Translate

giovedì 5 ottobre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei - osservatorio vesuviano a guardia del magma: Ipse dixit... di Malko

 

Uno spaccato della darsena di Pozzuoli

I recenti per quanto periodici ma incalzanti eventi sismici che martellano i Campi Flegrei, ripropongono ancora una volta il grande dilemma: sismicità dettata dal rigonfiamento dei suoli per effetto del bradisismo puteolano, o sussulti da inquadrare come i più classici dei prodromi pre eruttivi? A saperlo…

Dicono che Nello Musumeci, ministro per la protezione civile e per le politiche del mare, abbia detto che sono stati sprecati quarant’anni per la realizzazione di un piano di evacuazione.  Diciamo pure che dall’ultima crisi bradisismica, ci si è cullati nell’idea che, passati i sussulti crostali degli anni ’70 e ’80, la situazione geologica in questo lembo di terra sarebbe ritornata alla normalità. Però, avrebbe cosa buona il ministro, a non rimanere sul vago, bensì a citare l’incuria quarantennale non solo sulla mancata redazione di un piano di evacuazione degno di questo nome, ma anche e soprattutto sulla mancata applicazione di regole di prevenzione della catastrofe vulcanica, realizzabili innanzitutto con la limitazione dell’incremento del valore esposto (numero di abitanti), che avrebbe portato positive ricadute sull’efficacia della stessa pianificazione evacuativa. Sarebbe anche interessante capire perché negli anni scorsi si è concentrato l’interesse della scienza e della politica solo sul Vesuvio e non sui Campi Flegrei. Infatti, si nota la grave assenza di una legge che avrebbe dovuto inibire la realizzazione di ulteriori manufatti ad uso abitativo sulla gobba bradisismica e nelle zone limitrofe, con disposti anti cemento da estendere a tutta la plaga flegrea. La legge che vieta ogni ulteriore insediamento sul Vesuvio infatti, risale al 2003, cioè almeno 20 anni dopo il bradisismo flegreo, senza che quest’ultimo territorio fosse accomunato a quello vesuviano, e senza essere sfiorato da alcuna norma che limitasse l’edilizia residenziale. Il vulnus della prevenzione della catastrofe vulcanica allora, a chi bisogna addebitarlo, a una scienza disattenta o a una politica noncurante che insegue il consenso con la mediazione dei dirigenti pubblici?

Nel flegreo, i problemi legati all’insofferenza geologica del sottosuolo, si riaffacciano e si riaffacceranno pure a distanza di decine di anni, senza scartare l'idea di una forma più cruda. Quindi, è da mezzo secolo che si sprecano tempo e risorse sull’altare dell’opportunismo politico e della  furbizia, dei tanti che inseguono il bradisismo come fonte di opportunità economica, con a margine il consenso elettorale. Il pericolo vulcanico, diciamo la verità, quello delle colate piroclastiche che vaporizzano in pochi secondi i liquidi corporei, porta solo rinunce, tant’è che nelle viscere dei Campi Flegrei sembra dimorare certamente la dea Penia che nessuno vuole invocare, piuttosto che l'operoso dio Vulcano. Le decine di vulcani monogenici e i territori litorali periodicamente inabissatisi o sollevatosi dal mare per effetto del bradisismo, hanno insegnato poco, visto che l’antropizzazione della caldera ha dato luogo a una calderopoli da oltre mezzo milione di abitanti. Ancora oggi  si dà importanza alla gobba bradisismica del rione Terra, e non alla causa del fenomeno insita negli importanti volumi di magma sottostanti. D’altra parte temiamo che se il picco di sollevamento è localizzato periodicamente e da decenni al rione Terra (Pozzuoli), questa storica collinetta dovrebbe essere trasformata in una sorta di parco urbano archeologico, perché, ammesso che si fermi o retroceda il fenomeno del sollevamento, è probabile che anche a distanza di anni si ripresentino più vivi che mai, il bradisismo, i sismi e la minaccia eruttiva.

La commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, tra i compiti consultivi operativi incentrati sulle valutazioni di pericolosità, ha anche quello di fornire indicazioni volte alla prevenzione delle catastrofi. Sarebbe quindi il momento buono acchè questa assise di luminari dica al ministro Musumeci e a chiare lettere, che non si può continuare a concentrarsi solo sulla pianificazione d’emergenza, ma è giunto il tempo di passare a drastiche soluzioni di prevenzione della catastrofe vulcanica. Sempre la commissione, terminata la sessione dell’analisi dei dati e degli ascolti dei rappresentanti dei centri di competenza, prima fra tutti l'INGV, nella seduta a "porte chiuse" ha deciso che per i Campi Flegrei deve permanere il livello di attenzione (giallo). Intanto il ministro prospetta entro pochi giorni un piano di emergenza (di esodo) relativo al bradisismo irrefrenabile, quello da bollino rosso, di cui sarà interessante vedere che confini saranno assegnati al fenomeno destinatario di aiuti di Stato. I rappresentanti dei comuni flegrei, hanno chiesto al governo per tramite della VIII commissione ambiente della camera, fondi per rinfoltire gli uffici tecnici comunali con ingegneri e architetti, ancorché di agenti per i comandi locali della polizia municipale. In questa commissione, tutti i partecipanti sono stati concordi che la minaccia è il bradisismo e i sommovimenti sismici che il fenomeno reca seco. Il rischio eruttivo è decisamente in seconda battuta e a margine del problema, per le rassicurazioni offerte dal mondo scientifico (INGV), sulla prevedibilità garantita dal monitoraggio del magma, che assicurano che al momento se ne sta buono a 7 chilometri di profondità. Infatti, su tutti capeggiano le rassicurazioni del capo dipartimento vulcani dell’INGV e del suo entourage, che, forti delle strumentazioni multi parametriche disseminate nell’area flegrea, ritengono di monitorare l’eventuale salita del magma in superficie, in modo da lanciare inequivocabilmente all'occorrenza l’allarme eruzione. In sintesi, la tesi dominante dell’osservatorio vesuviano, è quella che non si è in grado di prevedere quando salirà il magma, ma si è sicuramente capaci di captarne i movimenti ascendenti se questi si presenteranno. Questo spiega la ripetuta asserzione della ex direttrice Bianco che spiega: :<<… i piani di emergenza sono piani basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, conseguenza di una valutazione basata su dati scientifici>>. Questa idea datata, portò tempo fa i rappresentanti della protezione civile nazionale e regionale, a rassicurare i cittadini che mai avrebbero vissuto una condizione di fuga col fuoco alle spalle… Su questo argomento però, si registrano recentissime dichiarazioni discordanti, anche a livello del presidente INGV, che invece  ha avvertito che il magma può risalire pure nel giro di un paio di ore. Un tempo che comunque consentirebbe alla ex direttrice dell’osservatorio vesuviano, di fare qualche telefonata prima di scappare a gambe levate dalla sede INGV di via Diocleziano, insieme agli oltre 500.000 cittadini che la seguirebbero da vicino. Struttura quella dell’osservatorio, incredibilmente ubicata in via Diocleziano, in piena zona rossa, a testimonianza del tempo che si è perso…

Il piano di emergenza messo a punto dalle istituzioni competenti (dipartimento protezione civile, regione Campania e comuni) per fronteggiare il pericolo eruttivo nei Campi Flegrei, contiene delle strategie poco convincenti, in quello che ci sembra più un progetto aritmetico che operativo, che può reggersi solo sulla certezza della previsione dell’evento vulcanico: non è un caso che è nato come piano di allontanamento e non di evacuazione… D’altra parte il capo dipartimento vulcani dell’INGV, che occupa da pochi giorni pure un posto di componente della commissione grandi rischi, è stata presa in parola, magari cinicamente o convintamente da chi ha prodotto la pianificazione d’emergenza in veste di stratega designato, ben felice dell’endorsement proveniente dalla scienziata sulla previsione minima garantita a 72 ore: una misura che nessuno ha contestato.

Per meglio riflettere e a fronte di multiformi pensieri sulla pericolosità dell’area, dobbiamo ancora una volta prendere in esame le tre possibilità che possono caratterizzare l’evoluzione di questa fase di unrest vulcanico. Infatti, operativamente parlando, dobbiamo partire dal principio che possiamo andare incontro a tre condizioni, che sono anche la summa delle opinioni scientifiche sull’argomento :

 - falso allarme;

- mancato allarme;

- previsione dell’evento vulcanico in tempi utili (≥ 72 ore).

