L'esercitazione di Protezione Civile denominata Twist. In primo piano il Prefetto Gabrielli |
“I rischi Vesuvio e Campi Flegrei
approdano alla corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo …” di MalKo
L’esercitazione
di protezione civile denominata Twist,
si è svolta a Salerno dove si sono prefigurati scenari calamitosi dovuti a un
maremoto provocato da una frana staccatasi dal vulcano sommerso Palinuro. Il
momento esercitativo ha consentito al Prefetto
Franco Gabrielli di esprimere, e forse per la prima volta in modo chiaro, il
suo pensiero e tutta la sua preoccupazione a proposito della minaccia
rappresentata non solo dai seamount
tirrenici, ma piuttosto dal Vesuvio e dalla caldera Flegrea. <<Manca consapevolezza, afferma il Capo
Dipartimento, in zone dove tutti aspettano i piani nazionali tollerando intanto
l’inurbazione che rende complicata qualsiasi pianificazione. In questi luoghi
si è molto propensi a chiedere e poco propensi a fare…>>.
E’
vero!L’area vesuviana è un coacervo d’interessi e disinteressi. Gli
amministratori del vesuviano, generalizzando, non usano o non osano trascrivere
nelle loro agende il rischio Vesuvio, che menzionano poco o niente se non nelle
manifestazioni pubbliche o in modo strumentale, perché altrimenti diverrebbero
immediatamente sgraditi a una certa parte della popolazione.
Non
dimentichiamo che i sindaci della zona rossa erano sul piede di guerra alcuni
mesi fa, addirittura per valutare insieme a un supervisor regionale, le azioni necessarie per garantire un po’ di
cemento “ristoratore” nell’area pericolosa sottoposta a una legge restrittiva (l.rg.
21/2003) in tema di edilizia residenziale. Alcune adunanze sono servite pure
per tracciare una linea comune atta ad affrontare il problema dell’abusivismo
edilizio, in altre parole dei condoni, di cui si chiedevano valutazioni bonarie
almeno fino all’annata del 2003.
La
maggior parte dei cittadini vesuviani invece, vorrebbero semplicemente avere la
certezza che, se dovessero presentarsi segnali di pericolo da quel cono vulcanico così vicino, una qualche
pianificazione di emergenza, che non osano pensare che non esista, consentirà
di portare in salvo innanzitutto i loro figli.
La
solerzia delle municipalità sui doveri d’ufficio che riguardano la vigilanza
sull’edilizia abusiva, sulla valutazione dei condoni e degli abbattimenti, sono
misurate anche sulla base dell’efficienza delle forze dell’ordine che operano
in loco e che dovrebbero assicurare il controllo del territorio. C’è
disinteresse… Eppure parliamo di un rischio che ha connotazioni mondiali di
allarme. Bisogna anche dire però, che mancano buoni esempi legislativi, poiché
ancora adesso costruiscono in zona rossa con i soldi pubblici (legge 219/81- terremoto '80), con
tanto di cartello autorizzativo dell’ufficio tecnico comunale affisso sul
cemento ancora fresco. Il pericolo c’è o non c’è?
Le
forze dell’ordine sono immerse in questo agone di contraddizioni perché non
hanno una preparazione professionale sul rischio vulcanico e sull’analisi del
territorio per esercitare un ruolo proficuo di attenti osservatori non neutrali.
Che cosa sia realmente un vulcano esplosivo, con le sue colate piroclastiche e
la caduta di bombe e cenere vulcanica, lo percepiscono, generalizzando, solo
attraverso aneddoti e discorsi correnti e spesso inesatti captati qua e là in
giro per il paese, facendosi parte diligente solo su input delle procure e mai
per motu proprio. Anche il cosiddetto abuso di necessità andava fermato sul
nascere, senza tentennamenti, in modo da non farlo diventare un fenomeno dai
numeri inapprocciabili e di difficile risoluzione. Si tenga presente che non
c’è uomo o sanatoria o legge dello Stato, che possa, attraverso atti
amministrativi, condonare il pericolo che incombe sulla plaga vesuviana.
Per
sradicare il fenomeno dell’abusivismo edilizio basta visionare ogni quindici
giorni qualche filmato effettuato da un drone
o una fotografia satellitare comparandola con le precedenti. Se la procedura è
troppo “moderna”, allora bisogna seguire i camion che trasportano calcestruzzo
o terra appena sterrata. Oppure bussare alla porta di quello che ha
improvvisamente innalzato lamiere o teli intorno al suo podere nascondendosi
alla vista.
