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giovedì 26 settembre 2019

Campi Flegrei:esercitazione di Protezione Civile EXE Flegrei 2019... Pozzuoli the best?...di MalKo

Il vulcano Solfatara

I Campi Flegrei sono la sede di un super vulcano che si presenta sotto forma di una vasta caldera, forse due quasi sovrapposte con una parte in mare, senza un vistoso apparato montuoso che puntualizzi il pericolo, ma con dei bordi collinari calderici che racchiudono i profili di decine di bocche monogeniche una volta eruttive. Secondo il Rittmann, non è da escludere che i Campi Flegrei sono ciò che resta di uno strato vulcano simile al Vesuvio ma molto più grande: l’Archiflegreo. Trentanovemila anni fa una violenta esplosione che sarà ricordata come la maestosa eruzione dell’ignimbrite campana, fu annunciata da un inizio freatomagmatico seguito da una fase pliniana con una colonna eruttiva che s’innalzò nel cielo per oltre 40 chilometri, causando distruzioni su vasta scala e perturbazioni sul clima.

Cosa ribolla nelle viscere di questa nervosa caldera metropolitana non è chiarissimo e le prospezioni geologiche non hanno ancora consentito di scrutare con precisione il fondo. Il bradisismo rimane il fenomeno più evidente di questo distretto vulcanico, e sembra logico ipotizzare una commistione tra il magma e le abbondanti circolazioni acquifere che interessano il sottosuolo flegreo. Il bradisismo deve essere una conseguenza di questi due elementi che s’incontrano, a volte con una prevalenza del magma, che in qualche caso sembra si sia intruso fino ad alcuni chilometri dalla superficie.

La zona di Pisciarelli, a ridosso della Solfatara di Pozzuoli, da un po’ di anni è balzata alle cronache per le polle calde e ribollenti che la segnano, accompagnate da una variazione dei parametri geofisici e geochimici del vulcano, tali da indurre nel 2012 la proclamazione dello stato di attenzione.

L’ultima eruzione dei Campi Flegrei si è verificata nel 1538 con la nascita del Monte Nuovo. Ci troviamo quindi di fronte a circa 500 anni di quiescenza, tra l’altro contati da un evento obiettivamente minimo. I ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), hanno prodotto, anche per il vulcano flegreo, una tabella statistica in cui si evidenzia la probabilità di accadimento di alcune tipologie eruttive.


Ai Campi Flegrei, studi statistici hanno classificato come evento massimo atteso un’eruzione dall’indice di esplosività VEI 4. Indicazione accettata dal Dipartimento della Protezione Civile così come la relativa zona rossa. Ricordiamo che molti considerano la protratta pace geologica come un fattore determinante per la futura intensità eruttiva.

Quando sia alto il rischio di vivere in questi luoghi è molto difficile dirlo, così come è altrettanto difficile riuscire a cogliere incontrovertibili segnali di imminente eruzione in un territorio che trentacinque anni fa si è sollevato non a centimetri ma a metri, con giornate caratterizzate da migliaia di terremoti e con fumarole che negli ultimi anni pompano anidride carbonica a ritmi industriali.

Il mantra ripetuto di continuo che il super vulcano flegreo e il Vesuvio sono i due apparati più monitorati al mondo, non vale come condizione per assicurarsi con matematica certezza la previsione dell’evento con larghi margini di tempo. Infatti, anche se gli strumenti ultrasofisticati e il telerilevamento spaziale riescono a cogliere la più minuscola delle variazioni chimiche e fisiche tanto dal profondo quanto dalla superficie, rimarrà sempre in capo all’uomo la responsabilità di azzardare una previsione eruttiva o comunque di caratterizzare il comportamento del vulcano. Per capirci, lo strumento termometro, anche il più preciso presente sul mercato con lettura a dieci cifre, alla fine ci segnerà sempre e comunque la sola temperatura, ma non sarà mai in grado di dirci se questa aumenterà ancora e neanche di che malattia si tratta…

Pure sul tipo di eruzione la statistica elaborato dall’INGV e che vi abbiamo proposto, non può ritenersi un dogma; quindi, senza andare nel catastrofico, l’insorgenza di una tipologia eruttiva di tipo pliniano (VEI5), tra l’altro data al 4%, rimarrà la grande incognita futura per acclarare il successo statistico. Nelle camere di giustizia che trattarono il terremoto dell'Aquila e le responsabilità della commissione grandi rischi, la statistica venne appellata come sapere incerto… D’altra parte non è neanche possibile prevedere, se non in tempi brevi, dove potrebbe aprirsi la bocca eruttiva che potrebbe essere plurima.