In assenza di indici probabilistici differenziati, occorre procedere con calcolo pragmatico su quello che non è deterministico. Abbiamo quindi:

 - un 33,33% di probabilità che si arrivi a un falso allarme;

 -un 33,33% che s’incappi in un mancato allarme;

 -un 33,33% che la previsione dell’evento vulcanico sia ufficializzata in tempi utili per l’evacuazione totale e ordinata della popolazione.

Il tecnico pianificatore, in realtà per fronteggiare situazioni e imprevisti, dovrebbe avere un piano d’emergenza o anche un sotto piano o anche un piano d'emergenza d'emergenza, per ognuna di queste possibilità, e non unicamente sull’ultima citata, quella da mulino bianco, come invece ha fatto la protezione civile. Avere un piano A, B e C, non significa che occorre garantire il successo in tutti i casi citati, ma almeno se non è possibile la riuscita al 100%  delle pratiche di salvaguardia, almeno si può raggiungere il risultato del minor danno possibile, in condizioni obiettivamente critiche in cui si andrebbe ad operare.

D’altra parte è di fondamentale importanza la collaborazione dei cittadini che dovrebbero adoperarsi per non lasciarsi prendere dal panico: condizione che porterebbe a disattendere qualsiasi regola civile e morale. La differenza comportamentale della popolazione ai fini dell’evacuazione, è tutta centrata sulla percezione attraverso i sensi dei prodromi pre eruttivi. La percezione o meno dei segnali di pericolo (terremoti; boati; tremori; fumarole; forte odore di zolfo; geyser) determinerebbero le reali caratteristiche del piano di emergenza, che oscillerebbe da ordinato allontanamento a caos diffuso.



Gli elementi che uno stratega dovrebbe tenere in debito conto ai fini della realizzazione di un documento validamente protettivo per la popolazione in frangenti di pericolo, sono i dati reali nel nostro caso del pericolo vulcanico (magnitudo), e il numero degli esposti al pericolo (numero abitanti).

Il campo calderico dei Campi Flegrei, per il passato e fino al 1538, è stato terra di eruzioni esplosive che hanno generato pure le temibili colate piroclastiche. Fenomeno quest’ultimo, particolarmente distruttivo, che non contempla sistemi di protezione validi, perché trattasi di una sorta di densa miscela composta da brandelli di magma, e poi liquidi e gas ad altissima temperatura (± 500°C.), che si muovono e scorrono a grande velocità.

Il secondo e non meno pericoloso fenomeno vulcanico che si materializzerebbe fin dai primi momenti dell'eruzione, anche se questa fosse moderata,  è quello della pioggia di cenere e lapillo. Materiale quest’ultimo relativamente leggero, che una volta scagliato in aria dalle dirompenze vulcaniche, diverrebbe preda dei venti dominanti, dando corpo nel brevissimo al fenomeno di ricaduta dei prodotti piroclastici. Questa pioggia incalzante, determinerebbe depositi al suolo e sui tetti di spessore pericolosamente variabile, in una misura inversamente proporzionale alla distanza dal centro eruttivo e dal peso. I danni susseguenti potrebbero essere anche molto seri, in larga misura dipendenti dalla vulnerabilità degli edifici (sprofondamento dei tetti e dei solai), e all’aperto dall’aspersione in aria della cenere: elemento dannoso alla respirazione e alle mucose, per il carattere irritante delle microparticelle silicee.

Nel nostro sistema di protezione civile, l’autorità scientifica ha determinato quella parte di territorio che potrebbe essere coinvolto dai fenomeni vulcanici più deleteri, classificandoli come zone rosse. Per poter allontanare la popolazione da queste aree a rischio, i piani di evacuazione che risultano vigenti, prevedono in prima battuta l’utilizzo di autoveicoli privati o mezzi pubblici (Bus). Ed ancora si ipotizza l’uso del treno ad alta velocità (Stazione centrale di Napoli) e le navi che attraccherebbero e ripartirebbero sempre dal porto partenopeo.

A livello comunale, in quel di Pozzuoli pare che abbiano già definito circuiti viari per l’evacuazione con autovetture private, il cui transito dovrebbe avvenire attraverso i cancelli stradali. Chi invece deve usufruire del trasporto pubblico per allontanarsi, deve rispettare criteri di priorità in favore dei quartieri maggiormente vulnerabili agli effetti sismici. Costoro dovrebbero recarsi a una certa ora concordata sulle 48 disponibili, ai punti navetta: trattasi di una fermata dove passerebbe il bus comunale che porterebbe gli astanti all’area d’attesa (hub). Dall’area d’attesa i bus regionali trasporterebbero gli utenti ivi raggruppati fino alle aree d’incontro fuori zona rossa. Dalle aree d’incontro le amministrazioni regionali gemellate garantirebbero agli esodati l’ulteriore trasbordo verso i punti di prima assistenza nelle varie regioni e province italiane…



Secondo logiche operative, un piano d’emergenza a fronte di una eruzione che potrebbe presentarsi anche in modo improvviso, deve prevedere due step: il primo è quello di mettere almeno 20 chilometri di distanza tra uomo e eruzione; in contemporanea (seconda fase) e a cura di altro personale, si procederebbe a trasportare gli evacuati fuori dalla regione Campania, per dare loro una sistemazione alloggiativa magari temporanea.

Pensare che in una condizione di prodromi pre eruttivi incalzanti si possa dare un appuntamento orario a un cittadino che deve andare alla fermata dell’autobus, magari il giorno dopo, e lì attendere la navetta è fantascientifico in un contesto di acclarato pericolo. Pensare di evacuare alla stazione di Napoli i puteolani per farli imbarcare sui treni veloci è semplicemente controproducente, tra l’altro con una rete ferroviaria che deve essere monitorata post evento sismico. Ma poi non c’è nessun bisogno di un treno veloce per mettere 20 chilometri di distanza tra gli evacuati e il vulcano. Più che la velocità infatti, serve la capienza e il numero di convogli e la loro affidabilità. D’altra parte e a proposito del puteolano, a Villa Literno si è già fuori pericolo… Prevedere il trasporto della popolazione flegrea  verso il centro di Napoli, significa che lo stratega ha obliato completamente la possibilità che si debba andar via con eruzione in corso. In questa malaugurata ipotesi infatti, si concretizzerebbe una strategia dannosa per i puteolani e per i partenopei, con questi ultimi magari interessati essi stessi da operazioni di evacuazioni, visto che i quartieri Pendino e Mercato sono in zona gialla piuttosto contigua alla zona rossa. Con eruzione in corso, presumibilmente moltissimi cittadini flegrei andrebbero, piano o non piano di evacuazione, verso nord, raggiungendo la linea di demarcazione del fiume Volturno per sentirsi al sicuro: ed è comprensibile. Quelli metropolitani-flegrei invece, dovrebbero andare verso est, magari ove possibile utilizzando proprio la rete tangenziale nell'occasione dedicata. La separazione tra puteolani e partenopei gioverebbe alla fluidità del traffico. 

Ovviamente nessuno ha la soluzione in tasca, ma puntare tutto sulla previsione d’eruzione sarebbe l’ideale solo se fosse deterministicamente accertabile e in tempi utili. Diversamente, il ministro Musumeci faccia valutare tutte le strategie possibili per ogni possibile scenario. Ai cittadini della zona rossa dei Campi Flegrei e alla politica memorabile, consigliamo di monitorare i processi edilizi relativi alla spianata di Bagnoli, le cui progettualità sono ancora in itinere. Se riverseranno in questo sito come si teme, ondate di calcestruzzo per la costruzione di palazzi di prestigio con pilastri spessi e armati e forti da sorreggere il mondo alla stregua di Atlante, si conoscerà non solo la regia, ma anche la volontà di non accreditare il rischio vulcanico tra quelli possibili nel territorio metropolitano flegreo. Stesse congetture sul litorale di Licola (Pozzuoli), dove sembra che siano in elaborazioni progettualità non a cemento zero e non a costo zero per il rischio vulcanico.

Per i cittadini costretti a vivere col rischio sismico e bradisismico, ricordiamo che la scienza riferisce che in zona rossa la crosta vulcanica è fratturata, e quindi non consente grossi accumuli di energia: i terremoti, dicono, difficilmente dovrebbero superare il 4,5/ 5 della scala Richter. Per chi vive in palazzi realmente fatiscenti, potrebbe essere allora saggio spostarsi in altra sede, forse definitivamente ma a rigor di logica necessariamente  fuori dalla zona rossa. 

