Napoli - Lungomare Caracciolo con vista Vesuvio |
Il piano di evacuazione a fronte di un’emergenza vulcanica scaturibile
dall’arcinoto Vesuvio non è ancora pronto. Diciamo che sono stati fatti passi
in avanti nella burocrazia del piano,
che è andato progredendo nell’assoluto disinteresse generale delle popolazioni
vesuviane. Dubbi rimangono sulle strategie di allontanamento e di gestione
della popolazione in condizione di stress…
Dobbiamo poi registrare che ci sono ancora alcune municipalità inadempienti
alle disposizioni in materia emanate dalla Regione Campania, se non dal
Dipartimento della Protezione Civile che rimane il principale responsabile dei
piani di emergenza legati ai vulcani campani, perché in caso di allarme sarebbero
necessari interventi e movimentazione di livello nazionale.
Pure la struttura europea evocata qualche tempo fa da una forza
politica per dare accelerazioni alla stesura dei piani di emergenza e alla
organizzazione dei soccorsi in area vesuviana, ebbe a precisare che
l’intervento comunitario può essere richiesto dal governo solo successivamente alla
futura eruzione, e non prevede a livello europeo una organizzazione operativa di
taglio preventivo e né tantomeno all’Europa spetta la redazione dei piani di
salvataggio a fronte del pericolo Vesuvio.
In caso di eruzione del Vesuvio o dei Campi Flegrei, semmai dovesse
presentarsi l’esigenza di implementare i soccorsi o di disporre
di ulteriori risorse non disponibili in quel momento su scala nazionale, l’emergenza
potrebbe essere condivisa con l’unione europea, attraverso l’interscambio di
notizie con Bruxelles. Il coordinamento delle operazioni di soccorso rimarrebbe
in ogni caso in capo allo stato soggetto all’evento catastrofico.
La tutela delle popolazioni esposte al rischio vulcanico, è tutta
racchiusa nella prevenzione che avrebbe dovuto comportare l’adozione di tutte
quelle misure capaci di limitare il numero di abitanti nella zona rossa, e nel
contempo migliorare la viabilità per consentire ai vesuviani di evacuare nel
più breve tempo possibile i territori invadibili dai micidiali flussi
piroclastici.
Con queste necessità preventive di fondo, s’intuisce che neanche l’impegno
coordinato di tutti gli stati dell’unione europea è in grado di offrire una
soluzione al problema demografico e strutturale dell'edificato, e di viabilità primaria e secondaria che richiede politiche forse secolari di riordino del territorio vesuviano e flegreo.
Il problema mai chiaramente sviscerato dall’autorità scientifica che
dice e non dice, rimane la previsione corta e cortissima dell’eruzione, in
quanto pur nell’ottimismo generale delle istituzioni che assicurano in caso di
allarme una organizzazione capace di evacuare in 72 ore tutti gli abitanti della zona rossa
Vesuvio, rimane pur sempre la necessità di fondo di riuscire a cogliere di rimando almeno
tre giorni prima l’inconfutabile approssimarsi di un’eruzione.
Quindi, il sistema
di salvaguardia è prevalentemente riposto sulla “precoce” previsione
dell’evento vulcanico quale unica arma possibile per sottrarre assolutamente in
anticipo le popolazioni vesuviane o anche flegree dalle dirompenze vulcaniche inarginabili…
Il progetto Preserve:
Rafforzamento dei sistemi di monitoraggio dei vulcani attivi dell'area
Napoletana (Vesuvio - Campi Flegrei - Isola d’Ischia) proposto
dall’Osservatorio Vesuviano, potrebbe andare in questa direzione. Questo protocollo d’intesa che sarà
stilato tra la Regione Campania e L’INGV - Osservatorio Vesuviano, prevede
l’impegno economico di €4.069.550,00 finalizzati, si legge, ai
sistemi di prevenzione multirischio anche attraverso reti digitali
interoperabili di coordinamento operativo precoce…
Elicottero Vigili del Fuoco con personale SAF in esercitazione |
Il coordinamento
operativo precoce è un concetto che francamente mancava alla vecchia cultura
operativa legata alle emergenze. Ipotizziamo che questo termine voglia
indicare di muovere e posizionare in anticipo i soccorsi, perché la
strumentazione digitale legata alla super tecnologia anche aerospaziale,
potrebbe rilanciare valori geofisici o, rimanendo sulla Terra, geochimici, come segnali inconfutabili di catastrofe imminente.
In realtà l’auspicio di
tutti e che prima o poi si arrivi a una sorta di previsione dei fenomeni
geologici alla stregua di quanto succede con le previsioni meteorologiche.
