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mercoledì 14 agosto 2019

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei e al Vesuvio: la previsione corta d'eruzione vulcanica...di MalKo


Napoli - Lungomare Caracciolo con vista Vesuvio

Il piano di evacuazione a fronte di un’emergenza vulcanica scaturibile dall’arcinoto Vesuvio non è ancora pronto. Diciamo che sono stati fatti passi in avanti nella burocrazia del piano, che è andato progredendo nell’assoluto disinteresse generale delle popolazioni vesuviane. Dubbi rimangono sulle strategie di allontanamento e di gestione della popolazione in condizione di stress…

Dobbiamo poi registrare che ci sono ancora alcune municipalità inadempienti alle disposizioni in materia emanate dalla Regione Campania, se non dal Dipartimento della Protezione Civile che rimane il principale responsabile dei piani di emergenza legati ai vulcani campani, perché in caso di allarme sarebbero necessari interventi e movimentazione di livello nazionale.

Pure la struttura europea evocata qualche tempo fa da una forza politica per dare accelerazioni alla stesura dei piani di emergenza e alla organizzazione dei soccorsi in area vesuviana, ebbe a precisare che l’intervento comunitario può essere richiesto dal governo solo successivamente alla futura eruzione, e non prevede a livello europeo una organizzazione operativa di taglio preventivo e né tantomeno all’Europa spetta la redazione dei piani di salvataggio a fronte del pericolo Vesuvio.

In caso di eruzione del Vesuvio o dei Campi Flegrei, semmai dovesse presentarsi l’esigenza di implementare i soccorsi o di disporre di ulteriori risorse non disponibili in quel momento su scala nazionale, l’emergenza potrebbe essere condivisa con l’unione europea, attraverso l’interscambio di notizie con Bruxelles. Il coordinamento delle operazioni di soccorso rimarrebbe in ogni caso in capo allo stato soggetto all’evento catastrofico.

La tutela delle popolazioni esposte al rischio vulcanico, è tutta racchiusa nella prevenzione che avrebbe dovuto comportare l’adozione di tutte quelle misure capaci di limitare il numero di abitanti nella zona rossa, e nel contempo migliorare la viabilità per consentire ai vesuviani di evacuare nel più breve tempo possibile i territori invadibili dai micidiali flussi piroclastici. 

Con queste necessità preventive di fondo, s’intuisce che neanche l’impegno coordinato di tutti gli stati dell’unione europea è in grado di offrire una soluzione al problema demografico e strutturale dell'edificato, e di viabilità primaria e secondaria che richiede politiche forse secolari di riordino del territorio vesuviano e flegreo.

Il problema mai chiaramente sviscerato dall’autorità scientifica che dice e non dice, rimane la previsione corta e cortissima dell’eruzione, in quanto pur nell’ottimismo generale delle istituzioni che assicurano in caso di allarme una organizzazione capace di evacuare in 72 ore tutti gli abitanti della zona rossa Vesuvio, rimane pur sempre la necessità di fondo di riuscire a cogliere di rimando almeno tre giorni prima l’inconfutabile approssimarsi di un’eruzione. 
Quindi, il sistema di salvaguardia è prevalentemente riposto sulla “precoce” previsione dell’evento vulcanico quale unica arma possibile per sottrarre assolutamente in anticipo le popolazioni vesuviane o anche flegree dalle dirompenze vulcaniche inarginabili…

Il progetto Preserve: Rafforzamento dei sistemi di monitoraggio dei vulcani attivi dell'area Napoletana (Vesuvio - Campi Flegrei - Isola d’Ischia) proposto dall’Osservatorio Vesuviano, potrebbe andare in questa direzione. Questo protocollo d’intesa che sarà stilato tra la Regione Campania e L’INGV - Osservatorio Vesuviano, prevede l’impegno economico di €4.069.550,00 finalizzati, si legge, ai sistemi di prevenzione multirischio anche attraverso reti digitali interoperabili di coordinamento operativo precoce…

Elicottero Vigili del Fuoco con personale SAF in esercitazione

Il coordinamento operativo precoce è un concetto che francamente mancava alla vecchia cultura operativa legata alle emergenze. Ipotizziamo che questo termine voglia indicare di muovere e posizionare in anticipo i soccorsi, perché la strumentazione digitale legata alla super tecnologia anche aerospaziale, potrebbe rilanciare valori geofisici o, rimanendo sulla Terra, geochimici, come segnali inconfutabili di catastrofe imminente.

In realtà l’auspicio di tutti e che prima o poi si arrivi a una sorta di previsione dei fenomeni geologici alla stregua di quanto succede con le previsioni meteorologiche. Purtroppo un tale traguardo pur con tutto l’impegno della classe scientifica è ancora lontano, perché, e tanto per rimanere sul meteorologico, alle normali condizioni dell’atmosfera bisogna inserire una infinità di variabili oggi legate pure ai cambiamenti climatici e alle variazioni climatiche la cui origine è ancora incerta anche dal punto di vista delle dimensione del fenomeno e della temporalità degli stessi. Il cielo in ogni caso lo vediamo e lo monitoriamo da sotto e da sopra e dal mezzo con i palloni sonda e i satelliti. Il sottosuolo a pochi centimetri di profondità invece, ci offre un orizzonte cieco e i mezzi di prospezione profonda ci presentano spettri chilometrici generali che non ci offrono precise informazioni statiche e dinamiche utili per azzardare una previsione deterministica di fenomeni altamente energetici come i terremoti e le eruzioni vulcaniche.