Per le scuole qualche regola: sarà la percezione della classe insegnante e quindi del dirigente scolastico a stabilire la necessità di lasciare l'edificio dopo un sussulto sismico. Non si aspetta la decisione del sindaco. Non si suona la campanella. Insegnare ai bambini a proteggersi addossandosi negli angoli della classe e nei muri prossimi a questi, evitando vetrate. L'insegnante al centro della porta.  Mettersi sotto i banchi a volte e problematico per gli alunni alti e robusti. Disegnare sul muro i punti dove devono addossarsi gli studenti. Se si decide di uscire, il percorso verrà verificato dal direttore o da suo incaricato fino ai punti di raccolta. Ricordatevi che il primo gradino della sicurezza scolastica, è la buona funzionalità delle uscite di emergenza che vanno controllate ogni giorno e prima che entrino gli alunni, con apposita nota sul registro dei controlli. Uscire se necessario, proteggendosi il capo, ove possibile, con gli zaini o caschetto per chi ne è in possesso (valutare questa dotazione). Al mattino si compili con precisione l'elenco dei presenti che deve essere sempre a portata di mano delle maestre. 

                                                                 di Vincenzo Savarese
                                                             




sabato 23 settembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei - Col Prof. Mastrolorenzo i limiti della previsione eruttiva... di Malko

 

La Solfatara di Pozzuoli

I Campi Flegrei sono una vasta area calderica ubicata a ovest di Napoli: trattasi di un distretto classificato come sede di un super vulcano; da questo sito infatti, si potrebbero generare eruzioni di modesta intensità, ma anche con indici di esplosività notevoli, pur se quest’ultima eventualità è considerata dai matematici a bassa probabilità di accadimento. Nella fattispecie del discorso, un’eruzione pliniana viene data all'1% di probabilità per il Vesuvio e ai Campi Flegrei arriviamo al 4%...

statistica tipologia eruttiva Campi Flegrei


In seguito ad alcune riflessioni espresse dal Professor Giuseppe Mastrolorenzo su radio radicale, si è acceso sui media un dibattito sul rischio eruttivo nell’area flegrea. Secondo il famoso vulcanologo, non è possibile produrre con certezza una previsione di eruzione, così come non è possibile escludere taglie eruttive superiori agli scenari massimi prospettati (VEI4 n.d.r.), che metterebbero a dura prova la validità dei piani di emergenza. Ai meno esperti ricordiamo che il piano di emergenza vulcanica, nel caso del Vesuvio e dei Campi Flegrei, contempla un solo rischio che è quello eruttivo, con l’unica azione di tutela possibile consistente nell’evacuazione della zona rossa, cioè facendo in modo che si interponga per tempo una certa distanza tra il Pericolo vulcanico e il Valore Esposto. Quanto debba essere questa distanza, dipende dall’indice di esplosività vulcanica (VEI) assegnato all’eruzione di scenario: il piano di emergenza vulcanico allora, si condensa tutto nel piano di evacuazione. Per l’isola d’Ischia, mancano ancora gli scenari di pericolo…


La funzione schematica del piano di evacuazione. (d) dipende dall'indice di esplosività vulcanica (VEI).


La direttrice del dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), con una intervista all'ANSA a proposito dei Campi Flegrei, ha ritenuto opportuno precisare quanto segue: <<...abbiamo potenziato l’infrastruttura di monitoraggio su più parametri… è inoltre costante sia lo sforzo di migliorare la sensibilità degli strumenti, sia il grande lavoro di analisi dei dati generati dagli strumenti, e chiunque abbia la possibilità di studiare i dati, si rende conto che questi danno un quadro reale della situazione>>.

In realtà pensiamo che il quadro non può essere mai reale al cento per cento, perché ci sono chilometri di spessori di crosta insondabili, con strumenti che analizzano fenomeni di superficie ed altri in profondità attraverso prospezioni indirette. L’esempio che meglio chiarisce le cose che vogliamo dire, è che ancora oggi non siamo in grado di distinguere le origini dei terremoti nel flegreo, che prevedono cause riconducibili al magma o agli acquiferi surriscaldati o da entrambi. La discriminazione causale in questo caso sarebbe stata importante... Siamo convinti che la strumentazione multi parametrica installata in loco aiuti molto la conoscenza dei complicati processi naturali che regolano la vita di un vulcano, purtuttavia le apparecchiature ultra tecnologiche sono in grado di garantire un’istantanea precisissima e aggiornatissima dei dati geofisici e geochimici, ma fino allo stop orario corrispondente al momento del clic strumentale. Questi dati poi, presumibilmente vengono cristallizzati per procedere a un’analisi teorica dello stato di turbolenza sotterranea del vulcano, confrontando gli elementi di monitoraggio raccolti con quelli di altre aree calderiche in altre aree geografiche del mondo, che hanno avuto una storia eruttiva recente e soprattutto documentata: da qui e con la comparazione, gli esperti tenterebbero di elaborare delle previsioni comprensibilmente probabilistiche.

La responsabile del dipartimento vulcani continua:<<Sulla base di questi dati, vengono poi elaborati modelli e scenari futuri, a breve, medio e lungo termine… Nei Campi Flegrei è perciò attiva una rete di monitoraggio complessa, affiancata da un sistema di analisi avanzate, tutti elementi che insieme sono fondamentali per individuare eventuali cambiamenti e per fornire gli elementi utili alla realizzazione di scenari di pericolosità>> …Dagli scenari dipendono i piani di evacuazione: questi ultimi sono basati sugli scenari che forniamo al dipartimento della Protezione Civile…>>.

Se non si precisano in mesi e anni i termini a breve, a medio e a lungo termine, non si chiariscono molto le argomentazioni addotte. Analizzando i dati che emergono dai monitoraggi assicurati dalle strumentazioni multi parametriche e dal sistema di analisi avanzate, riteniamo che gli unici scenari utilmente ponderabili e nella migliore delle ipotesi in chiave probabilistica, sono quelli nel breve e brevissimo termine. In altre parole, quello che serve alla popolazione è l’a previsione corta dei tempi d'attesa eruzione, perché potrebbe essere quella statisticamente più attendibile per evitare un falso allarme, o una probabilità d'errore molto alta nel medio periodo.

La storia eruttiva ai Campi Flegrei dovrebbe suggerire al sindaco di Pozzuoli di inibire l’ulteriore antropizzazione della caldera, perché ogni atto di edilizia residenziale, anche in chiave di sanatoria, è una mutua assunzione di responsabilità, perché espone con atto amministrativo un cittadino, una famiglia, all’azzardo vulcanico. Le stesse osservazioni valgono per il sindaco di Napoli (leggi Bagnoli), e dagli altri sindaci flegrei che si sono presentati recentemente dal ministro Nello Musumeci a chiedere fondi, chiamando in causa la sismicità lieve e moderata dettata dal bradisismo nella zona prevalentemente puteolana. Il rischio eruttivo non lo hanno evocato tanto: lo evitano come la dea miseria (Oizys), perché non porta opulenza e non rimpingua le casse…

Per quanto riguarda gli scenari di pericolosità, legati tra l’altro alla taglia eruttiva, proprio per non doverli inseguire attraverso esercizi complessi e complesse analisi puramente teoriche, dovrebbero essere contemplati nei piani di emergenza in una misura cautelativa e non come media mediata della magnitudo d’evento. Da un punto di vista tecnico, cautelativo significa in linea di principio adottare la massima eruzione conosciuta. Diversamente è misura cautelativa anche quella che adotta la massima energia da cui oggi è possibile verosimilmente difendersi. Quindi, in un regime democratico quale il nostro, la popolazione necessariamente dovrebbe essere informata sui limiti della scienza e non sui presunti miracoli della scienza, e ancora conoscere con certezza il livello di protezione garantiti dal mondo istituzionale con annesse impossibilità. Sarebbe auspicabile che le autorità di governo del territorio, in nome di una certa deontologia politica, iniziassero anche in nome dei posteri, a organizzare il territorio con progetti finalizzati a ridurre la presenza abitativa, favorendo poi il riordino urbanistico, soprattutto in chiave di resilienza e di sicurezza di territori invadibili dagli effetti deleteri di una possibile eruzione esplosiva. 

La ex direttrice dell’osservatorio vesuviano, continua la sua intervista chiarendo… :<<… Esiste, perciò, “un sistema organizzato “, nell’ambito del quale “una variazione del livello di allerta viene concordata con la Commissione Grandi Rischi”, in questo caso per il rischio vulcanico. Questo significa che “i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, conseguenza di una valutazione basata su dati scientifici”.

