Vesuvio |
I dati che riguardano il
numero di abusi edilizi perpetrati nella Regione Campania sono molto alti,
anche se non è possibile contabilizzarli con precisione. Alcune fonti di un
certo credito stimano in 175.000 gli immobili o le opere irregolari da sanare o
abbattere, con migliaia di queste che affastellano proprio la zona vesuviana.
Solo nel comune di Torre del Greco infatti, le pratiche di condono pare siano
oltre diecimila. Un dato assolutamente drammatico per la sicurezza e l’ordine
sociale, ma è anche un numero che da solo vale una congettura su un altrettanto
e preoccupante fenomeno che si chiama accidia istituzionale, perché è
impossibile che tante case possano sorgere dal nulla senza che i preposti
all'ordine se ne avvedano…
L’impasse dettato dalla
tardiva legge regionale n° 21 del 2003
che stabilisce il divieto di edificare per usi residenziali nella zona ad alta
pericolosità vulcanica, ovviamente va molto stretta agli imprenditori edili nel
loro insieme, così come ai lavoratori dell’edilizia e a tutti quei cittadini
che hanno poco provvidamente investito nel cemento irregolare all’ombra del
Vesuvio. Una tale e folta lagnanza è pane per i denti della scaltra politica
del consenso…
In ragione di un allarme
sociale dovuto alle circa 70.000 sentenze di abbattimento emesse negli ultimi
anni, la Procura della Repubblica di Torre Annunziata aveva provato nel 2013 a
gestire almeno nel vesuviano questo dramma sociale, mettendo in campo delle
logiche demolitive già adottate nel 2012 nel casertano a cura della Procura di
Santa Maria Capua Vetere.
Nel nostro caso però, più
che un protocollo operativo si è tentato di mettere insieme un concordato tra i
comuni di Torre del Greco, Boscotrecase, Boscoreale, Trecase e il Parco
Nazionale del Vesuvio e il Corpo Forestale dello Stato. Un dispositivo
estendibile anche altrove per guadagnare tempo... Gli abbattimenti finanziati
dal Parco avrebbero seguito nel loro incedere una sorta di cronologia del
demerito: «Abbiamo individuato precisi
criteri di priorità negli abbattimenti – riferì il procuratore capo - a partire
dagli edifici che costituiscono pericolo per la pubblica e privata incolumità,
le abitazioni occupate abusivamente, gli immobili utilizzati per attività
criminose e i locali nella disponibilità di soggetti appartenenti a organizzazioni
camorristiche fino ai fabbricati di rilevante impatto ambientale».
L'area
del Parco Nazionale del Vesuvio
L’iniziativa doveva
riguardare in prima battuta la demolizione di case all’interno del territorio
del Parco Vesuvio, in modo che si ripristinasse la legalità nell’area protetta e
si lanciasse contemporaneamente un monito a chi ritiene di aggirare le leggi
edificando nottetempo sulla scorta di assicurazioni provenienti dalle zone opache del territorio.
La recente introduzione
della linea nera Gurioli però, che
circoscrive la zona a massima pericolosità vulcanica e sui cui vige il divieto
di inedificabilità totale, contiene e racchiude interamente il limite
territoriale del Parco Vesuvio.
Vesuvio:
la linea nera Gurioli circoscrive la zona a massima pericolosità vulcanica.
All'interno di questo perimetro vige il divieto di edificare ad uso
residenziale: legge regionale 21/2003.
Di fatto allora, la strada
degli abbattimenti mirati delle case secondo un profilo criminogeno delle
stesse non poteva e non può essere perseguito nel vesuviano, poiché la
sicurezza ha una valenza superiore alla repressione del crimine. Rendiamo
chiaro il concetto con un esempio: non possiamo blindare una scuola perché
rubano i computer se mettendo sbarre alle porte e alle finestre non ci sono poi
vie di fuga sufficienti da utilizzare in caso di incendio…Le norme di
salvaguardia della vita umana infatti, si applicano a tutte le frange della
popolazione senza subordine e senza alcuna distinzione di sorta. Nel caso in esame poi, il
rischio è quello vulcanico, accertato non solo da documenti e relazioni
scientifiche, ma sancito addirittura da un atto di governo.
