La spianata di Bagnoli (Campi Flegrei) sede del CFDDP |
“Campi Flegrei:
quale futuro per il Deep Drilling Project?”
di MalKo
ll
famoso Deep Drilling Project dei Campi Flegrei (CFDDP), cioè il progetto di
perforazione profonda avviato nel sottosuolo di Bagnoli (NA), è passato un po’ nella sordina mediatica
probabilmente perché la trivella ha cessato di ruotare da dicembre 2012, dopo
aver raggiunto come da programma quota meno cinquecentodue metri.
Lo
scalpello litosferico con tutte le polemiche che hanno accompagnato la prima
fase di perforazione del pozzo pilota, dovrà essere latore di ben altre
autorizzazioni prima di continuare la sua corsa nelle profondità calderiche del supervulcano flegreo, per
raggiungere i circa quattromila metri di profondità.
Il
piano di scavo inizialmente pubblicizzava un tornaconto geotermico che sarebbe
scaturito dal foro di Bagnoli e dall’acqua calda sottostante. L’insistente
propaganda iniziale sull’energia pulita e a basso costo, scemò a seguito delle
proteste di alcuni comitati cittadini che vedevano nella geotermia in loco
profitti tuttalpiù per le industrie del ramo, ma non per la popolazione a cui
toccavano solo i rischi dell’operazione.
La
pubblicità allora dirottò sulla previsione delle catastrofi. Il Deep Drilling Project divenne quindi
un’opera fondamentale per monitorare con tecniche di previsione l’area
vulcanica flegrea, con strumentazioni ad alta tecnologia ubicate sul fondo del
pozzo pilota, pronte a cogliere sul nascere qualsiasi indizio foriero di
eruzioni, come i sollevamenti, che in verità lì si contano a metri.
La trivella di Bagnoli dovrebbe ripartire al
termine della valutazione dei dati fin qui raccolti, per inoltrarsi poi
chilometricamente nel cuore calderico del supervulcano, con il fine di
scandagliare scientificamente le coltri di materiali e investigare sulla genesi
del bradisismo. L’interesse della cittadinanza non è stato catturato da
quest’argomentazione, perché gli abitanti non reputano necessario indagare il
sottosuolo se questo comporta un pur piccolo rischio ancorché se tali dati già
esistono grazie alle numerose prospezioni profonde che si fecero negli anni ’80.
L’Agip, infatti, scandagliò il
sottosuolo puteolano e quello dei laghi d’Averno e di Licola e le contrade di
Mofete e Cigliano, con pozzi come quello di S. Vito, che si spinse fino a 3.038
metri di profondità. Fu anche tentata una sortita nella parte pedemontana del Vesuvio, a Trecase, con una trivellazione da 2.064
metri senza alcun esito produttivo.
L’Osservatorio
Vesuviano (INGV) in simbiosi con il comitato CFDDP e il Comune di
Napoli, si sono spesi moltissimo nell’ambito di convegni e interviste su
quest’iniziativa internazionale, dichiarando in tutte le sedi che il progetto è
assolutamente innocuo, soprattutto per il sistema di perforazione provvisto di
congegni innovativi che lo rendono più sicuro di altri.
Il ruolo dell’Osservatorio Vesuviano nell’intera vicenda del Deep Drilling
Project ai Campi Flegrei però ci sembra un tantino di parte. Se le operazioni
di perforazione profonda in area calderica sono o non sono pericolose, non lo
dovrebbe dire chi ha correlazioni con la proposta e il coordinamento e lo
sviluppo dell’opera. Altrimenti si corre il rischio, secondo la metafora tutta
napoletana, che lo storico ente faccia la parte dell’acquaiolo e l’opinione
pubblica quella del cliente a proposito dell’acqua fresca come la neve…>>.
Intanto
Il 21 luglio 2013 il
Corriere della Sera ha pubblicato un articolo dal titolo: “La perforazione
geotermica scatena il terremoto: stop al progetto”. Nel pezzo si racconta di un sisma di
3,6 della scala Richter verificatosi a San Gallo, nella zona del Lago di Costanza in
Svizzera. La scossa è stata provocata dai lavori di perforazione per la
realizzazione di una centrale geotermica.
