Il piano di emergenza a fronte del rischio vulcanico ai Campi Flegrei, si basa su alcuni presupposti fondamentali, gravati da un grosso carico di incertezze. Il primo fra tutti riguarda da quale futura tipologia eruttiva bisognerà difendersi. Infatti, la scelta già fatta circa l’eruzione di riferimento, è stata propedeutica per dimensionare la zona rossa flegrea. Gli organi competenti ritennero l’adozione di uno scenario eruttivo VEI4 in linea con le attuali necessità di protezione dell’area esposta. Rispetto al Vesuvio però, per i Campi Flegrei sussiste l’ulteriore incertezza sul dove potrebbe aprirsi la bocca o le bocche eruttive. La plaga ha una superficie di circa 450 km2, tant’è che la zona rossa e nelle incertezze, è stata dimensionata all’intera area calderica.
In termini strategici, dopo aver individuato probabilisticamente l’eruzione di riferimento, occorreva conseguentemente determinare e per quanto possibile, gli indicatori di rischio che al momento non sono deterministici. Questi, di natura geochimica e geofisica, sono i dati di monitoraggio acquisiti dall’osservatorio vesuviano, che vengono analizzati dagli esperti per cogliere eventuali indizi di pericolosità, ovvero di disequilibrio delle forze sotterranee. Da questo punto di vista, gli elementi maggiormente significativi che vengono costantemente monitorati, sono quelli che riguardano in particolare:
- La sismicità;
- La deformazione dei suoli;
- La quantità e la qualità dei gas rilasciati in atmosfera;
- La temperatura e la composizione chimica dei fluidi delle fumarole;
- Altri elementi…
L’osservatorio vesuviano mette insieme tutti i dati di
monitoraggio trasmettendoli alla protezione civile nazionale, che in caso di
anomalie si avvale della consulenza della commissione grandi rischi (CGR), organo
scientifico di massimo livello, deputata ad esprimere un parere finale sul
livello di allerta da assegnare al distretto vulcanico in esame. Nei Campi
Flegrei, il livello di pericolo attuale già vigente dal 2012 è di attenzione
(giallo). Questi livelli non hanno una tempistica collaudata o aritmeticamente
progressiva. Mentre passare dal verde a uno stato di pericolosità giallo è
abbastanza agile con dichiarazione del capo dipartimento della protezione
civile, molto meno semplice risulterebbe l’ingresso in una condizione di preallarme
(arancione) se non di allarme (rosso), perché non c’è esperienza pregressa sul
comportamento del super vulcano, e i famosi indicatori di rischio potrebbero
essere portatori di falsi allarmi o di mancati allarmi. Il livello arancione e
rosso implica l’attivazione del piano di emergenza nazionale, quindi questi due
livelli che vanno a braccetto con le fasi operative, possono essere dichiarati
solo dal presidente del consiglio dei ministri.
A fronte di immani eruzioni del passato, l’ultimo evento registrato nel flegreo riguarda la misurata eruzione del Monte Nuovo nel 1538. Sono quindi quasi 500 anni che nei Campi Flegrei non si verifica un’eruzione, anche se sono presenti tutti i segnali che denotano un sottosuolo vulcanico alquanto irrequieto e poco sondabile, con eventi sismici, sollevamento dei suoli e importanti degassazioni di anidride carbonica. Fenomeni nell’attualità non eclatanti, e quindi ritenuti dall’autorità governativa, elementi tutto sommato di attenzione e non sufficienti per il passaggio alla fase di preallarme (livello arancione).
L’ex direttore Giovanni Macedonio, in un programma su Rai cultura, chiarì che le deformazioni in area calderica sono più ambigue da interpretare, perché potremmo avere grandi sollevamenti senza eruzioni vulcaniche, e viceversa piccoli sollevamenti che portano all’eruzione. Gli studi, aggiunse, sono rivolti a dare un’interpretazione ai dati di monitoraggio, per coglierne aspetti e misure che portino a ritenere possibile un’eruzione. In altre parole, la scienza dei vulcani è un work in progress.
Livelli di allerta vulcanica (OV) |
Nella tabella soprastante redatta dall’INGV, c’è una novità rispetto ad altri e analoghi prospetti stilati nel passato: non è più indicato, tra un livello e un altro, il tempo di attesa eruzione. Presumibilmente non è una dimenticanza, ma molto verosimilmente la consapevolezza che indicare tempi equivale a produrre una previsione che in realtà nessuno è in grado di fare. Anche perché non essendoci parametri numerici di riferimento, all’occorrenza l’allarme non può che pervenire dalla valutazione degli scienziati della commissione grandi rischi. Infatti, se dovessero essere preoccupanti le valutazioni finali di pericolosità (CGR), spetterebbe al premier la decisione o meno di evacuare la zona rossa flegrea e non all’osservatorio vesuviano, che in tutti i casi farà parte del comitato ristretto come centro di competenza.
