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domenica 12 novembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: le due commissioni... di Malko

 



C’è ancora una grande attenzione mediatica sul problematico distretto vulcanico dei Campi Flegrei, soprattutto all’indomani della nota rilasciata dal ministro Musumeci, circa la possibilità che possa rendersi necessario dichiarare nella zona rossa flegrea (mappa in basso), il passaggio del livello di allerta vulcanica da attenzione (giallo) a preallarme (arancione). A prospettare una evoluzione del pericolo vulcanico in tal senso, sono stati alcuni membri della commissione grandi rischi, dopo la lettura di recenti lavori scientifici,  ma anche dopo aver rivisto i dati in possesso delle stazioni di monitoraggio e aver audito alcuni esperti nazionali e stranieri.  Una delle pubblicazioni che è stata visionata nell’ambito del consesso scientifico, ipotizza sacche di magma nei primissimi chilometri del sottosuolo flegreo, mai prima censite, e che potrebbero essere foriere di un indice di pericolosità di non poco conto.



Dopo il clamore suscitato dalla notizia del possibile cambio del livello di allerta vulcanica, ecco che le autorità competenti non hanno più insistito sulle posizioni allarmistiche precedenti, perché i sindaci hanno rumoreggiato, e anche perché l'attualità sta regalando una stasi del bradisismo, che rimane il fenomeno su cui si registra la massima e interessata convergenza dei primi cittadini flegrei. 

A fare pace con gli imbufaliti amministratori che lamentavano il crollo del mercato immobiliare e un forte calo di presenze degli ignari turisti, ci ha pensato il ministro Musumeci, che ha promesso ristori da distribuire sulla ex novo zona rossa bradisismica (mappa in basso), comprendente una popolazione di 85.000 abitanti e 15.000 edifici, alcuni dei quali da irrobustire, magari utilizzando tra gli altri benefici, pure il bonus sismico richiestissimo ad alta voce da tutti i sindaci.



Il comitato grandi rischi partenoflegreo, quello che fa capo al sindaco di Napoli Manfredi, è rimasto molto soddisfatto che la fase allarmistica sia stata lasciata cadere, e si sia tornati tutti alla normalità, addirittura con una chance in più per chi per posizione del fabbricato dove abita, rientra nella nuova zona rossa bradisismica, con diritto a vedersi riqualificata strutturalmente la magione se cedevole, magari per poi rivendersela dopo qualche anno, e uscirsene in ogni caso dalla zona rossa.

La notizia del magma che forse è ad alcuni chilometri nel sottosuolo flegreo, non ha impressionato un granché gli amministratori, anche perché l’osservatorio vesuviano da tempo si assegna, e magari avrà pure ragione, la capacità scientifica di individuare e monitorare il magma, qualora dovesse veramente spingersi verso la superficie, scoprendolo in tempo utile.

In tutti i casi, l’opinione pubblica è risultata un poco disorientata, forse perché non erano ben chiari i presupposti che accompagnano l’eventuale dichiarazione dello stato di preallarme vulcanico. Un siffatto ingresso in una fase in ogni caso problematica, non avrebbe previsto per i 500.000 abitanti del flegreo un obbligo di evacuazione generalizzato. L’allontanamento col preallarme è a carico della sola platea penitenziaria e ospedaliera. I cittadini invece, possono in piena libertà scegliere se andare via o permanere ancora in zona rossa. Nel caso decidessero per l’allontanamento, lo Stato gli riconoscerebbe un contributo economico di autonoma sistemazione, ma non potrebbero rientrare in zona rossa fino al ripristino del livello di allerta precedente. Purtroppo la fase di preallarme non ha una tempistica prevedibile, e quindi l’attesa potrebbe protrarsi per mesi o anni o per ore se dovessero precipitare gli eventi verso l’allarme rosso: condizione che nessuno può escludere.