Leggiamo che i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia il cambio dei livelli di allerta vulcanica basati su dati scientifici. D’altra parte ci sembra il caso di precisare che la commissione grandi rischi non concorda con terzi ma delibera in ambito assembleare interno il livello di allerta vulcanica da assegnare ai Campi Flegrei, attraverso un parere finale scritto. Il referente di vecchia e nuova nomina della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, è il Prof. Mauro Rosi, già referente del comitato tecnico scientifico del comune di Pozzuoli.  La Dottoressa Francesca Bianco è stata nominata componente della stessa commissione per l’INGV. Il livello di allerta vulcanica che caratterizza la caldera flegrea, nell’attualità è giallo: diciamo pure che è il livello più semplice da determinare e dichiarare.


La valutazione circa lo stato di unrest vulcanico, effettuata come detto dall’autorità scientifica attraverso l’analisi strumentale dei fattori geochimici e geofisici rilevati dall’osservatorio vesuviano, potrebbe fornire elementi utili per aggiornare la scala dei livelli di allerta vulcanica: anche in questo caso però, questa scala di sintesi, è di chiara matrice probabilistica. Infatti, attraverso il passaggio da un colore all’altro, si vuole indicare il progressivo acuirsi di fenomeni che, presumibilmente, potrebbero avvicinarsi a una ipotetica soglia preeruttiva ed eruttiva, ma senza alcuna certezza deterministica. Il problema è proprio questo, cioè non si conosce una soglia oltre la quale il vulcano potrebbe dirompere da una o più bocche; non c’è un pregresso ben documentato dei sintomi preeruttivi dei vulcani flegrei, atteso che l’ultima eruzione risale al 1538: un periodo dove le osservazioni erano sostanzialmente limitate al macroscopico e percepite direttamente dai sensi dagli occasionali osservatori. D’altra parte non c’è neanche una soglia fisica oltre la quale il rigonfiamento del bradisismo potrebbe sfociare in una manifestazione eruttiva o freatica. Il bradisismo, da molti inteso come fenomeno a sé stante rispetto al rischio eruttivo, non ha una scala autonoma di pericolosità che accompagni il fenomeno nella sua ascesa o discesa. Il danno statico dettabile dalla micro sismicità in genere è lieve fuori da momenti preeruttivi e eruttivi; con l’attuale equidistanza delle isoipse e la velocità d’innalzamento del terreno, non dovrebbero esserci per il momento complicazioni per l’edificato esistente, soprattutto se non sono edifici di vecchia fattura e mal manutenuti. Una forte e improvvisa accelerazione dei suoli in ascesa, potrebbe far aumentare la pericolosità dell’area non solo dal punto di vista sismico e bradisismico, ma anche e soprattutto vulcanico eruttivo magmatico o freatico.

Per poter passare da un livello di allerta all’altro, sia in forma anterograda che retrograda, non esistono tempi di attesa predefiniti. Se esistessero (e una volta esistevano), avremmo la previsione d’eruzione. In realtà non ci sono neanche valori minimi predefiniti, al cui raggiungimento sarebbe possibile dichiarare lo stato di preallarme o allarme scientifico. Allora lo stato di preallarme o allarme, sono condizioni conclusive a cui pervengono i componenti della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, dopo colloqui e disanima dei dati di monitoraggio e consulenze assicurate dai cosiddetti centri di competenza. Bisogna anche contemplare il possibile salto di allerta da attenzione ad allarme...

livelli di allerta vulcanica


Deve essere anche chiaro che non c’è un automatismo per il quale alla dichiarazione dello stato di preallarme scientifico (livelli), corrisponda immediatamente la fase di preallarme civile (fase). Alla dichiarazione dello stato di preallarme scientifico infatti, dovrà corrispondere una decisione del presidente del consiglio che vaglierà la situazione da tutti i punti di vista prima di dichiarare lo stato di preallarme generalizzato. In linea di principio, anche se venisse sancito a cura della commissione grandi rischi il preallarme, in assenza di una decisione governativa si permarrebbe, nel caso del flegreo, ancora in una condizione di attenzione.

fasi operative


Approfittando della cortese disponibilità del Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’INGV, gli rivolgiamo alcune domande che l'esperto ci ha anticipato che per tempo saranno trattate in modo necessariamente sintetico: Professor Mastrolorenzo, dal flegreo segnale di prossima eruzione

Purtroppo non lo sappiamo, in quanto, eccetto le generiche informazioni riportate nelle cronache storiche sull'eruzione di Monte Nuovo del 1538, non abbiamo alcuna esperienza su come si preannuncia un'eruzione nei Campi Flegrei, e solo qualche debole esperienza ci perviene da eruzioni da caldere in altre aree del pianeta. Ma ogni sistema ha caratteristiche singolari, ed è molto azzardata la comparazione tra aree vulcaniche diverse.

È possibile ritenere che, con strumentazioni sofisticate, sia possibile prevedere eruzioni vulcaniche e conoscere in anticipo la taglia eruttiva?

I limiti nella prevedibilità di una eruzione non sono semplicemente tecnologici, e quindi non possono essere superati semplicemente dal miglioramento delle tecnologie di monitoraggio. Il sistema vulcanico è un sistema complesso con moltissime variabili, tra loro interconnesse, che solo in parte riusciamo a seguire e con relazioni tra loro scarsamente conosciute. In tale sistema, anche la minima variazione di un parametro, magari non rilevabile, può innescare l'eruzione. Di fatto, per la fisica i sistemi complessi sono intrinsecamente imprevedibili, ma al più possono essere descritti nella loro evoluzione attraverso l'osservazione.

Come spesso dico, anche il più avanzato dei sistemi di monitoraggio, può rivelarci le modificazioni dei parametri monitorati fino a una frazione di secondo fa, ma non può consentirci di prevedere quello che avverrà nella prossima frazione di secondo, né quanto siamo prossimi a condizioni critiche del sistema che possono portare ad una eruzione.

L'illusione che non va indotta nella popolazione, è quella che il monitoraggio vulcanico, sia anche lontanamente confrontabile con quello meteorologico, che ci consente di prevedere come sarà il tempo nei prossimi giorni con ragionevole affidabilità. Nel caso del sistema vulcanico, oltre i dati rilevati, si entra nel complesso ambito delle interpretazioni, attraverso modelli e ipotesi, spesso tra loro contrastanti. In linea di massima quello che possono rilevare le strumentazioni sono variazioni drastiche dei parametri monitorati, primi tra tutti, sismicità, deformazioni del suolo e variazione di composizione e flusso di gas alle fumarole. Purtroppo, per i Campi Flegrei, anche eventuali drastiche modificazioni non necessariamente indicano l'imminenza di una eruzione, ma trasferiscono la decisione in merito a valutazioni su base di modelli e soprattutto a scelte politiche in merito alla minimizzazione dei rischi, magari anche assumendosi l'onere di falsi allarmi. La realtà è che non essendo note soglie critiche per il passaggio dallo stato non eruttivo a quello eruttivo, la valutazione sulla possibile imminenza di una eruzione può essere solo basata su valutazioni personali degli scienziati membri della Commissione Grandi Rischi.

Gli strumenti multi parametrici consentono di prevedere una eruzione freatica?

Sulla prevedibilità delle esplosioni freatiche, c'è davvero pochissima esperienza.

È probabile che l'esplosione sia preceduta da modesta deformazione della superficie e/o intensificazione di emissione di fluidi, con modeste manifestazioni di micro sismicità, ma in generale, le esplosioni freatiche sono processi apparentemente improvvisi, dovuti alla più o meno rapida pressurizzazione di fluidi in diversi contesti che comprendono aree geotermiche, condotti vulcanici, in assenza di magma, o zone di contatto fra intrusioni magmatiche e rocce  fratturate e porose più o meno sature di fluidi.

 A quanti chilometri nel sottosuolo c’è il famoso "lago di magma"?

Gli studi condotti da me e da altri colleghi su base magmatologica e petrografica, indicano la presenza di un possibile esteso sill (strato orizzontale di magma), con tetto intorno ai 7 chilometri di profondità. Questa evidenza è in buon accordo con gli studi di tomografia sismica condotti nell'area.

È opportuno precisare che una possibile eruzione non implica la risalita in massa del magma verso la superficie, ma il collegamento fra il magma profondo e la superficie, attraverso un condotto che, almeno nelle fasi iniziali, consisterebbe in una frattura nella crosta della larghezza di pochi metri difficilmente rilevabile dalla superficie. Tale frattura potrebbe non produrre deformazioni significative e la cui sismicità potrebbe essere associata, almeno nei primi momenti, a un'ordinaria fase bradisismica. Solo successivamente questa frattura si evolverebbe in un condotto eruttivo della larghezza di qualche decina di metri.

Nei Campi Flegrei vige il rischio sismico, bradisismico ed eruttivo: quale dobbiamo maggiormente temere?

