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martedì 12 settembre 2023

Rischio eruttivo ai Campi Flegrei: Pozzuoli comune bradisismico... di Malko

 


I Campi Flegrei sono una caldera vulcanica dove il rischio eruttivo è immanente ma non prevedibile deterministicamente, sia in termini temporali che di magnitudo. La zona rossa ad alta pericolosità vulcanica, e quindi i piani di evacuazione che dicono vigenti e funzionali allo scopo, sono tarati su scenari eruttivi ricavati probabilisticamente, e quindi nell’attualità la comunità scientifica ha ipotizzato la possibilità che per il futuro si debba dover fronteggiare un’eruzione a media intensità, valutata al massimo di tipo sub pliniano, ovvero con indice di esplosività vulcanica VEI4.

I fenomeni in atto da tempo nel distretto calderico flegreo, hanno reso necessario dal 2012 e a cura delle autorità dipartimentali su parere della commissione grandi rischi, la proclamazione dello stato di attenzione vulcanica. Infatti, nel sottosuolo vige una condizione di unrest, con il fenomeno del bradisismo tuttora in auge, con picchi da oltre un metro di sollevamento registrati al Rione Terra: agglomerato urbano di vecchia e modesta fattura ancorchè ricondizionato, ubicato a ridosso del porto di Pozzuoli. Questo caratteristico addensamento di fabbricati che forse andava restaurato per la sola parte archeologica, fu meta d’insediamenti quando per effetto del bradisismo positivo le case vicino al porto e i moli stessi finirono sott’acqua risultando inagibili.

In tutta l’area flegrea occorre registrare sismicità a bassa magnitudo, tra il lieve e il moderato e spesso a sciami, con sussulti avvertiti soprattutto localmente, perché gli ipocentri in genere sono superficiali facendo così aumentare la percezione e l’intensità del fenomeno. Dalla casistica storica però, non sembra che si riscontrino franamenti luttuosi in quel di Pozzuoli, e i sismi a maggiore magnitudo sembra che siano stati quelli di origine tettonica, e quelli che si svilupparono a ridosso dell’eruzione di Monte Nuovo nel 1538. Inoltre, in zona puteolana si registrano fenomeni di degassamento in terra e in mare con rilascio giornaliero in atmosfera di oltre 3000 tonnellate di anidride carbonica: valori che ricordano emissioni da apparati a condotto aperto.

Il piano d’emergenza e di evacuazione a tutela delle popolazioni esposte, per un totale di oltre 500.000 abitanti, è stato aggiornato recentemente, e dovrebbe garantire la sicurezza dell’intera calderopoli.
Il Comune di Napoli che ha importanti municipalità esposte in zona rossa flegrea, come Bagnoli, Soccavo, Fuorigrotta, Pianura, Posillipo e Chiaia per citare solo quelle principali, ha varato qualche mese fa un procedimento amministrativo per mettere a gara la riscrittura totale del piano di evacuazione a fronte del rischio vulcanico ai Campi Flegrei. L’appalto, volto a rivisitare la pianificazione esistente, mette al centro dell’attenzione degli strateghi i flussi di traffico che vogliono che siano rivalutati totalmente e ingegneristicamente. L’impegno ha un costo di circa 150.000 euro, e tempi limiti di redazione del documento misurati in 18 mesi. A conti fatti, le istruzioni riaggiornate per l’evacuazione emergenziale dovrebbero essere pronte nel 2025…

A Pozzuoli il sindaco ha deciso di sensibilizzare e coinvolgere il governo Meloni, chiamando in causa il ministro Nello Musumeci, responsabile politico del dipartimento di protezione civile. Nel merito il primo cittadino scrive:<<È fermo intendimento di quest'amministrazione - spiega Manzoni - coinvolgere ulteriormente anche il governo sulla nostra particolare situazione per tutelare le persone con ogni misura di prevenzione e di mitigazione del rischio. Pozzuoli necessita di provvedimenti ad hoc e di specifici stanziamenti di risorse da destinare alle verifiche sui fabbricati e all'eventuale adeguamento degli stessi, anche degli edifici privati per i quali non è possibile intervenire con fondi del bilancio comunale>>.

Osserviamo che a fronte delle problematiche di protezione civile, nel piano regolatore generale di Pozzuoli all’Art. 3 (Esigenze di protezione civile) si legge:<< La sicurezza della popolazione di Pozzuoli, in relazione ai rischi sismici dell'area Flegrea, costituisce finalità essenziale del P.R.G. e - tenuto conto delle caratteristiche geo vulcanologiche del territorio e delle esigenze di protezione civile - il diradamento degli insediamenti residenziali nella parte più a rischio della Città, nonché l'adeguamento delle costruzioni esistenti alla normativa antisismica, devono essere perseguiti come obiettivi primari, secondo quanto previsto al successivo art. 81>>.