Si tenga presente poi, che anche nelle collaudate previsioni meteorologiche, si può avere un elevato indice di affidabilità solo nelle prime 24 ore con una precisione che decade se si superano le 72 ore, anche perché ci sono più elementi meteo da valutare non racchiudibili in un unico parametro. Esiste infatti il dato sulle temperature, sui millimetri di pioggia, l’insolazione, lo zero termico, il vento ecc…

Solfatara di Pozzuoli - strumentazione di monitoraggio

Se ad esempio con le previsioni meteorologiche è possibile formulare una anticipazione su quelle che saranno le zone soggette a freddo intenso magari per attivare i centri di accoglienza per i senzatetto, dire che ci sarà lo zero termico in pianura non sarà poi uno scandalo se in realtà si riscontreranno differenze dell'ordine di un grado Celsius in più o in meno. Per la previsione corta d’eruzione invece, il numero di ore è fondamentale per la buona riuscita del piano di evacuazione. Si tenga presente che per il mondo scientifico prevedere un'eruzione con 24 ore di differenza in più o in meno è un successo pieno. Operativamente potrebbe essere una catastrofe. S'intuisce quindi che non si possono certamente interpolare i tempi d'attesa eruzione che devono essere necessariamente entro certi limiti prudenti. Questo significa che la previsione d’eruzione potrà avere inesorabilmente un margine d’inaffidabilità che lascia aperti tre scenari possibili:
  1. Mancato allarme.  
  2. Falso allarme. 
  3. Successo previsionale in linea con le esigenze del piano di evacuazione.



Ovviamente tutto quello che vale per il Vesuvio vale anche per i Campi Flegrei. Con la differenza che nel flegreo non è possibile conoscere in anticipo neanche dove potrebbe aprirsi la bocca eruttiva che può essere pure più di una. Questo dovrebbe suggerire ai politici che credono in un futuro pianificabile, che forse invece di perorare cabine di regia su Bagnoli coi suoi suoli che allettano i cementificatori, di prodigarsi per instaurare nella caldera del super vulcano piuttosto il divieto permanente a costruire nel senso residenziale. Nessun divieto attualmente impone questa restrizione e non basta la definizione di zona rossa per rendere impossibile costruire palazzi di pregio che a prescindere dalla fattura andrebbero ad incrementare il valore esposto nel bagnolese.

zona rossa Campi Flegrei

La caldera flegrea statisticamente ha una maggiore possibilità di produrre un’eruzione vulcanica di tipo pliniano, perché dall’ultima eruzione del 1538 sono trascorsi 481 anni di pace geologica. Una quiescenza abbastanza lunga rispetto ai 75 anni del Vesuvio che in ogni caso non è oggetto di un concordato ad excludendum. Occorre poi dire che al di là della statistica, molti segnali di irrequietezza litosferica come il bradisismo e altri fenomeni di vulcanesimo secondario, non possono tranquillizzare i residenti ma neanche allarmarli oltre misura, visto che negli anni ’80 i suoli del centro urbano di Pozzuoli sembravano avere raggiunto i limiti estremi di deformazione e si attendeva solo il botto della bolla litosferica. In quella occasione di reale scampato pericolo, furono evacuati cittadini dalla zona rossa alla…zona rossa, evidentemente perché non ci fu una immediata corrispondenza analogica tra bradisismo e pericolo vulcanico: fattore testimoniato dall’assenza di strumentazioni di monitoraggio in loco.

La stampa ci ha informato che molti protocolli d’intesa sui gemellaggi sono stati firmati. Non sappiamo se la procedura è da ritenersi completata per tutti i comuni e per le municipalità napoletane.

Sappiamo però che dal 16 al 20 ottobre 2019, nei Campi Flegrei si terrà una esercitazione di Protezione Civile a fronte di un ipotetico allarme vulcanico. Sarà interessante, anzi molto interessante valutare l’azione dell’Osservatorio Vesuviano e i dati geofisici e geochimici che saranno esercitativamente e fittiziamente rilevati e adottati per dichiarare lo stato di preallarme e poi l’allarme. L'esercitazione per essere completa dovrebbe prevedere anche l'insediamento della commissione grandi rischi e il comitato operativo nazionale presieduto dal presidente del consiglio dei ministri. Chissà se l’INGV azzarderà la determinazione pure dell’ipotetico centro eruttivo nell'ambito zonale dei 15 chilometri diametrali calderici…

L’esercitazione potrà testare presumiamo, una sola ipotesi sulle 3 disponibili e prima indicate: quella di falso allarme. In teoria significa verificare solo un terzo dei problemi e in assenza di stress…