Certamente il rischio vulcanico è quello più temibile nei Campi Flegrei, e infatti proprio su tale rischio è stato formulato il piano di emergenza nazionale. I Campi Flegrei sono senz'altro l'area vulcanica a più alto rischio al mondo per la possibilità che si possano verificare eruzioni esplosive anche di grande portata in un ambito ad elevatissima urbanizzazione all'interno della caldera, e in una estesa area intorno alla zona di possibile apertura di bocche eruttive. Benché sussista un rischio sismico associato alle crisi bradisismiche, la magnitudo massima attesa è modesta per l'impossibilità del sottosuolo di accumulare elevati livelli di stress, contrariamente a quanto avviene, ad esempio, nella dorsale appenninica. È evidente comunque che scosse della massima magnitudo attesa, verosimilmente di poco superiore al 4 grado Richter, data la bassa profondità ipocentrale possano causare danneggiamento maggiori nell'area epicentrale.

Una evacuazione con eruzione in corso è pura fantascienza o bisogna contemplarla come realpolitik emergenziale?

Nella storia delle comunità residenti in aree vulcaniche attive, l'evacuazione in corso di eruzione è stata la norma, basta pensare a Pompei, dove nell'eruzione pliniana del 79 d.C. pur non sapendo di vivere su un vulcano attivo e pericoloso, riuscì a salvarsi verosimilmente tra l'80 e il 90 ٪ della popolazione residente.

L'eruzione non è un disastro "istantaneo " come un'esplosione nucleare, ma un processo progressivo nel quale, in generale, almeno nelle prime ore, è possibile spostarsi verso zone sicure, in presenza di adeguate vie di fuga e di rapide decisioni operative.

Di fatto, quella dell'evacuazione in corso di eruzione è una eventualità grave, ma assolutamente da contemplare, a causa della possibilità di un mancato allarme, derivante dalla comprensibile sottovalutazione di precursori di modesta entità, o per processi profondi, purtroppo poco rilevabili. Per un'eventuale evacuazione in corso di eruzione, è necessaria la presenza di adeguate via di fuga, sistemi di allertamento, esercitazioni estese a tutta la collettività e informazione continua e dettagliate e aggiornate sui percorsi.

I piani di evacuazione basati sull’idea di una mutazione dei livelli di allerta vulcanica dichiarabili dalla commissione grandi rischi, hanno una loro gradualità che garantisce il preallarme prima dell’eruzione?

L'ipotesi della gradualità del processo di evoluzione da uno stato pre-eruttivo ad uno eruttivo, è senz'altro ragionevole. Restano imprevedibili però, per quanto già detto sui sistemi complessi, i tempi e le modalità di transizione tra i diversi stati. Particolarmente, per una caldera come quella dei Campi Flegrei, nella quale l'esteso sistema idrotermale che costituisce gli ultimi chilometri più superficiali, per certi versi amplifica e per altri maschera la dinamica più profonda.

Di fatto, differentemente dal passaggio al livello giallo, quelli a livello arancione e a livello rosso, proprio per le scarse conoscenze sul sistema vulcanico, non sono basati su soglie ben definite, e saranno decisi sulla base di valutazioni da parte della Commissione Grandi Rischi sulla base dei dati di monitoraggio, e quindi, su un processo di interpretazione basato sulle conoscenze individuali dei singoli membri, su un processo di fatto mai osservato prima e solo qualitativamente comparabile con le scarse esperienze di eruzioni in caldere monitorate, avvenute in altre aree mondiali 

Nel concludere questo articolo ringraziamo il Professor Giuseppe Mastrolorenzo per la disponibilità assicurataci.

Difficilmente ai cittadini di quest’area possono pervenire messaggi di rassicurazione o di allarme perché non ci sono elementi per acclarare una delle due condizioni. Rubando qualcosa all’emergenza covid, probabilmente bisogna mantenere uno stato di vigile attesa nei momenti topici, avendo ben presente il fatto che i problemi di sicurezza, e quelli operativi e preventivi non si possono risolvere affrontandoli quando il problema o il pericolo si presenta… Certamente non ci si abitua ai sommovimenti sismici, soprattutto perché non si capisce quale piega possono prendere. Neanche la storia pregressa dei Campi Flegrei ci viene in aiuto, perché ci sono state manifestazioni inquadrabili come preeruttive poi scemate, ed altre come quelle del 1538 concretizzatesi con l’eruzione di Monte Nuovo. L’unica certezza che abbiamo è che sono 485 anni che non si verificano eruzioni. Il dato però, anche in questo caso, può essere incoraggiante o scoraggiante…

I piani di evacuazione fin qui elaborati per il rischio eruttivo ai Campi Flegrei, sembrano aritmetici, con un'efficacia difficilmente dimostrabile, soprattutto perché gli strateghi pensano di contare su un’ampia fase di preallarme con buona parte della popolazione che andrebbe via ordinatamente alleggerendo numericamente l'esodo finale. Non è da escludere questa possibilità così come non v'è certezza che tale risultato sia conseguibile...Come ha detto la responsabile del dipartimento vulcani, i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, da sancire attraverso valutazioni scientifiche. Il nostro pensiero allora torna indietro al 21 agosto 2017, quando col terremoto di Ischia, tra l’altro escluso pochi mesi prima proprio dal mondo scientifico, furono necessarie 96 ore per individuare l’ipocentro esatto del terremoto, con grande ira del fu presidente Boschi che l'ipocentro l'aveva calcolato subito e a mano… il piano di evacuazione del flegreo, è appena il caso di ricordarlo, è tarato su 72 ore.

                                                                di Vincenzo Savarese
                                                             


martedì 12 settembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: Pozzuoli comune bradisismico... di Malko

 


I Campi Flegrei sono una caldera vulcanica dove il rischio eruttivo è immanente ma non prevedibile deterministicamente, sia in termini temporali che di magnitudo. La zona rossa ad alta pericolosità vulcanica, e quindi i piani di evacuazione che dicono vigenti e funzionali allo scopo, sono tarati su scenari eruttivi ricavati probabilisticamente, e quindi nell’attualità la comunità scientifica ha ipotizzato la possibilità che per il futuro si debba dover fronteggiare un’eruzione a media intensità, valutata al massimo di tipo sub pliniano, ovvero con indice di esplosività vulcanica VEI4.

I fenomeni in atto da tempo nel distretto calderico flegreo, hanno reso necessario dal 2012 e a cura delle autorità dipartimentali su parere della commissione grandi rischi, la proclamazione dello stato di attenzione vulcanica. Infatti, nel sottosuolo vige una condizione di unrest, con il fenomeno del bradisismo tuttora in auge, con picchi da oltre un metro di sollevamento registrati al Rione Terra: agglomerato urbano di vecchia e modesta fattura ancorchè ricondizionato, ubicato a ridosso del porto di Pozzuoli. Questo caratteristico addensamento di fabbricati che forse andava restaurato per la sola parte archeologica, fu meta d’insediamenti quando per effetto del bradisismo positivo le case vicino al porto e i moli stessi finirono sott’acqua risultando inagibili.

In tutta l’area flegrea occorre registrare sismicità a bassa magnitudo, tra il lieve e il moderato e spesso a sciami, con sussulti avvertiti soprattutto localmente, perché gli ipocentri in genere sono superficiali facendo così aumentare la percezione e l’intensità del fenomeno. Dalla casistica storica però, non sembra che si riscontrino franamenti luttuosi in quel di Pozzuoli, e i sismi a maggiore magnitudo sembra che siano stati quelli di origine tettonica, e quelli che si svilupparono a ridosso dell’eruzione di Monte Nuovo nel 1538. Inoltre, in zona puteolana si registrano fenomeni di degassamento in terra e in mare con rilascio giornaliero in atmosfera di oltre 3000 tonnellate di anidride carbonica: valori che ricordano emissioni da apparati a condotto aperto.