L’articolo 81 è il primo del capo XII° ad oggetto- norme per la prevenzione del rischio idrogeologico sismico e vulcanico -. Questo disposto pone l’attenzione sulla necessità del diradamento abitativo funzionale, che dovrebbe interessare il 30% del patrimonio edilizio esistente nelle zone omogenee interessate dal bradisismo. È pensabile allora, che l’incentivo per chi “diradi” possa essere quello di potersi reinsediare perifericamente al centro antico e storico della cittadina puteolana, in luoghi maggiormente sicuri rispetto al rischio sismo bradisismico continuamente richiamato, con opere residenziali magari erigibili con finanziamenti pubblici.

Iniziativa a grandi linee lodevole, ma se così fosse l’impresa si rileverebbe in contrasto col rischio vulcanico, atteso che l’intero territorio puteolano e non solo il centro antico e storico, ricade nella temibile e insondabile zona rossa flegrea: settore quest’ultimo, invadibile dalle colate piroclastiche. Per il rischio vulcanico è riportato all’articolo 83 del piano regolatore comunale, il seguente disposto:<< in tutti gli interventi per l’intero territorio dovranno adottarsi le misure per la mitigazione dell’effetto vulcanico indicate nella relazione del Prof. Lirer (pagg.90-92), e le altre suggerite dalle moderne tecnologie (infissi a perfetta tenuta, ecc.)>>.

Forse l’indicazione comunale di utilizzare tecnologia capace di garantire infissi a tenuta stagna, nelle intenzioni del redattore c’era magari la benevola volontà di voler sbarrare la strada verso l’interno degli appartamenti ai flussi cinerei caldi. Il problema di fondo è che le vetrate anche a doppio vetro non fermano l’irruenza rovente delle correnti…

In ogni caso, pur volendo encomiare i tentativi volti alla ricerca di espedienti tecnici capaci di mitigare un non meglio precisato effetto vulcanico, gli autori di queste norme non escludono affatto l’edificabilità residenziale in zona rossa, ma piuttosto tracciano la strada affinché i fabbricati esistenti vengano ispezionati e riadattati per fronteggiare gli effetti sismici, così come in periferia si ipotizza velatamente la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Nel frattempo, in questa cittadina si rilasciano ancora permessi a costruire in sanatoria, nonostante lo stato vigente di attenzione vulcanica…

In realtà, non c’è margine di difesa sufficiente per le fenomenologie attese in seno a un’eruzione VEI4. Ancor più se si considera che gli esperti geo matematici hanno ipotizzato una percentuale del 4% che l’eruzione di scenario al flegreo possa presentarsi con un indice di esplosività vulcanica VEI5 (Pliniana). Al Vesuvio tale catastrofica possibilità non supera l’1%. Quindi, le autorità puteolane, nel tempo sembra che abbiano maturato il concetto che di geo vulcanico nei loro territori ci sia solo il rischio sismico e bradisismico, (l’eruttivo non ci sembra tanto menzionato), ed è quindi sufficiente fortificare i fabbricati, o delocalizzare quelli esistenti ubicati a ridosso o nel comprensorio della gobba crostale del Rione Terra.
In realtà questo pensiero annoso ma ricorrente, che Pozzuoli debba difendersi prevalentemente dal rischio bradisismico è acclarato a partire dalle crisi bradisismiche degli anni ’70 e ’80. Saranno le emergenze di quel periodo a far planare sull’opinione pubblica l’idea di fondo che il pericolo vulcanico a Pozzuoli è insito tutto nel fenomeno del bradisismo che genera terremoti. L’attenzione infatti, fu tutta focalizzata sul rigonfiamento dei suoli che interessò appunto l’agglomerato di vecchie case del Rione Terra e le zone limitrofe. Tant’è che quando il rigonfiamento incominciò ad essere fortemente temuto, come misura precauzionale di tutela dei cittadini si scelse di evacuare tutti gli abitanti residenti nella zona del picco bradisismico.
Decine di migliaia di cittadini furono allora dislocati in nuove frazioni (Monterusciello e Rione Toiano), distanti solo alcuni chilometri dal centro storico e dal porto, col risultato finale che il loro spostamento che pure richiese investimenti economici di tutto rispetto, non è servito a molto in termini di sicurezza, atteso che la ricollocazione è avvenuta da zona rossa a zona rossa.

Pozzuoli è a pieno titolo un comune infra calderico, e quindi a pieno titolo fa parte della zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Questa classificazione di rischio, valida anche per il gemello eterozigoto chiamato Vesuvio, consentì all’ex presidente della regione Campania, Antonio Bassolino, di varare per la plaga vesuviana la legge regionale 21/2003 che proibiva e ancora proibisce qualsiasi realizzazione di fabbricati ad uso residenziale o di riconversione o di suddivisione di manufatti nel senso abitativo. In altre parole, alle pendici del Vesuvio teoricamente si può solo costruire abusivamente…

Questo divieto imposto dalla legge 21/2003 e tuttora vigente, serve a non aumentare il valore esposto in quella zona definita dallo stesso Stato come ad alta pericolosità vulcanica. I fenomeni annessi all’eruzione ritenuta probabilistica e che maggiormente preoccupano, sono le colate piroclastiche, che in seno a una eruzione esplosiva potrebbero invadere la zona rossa vesuviana, o alla stregua il fenomeno può materializzarsi nel flegreo, generando ampia fenomenologia distruttiva non mitigabile dall’adeguamento antisismico e strutturale dei fabbricati, e comunque non mitigabile nel senso della sopravvivenza umana.

