Il capo dipartimento della protezione civile, Angelo
Borrelli, insieme al capo delle emergenze Luigi D’Angelo, e al responsabile
della protezione civile regionale Italo Giulivo e della direttrice Francesca
Bianco dell’Osservatorio Vesuviano (INGV), il 10 febbraio 2021 hanno tenuto a
Pozzuoli, ospiti del sindaco Figliolia, una sorta di conferenza aperta al
pubblico e alle domande del pubblico.
L’assise è servita per fare il punto sulla situazione del
rischio vulcanico nei Campi Flegrei: i fenomeni geologici che si registrano
nell’area infatti, in qualche misura allertano la popolazione. La direttrice
Bianco ha riferito che la sorgente che produce il bradisismo è posta a qualche
centinaio di metri a sud del Rione Terra, in mare a una profondità di 3- 4 Km. A 7-8 km. invece, la medesima accenna a un
magma primitivo che degassa in modo massivo generando anomalie geochimiche.
Alla domanda del pubblico se è possibile verificare la migrazione del magma
verso la superficie, la dirigente ha risposto che grazie al sistema di
monitoraggio multi parametrico gestito dall’Osservatorio Vesuviano, c’è una
buona probabilità che tali movimenti ascensionali ove si presentassero
verrebbero colti. In realtà l’affermazione della direttrice sembra ottimistica, perché le eruzioni avvengono all’interno di processi complessi e caotici. Quale sarà la goccia geochimica o
geofisica che farà traboccare gli equilibri sotterranei è difficile prevederlo.
D’altra parte se nell’area napoletana l’autorità scientifica ha trovato un
sistema per monitorare il cammino del magma con una sufficiente precisione e in
tempi utili, il protocollo di prevenzione anti catastrofe vulcanica napoletano
dovrebbe essere subito esportato.
La realtà, e non la verità che non la conosce nessuno, temiamo
sia quella che vivere in quest’area calderica costellata da bocche eruttive e
ammollata dalla circolazione idrotermale, dal bradisismo e dalle intrusioni
magmatiche, rappresenta un rischio che qui più che altrove, ogni singolo
cittadino deve valutare se ritenerlo accettabile o meno, e se lasciarlo in
eredità a figli e nipoti. Il filo conduttore dei dialoghi tra istituzioni e
popolazione, dovrebbe essere improntato alla prudenza e al pragmatismo. Invece,
la nostra impressione è quella che ci sia una necessità non dichiarata di
tranquillizzare a prescindere i cittadini.
D’altra parte anche l’ing. D’angelo avrà scoperto e
apprezzato il progresso della ricerca scientifica, tant’è che ha assicurato che
occorre rimandare indietro l’immagine di una evacuazione con l’eruzione alle
calcagna. Infatti, forse azzardando una previsione poco memore dei fatti legati
al terremoto dell’Aquila, ha precisato che l’allontanamento dalla zona rossa
avverrà molto prima dell’eruzione. Ovviamente una tale precisazione impone che
sia scontata che il medesimo quando sarà avrà la previsione dell’eruzione in
tasca. Diversamente, tentando un esercizio di interpolazione, potrebbe essere
che il dirigente dell’ufficio emergenze volesse dire che in nome della
salvaguardia lui e i suoi si muoveranno con scelte, misure e tempi, all’interno
dell’alveo del falso allarme piuttosto che del mancato allarme. D’altra parte
chiamare un piano di evacuazione piano di allontanamento dipana già il quadro
delle intenzioni di chi lo propone. Occorre
solo che la natura sia d’accordo e che l'Osservatorio Vesuviano ben la interpreti…
Una delle perplessità espresse dai cittadini nell’ambito di
questo consesso seguito sui social, riguarda la decisione adottata nei piani di
evacuazione di trasportare la popolazione puteolana, sprovvista di mezzo di
locomozione, dalle aree di attesa comunale direttamente all’area d’incontro
localizzata alla stazione ferroviaria di Piazza Garibaldi (Napoli). In questo
luogo infatti, avverrebbe poi l’imbarco degli sfollati sui treni in direzione
di Milano. Nel merito di questa strategia operativa, l’esperto regionale ha
chiarito che la scelta di una siffatta modalità evacuativa è stata elaborata
strategicamente dalla Regione Campania e poi sottoposta alla società ACAMIR,
l’agenzia campana per la mobilità regionale, che l’ha ritenuta materialmente
fattibile; poi, è stata testata sul campo con l’esercitazione Campi Flegrei EXE
2019 ed è stato ritenuto superato lo stress test.
Il test si è avvalso di alcuni autobus, tra l’altro
scortati, e di un numero di partecipanti numericamente ben inferiore alla
normale e ordinaria capacità di carico dei pochi pullman utilizzati. Una prova esercitativa
di evacuazione rapida e massiva che prevede il trasporto di una parte della
popolazione dalla periferia occidentale di Napoli e fino al centro dell’area
metropolitana partenopea, difficilmente con i numeri messi in gioco potrebbe
essere di conforto per le scelte operate. D’altra parte l’allontanamento
avverrebbe in una zona centrale partenopea, che non potranno tardare molto a
doverla classificare zona rossa 2. Ergo, non si esclude che dovrà essere evacuata
con la stessa tempistica adottata per i Campi Flegrei, cioè contemporaneamente
e prima dell’eruzione.
