Il vulcano Stromboli |
“Il Vulcano Stromboli e
l’arcipelago delle Eolie” di MalKo
Quando
un po’ di anni fa raggiungemmo l’isola di Stromboli
con una motobarca,apprezzammo immediatamente l’odore caratteristico di lava e
fiori misti alla salsedine. Ci avvicinammo di poppa alla riva gettando l’ancora
a poche decine di metri dai sassolini vulcanici arrotondati dall’onda. Dopo
aver filato tutto il cavo a
disposizione, l’ancora rimase comunque appennellata, cioè non toccava il fondo.
Aggiungemmo altro cavo ma senza successo. Per avere un appiglio dovettimo quasi
toccare riva. Alzammo allora il capo seguendo il profilo del monte, che altro
non era che la parte più piccola dell’edificio vulcanico che si ergeva dagli
abissi marini…
Lo
Stromboli ancora oggi viene definito il faro del Mediterraneo.
Quest’appellativo la dice già lunga sulla tipologia eruttiva che, pur non
essendo particolarmente violenta, presenta una sequenza continua che dura da
alcuni millenni, consentendo all’isola l’ingresso nella top 10 dei vulcani più
eruttivi del mondo. Il faro naturale praticamente
è sempre acceso e fornisce un punto di riferimento ben preciso ai naviganti,
che lo cercano dalle plance dei bastimenti nelle notti buie…
Il
cono dello Stromboli è uno dei sette apparati che svettano fuor d’acqua nel
Tirreno meridionale, ma dobbiamo annoverare anche un bel po’ di fratelli vulcanici dell’arco eoliano, come
il Palinuro e il possente Marsili che, pur dominando le
profondità marine, non sono riusciti ad emergere mantenendo quindi un ruolo defilato
di seamount.
Il
Dott. Daniele Andronico, ricercatore
dell’INGV di Catania,annovera tra le sue attività istituzionali anche lo studio
di questa particolare e spettacolare e panoramica zona insulare, che comprende
non solo i vulcani dell’arcipelago delle Eolie, ma anche il maestoso Etna che sarà
oggetto di un prossimo articolo dedicato.
Dott.
Andronico cos’è l’arco eoliano?
L’arco
Eoliano è il risultato della collisione tra la placca Africana e quella
Euroasiatica e si trova, in particolare, tra il bacino di retroarco del Mar
Tirreno Meridionale e la catena orogenica dell’Arco Calabro. La sismicità
registrata in quest’area ci indica che una porzione della placca Africana è in
“subduzione” (s’immerge) sotto la placca Euroasiatica, dando origine al
vulcanismo delle isole Eolie. Le rocce più antiche di questi apparati sono
state datate intorno a 1.3 milioni di anni di età, che viene considerata anche la
data di nascita dell’arcipelago, costituito com’è noto, da ben sette isole
vulcaniche.
Quali
sono le caratteristiche del vulcano Stromboli?
Stromboli
è l’isola più settentrionale dell’arcipelago, e la sua porzione subaerea che si
eleva fino a un massimo di 924 m in località Vancori, si è iniziata a formare circa
85000 anni fa. Oggi sappiamo, grazie ad accurati rilievi batimetrici, che il
vulcano si estende fino a circa 1500-1800 m sotto il livello del mare, formando
un cono quasi regolare, con fianchi ripidi e uniformi. La citatissima Sciara
del Fuoco, la depressione che nella porzione subaerea dello Stromboli
occupa il fianco nord-occidentale dell’isola, continua ancora per parecchie
centinaia di metri sotto il livello del mare, fino a confluire in una zona di
accumulo. La morfologia di questa porzione del vulcano attesta in qualche modo le
cause della sua formazione, legate a ripetuti fenomeni di instabilità e di
collasso del fianco vulcanico.
L’isolotto
di Strombolicchio che si erge appena dal mare a quasi due chilometri di distanza dallo Stromboli, rappresenta invece
ciò che rimane di un edificio vulcanico più antico (oltre 200000 anni), smantellato nel tempo dagli
inarrestabili fenomeni di erosione marina.
Sarà
proprio l’attività stromboliana che si manifesta prevalentemente all’interno
del cratere, anche in termini di lava, che ha consentito al vulcano di “uscire”
dall’acqua senza essere preda dell’erosione marina?
