 300 kg. al mq.; in questo caso sussisterebbe il rischio che i
tetti piani potrebbero collassare e cedere con conseguenze rovinose pure per i
solai sottostanti. L’aria diverrebbe velocemente insalubre, specialmente in danno
di bambini e anziani, che in assenza di protezioni soffrirebbero anche per irritazione e bruciori agli occhi. In tali frangenti calamitosi, la visibilità scenderebbe ai livelli
della peggiore nebbia. I motori degli autoveicoli si bloccherebbero per intasamento
dei filtri, e le auto che ancora arrancherebbero dovrebbero percorrere strade ricoperte di cenere e lapilli e quindi particolarmente sdrucciolevoli. Le coltri
piroclastiche potrebbero mascherare insidie stradali. In ogni caso, con la centrifugazione della cenere in aria dovuta alle ruote
slittanti degli autoveicoli, l’indice di vivibilità all'aperto sulle strade, peggiorerebbe in modo
insostenibile. La situazione diventerebbe velocemente apocalittica soprattutto
nelle viuzze strettissime che caratterizzano il centro storico partenopeo. Qui
sussistono spesso dei bassi: abitazioni di pochi metri quadrati con accessi
diretti sulla strada, luogo da dove occorrerebbe cogliere luce e aria.
Basso napoletano |
Secondo il piano di evacuazione messo a punto dalla protezione civile nazionale e regionale, l’evacuazione dei cittadini dalla zona gialla, quella in figura sottostante contigua alla zona rossa, avverrebbe solo ad eruzione in corso e solo parzialmente sulla base della maggiore vulnerabilità dettata dai depositi piroclastici. In tali frangenti, gli strateghi pensano di definire quale parte della zona gialla sarà necessario evacuare. Una strategia che forse richiederebbe l'imprescindibile condizione di preventiva e totale evacuazione dei residenti dalla zona rossa. Infatti, sarebbe oltremodo problematico gestire zona rossa e zona gialla contemporaneamente, tra l’altro con i puteolani orbitanti al centro della zona rossa, e che dovrebbero evacuare verso la stazione ferroviaria centrale, ubicata nel cuore della zona gialla a Napoli - piazza Garibaldi.
Zona rossa e gialla Campi Flegrei |
La statistica prevede per la zona gialla flegrea, così come dicevamo, l’accentuato fenomeno della caduta di cenere e lapilli in modo inversamente proporzionale alla distanza dal centro eruttivo, che può essere anche plurimo. Fin dall’inizio dell’eruzione, sarebbero probabilmente
messe in ginocchio sia le operazioni di volo dall’aeroporto di Capodichino, ma
anche quelle dalla stazione ferroviaria di Napoli centrale.
Con il particolato vulcanico dai differenti diametri diffuso in aria, non sarebbe
possibile neanche volare con elicotteri, perché i prodotti silicei dispersi in
atmosfera, creerebbero gravi problemi alle turbine che si ritroverebbero con le
palette erose e con profili aerodinamici magari sfalsati per effetto della
vetrificazione dovuta alle elevate temperature. Ovviamente anche le carlinghe
trasparenti verrebbero abrase dalla cenere con una perdita totale della
visibilità al parabrezza.
Per visualizzare al meglio le problematiche, torna allora utile
lo schema sottostante puramente teorico e non contemplato dalle disposizioni governative. Nella zona rossa 1 il pericolo predominante sono
le colate piroclastiche che si caratterizzano per furore
distruttivo ed elevate temperature non compatibili con la vita umana. Nella zona
rossa 2, nell'odierno non prevista dalle autorità competenti, il principale fenomeno vulcanico da cui e all'occorrenza bisognerà difendersi fin dai primi momenti dell’eruzione, è la massiccia pioggia di cenere e lapilli. In tali circostanze gli accumuli più pericolosi si riscontrerebbero sull’edificato e sulle strade del centro cittadino di
Napoli, al punto da lasciar temere il collasso delle coperture dei fabbricati a
pianta piana. Nella zona rossa 2 e alla stregua di quanto pianificato per il
Vesuvio, dovrebbero valere le stesse regole di evacuazione preventiva previste
per la zona rossa 1. Nella zona gialla periferica invece, enormi disagi permarrebbero ugualmente per la pioggia di piroclastiti, magari non intensissima a chilometri di distanza, ma continua, in una misura probabilmente di minore intensità rispetto alla zona rossa 1 e 2, e quindi magari con maggiori possibilità di resilienza o di allontanamento successivo della popolazione dai settori interessati.
Schematizzazione delle zone di pericolo che contraddistinguo il rischio eruttivo ai Campi Flegrei |
Se dovessero formalizzare la zona rossa 2 come si auspica, sussisterebbero tra le altre tante necessità, quella di evacuare nella fase di preallarme tutti i pazienti dalle case di cura e dagli ospedali della fascia collinare e centrale, delocalizzandoli verso strutture sanitarie fuori dalle zone a rischio. Classificare zona rossa 2 ad esempio, quella parte di territorio che dalla linea d'impluvio collinare si estende verso est inglobando alcuni quartieri come Mercato e da lì verso nord fino a Piscinola, consentirebbe nella fase di preallarme l'evacuazione spontanea dei cittadini che per una serie di fattori potrebbero sentirsi maggiormente esposti al rischio vulcanico (case fatiscenti; infermi; bambini; vecchi; malati ecc.). Certamente coinvolgere Napoli centro con procedure emergenziali di ampia portata è forse il più grande problema di protezione civile che abbiamo in Italia e in Europa: d'altro canto difficile ignorarlo...