C’è ancora una grande attenzione mediatica sul problematico
distretto vulcanico dei Campi Flegrei, soprattutto all’indomani della nota
rilasciata dal ministro Musumeci, circa la possibilità che possa rendersi
necessario dichiarare nella zona rossa flegrea (mappa in basso), il passaggio
del livello di allerta vulcanica da attenzione (giallo) a preallarme
(arancione). A prospettare una evoluzione del pericolo vulcanico in tal senso,
sono stati alcuni membri della commissione grandi rischi, dopo la lettura di recenti
lavori scientifici, ma anche dopo aver rivisto
i dati in possesso delle stazioni di monitoraggio e aver audito alcuni esperti
nazionali e stranieri. Una delle pubblicazioni
che è stata visionata nell’ambito del consesso scientifico, ipotizza sacche di
magma nei primissimi chilometri del sottosuolo flegreo, mai prima censite, e che
potrebbero essere foriere di un indice di pericolosità di non poco conto.
Dopo il clamore suscitato dalla notizia del possibile
cambio del livello di allerta vulcanica, ecco che le autorità competenti non
hanno più insistito sulle posizioni allarmistiche precedenti, perché i sindaci
hanno rumoreggiato, e anche perché l'attualità sta regalando una stasi del
bradisismo, che rimane il fenomeno su cui si registra la massima e interessata convergenza
dei primi cittadini flegrei.
A fare pace con gli imbufaliti amministratori che
lamentavano il crollo del mercato immobiliare e un forte calo di presenze degli
ignari turisti, ci ha pensato il ministro Musumeci, che ha promesso ristori da
distribuire sulla ex novo zona rossa bradisismica (mappa in basso),
comprendente una popolazione di 85.000 abitanti e 15.000 edifici, alcuni dei
quali da irrobustire, magari utilizzando tra gli altri benefici, pure il bonus
sismico richiestissimo ad alta voce da tutti i sindaci.
Il comitato grandi rischi partenoflegreo, quello che fa capo al sindaco di Napoli Manfredi, è rimasto molto soddisfatto che la fase allarmistica sia stata lasciata cadere, e si sia tornati tutti alla normalità, addirittura con una chance in più per chi per posizione del fabbricato dove abita, rientra nella nuova zona rossa bradisismica, con diritto a vedersi riqualificata strutturalmente la magione se cedevole, magari per poi rivendersela dopo qualche anno, e uscirsene in ogni caso dalla zona rossa.
La notizia del magma che forse è ad alcuni chilometri nel
sottosuolo flegreo, non ha impressionato un granché gli amministratori, anche perché
l’osservatorio vesuviano da tempo si assegna, e magari avrà pure ragione, la
capacità scientifica di individuare e monitorare il magma, qualora dovesse veramente
spingersi verso la superficie, scoprendolo in tempo utile.
In tutti i casi, l’opinione pubblica è risultata un poco
disorientata, forse perché non erano ben chiari i presupposti che accompagnano
l’eventuale dichiarazione dello stato di preallarme vulcanico. Un siffatto
ingresso in una fase in ogni caso problematica, non avrebbe previsto per
i 500.000 abitanti del flegreo un obbligo di evacuazione generalizzato. L’allontanamento
col preallarme è a carico della sola platea penitenziaria e ospedaliera. I
cittadini invece, possono in piena libertà scegliere se andare via o permanere ancora
in zona rossa. Nel caso decidessero per l’allontanamento, lo Stato gli
riconoscerebbe un contributo economico di autonoma sistemazione, ma non
potrebbero rientrare in zona rossa fino al ripristino del livello di allerta precedente. Purtroppo la fase di preallarme non ha una tempistica
prevedibile, e quindi l’attesa potrebbe protrarsi per mesi o anni o per ore se
dovessero precipitare gli eventi verso l’allarme rosso: condizione che nessuno
può escludere.
Il passaggio alla fase operativa di preallarme, doveva
essere la risposta governativa al mutamento del livello di pericolosità
vulcanica: in realtà tale condizione è stata annunciata come prospettiva dal
ministro Musumeci ma non dichiarata con atti ufficiali. In tutti i casi il
preallarme scientifico a leggere tra le righe di fatto sussiste, non in termini
di fase, ma di livello di allerta, perché è stato previsto come risposta un ulteriore
incremento del monitoraggio del vulcano, con tecnici e scienziati che opereranno
nella direzione proposta dalla stessa commissione grandi rischi, magari
incrementando attività campali e strumentali e satellitari e in mare e in
terra. Si andranno quindi a cercare e valutare e comprovare, quegli elementi che hanno
condizionato il parere dei componenti della commissione grandi rischi.
Soprattutto si cerca il magma…
Con l’innalzamento, ripetiamo, verbale del livello di pericolosità vulcanica, tutti gli organi operativi e amministrativi legati alle attività di protezione civile centrali e periferici, si sono sentiti chiamati in causa e per questo hanno ritenuto di adottare misure preventive di protezione dei cittadini, preparandosi innanzitutto alla fase successiva di allarme, anche se si dovrà contare all’occorrenza, su un piano di evacuazione francamente aritmetico più che operativo. Ogni passaggio di fase, per quanto non ufficializzato, in automatico comporta la preparazione alla fase successiva a prescindere da ogni altra iniziativa. Teoricamente i livelli di allerta dovrebbero essere cosa diversa dalle fasi. Ma una tale distinzione non è stata fatta.