L’attività
ordinaria dello Stromboli, osservata fin da epoca romana, consiste in
esplosioni stromboliane persistenti, che si susseguono con una frequenza
eruttiva oraria che può variare significativamente anche nello stesso giorno, con
una media di 5 - 10 esplosioni l’ora, durante le quali vengono emessi ceneri,
lapilli e bombe. I prodotti più grossolani possono raggiungere i 200 m di
altezza e, ricadendo verso il basso, si accumulano sulla sommità e sui fianchi
del vulcano, contribuendo alla sua graduale crescita. Attualmente l’attività
eruttiva ordinaria avviene dentro la terrazza craterica (localizzata sulla
sommità dell’apparato), dove convenzionalmente sono presenti 3 aree crateriche
e alcune bocche eruttive attive contemporaneamente (in genere da 2 a 6).
Durante l’attività ordinaria, si possono occasionalmente verificare emissioni
di modeste colate laviche che restano confinate dentro la terrazza o al più fuoriescono per alcune decine di metri sull’orlo
nord-occidentale del vulcano, riversandosi nella Sciara del Fuoco.
La
struttura geologica dello Stromboli, così come la sua storia eruttiva, ci
mostra che l’attività ordinaria può essere interrotta da eruzioni prevalentemente
effusive, che producono colate laviche dalla sommità o dai fianchi del vulcano.
Le lave, cioè i prodotti dell’attività effusiva, sono più resistenti all’azione
del mare e riescono a proteggere meglio i versanti vulcanici dall’offesa
erosiva. I vulcani costituiti da prodotti più incoerenti dell’attività
esplosiva (ceneri, lapilli e bombe) invece, sono maggiormente soggetti
all’azione dirompente del mare.
Non
va dimenticato, comunque, che durante la sua storia eruttiva lo Stromboli ha
prodotto anche eruzioni parossistiche, cioè eventi vulcanici d’intensità e
durata maggiore rispetto alle esplosioni stromboliane, capaci di modificare
parzialmente o significativamente la morfologia dell’edificio vulcanico.
Negli
ultimi anni, ad esempio, abbiamo assistito a due di questi eventi, avvenuti il
5 aprile 2003 e il 15 marzo 2007, in seguito ai quali la terrazza craterica è
stata completamente distrutta a causa di collassi craterici. In entrambi i
casi, sono stati necessari alcuni anni di attività stromboliana ordinaria
affinché si potessero nuovamente formare e distinguere in sommità, dal punto di
vista morfologico, aree crateriche, coni di scorie e bocche esplosive.
Al
Palinuro sono mancati solo 84 metri per essere un vulcano subaereo…
È vero, ma se alla fine
della sua attività eruttiva la parte emersa fosse stata formata solo da
prodotti dell’attività esplosiva piuttosto che da colate di lava, probabilmente
non avrebbe avuto vita lunga. Basti pensare all’isola Ferdinandea, il vulcano
nato e cresciuto tra la fine di giugno e la fine di agosto 1831 nel canale di
Sicilia in seguito a un’eruzione sottomarina. Sebbene l’intensa attività
esplosiva avesse costruito un cono emerso di ben 60 m, in pochi mesi l’isola,
inizialmente contesa tra inglesi, francesi e italiani, scomparve nuovamente
sotto il livello del mare a causa dell’azione distruttrice delle correnti
marine, tanto da meritarsi in seguito l‘appellativo di “isola che non c’è”. In quel caso, fu soprattutto la mancanza di
lava a rendere inconsistente la compattezza dell’isola.
Dott.
Andronico, il fatto che lo Stromboli sia permanentemente in eruzione
salvaguarda la popolazione da eruzione a maggiori energie?
Non
è esattamente vero. Quando si parla dei pericoli per l’esposizione a un
vulcano, bisogna innanzitutto rifarsi alla sua storia eruttiva (anche recente)
e allo studio dei depositi ad essa associati. Per quanto riguarda lo Stromboli,
sappiamo benissimo, senza andare troppo indietro nel tempo, che nel secolo
scorso l’attività eruttiva del vulcano è stata caratterizzata da un’eruzione
particolarmente energetica. Nel 1930, infatti, lo Stromboli produsse una serie
di fenomenologie eruttive devastanti per gli abitanti che in migliaia
abbandonarono l’isola per sempre. Basti pensare che oggi, in pieno inverno, a
Stromboli vivono circa 350 persone…
Anche
negli ultimi anni, gli eventi parossistici più energetici hanno causato
direttamente o indirettamente danni rilevanti. Ad esempio, la ricaduta di
blocchi di dimensione metrica ha distrutto alcune abitazioni sulle pendici
inferiori del vulcano. Eventi di frana lungo la Sciara del Fuoco poi, hanno
generato in alcuni casi onde di tsunami che hanno impattato la fascia costiera
dell’isola, mentre la caduta di prodotti sufficientemente caldi sui fianchi
vegetati del vulcano, ha innescato incendi di una certa gravità che hanno
talora minacciato da vicino gli insediamenti abitativi.