Purtroppo un tale traguardo pur con tutto l’impegno della classe scientifica è ancora
lontano, perché, e tanto per rimanere sul meteorologico, alle normali
condizioni dell’atmosfera bisogna inserire una infinità di variabili oggi legate pure ai
cambiamenti climatici e alle variazioni climatiche la cui origine è ancora incerta anche dal punto di vista delle dimensione del fenomeno e della temporalità degli stessi. Il cielo in
ogni caso lo vediamo e lo monitoriamo da sotto e da sopra e dal mezzo con i palloni sonda e i satelliti. Il
sottosuolo a pochi centimetri di profondità invece, ci offre un orizzonte cieco e i
mezzi di prospezione profonda ci presentano spettri chilometrici generali che
non ci offrono precise informazioni statiche e dinamiche utili per azzardare
una previsione deterministica di fenomeni altamente energetici come i terremoti
e le eruzioni vulcaniche.
Solfatara di Pozzuoli - strumentazione di monitoraggio |
Se
ad esempio con le previsioni meteorologiche è possibile formulare una anticipazione su quelle che saranno le zone soggette a freddo intenso magari per attivare i centri di accoglienza per i
senzatetto, dire che ci sarà lo zero termico in pianura non sarà poi uno
scandalo se in realtà si riscontreranno differenze dell'ordine di un grado Celsius in più o in meno. Per la previsione corta d’eruzione invece, il
numero di ore è fondamentale per la buona riuscita del piano di evacuazione. Si tenga presente che per il mondo scientifico prevedere un'eruzione con 24 ore di differenza in più o in meno è un successo pieno. Operativamente potrebbe essere una catastrofe. S'intuisce quindi che non si possono certamente interpolare i tempi d'attesa eruzione che devono essere necessariamente entro certi limiti prudenti. Questo significa che la
previsione d’eruzione potrà avere inesorabilmente un margine d’inaffidabilità che lascia aperti
tre scenari possibili:
- Mancato allarme.
- Falso allarme.
- Successo previsionale in linea con le esigenze del piano di evacuazione.
Ovviamente tutto quello
che vale per il Vesuvio vale anche per i Campi Flegrei. Con la differenza che nel
flegreo non è possibile conoscere in anticipo neanche dove potrebbe aprirsi la
bocca eruttiva che può essere pure più di una. Questo dovrebbe suggerire ai
politici che credono in un futuro pianificabile, che forse invece di perorare
cabine di regia su Bagnoli coi suoi suoli che allettano i cementificatori, di
prodigarsi per instaurare nella caldera del super vulcano piuttosto il divieto
permanente a costruire nel senso residenziale. Nessun divieto attualmente
impone questa restrizione e non basta la definizione di zona rossa per rendere
impossibile costruire palazzi di pregio che a prescindere dalla fattura
andrebbero ad incrementare il valore esposto nel bagnolese.
zona rossa Campi Flegrei |
La caldera flegrea statisticamente
ha una maggiore possibilità di produrre un’eruzione vulcanica di tipo pliniano,
perché dall’ultima eruzione del 1538 sono trascorsi 481 anni di pace geologica.
Una quiescenza abbastanza lunga rispetto ai 75 anni del Vesuvio che in ogni
caso non è oggetto di un concordato ad excludendum.
Occorre poi dire che al di là della statistica, molti segnali di irrequietezza litosferica
come il bradisismo e altri fenomeni di vulcanesimo secondario, non possono tranquillizzare
i residenti ma neanche allarmarli oltre misura, visto che negli anni ’80 i
suoli del centro urbano di Pozzuoli sembravano avere raggiunto i limiti estremi
di deformazione e si attendeva solo il botto della bolla litosferica. In quella
occasione di reale scampato pericolo, furono evacuati cittadini dalla zona
rossa alla…zona rossa, evidentemente perché non ci fu una immediata corrispondenza analogica tra bradisismo e pericolo vulcanico: fattore testimoniato dall’assenza di
strumentazioni di monitoraggio in loco.
La stampa ci ha
informato che molti protocolli d’intesa sui gemellaggi sono stati firmati. Non sappiamo
se la procedura è da ritenersi completata per tutti i comuni e per le
municipalità napoletane.
Sappiamo però che dal
16 al 20 ottobre 2019, nei Campi Flegrei si terrà una esercitazione di Protezione
Civile a fronte di un ipotetico allarme vulcanico. Sarà interessante, anzi molto
interessante valutare l’azione dell’Osservatorio Vesuviano e i dati geofisici e
geochimici che saranno esercitativamente e fittiziamente rilevati e adottati per dichiarare lo
stato di preallarme e poi l’allarme. L'esercitazione per essere completa dovrebbe prevedere anche l'insediamento della commissione grandi rischi e il comitato operativo nazionale presieduto dal presidente del consiglio dei ministri. Chissà se l’INGV azzarderà la
determinazione pure dell’ipotetico centro eruttivo nell'ambito zonale dei 15 chilometri diametrali calderici…
L’esercitazione potrà testare presumiamo, una sola ipotesi sulle 3 disponibili
e prima indicate: quella di falso allarme. In teoria significa verificare solo un
terzo dei problemi e in assenza di stress…