Il piano d’emergenza e di evacuazione a tutela delle popolazioni esposte, per un totale di oltre 500.000 abitanti, è stato aggiornato recentemente, e dovrebbe garantire la sicurezza dell’intera calderopoli.
Il Comune di Napoli che ha importanti municipalità esposte in zona rossa flegrea, come Bagnoli, Soccavo, Fuorigrotta, Pianura, Posillipo e Chiaia per citare solo quelle principali, ha varato qualche mese fa un procedimento amministrativo per mettere a gara la riscrittura totale del piano di evacuazione a fronte del rischio vulcanico ai Campi Flegrei. L’appalto, volto a rivisitare la pianificazione esistente, mette al centro dell’attenzione degli strateghi i flussi di traffico che vogliono che siano rivalutati totalmente e ingegneristicamente. L’impegno ha un costo di circa 150.000 euro, e tempi limiti di redazione del documento misurati in 18 mesi. A conti fatti, le istruzioni riaggiornate per l’evacuazione emergenziale dovrebbero essere pronte nel 2025…

A Pozzuoli il sindaco ha deciso di sensibilizzare e coinvolgere il governo Meloni, chiamando in causa il ministro Nello Musumeci, responsabile politico del dipartimento di protezione civile. Nel merito il primo cittadino scrive:<<È fermo intendimento di quest'amministrazione - spiega Manzoni - coinvolgere ulteriormente anche il governo sulla nostra particolare situazione per tutelare le persone con ogni misura di prevenzione e di mitigazione del rischio. Pozzuoli necessita di provvedimenti ad hoc e di specifici stanziamenti di risorse da destinare alle verifiche sui fabbricati e all'eventuale adeguamento degli stessi, anche degli edifici privati per i quali non è possibile intervenire con fondi del bilancio comunale>>.

Osserviamo che a fronte delle problematiche di protezione civile, nel piano regolatore generale di Pozzuoli all’Art. 3 (Esigenze di protezione civile) si legge:<< La sicurezza della popolazione di Pozzuoli, in relazione ai rischi sismici dell'area Flegrea, costituisce finalità essenziale del P.R.G. e - tenuto conto delle caratteristiche geo vulcanologiche del territorio e delle esigenze di protezione civile - il diradamento degli insediamenti residenziali nella parte più a rischio della Città, nonché l'adeguamento delle costruzioni esistenti alla normativa antisismica, devono essere perseguiti come obiettivi primari, secondo quanto previsto al successivo art. 81>>.

L’articolo 81 è il primo del capo XII° ad oggetto- norme per la prevenzione del rischio idrogeologico sismico e vulcanico -. Questo disposto pone l’attenzione sulla necessità del diradamento abitativo funzionale, che dovrebbe interessare il 30% del patrimonio edilizio esistente nelle zone omogenee interessate dal bradisismo. È pensabile allora, che l’incentivo per chi “diradi” possa essere quello di potersi reinsediare perifericamente al centro antico e storico della cittadina puteolana, in luoghi maggiormente sicuri rispetto al rischio sismo bradisismico continuamente richiamato, con opere residenziali magari erigibili con finanziamenti pubblici.

Iniziativa a grandi linee lodevole, ma se così fosse l’impresa si rileverebbe in contrasto col rischio vulcanico, atteso che l’intero territorio puteolano e non solo il centro antico e storico, ricade nella temibile e insondabile zona rossa flegrea: settore quest’ultimo, invadibile dalle colate piroclastiche. Per il rischio vulcanico è riportato all’articolo 83 del piano regolatore comunale, il seguente disposto:<< in tutti gli interventi per l’intero territorio dovranno adottarsi le misure per la mitigazione dell’effetto vulcanico indicate nella relazione del Prof. Lirer (pagg.90-92), e le altre suggerite dalle moderne tecnologie (infissi a perfetta tenuta, ecc.)>>.

Forse l’indicazione comunale di utilizzare tecnologia capace di garantire infissi a tenuta stagna, nelle intenzioni del redattore c’era magari la benevola volontà di voler sbarrare la strada verso l’interno degli appartamenti ai flussi cinerei caldi. Il problema di fondo è che le vetrate anche a doppio vetro non fermano l’irruenza rovente delle correnti…

In ogni caso, pur volendo encomiare i tentativi volti alla ricerca di espedienti tecnici capaci di mitigare un non meglio precisato effetto vulcanico, gli autori di queste norme non escludono affatto l’edificabilità residenziale in zona rossa, ma piuttosto tracciano la strada affinché i fabbricati esistenti vengano ispezionati e riadattati per fronteggiare gli effetti sismici, così come in periferia si ipotizza velatamente la realizzazione di nuovi insediamenti residenziali. Nel frattempo, in questa cittadina si rilasciano ancora permessi a costruire in sanatoria, nonostante lo stato vigente di attenzione vulcanica…

In realtà, non c’è margine di difesa sufficiente per le fenomenologie attese in seno a un’eruzione VEI4. Ancor più se si considera che gli esperti geo matematici hanno ipotizzato una percentuale del 4% che l’eruzione di scenario al flegreo possa presentarsi con un indice di esplosività vulcanica VEI5 (Pliniana). Al Vesuvio tale catastrofica possibilità non supera l’1%. Quindi, le autorità puteolane, nel tempo sembra che abbiano maturato il concetto che di geo vulcanico nei loro territori ci sia solo il rischio sismico e bradisismico, (l’eruttivo non ci sembra tanto menzionato), ed è quindi sufficiente fortificare i fabbricati, o delocalizzare quelli esistenti ubicati a ridosso o nel comprensorio della gobba crostale del Rione Terra.
In realtà questo pensiero annoso ma ricorrente, che Pozzuoli debba difendersi prevalentemente dal rischio bradisismico è acclarato a partire dalle crisi bradisismiche degli anni ’70 e ’80. Saranno le emergenze di quel periodo a far planare sull’opinione pubblica l’idea di fondo che il pericolo vulcanico a Pozzuoli è insito tutto nel fenomeno del bradisismo che genera terremoti. L’attenzione infatti, fu tutta focalizzata sul rigonfiamento dei suoli che interessò appunto l’agglomerato di vecchie case del Rione Terra e le zone limitrofe. Tant’è che quando il rigonfiamento incominciò ad essere fortemente temuto, come misura precauzionale di tutela dei cittadini si scelse di evacuare tutti gli abitanti residenti nella zona del picco bradisismico.
Decine di migliaia di cittadini furono allora dislocati in nuove frazioni (Monterusciello e Rione Toiano), distanti solo alcuni chilometri dal centro storico e dal porto, col risultato finale che il loro spostamento che pure richiese investimenti economici di tutto rispetto, non è servito a molto in termini di sicurezza, atteso che la ricollocazione è avvenuta da zona rossa a zona rossa.

Pozzuoli è a pieno titolo un comune infra calderico, e quindi a pieno titolo fa parte della zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Questa classificazione di rischio, valida anche per il gemello eterozigoto chiamato Vesuvio, consentì all’ex presidente della regione Campania, Antonio Bassolino, di varare per la plaga vesuviana la legge regionale 21/2003 che proibiva e ancora proibisce qualsiasi realizzazione di fabbricati ad uso residenziale o di riconversione o di suddivisione di manufatti nel senso abitativo. In altre parole, alle pendici del Vesuvio teoricamente si può solo costruire abusivamente…

Questo divieto imposto dalla legge 21/2003 e tuttora vigente, serve a non aumentare il valore esposto in quella zona definita dallo stesso Stato come ad alta pericolosità vulcanica. I fenomeni annessi all’eruzione ritenuta probabilistica e che maggiormente preoccupano, sono le colate piroclastiche, che in seno a una eruzione esplosiva potrebbero invadere la zona rossa vesuviana, o alla stregua il fenomeno può materializzarsi nel flegreo, generando ampia fenomenologia distruttiva non mitigabile dall’adeguamento antisismico e strutturale dei fabbricati, e comunque non mitigabile nel senso della sopravvivenza umana.

Fino a qualche tempo fa era ricorrente che le amministrazioni tecniche come il dipartimento della protezione civile, e quelle scientifiche come l’osservatorio vesuviano, diffondessero notizie molto rassicuranti circa la capacità di prevedere con largo anticipo un’eruzione. Poi le cose sono leggermente mutate, tant’è che nei bollettini di sorveglianza vulcanica emessi dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si riporta al termine delle notizie questa nota:<< L'INGV fornisce informazioni scientifiche utilizzando le migliori conoscenze scientifiche disponibili; tuttavia, in conseguenza della complessità dei fenomeni naturali in oggetto, nulla può essere imputato all'INGV circa l'eventuale incompletezza ed incertezza dei dati riportati e circa accadimenti futuri che differiscano da eventuali affermazioni a carattere previsionale presenti in questo documento. Tali affermazioni, infatti, sono per loro natura affette da intrinseca incertezza>>. 

I piani per fronteggiare le emergenze vulcaniche campane, sono tarati su tempi di esecuzione di 72 ore. Questo intrinsecamente significherebbe che una previsione di tre giorni è data per scontata, in realtà è solo probabile. A non avere questa ferrea certezza sui tempi, è stato innanzitutto il presidente della regione Campania De Luca, che nel contesto esercitativo “exe flegrei 2019”, ebbe a precisare: 72 ore possiamo averle e possiamo non averle…


Alla poca prevedibilità dell’eruzione magmatica, bisogna aggiungere l’ancor meno prevedibilità delle eruzioni freatiche che, seppur contenute negli effetti, possono materializzarsi pressoché inaspettatamente in un qualsiasi punto del flegreo. In  quest’ultimo caso, tale tipologia eruttiva provocherebbe danni limitati alla zona del cratere e a quella prossima per diverse centinaia di metri, così come non si può escludere che dalla voragine crateriale possano diffondersi in atmosfera abbondanti emanazioni di anidride carbonica.