L’invisa norma regionale
(21/2003) anti edilizia nella zona rossa 1 del Vesuvio, risponde all’esigenza
di non aumentare il Valore Esposto, cioè il numero di vite umane all’interno di
una zona invadibile dai flussi piroclastici, che rimane il fenomeno più devastante in
assoluto ma non unico, insito nelle eruzioni esplosive pliniane e sub pliniane.
Quale politica o accordo
giuridico può quindi sanare o ritardare a tempo indeterminato l’abbattimento di
un fabbricato abusivo fatto in un territorio che potrebbe essere spazzato via
dalle colate piroclastiche senza certezze matematiche di previsione dell’evento
e senza piano di evacuazione che è ancora in itinere? La norma che sancisce la
totale inedificabilità a uso residenziale nel vesuviano, non è stata adottata
per salvaguardare una cosa terza seppur importante, come il paesaggio o
l’archeologia o la flora o la fauna o l’ambiente nella sua interezza, bensì è
una legge varata per la tutela di un bene unico e irripetibile: la vita umana.
Addirittura, se volessimo
adottare un elenco delle priorità di abbattimento in ordine alla sicurezza,
l’inconfutabile formula del rischio: (Rischio=
Pericolo X Valore Esposto),
comporterebbe lo scientifico utilizzo delle ruspe innanzitutto contro gli
immobili abusivi che registrano l’allocazione di famiglie particolarmente
numerose. Una procedura che può sembrare un paradosso e che sarebbe socialmente
invisa ma tecnicamente è ineccepibile, perché diminuendo il valore esposto si
diminuisce l'indice di rischio. Addirittura in zona rossa 1 Vesuvio gli
abbattimenti da concretizzarsi per ultimi dovrebbero essere proprio quelli che
non comportano un carico abitativo stabile, cioè i fabbricati allo stato grezzo
di spiccato, i manufatti per uso commerciale (magazzini e depositi) e le
seconde case ad uso weekend e quelle turistiche. Ovviamente queste congetture
sono molto diverse da quelle stabilite dalla procura che logicamente ha una sua
naturale propensione verso la lotta al crimine: da qui le indicazioni degli
interventi che vertevano e tenevano conto della qualità e quantità e finalità
dell’infrazione edilizia.
La zona rossa suddivisa in R1 e R2.
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Nel prospetto di legge
menzionato e di cui il senatore torrese è primo firmatario, si sono recuperati
i parametri e le logiche di abbattimento già previsti dalla procura oplontina
riportandoli nel disegno di legge. Le cronologie individuate dai procuratori
per l’ordine di abbattimento, conferiscono al documento
politico un alibi inoppugnabile di legalità per chi non vuole distinguere le due funzioni.
La legge in questione propone, è bene ricordarlo, questa
scaletta di priorità d'intervento per smantellare i manufatti abusivi:
a) immobili che, per
condizioni strutturali, caratteristiche o modalità costruttive ovvero per
qualsiasi altro motivo, costituiscono un pericolo, già accertato, per la
pubblica e privata incolumità, anche nel caso in cui l'immobile sia abitato o
comunque utilizzato;
b) immobili in corso di costruzione o comunque
allo stato grezzo e non ultimati;
c) immobili, anche abusivamente occupati,
utilizzati per lo svolgimento di
attività criminali;
d) immobili di qualsiasi
valore e dimensione, anche se abitati dai componenti della famiglia, nella
disponibilità di soggetti condannati per i reati di cui all'articolo 416-bis
del codice penale o per i delitti aggravati ai sensi dell'articolo 7 del
decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla
legge 12 luglio 1991, n. 203, o di soggetti colpiti da misure di prevenzione
irrevocabili ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e del codice delle
leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6
settembre 2011, n. 159, e sempre che non siano acquisibili al patrimonio dello
Stato;
e) immobili di rilevante
impatto ambientale o costruiti su area demaniale o in zona soggetta a vincolo
ambientale e paesaggistico ovvero a vincolo idrogeologico o a vincolo
archeologico;
f) immobili di complessi o
villaggi turistici o comunque oggetto di lottizzazione abusiva;
g) immobili non stabilmente abitati (seconde
case, case di vacanza);
h) immobili adibiti ad attività produttive di
tipo industriale o commerciale;
i) immobili abitati, la cui titolarità è
riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che dispongano di
altra soluzione abitativa;
l) altri immobili non
compresi nelle categorie sopraindicate, ad eccezione di quelli di cui alla
lettera m);
m) immobili abitati, la cui
titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che non
dispongano di altra soluzione abitativa, con contestuale comunicazione alle
competenti amministrazioni comunali in caso di immobili in possesso di soggetti
in stato di indigenza.