Fino a qualche tempo fa era ricorrente che le amministrazioni tecniche come il dipartimento della protezione civile, e quelle scientifiche come l’osservatorio vesuviano, diffondessero notizie molto rassicuranti circa la capacità di prevedere con largo anticipo un’eruzione. Poi le cose sono leggermente mutate, tant’è che nei bollettini di sorveglianza vulcanica emessi dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si riporta al termine delle notizie questa nota:<< L'INGV fornisce informazioni scientifiche utilizzando le migliori conoscenze scientifiche disponibili; tuttavia, in conseguenza della complessità dei fenomeni naturali in oggetto, nulla può essere imputato all'INGV circa l'eventuale incompletezza ed incertezza dei dati riportati e circa accadimenti futuri che differiscano da eventuali affermazioni a carattere previsionale presenti in questo documento. Tali affermazioni, infatti, sono per loro natura affette da intrinseca incertezza>>. 

I piani per fronteggiare le emergenze vulcaniche campane, sono tarati su tempi di esecuzione di 72 ore. Questo intrinsecamente significherebbe che una previsione di tre giorni è data per scontata, in realtà è solo probabile. A non avere questa ferrea certezza sui tempi, è stato innanzitutto il presidente della regione Campania De Luca, che nel contesto esercitativo “exe flegrei 2019”, ebbe a precisare: 72 ore possiamo averle e possiamo non averle…


Alla poca prevedibilità dell’eruzione magmatica, bisogna aggiungere l’ancor meno prevedibilità delle eruzioni freatiche che, seppur contenute negli effetti, possono materializzarsi pressoché inaspettatamente in un qualsiasi punto del flegreo. In  quest’ultimo caso, tale tipologia eruttiva provocherebbe danni limitati alla zona del cratere e a quella prossima per diverse centinaia di metri, così come non si può escludere che dalla voragine crateriale possano diffondersi in atmosfera abbondanti emanazioni di anidride carbonica.

Allora occorre notare che forse l’amministrazione puteolana si è lanciata a corpo morto sulle filosofie operative dei tecnici che gestirono il bradisismo degli anni 70 e ’80, concentrandosi unicamente sugli aspetti micro sismici e bradisismici zonali e non sul pericolo eruttivo areale. Questo spiega perché c’è la corsa al finanziamento della scienza che monitora il vulcano, perché l’unica alternativa alla prevenzione della catastrofe vulcanica è la previsione del fenomeno eruttivo, oggi fuori portata tecnica e scientifica a causa del sistema complesso che caratterizza l’inesplorabile sottosuolo dinamico flegreo. Attuare la prevenzione dei disastri in terra eruttiva esplosiva, comporterebbe l’adozione di ogni iniziativa valida per non aumentare il numero di cittadini (Valore Esposto) nell’area ad alta pericolosità vulcanica, e allo stesso tempo attuare politiche di delocalizzazione da zona rossa a zona verde…Siffatte iniziative però, stentano a decollare, forse perché tolgono potere alla politica del consenso elettorale.

Alla difesa passiva consistente nel diminuire il valore esposto, e adeguare strutturalmente gli edifici in zona gialla, dovrebbe far seguito la difesa attiva, consistente nella realizzazione di opere viarie sempre più capienti e allacciabili alle grandi arterie autostradali: percorsi da impegnare attraverso norme semplici dettate da un piano di evacuazione autoportante.

A Pozzuoli, il sindaco Manzoni pare stia valutando di richiedere fondi pubblici per analizzare e adeguare con criteri antisismici i fabbricati puteolani: prerogative che troverebbe facili consensi soprattutto se le richieste di adeguamento provenissero dai sindaci dell’arco appenninico. In ogni caso una tale e lecita richiesta di sovvenzioni, sarebbe in linea con il ruolo istituzionale del primo cittadino. Queste iniziative volte al sovvenzionamento pubblico, per quanto meritevoli però, devono essere concepite in un quadro più grande di prevenzione della catastrofe vulcanica, e quindi non possono e non devono essere frutto di iniziative estemporanee che danno l'idea per niente veritiera del fare, senza una progettualità compiuta e a danno delle casse pubbliche. 

Sia chiaro poi, che il bradisismo flegreo e la sismicità da esso derivante, è sempre frutto diretto o indiretto del magma insito nel sottosuolo a una profondità di diversi chilometri; un magma di cui non si riesce ad apprezzarne l'eventuale staticità o il dinamismo pulsante dalla direzione incerta. Anche se dovesse verificarsi un’eruzione freatica, non annullerebbe di un solo giorno il rischio eruttivo magmatico. Con questo si vuole dire che la fortificazione dei fabbricati non annulla la vulnerabilità al rischio eruttivo. Allora si consolidino pure quei palazzi che meritano l'adeguamento antisismico, ma non prima che siano state scritte e pubblicate, misure adeguate di prevenzione del rischio vulcanico, quello eruttivo: nel puteolano pare sia necessario specificare. 



 

 

 


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