In una condizione di pericolo vulcanico connaturato in questo territorio ardente super controllato, non è possibile, come dicevamo, superare matematicamente l’incertezza della previsione. La realizzazione di uno strumento attivo di tutela, come può essere il piano di emergenza e di evacuazione, aiuterebbe molto, e ci sembra nell’immediato una cogente necessità di salvaguardia per i cittadini, oltre che un obbligo giuridico per le amministrazioni competenti.

Il sindaco è responsabile locale della protezione civile, e quindi, supportato da tutti gli uffici comunali, è il principale stratega delle politiche di sicurezza sul suo territorio ancorchè non demandabili ad altri.

Le sentenze sul terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, contengono un dato interessante su cui riflettere: è la politica che deve esprimersi sul rischio dettando istruzioni alla popolazione. Tant’è che il pulsante dell’evacuazione è in mano al Presidente del Consiglio e non al presidente dell’INGV o al referente della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico o all’Osservatorio Vesuviano.

Nella conferenza di illustrazione dell’esercitazione di protezione civile denominata EXE 2019, che si terrà dal 16 al 20 ottobre 2019, il comitato organizzatore con in testa il sindaco di Pozzuoli e altri autorevoli rappresentanti delle istituzioni nazionali e regionali, è stato precisato che i dati di monitoraggio raccolti dall’Osservatorio Vesuviano (INGV), non vengono tenuti segreti ma regolarmente pubblicati sotto forma di bollettini e dati online.

In realtà la convenzione onerosa stilata dal Dipartimento della Protezione Civile con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), all’articolo 3 prevede che l'ente scientifico deve :<<diffondere le valutazioni relative a scenari di pericolosità o di rischio, sismico, vulcanico e da maremoto, ottenute nell’ambito delle attività coperte dalla presente Convenzione, secondo modalità concordate con il Dipartimento. Il Dipartimento ha comunque la facoltà di considerare riservati alcuni documenti ed elaborati e di stabilire le modalità e i tempi di eventuale pubblicizzazione>>. Quindi s’intuisce che la pubblicazione dei dati di monitoraggio forse potrebbero avere dei ritardi quando i valori raccolti necessitano di attente valutazioni…

Trattandosi di un tavolo ad oggetto prove di evacuazione(exe 2019) in un ambito esercitativo legato al piano di emergenza comunale e nazionale, sarebbe stato opportuno che alla presentazione del programma esercitativo, tra l’altro mandato in streaming, fossero seduti solo tecnici e non rappresentanti delle istituzioni scientifiche. I ruoli dovrebbero essere chiari e a tema dividendoli per competenze… La presenza dell’Osservatorio Vesuviano è utile nei consessi informativi ma non in quelli operativi. In quelli operativi la trattazione scientifica è già avvenuta a monte e quindi si va al sodo nelle formule di tutela. 

Per quanto riguarda l’esercitazione invece, i ragguagli e i dettagli forniti dai conferenzieri sono stati particolarmente carenti e confusionari, suscitando perplessità su alcune delle decisioni adottate. Ad esempio quella di destinare piazza Garibaldi ad area d’incontro non ci sembra il massimo della strategia.

Anche il concetto di area di attesa ci sembra surreale per quello che s’intende, perché in un contesto di allarme vulcanico chi va alla fermata prevista (area attesa) per aspettare il pullman che lo porterà a piazza Garibaldi?

E i cittadini di Giugliano gradiranno di avere come area d’incontro Villa Literno, mentre i concittadini di Bacoli e Monte di Procida dovranno concentrarsi nell’area d’incontro proprio di Giugliano, che tra l’altro e in tutti i casi seppur per una quota parte è ubicato in zona rossa?