L’INGV
di Napoli ha a che fare con vulcani più silenti ma molto più pericolosi. La
struttura di Catania ha compiti più facili in termini di sorveglianza vulcanica
rispetto ai colleghi napoletani?
L'Etna |
e Vulcano, attraverso l’acquisizione di tutta una serie di parametri vulcanologici, geofisici e geochimici, trasmessi da decine di stazioni di monitoraggio. Prendiamo l’Etna, uno dei vulcani più attivi del mondo: negli ultimi 20 anni ha prodotto molto frequentemente eruzioni esplosive di tipo parossistico. Queste eruzioni, per lo più sotto forma di fontane di lava, sono caratterizzate dalla formazione di colonne eruttive la cui porzione sommitale viene poi sospinta dai venti dominanti in quota, causando ricaduta al suolo di ceneri, lapilli e scorie fino a decine di km di distanza dal vulcano. Prima ancora di cadere a terra, tuttavia, queste nubi eruttive possono essere una fonte di grande pericolo per il traffico aereo, perché il materiale vulcanico può danneggiare in maniera irreversibile carlinghe e motori degli aerei, e quindi ridurre la sicurezza dei voli. L’aeroporto di Catania è uno dei più importanti d’Italia in termini di numero di passeggeri e voli; uno dei nostri compiti più critici è proprio quello di avvisare gli enti aeroportuali della possibile presenza di particelle vulcaniche in sospensione nello spazio aereo regionale, oltre che della possibile ricaduta di materiale piroclastico direttamente sulle piste di atterraggio. Le analisi dei segnali acquisiti ci permettono di dare con sufficiente anticipo un’allerta sull’imminenza di un evento parossistico e, attraverso sofisticati modelli numerici che simulano la propagazione delle ceneri vulcaniche, anche lo spazio aereo eventualmente coinvolto e la probabile area di ricaduta al suolo dei materiali trasportati dal vento.
Se
si pensa che dal 1998 ad oggi ci sono state oltre 150 fontane di lava, fenomeni
all’origine del problema, possiamo ben comprendere quanto sia decisiva
l’attività scientifica di sorveglianza e monitoraggio svolta dal nostro personale.
L’ultimo episodio di fontana di lava è avvenuto pochi giorni fa, esattamente il
26 ottobre 2013.
Ringraziamo
il Dott. Daniele Andronico per averci illustrato in modo semplice ed
efficace i processi di formazione delle isole Eolie e dello Stromboli con
alcune caratteristiche che differenziano i vari apparati ed altre ancora che
lasciano intuire il complicato lavoro di sorveglianza vulcanica effettuato
dalla struttura scientifica etnea. I ringraziamenti sono ancora più sentiti,
perché la collaborazione giornalistica è avvenuta in un momento di notevoli
impegni lavorativi dettati appunto dall’ennesima e attualissima eruzione
dell’Etna.
Il
Dott. D. Andronico ci ha ricordato inoltre e a proposito dell’Etna, quanto sia
importante per la sicurezza del traffico aereo
l’informativa sulla dispersione delle ceneri vulcaniche in quota e al
suolo. E’ interessante notare, da questo punto di vista, che il servizio geologico
americano (USGS) nella diramazione
dei livelli di allerta vulcanica segnala in contemporanea anche il livello di
rischio per l’aviazione dettato dalla cenere e dalla polvere dispersa
nell’atmosfera. Le due pericolosità infatti, possono non andare di pari passo.
- Foto
di copertina - Il Cratere Sud di Stromboli
in eruzione al tramonto: attività stromboliana dalla bocca centrale, e intensa
emissione di gas caldi da una bocca laterale. Immagine scattata a maggio 2013
da D. Andronico
- Foto
pag.4 - Etna 2012 - MalKo