Se passa alla camera questa
cronologia di abbattimenti, praticamente i casi che rientrano nelle lettere l) ed m) possono contare su di una sorta di immunità permanente dovuta
alla farraginosità della burocrazia che ha bisogno di tempi lunghi per
concordare la demolizione di un fabbricato. Anni d'implicita immunità... Una
legge che in ragione delle logiche da formula inversa, consentirebbe viceversa di
progettare l’abuso avendo l’accortezza di crearsi una situazione collocabile
lontano dalle prime lettere, meglio ancora da lettera m) … Si resterebbe complessivamente abusivi, ma modicamente al
sicuro dalle ruspe.
In realtà questa logica
delle demolizioni non già per numero di protocollo ma, diciamo per tipologia di
reato, nel caso dell’area vesuviana ad alta pericolosità vulcanica non dovrebbe
essere una strada percorribile, perché lo Stato dovrebbe avere innanzitutto il
dovere di provvedere alla sicurezza dei cittadini, e poi all’esigenza abitativa
e non viceversa a scapito della salvaguardia di uomini, donne e bambini. Un
particolare quello della linea nera Gurioli che le solerti amministrazioni
comunali avevano forse e probabilmente dimenticato di portare all’attenzione
della volenterosa e sovraccarica procura di Torre Annunziata.
Il nostro parere tecnico va
sicuramente nella direzione di operare tenendo conto e ben distinguendo tra le
opere abusive ricadenti all'interno del perimetro Gurioli dalle altre. Nella
zona infra Gurioli infatti, vige la denominazione di zona ad alta pericolosità vulcanica, quindi si comprenderà che
difficilmente potrà essere disposta una sanatoria edilizia, un condono o
qualcosa che gli somigli, per evitare che sullo Stato ricada il ridicolo giurisprudenziale delle garanzie obliate. Chi sana il rischio?
Al di fuori di questo
perimetro che pure doveva essere oggetto di regolamentazione edilizia, se la Regione Campania consente
ai Comuni di Scafati e Poggiomarino di rilasciare ancora licenze edilizie, gli
altri comuni o parte di essi oltre la linea nera potranno ben pretendere una
sanatoria o una scaletta di priorità negli abbattimenti, in modo da salvare
machiavellicamente capre e cavoli che, diciamolo ancora una volta, hanno proliferato in un contesto di totale
assenza di validi pastori
istituzionali.
Una commissione d'inchiesta
che accerti responsabilità nei mancati controlli sull'edilizia abusiva,
dovrebbe essere il minimo sindacale dell'azione di un governo che governa, che
prima ancora di qualsiasi formula alchimistica per fronteggiare il problema
abbattimenti e condoni, dovrebbe innanzitutto individuare misure concrete di
debellamento del fenomeno dell'abusivismo edilizio sul nascere e dei controlli
che mancano.
Il ricatto lavorativo non è
applicabile in una zona dove l'alito
rovente (surges) del vulcano può
vaporizzare con i suoi 500° C. tutto il materiale organico che incontra sul suo
cammino, come successe in soli tre minuti ad Ercolano nel 79 d.C. .
Diversamente possiamo
dichiarare il Vesuvio un vulcano estinto, cosicché facciamo fiorire il lavoro,
le imprese, condoniamo le case abusive, favoriamo il business del cemento,
offriamo maggiore tranquillità sociale e soprattutto dormiremmo meglio e
risparmieremmo non poco tra commissioni e gruppi e affini che non sono a costo
zero. Possiamo fare diverse cose, ma dobbiamo assolutamente evitare la margherita politica del rischio: vulcano
sì, vulcano ni; vulcano sì, vulcano ni...
In un sistema di tutela
basato sulla prevenzione delle catastrofi, questo articolo doveva essere
condensato in una nota a cura di chi ha compiti istituzionali di prevenzione.
Magari scrivendo a tergo del DDL C.1994 quale suggerimento e per competenza, la
seguente modifica alla lettera a): immobili che, per condizioni strutturali,
caratteristiche o modalità costruttive, ovvero per ubicazione in zona ad alta
pericolosità vulcanica o idrogeologica, costituiscano un pericolo già
accertato, per la pubblica e privata incolumità, anche nel caso in cui
l'immobile sia abitato o comunque utilizzato.