Il passaggio alla fase operativa di preallarme, doveva essere la risposta governativa al mutamento del livello di pericolosità vulcanica: in realtà tale condizione è stata annunciata come prospettiva dal ministro Musumeci ma non dichiarata con atti ufficiali. In tutti i casi il preallarme scientifico a leggere tra le righe di fatto sussiste, non in termini di fase, ma di livello di allerta, perché è stato previsto come risposta un ulteriore incremento del monitoraggio del vulcano, con tecnici e scienziati che opereranno nella direzione proposta dalla stessa commissione grandi rischi, magari incrementando attività campali e strumentali e satellitari e in mare e in terra. Si andranno quindi a cercare e valutare e comprovare, quegli elementi che hanno condizionato il parere dei componenti della commissione grandi rischi. Soprattutto si cerca il magma…

Con l’innalzamento, ripetiamo, verbale del livello di pericolosità vulcanica, tutti gli organi operativi e amministrativi legati alle attività di protezione civile centrali e periferici, si sono sentiti chiamati in causa e per questo hanno ritenuto di adottare misure preventive di protezione dei cittadini, preparandosi innanzitutto alla fase successiva di allarme, anche se si dovrà contare all’occorrenza,  su un piano di evacuazione francamente aritmetico più che operativo. Ogni passaggio di fase, per quanto non ufficializzato, in automatico comporta la preparazione alla fase successiva a prescindere da ogni altra iniziativa. Teoricamente i livelli di allerta dovrebbero essere cosa diversa dalle fasi. Ma una tale distinzione non è stata fatta.



Nell’ambito dell’audizione della commissione grandi rischi, il responsabile del rischio vulcanico, prof. Rosi, ha chiarito che l’osservatorio vesuviano lavora molto sulla previsione probabilistica a livello giornaliero, ovvero sul breve termine. La commissione invece, in questo caso è scesa in profondità analizzando carte e relazioni e pareri, rilanciando poi valutazioni di pericolosità sul lungo termine. Nell’attualità allora, è stato precisato che le posizioni dell’osservatorio vesuviano e della commissione grandi rischi non sono molto distanti l’uno dall’altro, almeno sull’analisi nel breve periodo che si giova della frenata del bradisismo. Continuando, il responsabile del settore vulcanico della commissione grandi rischi, chiarisce pure che non ci sono nel mondo casi di metropoli costruite su un vulcano attivo, sottintendendo una necessaria prudenza suppletiva. Per finire, Mauro Rosi ha ricordato a tutti che i Campi Flegrei sono insidiosi e ingannevoli...

Occorre riflettere un attimo sulla zona rossa bradisismica, area ex novo all’interno della zona rossa flegrea. In realtà questa zonazione è stata prevista per focalizzare la vulnerabilità dei fabbricati ricadenti nelle zone maggiormente soggette alla sismicità bradisismica. La delimitazione della zona rossa, servirà pure per mettere a punto un piano d’emergenza qualora dovessero esserci manifestazioni plateali del bradisismo e dei terremoti a  esso associato, con necessità di allocare altrove la popolazione a rischio.

Il problema di fondo è che il bradisismo e la sismicità bradisismica, sono da rapportare ai movimenti di rigonfiamento del sottosuolo, dovuti ai fluidi surriscaldati a distanza dal magma; oppure dal magma che staziona nel sottosuolo dopo essersi insinuato nei bassi strati; oppure a una combinazione delle due cause appena citate. Quindi, senza girarci intorno, la causa del bradisismo è il magma, in una forma diretta o indiretta. Tant'è che se si solleva il suolo repentinamente dando origine a una caterva di terremoti, si arriverà a dover evacuare tutta la zona rossa e non la sola zona rossa bradisismica, perché se si forma una colonna eruttiva, gli effetti si sentirebbero pesantemente pure a distanza.

Con questo si vuole dire che i sindaci che si stanno facendo in quattro per pretendere che lo Stato metta mano al portafoglio per rinforzare gli edifici vetusti e consentire di assumere personale per la polizia municipale e per gli uffici tecnici, non possono pretendere di continuare a rilasciare licenze edilizie o permessi in sanatoria o condoni, in una zona a rischio, esigendo poi che lo Stato attenzioni e ristori i cittadini. Ricordiamoci che la zona rossa bradisismica, ricade e si somma alla zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Insomma: zona rossa su zona rossa...