Che i fenomeni naturali abbiano delle complessità di tutto
rispetto, alla fine hanno reso cauto pure l’Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia (INGV), che anche nei bollettini settimanali ai Campi Flegrei
chiarisce alcune cose :<<L'INGV fornisce informazioni scientifiche
utilizzando le migliori conoscenze scientifiche disponibili; tuttavia, in
conseguenza della complessità dei fenomeni naturali in oggetto, nulla può
essere imputato all'INGV circa l'eventuale incompletezza ed incertezza dei dati
riportati e circa accadimenti futuri che differiscano da eventuali affermazioni
a carattere previsionale presenti in questo documento. Tali affermazioni,
infatti, sono per loro natura affette da intrinseca incertezza>>.
In un recente convegno che vide la partecipazione del
dirigente regionale Campania della protezione civile e del direttore operativo
coordinamento emergenze del dipartimento della protezione civile, furono declamati
alcuni concetti legati all’affaire rischio vulcanico ai Campi Flegrei così
riassumibili:
- Sbagliato pensare che l'evacuazione possa avvenire con eruzione in corso;
- L'attività di allontanamento avverrà molto prima che l'eruzione si verifichi;
- Non dobbiamo immaginare di scappare con l'eruzione alle spalle;
- Non ci sarà un campanello d'allarme e tutti che scapperemo contemporaneamente.
Parole molto rassicuranti. È interessante notare come nelle sedi giudiziarie di recente è saltato fuori che le comunicazioni circa la pericolosità di un fattore come quello sismico, verosimilmente associabile a quello vulcanico, ricada sull’ente tecnico e non sul consesso scientifico. Infatti, in realtà simili affermazioni potrebbero suonare come una previsione, del resto più che confortante, in un contesto però, in cui l’INGV si chiama fuori da previsioni di accadimenti (vulcanici), dichiarando che per loro natura sono fenomeni affetti da intrinseca incertezza.
Appare in controtendenza quello che scrive da un’altra parte l’INGV- osservatorio vesuviano, che risponde così a questa domanda: è' possibile prevedere la prossima eruzione del Vesuvio o dei Campi Flegrei? Risposta :<< Non è possibile prevedere a lungo termine quando ci sarà la prossima eruzione. Tuttavia, grazie alla sorveglianza del vulcano è possibile rilevare con ampio anticipo l'insorgenza di fenomeni precursori, che generalmente precedono un'eruzione, e procedere all'evacuazione prima che avvenga l'eruzione>>.
Le deduzioni finali imporrebbero all’INGV di usare forse termini
maggiormente adeguati ai criteri dichiarati di “intrinseca incertezza”.
Diversamente il cittadino potrebbe pensare che si vuole rassicurare senza per
questo assumersi responsabilità, magari perché c’è l’esempio eclatante del
terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, dove a fronte della fallace previsione
ad excludendum, la commissione grandi rischi giudiziariamente ne uscì
indenne, e unico responsabile risultò il vice capo dipartimento della
protezione civile perché ricopriva un ruolo amministrativo. D’altro canto e a riprova, la
presidenza del consiglio è stata chiamata a risarcire i danni di quel terremoto…
In tutto questo c’è una morale. I cittadini che vivono nelle
zone rosse vulcaniche, devono capire che ci sono dei limiti oggettivamente
insuperabili in quella che è la previsione dell’evento eruttivo, e quindi ciò che è auspicabile non è ciò che è prevedibile. Chi
invece deve rispondere in materia pragmatica del proprio operato, senza trincerarsi dietro all'aleatorietà della natura, è l’autorità
amministrativa. Sindaco, Presidente regionale, Presidenza del consiglio, magari
attraverso le loro strutture tecniche e politiche dedicate.
Organizzare riunioni con scienziati che ripetono che l’osservatorio
vesuviano è il più vecchio del mondo, che Vesuvio e Campi Flegrei sono i
vulcani più monitorati del mondo, ed elencano con enfasi strumentazioni e uso dei
satelliti per esercitare un monitoraggio permanente passandolo come sinonimo di controllo, non risolve il
problema della previsione dell’eruzione, fermo restante la bontà delle
affermazioni che servono anche per richiedere fondi dedicati. La previsione in assenza di un pregresso documentato può essere un
azzardo, a meno che non si ordini una evacuazione presumibilmente in netto anticipo
sui tempi, e così sembra, accettando il falso allarme. La certezza dell’eruzione, allo stato dell’arte, può essere data
solo dalla colonna eruttiva…
In conclusione, occorrerebbe organizzare pure riunioni anche e solo con l’autorità politica e amministrativa; questi eletti dovranno dire tra le altre cose e per esempio, perché non s’instaura un divieto di
costruire in senso residenziale nella zona rossa flegrea, alla stregua di quanto fatto al Vesuvio, quale misura opportuna
per limitare il valore esposto… E poi rispondere sulla bontà dei piani di evacuazione...