Il dirigente regionale campano Italo Giulivo, in linea col collega dipartimentale, ha dichiarato che il problema vulcanico c’è ma è sotto monitoraggio, e che occorre valorizzare il sistema protezione civile nella sua interezza, rifuggendo dall’idea di un campanello di allarme che trilla e tutti scapperanno contemporaneamente. Già nella fase di pre-allarme, afferma, scatterà il piano nazionale di evacuazione, e quindi si insedierà una direzione di comando e controllo che gestirà le operazioni di spostamento della popolazione flegrea. Allontanare 550.000 persone dalla zona rossa, dice Giulivo, è una sfida sostenibile, ma occorre consapevolezza e ruolo attivo dei cittadini.
L’assise tecnico scientifica come sempre è ruotata intorno
all’Osservatorio Vesuviano che, ricordiamolo, è struttura periferica
dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. I cittadini sperano sempre da questi incontri,
di ricevere e cogliere segnali rassicuranti o contradditori su cui indagare,
perché sull’efficacia dei piani di emergenza e di evacuazione nutrono non pochi
dubbi, e quindi ambiscono a non misurarsi con le deficienze del sistema, ma
piuttosto di andarsene all’occorrenza, in autonomia, con
qualche soldo in tasca e ben prima che gli eventi precipitino. In questo schema
abbiamo riassunto le fasi del piano.
Il dibattito recentemente ha avuto qualche momento di riflessione sui limiti e le possibilità offerte da un ipotetico passaggio di fase da attenzione a pre-allarme: da giallo ad arancione per intenderci. Questo nuovo momento operativo potrà essere sancito solo dal presidente del consiglio dei ministri, presumibilmente dopo aver sentito la commissione grandi rischi e riunito il comitato operativo nazionale della protezione civile.
Questo passaggio di colore prevede l’allontanamento su base
volontaria dei cittadini residenti in zona rossa, secondo modalità e schemi
fissati dalla autorità comunale e regionale. In questo caso è previsto pure un
contributo per i cittadini che se ne vanno, ma senza che questi possano avere la
possibilità teorica di poter fare marcia indietro e tornarsene a casa. La Direzione
di comando e controllo infatti, sarebbe insediata ed entrerebbero in azione i
cancelli ai varchi d’uscita. Durante il pre allarme verrebbero svuotati ospedali
e case di cura e carceri, così come i beni culturali (quadri, statue, arazzi,
libri, ecc.) sarebbero impacchettati e trasportati in luogo sicuro fuori dal
perimetro a rischio.
Nelle mappe presentate dalla comunità scientifica, la zona
di Agnano e dintorni, per una serie di motivi (ipotesi), è stata adottata come possibile
luogo di apertura di una bocca eruttiva. Quindi, hanno calcolato che eventuali
flussi piroclastici difficilmente scavalcherebbero la collina di Posillipo e
ancora meno quella dei Camaldoli. Un po' più difficile sarà valutare la zona
rossa 2, quella della ricaduta massiccia di cenere e lapilli, perché i prodotti
piroclastici scaraventati in alto non verrebbero fermati dalle creste collinari
e si andrebbero a depositare, secondo calcoli statistici, probabilmente a est
del flegreo, quindi in pieno centro cittadino partenopeo. Ne conseguirebbe che
la Prefettura di Napoli potrebbe risultare vulnerabile così come la Questura il
Municipio ed altri importanti uffici e strutture pubbliche cittadine.
Quello che ci lascia sempre alquanto attoniti, è l’incapacità della politica che non riesce ad imporre un secco divieto anti cemento che inibisca la costruzione di nuovi insediamenti residenziali all’interno della zona rossa flegrea, esattamente come è stato fatto da Bassolino nel 2003 per la plaga vesuviana. In quest’area, a volte percorsa da olezzi di zolfo che come monito ricordano dove ci si trovi, occorrerebbero politiche degli spazi e infrastrutture viarie capaci di indirizzare, all'occorrenza, il maggior numero possibile di veicoli in direzione nord e nord est, onde offrire elementi di rapido collegamento con l’autostrada Napoli-Roma.
Qualora esista davvero
questa possibilità geo operativa da stargate vulcanico offertaci dalla fase di pre allarme, sarebbe utile che si sfruttasse d'appieno, e se ne andassero dalla zona rossa le
persone vulnerabili, cioè quelle con patologie che non consentono deambulazione
o indipendenza, ed ancora vecchi e bambini che non è il caso di coinvolgerli in
una situazione di stress evacuativo. Per quanto tempo starebbero lontani? Gli strumenti non lo dicono... Purtroppo, in assenza di misure di prevenzione
delle catastrofi, la sicurezza dei 550.000 del flegreo, pare che sia affidata
alla capacità delle istituzioni di diramare un falso allarme…ma anche per
quello, credeteci, ci vogliono veramente grandi competenze. Strano vero?