Nella zona rossa Vesuvio, plaga con pari caratteristiche di alta pericolosità vulcanica, entrò in vigore grazie a una legge regionale, la 21/2003, il divieto di edificare nel senso residenziale nell’intera zona rossa. Vietati pure cambi di destinazioni d’uso o frazionamenti che avrebbero inciso sul numero di residenti nel vesuviano. Ebbene, non si capisce per quale motivo con la determinazione della zona rossa dei Campi Flegrei, non si sia varata in automatico diremmo, una identica legge per inibire qualsiasi ulteriore insediamento residenziale nella caldera. L’assessore regionale dell’epoca, ing. Cosenza, attuale assessore metropolitano, a domanda rispose che non potevano esserci automatismi inibitori residenziali per il flegreo, perché occorre una legge ad hoc per quella specifica area vulcanica. Era l’anno 2014, e il presidente della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, ha appena detto nove anni dopo, che nel mondo non c’è un altro caso di metropoli in un vulcano… Allora è forte la sensazione che non si presti particolare attenzione al denaro pubblico. In alcune zone della Penisola italica, esistono politiche da modesto quartiere più che metropolitane, che non tengono in debito conto la programmazione del futuro: ovvero quella capacità tutta umana che ci distingue dagli animali. Se si continua ad ampliare la calderopoli flegrea, ai nostri posteri lasceremo, sulla falsa riga dell’esistente, una situazione di invivibilità territoriale con gli stessi identici rischi e problemi di adesso, e con il medesimo dubbio amletico se andarsene o non andarsene dalla zona rossa...cinismo politico e accidia istituzionale, ad oggi non hanno favorito soluzioni.

La logica vorrebbe che si instauri, alla stregua di quanto fatto per il Vesuvio, una legge che impedisca di edificare nel senso residenziale nei Campi Flegrei, per non aumentare il numero di abitanti e con esso il valore esposto a un rischio che non offre difese passive. Come lo Stato ha fatto sentire la sua fondamentale presenza per spezzare il malaffare in quel di Caivano, anche qui lo Stato deve materializzarsi fornendo strumenti di tutela dal rischio vulcanico, da ricercarsi innanzitutto nell'organizzazione del territorio. Il problema di fondo, è che il rischio eruttivo con le inibizioni che dovrebbero inevitabilmente accompagnarlo, nessuno lo vuole evocare, e il territorio in talune parti come la spianata di Bagnoli, enigmatica col suo colore bianco in mappa, attende che le acque si calmino, magari per poi procedere alla stesa a colpi di sacchi di cemento...  



sabato 4 novembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: Musumeci pensiero: la svolta... di Malko




Cratere Vesuvio e Campi Flegrei sul fondo immagine

Anche di recente, alcuni esperti dell’osservatorio vesuviano hanno ribadito che non ci sono evidenze di risalita di magma nel sottosuolo dei Campi Flegrei. L’affermazione oltremodo tranquillizzante, pare che sia stata ispirata dai dati provenienti dai famosi strumenti multi parametrici in dotazione all’INGV-OV. È notizia di oggi invece, che non si può escludere una rapida evoluzione verso lo stato di pre allarme vulcanico, in quanto all'origine del bradisismo, il noto processo d’innalzamento del terreno, potrebbe esserci proprio la diretta partecipazione del magma. Addirittura si citano articoli scientifici dove non si esclude la presenza di magma a bassa profondità, e che il rovente prodotto può essere responsabile di taluni disordini vulcanici che precedono nel breve un’eruzione.

A dare questa notizia che eleva fortemente la guardia sul pericolo vulcanico, ancorché in antitesi con l’osservatorio vesuviano, non sono i cattivoni del web, ma il ministro della protezione civile, Nello Musumeci, a seguito di una riunione della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, tenutasi il 27 e il 28 ottobre 2023. Il consesso scientifico allargato a esperti nazionali e internazionali, ha infatti deliberato che c'è poco da rassicurare, tant'è che l’autorevole comitato scientifico ha sentenziato brevemente e per bocca del ministro che:<<…l'insieme dei risultati scientifici rafforza l'evidenza del coinvolgimento di magma nell'attuale processo bradisismico di sollevamento del suolo. In particolare, ritiene che il quadro complessivo - pur se non di univoca interpretazione - faccia comunque emergere la possibilità che i processi in atto possano evolvere ulteriormente. La Commissione, pertanto, ritiene opportuno che sia le attività di monitoraggio da parte dei centri di competenza, sia le attività di prevenzione da parte delle varie componenti del Servizio nazionale di Protezione Civile si intensifichino ulteriormente e si preparino all'eventuale necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore rispetto all'attuale giallo. (ANSA).