A
volerla dire tutta, un vigile urbano là dove c’è dovere, volontà politica e
istituzionale, con un semplice motorino poteva e può tenere
sotto controllo tutto il territorio di pertinenza…
L’area
vesuviana allora è un cane che si morde la coda. Non c’è via d’uscita. Anche il
Dipartimento della Protezione Civile che da Salerno con le parole del prefetto
Gabrielli si lancia in un j’accuse più che condivisibile contro l’inerzia dei
vesuviani, ha forse qualche pecca nel dipartimentale
curriculum, passato e recente, in termini di modus operandi. Non sono, infatti, lontanissimi i tempi in cui si
reclamizzavano in molte trasmissioni televisive e sui giornali i piani di
emergenza Vesuvio come strumento di tutela invidiatici nientemeno che dal mondo
intero… così dicevano, dimenticando o forse ignorando, che senza piano
d’evacuazione quello d’emergenza è carta straccia. Bisognava dire a chiare
lettere poi, e già un bel po’ di tempo fa, che non c’è un’organizzazione o una
pianificazione adeguata per la tutela della popolazione vesuviana, e, quindi,
chi s’insedia nella zona rossa lecitamente o abusivamente, lo fa a suo rischio
e pericolo. Avremmo così almeno assicurato il diritto all’informazione che è il
primo anello della prevenzione. Certo, di rimando occorreva poi spiegare venti
anni di commissioni e sottocommissioni per il ciarliero piano annunciato e mai materializzato e mai uscito dai cassetti...ma questa è un’altra storia che pure un giorno dovrà essere raccontata, perché
i protagonisti con qualche giravolta sono sempre gli stessi. Per non parlare
delle esercitazioni di protezione civile che sono state fatte calandole
letteralmente dall’alto con un indice di difficoltà inferiore alla gita
scolastica; oppure assegnando enfasi di esagerata importanza a eventi come la Mesimex (Major Emergency Simulation
Exercise), che in realtà non ha cambiato o migliorato il mondo del rischio
vulcanico e neanche quello delle emergenze in genere.
E ancora il Dipartimento avrà pure qualche responsabilità nella
recente rivisitazione dei nuovi confini della zona rossa, che in realtà hanno
peggiorato la classificazione del territorio, con zone nere a distruzione
totale che terminano a un passo da dove è possibile fabbricare con licenza
edilizia, con norme che valgono per un comune ma non per l’altro. Una vera
mestizia resa possibile da un escamotage forse della Regione Campania, chissà,
che si è inventata la zona rossa ad
andamento variabile.
In
questo bailamme, state pur certi che alcuni dei vecchi diciotto comuni della vecchia
classificazione esclusi dalle provvidenziali postille contenute nei nuovi
scenari, si faranno sentire a colpi di ricorsi amministrativi, specialmente le
municipalità di Boscoreale, Pompei, Torre Annunziata, Somma Vesuviana e
Sant’Anastasia, su cui è stata fatta una disparità di trattamento a proposito
dei territori da classificare in zona gialla di là della linea Gurioli.
Su
tutto emerge il dato che lascia veramente perplessi, che è quello della misura
percettiva molto ottimistica del rischio Vesuvio da parte della gente, che invece
di inalberarsi pretendendo uno straccio di piano d’evacuazione che ancora non
c’è, asseconda l’andazzo omissivo premiando gli amministratori che tacciono sul
pericolo, come se bastasse il silenzio per esorcizzarlo…
Dodici
cittadini della zona rossa Vesuvio guidati da Rodolfo Viviani dell’associazione radicale per la grande Napoli, hanno
presentato alla corte europea di Strasburgo una denuncia contro lo Stato
italiano che non assicura la tutela dei cittadini esposti al rischio eruzione con
appositi ed efficienti piani d’evacuazione. Il rappresentante dei verdi
ecologisti Francesco Emilio Borrelli ha
parimenti presentato analoga denuncia per la zona dei Campi Flegrei, sede delle supereruzioni e del deep drilling project.
Sarà interessante il trattamento che la corte di Strasburgo riserverà alle
denunce italiane, soprattutto in capo al soggetto su cui affibbiare la responsabilità
di tali inadempienze.
Anche
la stampa dovrebbe informarsi di più su questi rischi che mantengono sulla
graticola migliaia e migliaia di persone, valutando attentamente ciò che
succede nelle interazioni tra politica e mondo scientifico e mondo
istituzionale.
Anche
noi abbiamo provato a denunciare alle istituzioni competenti, e non solo dalle
pagine del giornale, il grave rischio che corrono gli abitanti della zona rossa
Vesuvio per l’assenza di un piano di evacuazione: non è mai arrivata alcuna risposta. Allora decidemmo di presentare una
denuncia alla Procura della Repubblica
di Torre Annunziata che ha ricevuto l’atto il 14 settembre del 2011. Siamo in attesa di sviluppi… Ovviamente ogni strada è utile e da percorrere senza indugio se serve a raggiungere
l’ambito risultato di una maggiore tutela della vita umana all’ombra del Vesuvio.