Allora occorre notare che forse l’amministrazione puteolana si è lanciata a corpo morto sulle filosofie operative dei tecnici che gestirono il bradisismo degli anni 70 e ’80, concentrandosi unicamente sugli aspetti micro sismici e bradisismici zonali e non sul pericolo eruttivo areale. Questo spiega perché c’è la corsa al finanziamento della scienza che monitora il vulcano, perché l’unica alternativa alla prevenzione della catastrofe vulcanica è la previsione del fenomeno eruttivo, oggi fuori portata tecnica e scientifica a causa del sistema complesso che caratterizza l’inesplorabile sottosuolo dinamico flegreo. Attuare la prevenzione dei disastri in terra eruttiva esplosiva, comporterebbe l’adozione di ogni iniziativa valida per non aumentare il numero di cittadini (Valore Esposto) nell’area ad alta pericolosità vulcanica, e allo stesso tempo attuare politiche di delocalizzazione da zona rossa a zona verde…Siffatte iniziative però, stentano a decollare, forse perché tolgono potere alla politica del consenso elettorale.

Alla difesa passiva consistente nel diminuire il valore esposto, e adeguare strutturalmente gli edifici in zona gialla, dovrebbe far seguito la difesa attiva, consistente nella realizzazione di opere viarie sempre più capienti e allacciabili alle grandi arterie autostradali: percorsi da impegnare attraverso norme semplici dettate da un piano di evacuazione autoportante.

A Pozzuoli, il sindaco Manzoni pare stia valutando di richiedere fondi pubblici per analizzare e adeguare con criteri antisismici i fabbricati puteolani: prerogative che troverebbe facili consensi soprattutto se le richieste di adeguamento provenissero dai sindaci dell’arco appenninico. In ogni caso una tale e lecita richiesta di sovvenzioni, sarebbe in linea con il ruolo istituzionale del primo cittadino. Queste iniziative volte al sovvenzionamento pubblico, per quanto meritevoli però, devono essere concepite in un quadro più grande di prevenzione della catastrofe vulcanica, e quindi non possono e non devono essere frutto di iniziative estemporanee che danno l'idea per niente veritiera del fare, senza una progettualità compiuta e a danno delle casse pubbliche. 

Sia chiaro poi, che il bradisismo flegreo e la sismicità da esso derivante, è sempre frutto diretto o indiretto del magma insito nel sottosuolo a una profondità di diversi chilometri; un magma di cui non si riesce ad apprezzarne l'eventuale staticità o il dinamismo pulsante dalla direzione incerta. Anche se dovesse verificarsi un’eruzione freatica, non annullerebbe di un solo giorno il rischio eruttivo magmatico. Con questo si vuole dire che la fortificazione dei fabbricati non annulla la vulnerabilità al rischio eruttivo. Allora si consolidino pure quei palazzi che meritano l'adeguamento antisismico, ma non prima che siano state scritte e pubblicate, misure adeguate di prevenzione del rischio vulcanico, quello eruttivo: nel puteolano pare sia necessario specificare. 

                                                              di Vincenzo Savarese
                                                             


 

 

 


giovedì 31 agosto 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: calma… di MalKo

 



I recenti e plurimi eventi sismici a bassa magnitudo che hanno martellato i Campi Flegrei e segnatamente i territori di Pozzuoli, hanno contribuito a rendere particolarmente apprensiva la permanenza nel puteolano, perché non si sa se i sussulti crostali possano essere prodromi pre eruttivi o i sintomi di un’effervescenza del vapore acqueo surriscaldato formatosi nel sottosuolo. In quest’ultimo caso, la spinta del prodotto espanso riuscirebbe a rigonfiare e in qualche caso a spaccare gli strati litoidei superficiali, generando sismi che si sono mantenuti nella maggior parte dei casi sotto la soglia energetica del lieve o moderato. I sommovimenti poi, in questo caso, non necessariamente devono per forza di cose inquadrarsi come sintomi d’instradamento del magma verso la superficie.  

Gli eventi sismici in questione, vengono quindi e per lo più associati al bradisismo, che in tutti i casi è un fenomeno che alla sua radice richiede energia, assicurata dal calore del magma che nel flegreo staziona o forse si stira orizzontalmente o ascende molto lentamente da alcuni chilometri di profondità, secondo processi pulsanti di spinta che deformano e poi rompono le rocce. Dilungarsi su quello che realmente sta succedendo nel sottosuolo dei Campi Flegrei, comporta la necessità di mettere mano a tutto il repertorio dei forse, perché ad oggi nessuno è in grado di dare una spiegazione definitiva sulla natura del bradisismo e sulle dinamiche in atto nel sottosuolo flegreo, che potrebbero essere diverse e convergenti.

Una sorta di effetto elastico sembra caratterizzare gli strati superficiali crostali, soprattutto perché all’innalzamento del terreno corrisponde a volte e a distanza di tempo (inquantificabile), un bradisismo positivo. Se il rigonfiamento fosse prodotto da un’intrusione magmatica, al finire della spinta intrusiva è da pensare che difficilmente si ripristinerebbero i valori di quota precedenti, perché nel sottosuolo ci sarebbero volumi nuovi che in linea di principio non tornano indietro. Per giustificare il bradisismo allora, molti pensano che il fenomeno sia addebitabile all’acqua che circola abbondantemente negli strati del sottosuolo flegreo. Si ritiene infatti, che il vitale liquido incontrando una superficie arroventata come può essere il fronte magmatico o i fluidi ardenti rilasciati dalla massa incandescente, si trasformerebbe in vapore surriscaldato che genererebbe una forza di tutto rispetto capace di incidere sugli spessori crostali superficiale che gli gravano addosso  deformandoli (bradisismo). Diversamente, le pressioni generate dal vapore surriscaldato potrebbero rimanere ingabbiate in sacche a temperatura di gran lunga superiore a quella di ebollizione, pronte a generare fenomeni dirompenti simili al Bleve.  

A guardarci intorno, l’archeologia ci conferma che lo sprofondamento dell’abitato di Baia in mare, iniziato alla fine del III secolo dopo Cristo, non sembra che abbia dato luogo con il tempo a un’inversione di tendenza riemergendo. Le vestigia romane infatti, sono tutt’ora lì e si lasciano ammirare solo utilizzando barche dal fondo trasparente. Il mare rimane il livello medio di riferimento per capire l’andamento del bradisismo.  Manufatti sprofondati si osservano pure nella zona costiera di Posillipo. In controtendenza, quindi tra Baia e Posillipo, nell’area portuale della cittadina di Pozzuoli, c’è il Rione Terra, geologicamente noto per essere il punto focale del bradisismo ascendente.  



La popolazione della calderopoli flegrea è alquanto perplessa, pervasa a permanenza dal dubbio se andarsene o rimanere nei campi ardenti… Tra l’altro nessuna entità politica vuole assumersi l’onere di porre fine all’urbanizzazione residenziale, consentendo con una buona dose di accidia, che si aumenti oltre misura il valore esposto al rischio bradieruttivo. In questo modo però, si svilisce qualsiasi politica preventiva ma anche operativa, atteso che il piano di evacuazione ha una sua efficacia rapportata ai numeri in gioco che, senza misure di contenimento sull’edilizia residenziale, determineranno col tempo un aumento tanto del numero dei residenti quanto degli autoveicoli.  

Come sempre succede a ridosso degli sciami sismici, la domanda clou che si pongono soprattutto i puteolani è sempre la stessa: a cosa stiamo andando incontro… Quale previsione? Cosa dobbiamo aspettarci da questi continui sommovimenti del terreno? Il quesito viene lanciato direttamente o indirettamente e prevalentemente all’osservatorio vesuviano, che è l’istituzione preposta non ad avvisare, ma a monitorare i parametri geofisici e geochimici del super vulcano flegreo, e ancora del Vesuvio e dell'isola d'Ischia, attraverso l'utilizzo di strumentazioni ad altissima precisione. Nella fattispecie parliamo delle stazioni multi parametriche, che in verità sono diventate discorsivamente un mantra, tant’è che nelle intenzioni dei celebranti di questa tecnologia cumulativa più che innovativa, potrebbe esserci la volontà di tranquillizzare con le chiacchiere le popolazioni perplesse, magnificando queste attrezzature oltre misura. Questi apparati elettronici multi parametrici, in realtà garantiscono l’acquisizione di più dati da un unico sito o pozzo di rilevamento. I dati di monitoraggio dell’infuocata depressione calderica, vengono poi rilanciati in via esclusiva e confidenziale al dipartimento della protezione civile che, a sua volta, li sottopone alle valutazioni scientifiche della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, che ha il compito finale di leggere, sentire ed esprimere a porte chiuse (Dellino memoria), nella forma tassativamente scritta, un parere che certamente potrebbe avere un peso nelle decisioni ultime che andrebbe ad adottare la presidenza del consiglio dei ministri, come risposta dello Stato al pericolo immanente.