A fronte di questa novità che in verità non ci coglie di sorpresa, rimane il fatto che la commissione grandi rischi insediatasi a inizio ottobre nella sua veste standard, ebbe a riaffermare che il livello di allerta vulcanica nel flegreo permaneva senza colpo ferire sul giallo. Come mai venticinque giorni dopo, la stessa commissione fa lanciare l’allarme al ministro Musumeci che la situazione nei Campi Flegrei è possibile che possa evolversi rapidamente verso un livello di allerta arancione (pre allarme)?

 

I livelli di allerta vulcanica

Riteniamo che esistano due possibili risposte che probabilmente si completano a vicenda. La prima è che sono stati diversamente interpretati i dati di monitoraggio fin qui acquisiti, al punto da far ritenere agli esperti riunitisi ultimamente ai massimi livelli, che la sismicità lieve e moderata dettata dal bradisismo che ha attanagliato il flegreo, con una recrudescenza recente che ha allarmato, accompagnata da notevoli e instancabili processi di degassazione dal sottosuolo, potrebbero essere tutti elementi ascrivibili proprio al magma, che pare si sia spinto fino a qualche chilometro dalla superficie, in più serbatoi, così come suggeriscono i modelli di alcuni ricercatori (Montagna, Papale, Longo).

La seconda possibilità è che il consesso scientifico e lo stesso ministro Musumeci, hanno ritenuto inappropriato che tra gli amministratori dei territori flegrei si sia rimosso il pericolo vulcanico, solo perché permane un annoso stato di attenzione (giallo), considerato inopinatamente fraterno compagno di viaggio a permanenza, e non una sintomatologia geologica pericolosa, ancorché foriera di possibili evoluzioni verso l'eruzione. Una persistenza quella del fenomeno bradisismico, che avrebbe dovuto minimamente impensierire, e far scattare qualche campanello di allarme non comodoso come quello attuale tarato sull’attenzione, che avrebbe magari dovuto indurre ospedali e carceri a organizzarsi con le esercitazioni di evacuazione, e i comuni a pianificare nel miglior modo possibile un eventuale esodo emergenziale. È appena il caso di ricordare che in assenza di soglie di riferimento per i passaggi da un livello di allerta vulcanica all'altro, nessuno può escludere che l'attuale unrest nel sottosuolo flegreo, potrebbe già essere prodromo a un passaggio di livello successivo a quello di attenzione, perché il magma che finora nessuno ha visto, pare invece che stazioni a poca distanza dalla superficie. Il bradisismo, che ha le sue origini nel calore magmatico, persiste da tempo; quindi, elementi di tranquillità sono da ricercarsi solo nella natura umana che tende a dimenticare o ad obliare i pericoli perduranti, perché nella natura di un campo vulcanico attivo invece, non esiste fraternità, ma solo processi ineluttabili e a volte violenti, che rendono vivo il Pianeta.

Con questo preambolo forse la sveglia bisognava proprio suonarla, ed è un bene che l'abbia fatto proprio il ministro, in modo da non lasciare spazio agli equivoci e alle speculazioni. È probabile che nei prossimi giorni si entrerà nel merito di questo avvertimento giudicato dai media allarmante, perché chiama in causa direttamente il magma. La nota di Musumeci che chiarisce che non si può escludere un passaggio a livelli superiori di pericolo eruttivo, denota pure un cambio di linguaggio istituzionale verso la chiarezza. La commissione grandi rischi ha anche invitato le strutture di monitoraggio (OV) ad incrementare la loro attività, magari fornendo alle stesse pure indicazioni su cosa cercare e come cercarlo, per dissipare i dubbi sulla "quota" attuale del magma nei Campi Flegrei.

A prescindere da tante altre disquisizioni che si possono fare, occorre dire che in questi territori la necessità di destare la popolazione potrebbe presentare qualche vantaggio organizzativo, anche dal punto di vista della forma mentis, e favorire allo stesso tempo, nel bene e nel male, un giudizio critico sull'operato della pubblica amministrazione. Infatti, il ministro non ha mancato di sottolineare che sono quarant'anni che non si fa niente di serio nelle comunità flegree per fronteggiare una possibile emergenza. Si rifletta sul termine non far niente, perché l'accidia non è immobilità, ma una forma di tacito consenso che ha permesso a tantissimi cittadini di insediarsi all'interno di una caldera vulcanica senza alcuna tutela, lasciando lievitare quella che oggi è una vera calderopoli cementizia, collocata su magma ballerino e dicono ben strutturato in altezza.