Nell’ambito dell’audizione della commissione grandi rischi, il responsabile del rischio vulcanico,
prof. Rosi, ha chiarito che l’osservatorio vesuviano lavora molto sulla
previsione probabilistica a livello giornaliero, ovvero sul breve termine. La
commissione invece, in questo caso è scesa in profondità analizzando carte e
relazioni e pareri, rilanciando poi valutazioni di pericolosità sul lungo termine.
Nell’attualità allora, è stato precisato che le posizioni dell’osservatorio
vesuviano e della commissione grandi rischi non sono molto distanti l’uno dall’altro,
almeno sull’analisi nel breve periodo che si giova della frenata del bradisismo. Continuando, il responsabile del settore
vulcanico della commissione grandi rischi, chiarisce pure che non ci sono nel
mondo casi di metropoli costruite su un vulcano attivo, sottintendendo una
necessaria prudenza suppletiva. Per finire, Mauro Rosi ha ricordato a tutti che
i Campi Flegrei sono insidiosi e ingannevoli...
Occorre riflettere un attimo sulla zona rossa bradisismica, area ex novo all’interno della zona rossa flegrea. In realtà questa zonazione è stata prevista per focalizzare la vulnerabilità dei fabbricati ricadenti nelle zone maggiormente soggette alla sismicità bradisismica. La delimitazione della zona rossa, servirà pure per mettere a punto un piano d’emergenza qualora dovessero esserci manifestazioni plateali del bradisismo e dei terremoti a esso associato, con necessità di allocare altrove la popolazione a rischio.
Il problema di fondo è che il bradisismo e la sismicità
bradisismica, sono da rapportare ai movimenti di rigonfiamento del sottosuolo,
dovuti ai fluidi surriscaldati a distanza dal magma; oppure dal magma che
staziona nel sottosuolo dopo essersi insinuato nei bassi strati; oppure a una
combinazione delle due cause appena citate. Quindi, senza girarci intorno, la
causa del bradisismo è il magma, in una forma diretta o indiretta. Tant'è che se si
solleva il suolo repentinamente dando origine a una caterva di terremoti, si
arriverà a dover evacuare tutta la zona rossa e non la sola zona rossa
bradisismica, perché se si forma una colonna eruttiva, gli effetti si
sentirebbero pesantemente pure a distanza.
Con questo si vuole dire che i sindaci che si stanno facendo
in quattro per pretendere che lo Stato metta mano al portafoglio per rinforzare
gli edifici vetusti e consentire di assumere personale per la polizia municipale e per gli uffici tecnici, non possono pretendere di
continuare a rilasciare licenze edilizie o permessi in sanatoria o condoni, in
una zona a rischio, esigendo poi che lo Stato attenzioni e ristori i cittadini. Ricordiamoci che la zona rossa bradisismica, ricade e si somma alla zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Insomma: zona rossa su zona rossa...
Nella zona rossa Vesuvio, plaga con pari caratteristiche di
alta pericolosità vulcanica, entrò in vigore grazie a una legge regionale, la
21/2003, il divieto di edificare nel senso residenziale nell’intera zona rossa.
Vietati pure cambi di destinazioni d’uso o frazionamenti che avrebbero inciso
sul numero di residenti nel vesuviano. Ebbene, non si capisce per quale motivo
con la determinazione della zona rossa dei Campi Flegrei, non si sia varata in
automatico diremmo, una identica legge per inibire qualsiasi ulteriore
insediamento residenziale nella caldera. L’assessore regionale dell’epoca, ing.
Cosenza, attuale assessore metropolitano, a domanda rispose che non potevano
esserci automatismi inibitori residenziali per il flegreo, perché occorre una
legge ad hoc per quella specifica area vulcanica. Era l’anno 2014, e il
presidente della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, ha appena
detto nove anni dopo, che nel mondo non c’è un altro caso di metropoli in un
vulcano… Allora è forte la sensazione che non si presti particolare attenzione
al denaro pubblico. In alcune zone della Penisola italica, esistono politiche
da modesto quartiere più che metropolitane, che non tengono in debito conto la
programmazione del futuro: ovvero quella capacità tutta umana che ci distingue dagli
animali. Se si continua ad ampliare la calderopoli flegrea, ai nostri
posteri lasceremo, sulla falsa riga dell’esistente, una situazione di
invivibilità territoriale con gli stessi identici rischi e problemi di adesso, e con il medesimo dubbio amletico se andarsene o non andarsene dalla zona rossa...cinismo politico e accidia istituzionale, ad oggi non hanno favorito soluzioni.
La logica vorrebbe che si instauri, alla stregua di quanto fatto per il Vesuvio, una legge che impedisca di edificare nel senso residenziale nei Campi Flegrei, per non aumentare il numero di abitanti e con esso il valore esposto a un rischio che non offre difese passive. Come lo Stato ha fatto sentire la sua fondamentale presenza per spezzare il malaffare in quel di Caivano, anche qui lo Stato deve materializzarsi fornendo strumenti di tutela dal rischio vulcanico, da ricercarsi innanzitutto nell'organizzazione del territorio. Il problema di fondo, è che il rischio eruttivo con le inibizioni che dovrebbero inevitabilmente accompagnarlo, nessuno lo vuole evocare, e il territorio in talune parti come la spianata di Bagnoli, enigmatica col suo colore bianco in mappa, attende che le acque si calmino, magari per poi procedere alla stesa a colpi di sacchi di cemento...