Il dirigente della protezione civile regionale ha ipotizzato in fase di evacuazione l’utilizzo delle autovetture con alla guida il capo famiglia che se ne va via con le masserizie mentre moglie e figli andranno via con i mezzi pubblici… questa opzione fu prevista già nel 1995 nella prima bozza del piano Vesuvio e fu oggetto di feroce ilarità da parte del pubblico vesuviano…

Sempre il dirigente della protezione civile regionale, ha specificato poi, che la via del mare non è stata vagliata, perché il porto di Pozzuoli potrebbe risultare inagibile alle grandi navi, per il rigonfiamento del fondo portuale dettato dall’escalation eruttiva. Quindi, il sollevamento dei fondali minerebbe questa possibilità. In realtà con siffatta condizione, è lecito ritenere che la popolazione sia già andata via da un pezzo. Tant’è che non pensiamo affatto che nell'ambito delle conoscenze attuali sia possibile ripetere l’esperienza ovvero l’azzardo dettato dal bradisismo degli anni passati, coi fondali marini allo scoperto e la popolazione al mercato rionale.

La via del mare quindi, potrebbe essere inquadrata ovviamente come integrativa e non sostitutiva di altre. Nel caso di Pozzuoli potrebbe essere particolarmente strategica, perché l’area a ridosso del porto è quella maggiormente penalizzata per la sua posizione mediana all’interno della zona rossa, alla stregua di Torre del Greco per il Vesuvio.

Si tenga presente che la risorsa nautica è già presente nel Golfo di Napoli, con una flotta basata su naviglio leggero come catamarani e monocarene, che hanno ottime doti di manovrabilità, di velocità e di carico che supera le 350 persone per scafo, con numerose postazioni idonee per trasportare in sicurezza pure portatori di disabilità. A fare la differenza con le grandi navi, sono i circa 120 centimetri di pescaggio dei battelli leggeri: una misura minima che rende queste navi capaci di operare anche in acque un poco rigonfie...


Che ci sia un certo apice del bradisismo proprio in mare a poca distanza dal porto, non dovrebbe essere un limite alla via marittima, a meno che lo stratega che ha immaginato il piano di evacuazione non abbia valutato una evacuazione con eruzione in atto oppure un processo evacuativo con una fenomenologia prodromica eruttiva a un livello invasivo e destabilizzante con popolazione ancora sul posto.

Intanto capiamo che esistono nei fatti due piani di evacuazione. Quello con la percezione diretta del pericolo, dettato dalle fenomenologie pre eruttive che possono essere terremoti, boati ed eruzioni freatiche, e poi c’è il piano di evacuazione frutto di un allarme analitico e non percepito dai sensi. Nessuno può dire quale situazione nel futuro è possibile che si presenti. A fare la differenza tra i due piani sarà il comportamento della popolazione.

La strategia evacuativa prevista dai conferenzieri, forse ha una possibilità di successo solo se l’allarme all’occorrenza verrà diffuso in una condizione ambientale senza stress, e ancora, se la popolazione casertana e napoletana fuori zona rossa, si tapperà in casa per tre giorni onde consentire il deflusso degli evacuati. Cosa difficile, perché i prodromi pre eruttivi come i terremoti, potrebbero interessare anche l’area circostante i confini della zona rossa, soprattutto nel settore cittadino napoletano, molto vicino ai Campi Flegrei se non dentro al campo vulcanico areale... Il centro di Napoli strategicamente parlando forse dovrebbe essere accuratamente evitato…

Quello tra i relatori di EXE 2019 che è rimasto coi piedi per terra è stato il sindaco di Pozzuoli, che nell’accennare agli sforzi esercitativi ha caldamente sollecitato la realizzazione del tunnel al porto, perché oltre due milioni di turisti sbarcano e s’imbarcano dalle navi…

Concludiamo con un pensiero molto chiaro che ci perviene sempre dalle camere di giustizia dell’aquilano: "L'organo della protezione civile, che provvede a fornire informazioni alla pubblica opinione circa la previsione, l'entità o la natura di paventati eventi rischiosi per la pubblica incolumità, esercita una concreta funzione operativa di prevenzione e di protezione, ed è a tal fine tenuto ad adeguare il contenuto della comunicazione pubblica ad un livello ottimale di trasparenza e correttezza scientifica delle informazioni diffuse, e ad adattare il linguaggio comunicativo ai canoni della chiarezza, oggettiva comprensibilità e inequivocità espressiva"











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