La cosa veramente insopportabile poi, è che in un connubio tutto amministrativo di ordine locale, provinciale e regionale e coi silenzi della scienza, si è fatto passare il concetto che il bradisismo  è un pericolo, una calamità a sé stante, diverso da quello sismico e ben diverso da quello eruttivo. La parola eruzione è odiata dai sindaci, che evitano anche solo di pronunciarla. Il motivo? Il rischio eruttivo è povero e porta solo rinunce: quello bradisismico porta soldi, un po' di assunzioni e pure passerelle… Con questo non vogliamo dire che bisogna ridimensionare il rischio sismico/bradisismico in corso di zonazione, bensì che occorre rivalutare quello vulcanico: quello che comprende l'intera caldera; quello catastrofico per intenderci, per fenomeni letali e vastità d’impatto pure oltre zona rossa.

L’onorevole Antonio Caso (M5S), ebbe a chiedere al capo dipartimento della protezione civile, in seno a un’audizione in commissione ambiente, tenutasi sempre a fine ottobre 2023, come mai non sia stato predisposto un divieto di edificare nel senso residenziale nei territori della zona rossa flegrea ad alta pericolosità vulcanica, alla stregua di quanto fatto nei territori vesuviani con la legge 21/2003.

Il responsabile del dipartimento P.C. , ing. Fabrizio Curcio, in questa occasione non ha dato una risposta esaustiva, dichiarando che, come fatto da altri responsabili che l’avevano preceduto (dott. Italo Giulivo n.d.r.), anche lui avrebbe sfuggito questa domanda. Il capo dipartimento circa l'assenza di disposti regionali anti cemento, tanto necessari per non far lievitare il valore esposto (numero di abitanti), e quindi il rischio nella caldera vulcanica, ha chiamato in causa la probabile necessità di coniugare le misure di sicurezza dei cittadini, con le esigenze legate allo sviluppo:<<… Lo strumento di protezione civile è uno strumento che accompagna scelte che riguardano la incolumità pubblica e privata che accompagnano altre scelte legate alla vita e allo sviluppo delle comunità. È nella sintesi politica territoriale che viene messa insieme l’esigenza della sicurezza con l’esigenza dello sviluppo...>>. A tradurre questa disquisizione, sembra che anche nel campo della protezione civile, che è quello della salvaguardia dei cittadini, vige il principio che occorre muoversi secondo logiche da rischi benefici, e non sul valore assoluto dettato dalla vita umana. Allora qualcuno può sentirsi escluso dalle garanzie statali. L’ ing. Curcio, nel tentativo di giustificare una classe politica vecchia e nuova accomunata dalla miopia e dal cinismo politico basato solo sul presente, ha espresso motivazioni che preoccupano, verità certo, ma enormità diremmo, per il ruolo di soccorritore che ricopre, ovviamente... 

La mancata emanazione di uno strumento urbanistico che vieti la realizzazione di ulteriori manufatti abitativi nella zona rossa dei Campi Flegrei, è un dato di fatto che solo di recente pare stia assurgendo a notizia di rilievo, destando pure qualche incredulità nei soggetti più puri. In realtà ne parliamo da anni, ma nella maggior parte dei casi, la mancata legislazione è stata frutto di interessi economici ed elettorali, e chi avrebbe potuto segnalare nei regolamenti comunali lo stato di rischio vulcanico immanente, in attesa di una più ampia pianificazione regionale, non lo ha fatto. D'altro canto nessun politico vuole allarmare per non far crollare l'economia della zona rossa, comprendente il valore delle case; e poi non si vuole limitare l'urbanizzazione perché ci sono i lavoratori dell'edilizia da salvaguardare, gli imprenditori, i mediatori, i rivenditori di prodotti cementizi e affini, e l'intero business che accompagna il cemento. Si pretende dallo Stato la formula magica tutto per tutti e bonus; e poi matematica garanzia di salvaguardia della popolazione che pretende la previsione dell'evento vulcanico. Purtroppo, sulle necessità della sicurezza areale flegrea, grava pure l'irrinunciabile business dettato dalla spianata di Bagnoli… In questo allettante e spoglio luogo, ci sono le mire di imprenditori  pronti ad utilizzare migliaia sacchi di cemento, secondo le logiche che non è importante dove costruisci ma cosa costruisci. Sulla spianata di Bagnoli, avremmo voluto che sorgesse un centro polivalente di protezione civile, con annessa elisuperficie e imbarcadero e scuola di protezione civile regionale. 