Diciamo pure che una buona strumentazione riesce a tenere sotto stretto monitoraggio scientifico il distretto vulcanico in esame, ma mai sotto controllo, termine che a volte è stato utilizzato impropriamente. Infatti, nessuna organizzazione tecnica o scientifica è in grado di controllare, spegnendo o mitigando o influenzando  il cammino delle lampe astenosferiche. Nessuna strumentazione è in grado di produrre una previsione vulcanica deterministica, neanche se fosse elaborata da mega calcolatori gestiti dall’intelligenza artificiale. La previsione dell’evento vulcanico rimane quindi tassativamente di taglio probabilistico, le cui percentuali sono fissate da una commissione scientifica di alto livello come la commissione grandi rischi, che è l’unico organo consultivo del dipartimento della protezione civile deputato ad elaborare una relazione finale di pericolosità dei distretti vulcanici napoletani. Questo spiega perché il prudente direttore dell’osservatorio vesuviano, Dott. Mauro Di Vito, correttamente all’incalzare delle domande su che cosa c’è da attendersi dai sommovimenti bradisismici, ha chiarito in controtendenza coi suoi predecessori, che: “Non facciamo previsioni, non è il nostro compito».

Alcuni esperti ipotizzano che in realtà non si può escludere che intanto possa materializzarsi una eruzione freatomagmatica, dettata dall’interazione tra il calore magmatico e l’acqua: un connubio che genererebbe vapore surriscaldato e acqua a pressione e temperatura critica, insaccata tra gli spessori litoidei. Il cedimento del contenitore roccioso genererebbe una esplosione dirompente, che aspergerebbe gas, vapori, acqua e rocce a diverse centinaia di metri dal cratere di deflagrazione, tanto in orizzontale che in verticale con traiettorie balistiche.  Nelle zone poco aperte alla circolazione dei venti così come in quelle depresse, in una siffatta ipotesi occorrerebbe fare attenzione sia all’anidride carbonica che all’idrogeno solforato. Il primo è un gas asfissiante e il secondo un tossico: in entrambi i casi sono sicuramente elementi gassosi da temere. L’installazione di stazioni fisse a poche decine di centimetri dal suolo, magari nei pressi della Solfatara - Pisciarelli e altri punti a rischio, potrebbero essere d’aiuto per monitorare l’anidride carbonica zonale, che tra l’altro è inodore, magari sfruttando apparecchiature che emettono segnali di allarme sonori. Va ricordato che le mascherine chirurgiche non proteggono dai gas.

L’attenzione dell’opinione pubblica nel puteolano, anche e soprattutto con il contributo del sindaco, è dirottata prevalentemente sulla resistenza degli edifici alle sollecitazioni microsismiche e sismiche, tant’è che il Mayor vuole chiamare in causa il governo, affinché vengano garantiti interventi investigativi sui fabbricati e poi manutentivi e poi di adeguamento sismico: richieste che ricordano neppure vagamente il superbonus edilizio, classificato dal premier Meloni una forzatura ai danni dello Stato. Probabilmente il medesimo primo cittadino dovrebbe iniziare a preferire le politiche dei piccoli passi, magari iniziando a non firmare più permessi a costruire in sanatoria (condono edilizio). D'altra parte Pozzuoli ricade in una zona classificata ad alta pericolosità vulcanica e a media sismicità, e quindi rispetto ai comuni classificati ad alta sismicità ubicati sugli appennini, le richieste d'intervento allo Stato, dovrebbero essere particolarmente motivati e mirati, e in prima battuta da riservare agli edifici pubblici. 

In ogni cittadina si ritrovano palazzi nuovi e vecchiotti. Nel caso delle zone soggette al bradisismo, forse una certa importanza la rivestono le fondamenta degli edifici di cui bisognerebbe conoscere la tecnica di realizzazione utilizzata. In generale i plinti isolati e non collegati tra loro necessiterebbero di qualche attenzione in più. Fabbricati gettati su trave rovescia o platea armata invece, dovrebbero dare maggiore sicurezza di stabilità e resistenza, fermo restante la qualità dello spiccato verticale che è quello soggetto alle oscillazioni. La robustezza di un edificio dovrebbe comportare la caratteristica di poter subire anche lesioni e dissesti, ma mai in una misura capace di inficiare l’incolumità degli abitanti per rischio di crollo strutturale parziale o totale. Ovviamente il discorso non può che essere generico, necessariamente generico, perché ogni singolo fabbricato ha caratteristiche singolari rispetto al resto dell’edificato cittadino e oltre. In assenza di una cartografia topografica che rimandi con molta precisione le curve di livello e l'equidistanza per la parte afferente il rigonfiamento bradisismico, l’applicazione di clinometri elettronici su edifici campione, forse potrebbe aiutare a valutare il fenomeno bradisismico nella sua evoluzione, che nell'immediato non ci sembra inficiare nel profondo le esigenze di sicurezza dei cittadini di Pozzuoli. 

Nel flegreo le scosse sismiche pur numerose non dovrebbero raggiungere magnitudo molto preoccupanti, ancor più se consideriamo che le stime probabilistiche indicano in area vulcanica sussulti di magnitudo moderata o media: il problema è nella superficialità degli ipocentri, che generano intensità non sempre trascurabili e non sempre esenti da danneggiamenti. In tutti i casi gli eventi fin qui avvertiti, generalmente non dovrebbero creare problemi di crolli se non per quelle parti di fabbricato già in bilico e per altri motivi. Discorso diverso sarebbe quello di dover affrontare terremoti che anticipano e poi accompagnano un’eruzione, che si presenterebbero con magnitudo e intensità per niente trascurabili. Possibilità remota diremmo, atteso che gli esperti statali hanno previsto ottimisticamente che l’evacuazione della zona rossa flegrea avverrebbe all'occorrenza decisamente in anticipo sulle dirompenze magmatiche, e quindi le medesime fonti raccomandano di sgombrare la mente da un contesto evacuativo  col fuoco alle spalle.

Interessante la rielaborazione dei piani di evacuazione prodotti dai giapponesi a fronte del rischio eruttivo del vulcano Fuji. Nella nuova edizione si prevede l’allontanamento a piedi dalla zona rossa… Seguendo alcune logiche di sicurezza, nella fase di pre allarme i cittadini della zona rossa flegrea forse dovrebbero mettere in sicurezza fuori dall’area a rischio i propri familiari che per età e patologie non possono facilmente deambulare. Ovviamente occorre stimare anche per chi rimane, un percorso pedonale evacuativo adeguato, nella malaugurata ipotesi che il traffico possa bloccarsi in modo perdurante senza soluzione alcuna di districazione degli autoveicoli. 

Per avere contezza del livello di pericolosità che si raggiunge nei Campi Flegrei, i dati di monitoraggio vulcanico sono cruciali, ma occorrerebbe pure che la commissione grandi rischi, l'unica deputata a valutarli scientificamente, sia componibile in brevissimo tempo. Nei momenti topici addirittura stanziando a permanenza nella sede dipartimentale, per dare per tramite del dipartimento della protezione civile, una corretta e continua informazione ai cittadini, che saranno raggiunti con vari mezzi dalle diramazioni amministrative competenti (Regione; Comune). Le risposte in questo caso proverrebbero da quello che il nostro ordinamento classifica come fonte scientifica autorevole (CGR), che si assume anche la responsabilità di quello che dice. Una responsabilità che non può essere demandata in capo all’INGV, all’Osservatorio Vesuviano (INGV), al CNR-IREA, al centro Plinivs e agli organi amministrativi regionali e comunali con motu proprio. In sintesi, la commissione grandi rischi è preposta ad esprimersi sulla pericolosità vulcanica, mentre a decidere sulle misure di protezione da adottare, piano di evacuazione compreso, sarà sempre e solo la presidenza del consiglio dei ministri...

                                                            di Vincenzo Savarese