Anni fa, quando chiedemmo nell'ambito di un convegno all’allora assessore regionale alla protezione civile, ing. Cosenza, tutor della nuova zona rossa Vesuvio e attuale assessore metropolitano, perché non c’era stata da subito una comunanza in termini di divieti edilizi tra il Vesuvio e i Campi Flegrei, ci rispose che occorreva una legge ad hoc, perché il divieto tutt’ora vigente per il vulcano Vesuvio vale solo per il vulcano  Vesuvio… In pratica, si potrebbe riscrivere lo stesso disposto legislativo cambiando la sola parola Vesuvio con Campi Flegrei o Ischia.

La rappresentante di lega ambiente, Anna Savarese, anche lei ascoltata in commissione ambiente, ha precisato:<<Il nostro auspicio è che si superi, ad horas, l’anomalo trattamento riservato ai tre complessi vulcanici presenti in Campania, che sebbene classificati pariteticamente come ‘quiescenti’: Vesuvio, Campi Flegrei e Isola d’Ischia non hanno ricevuto le stesse attenzioni rispetto alla perimetrazione, al piano di emergenza e alla riduzione (legge) dell’incremento del carico insediativo”(Askanews). Parole ampiamente condivisibili seppur un po' tardive, anche se occorre dire che il rischio vulcanico non è una materia predominante nell’ambito di questa associazione. Nella fattispecie del discorso, i distretti vulcanici menzionati hanno tutti e tre caratteristiche molto diverse tra loro, accomunati da un identico mastodontico rischio seppur raro, con territori trattati differentemente dalle autorità competenti. A iniziare dalla fragilissima Ischia, che non ha ancora il suo scenario di rischio vulcanico di riferimento per i piani di emergenza. 

Tentare di rendere i territori vulcanici abitabili mitigando il rischio,  dovrebbe essere una necessità per programmare il futuro, in modo da lasciare ai posteri manufatti senza che l’accettazione ereditaria comporti pure l’onere di un carico residuale di pericolo ingestibile per effetto della conurbazione. In tutti i casi, le preoccupazioni di Musumeci ci stanno tutte: quelle degli amministratori che lamentano la rarefazione del turismo per gli allarmi vulcanici un po' meno: ci sembrano inappropriate certe richieste, almeno come tempistica. E poi occorrerebbe programmare il futuro del territorio, tenendo conto dei limiti naturali e antropici esistenti, e solo dopo aver fatto la propria parte di amministratore, andare dal ministro a battere cassa. Non riduciamo il problema del rischio vulcanico e sismico e bradisismico a una semplice caccia al bonus. Prima di parlare di rischio bradisismico, parliamo di rischio vulcanico...

Si conclude consigliando al presidente dell’INGV Doglioni, di mandare al più presto qualche ispettore all’osservatorio vesuviano, magari solo per procedere a qualche audit aziendale, per fare chiarezza e dettare linee guida future. Infatti, la sensazione che abbiamo, è quella di una struttura di monitoraggio e ricerca un po’ troppo accomodante col territorio e i suoi protagonisti. L’osservatorio vesuviano non lo sa, ma indirettamente ha  condizionato le politiche territoriali della provincia di Napoli, magari per senso di appartenenza a quel quadro tutto istituzionale che non vuole allarmismi defilandosi dalle responsabilità. Il risultato finale è che non sono state messe nero su bianco le reali condizioni di ambiguità del rischio vulcanico nei Campi Flegrei. Poi, si sono spesi convegni e interviste radiofoniche e televisive affermando che il magma in ascesa sarebbe stato certamente visibile agli strumenti di monitoraggio, tra l'altro in tempo utile per le esigenze del piano di evacuazione. Oggi salta fuori che il magma già c'è e nessuno lo ha visto... Anche se questi studi che hanno allarmato il ministro dovessero essere ridimensionati, rimane il dato che una titubanza scientifica non è ammissibile quando si ha l'onere di tutelare mezzo milione di persone. Da questa faccenda del preallarme Musumeci, potrà uscire sbiadita totalmente la commissione grandi rischi, o l'osservatorio vesuviano. Le terze vie però, spesso si trovano nella via di mezzo..