Il
direttore del cantiere, ha spiegato che era stata scoperta una fuga di gas ad
alta pressione nel foro di trivellazione. Per arginare il pericolo era stata
pompata acqua e fango nel condotto. L’operazione di pompaggio si era resa
necessaria, spiega il dirigente, per evitare guai peggiori. A Basilea un progetto
simile era già stato abbandonato nel 2006 sempre per l’innescarsi di scosse
sismiche. Il caso svizzero destò apprensioni pure nel governo americano che
bloccò per precauzione i progetti di perforazione geotermica della AltaRock Energia sulle colline a nord di San Francisco,
per timore che si innescassero terremoti.
Sul
giornale online Avvenire invece, nell’articolo datato 12 agosto 2013 si
legge: <<All’indomani del terremoto di Modena, l’assessore alle attività
produttive dell’Emilia-Romagna ha sospeso l’iter di ogni nuova concessione nei
comuni del cratere. «…Non so se le attività di perforazione – ha spiegato Gian Carlo Muzzarelli –
possano essere messe in relazione con la sismicità di un’area, saranno gli
scienziati a dirmelo, ma fino ad allora si aspetta»..
<< …Si delibererà solo quando si sarà fatta chiarezza: è un atto di responsabilità verso il territorio e le popolazioni». <<… Usiamo il principio di precauzione e il buon senso: il sottosuolo non è un limone da spremere».
<< …Si delibererà solo quando si sarà fatta chiarezza: è un atto di responsabilità verso il territorio e le popolazioni». <<… Usiamo il principio di precauzione e il buon senso: il sottosuolo non è un limone da spremere».
Sono
interessanti anche gli articoli pubblicati a proposito del vulcano Lusi in Indonesia, da sette anni in attività. Ubicato a Sidoarjo nella parte orientale dell’isola
di Giava, è il più grande vulcano di fango al mondo. Le sue origini sono da
ascriversi con tutta probabilità a una trivellazione esplorativa petrolifera.
Uno
studio dell’Università di Bonn pubblicato
su Nature Geoscience, sostiene la stessa tesi della società
responsabile della perforazione, la Lapindo Brantas, cioè che fu il
terremoto che occorse a Yogyakarta qualche giorno prima del 29 maggio 2006 a causare l’eruzione.Di tutt’altro avviso la relazione scientifica dell'Università di Durham (Inghilterra), pubblicata sulla
rivista Geological Society of America, dove le responsabilità
dell’innaturale eruzione si accollano unicamente alla società petrolifera e
alle sue pratiche perforative poco accorte.
Sul
piano internazionale si è un po’ scettici sulla possibilità che una scossa di
terremoto con ipocentro a 280 km. di distanza da Sidoarjo, possa aver movimentato il fango in
superficie, perché in quella zona altri terremoti ben più forti hanno scosso la
litosfera e mai si erano ravvisati indizi di squilibrio nel sottosuolo.
Intanto
sono anni che dal profondo del Lusi sgorga
fango caldo. Si contano decine di migliaia di sfollati, molti villaggi
distrutti e un’economia praticamente in ginocchio. A sette anni di
distanza, l'eruzione di fango bollente è ancora pimpante e non si sa quando
terminerà. La terra rigurgita melma fumante che a impulsi risale in superficie
appesantendo suoli destinati a sprofondare.
In
Italia si è aperta una vera corsa alle perforazioni a caccia dell’oro nero e
del metano e dell’acqua calda. Le torri di scavo incominciano a essere malviste
dai cittadini e, quindi, comitati locali stanno sorgendo un po’ dappertutto per
contrastare questo incalzare di trivelle che potrebbero generare, seppur
remotamente, sgradite sorprese sia in mare sia in terra.
In Trinacria una
grandinata di autorizzazioni per la trivellazione dei fondali marini nel canale
di Sicilia sta suscitando grandi preoccupazioni. Un incidente alla stregua di
quello che occorse nel Golfo del Messico nel 2010 sarebbe sufficiente a
stroncare per molti anni le risorse più importanti dell’isola, come la pesca e
il turismo.
Anche i progetti di perforazione a uso
geotermico del vulcano sottomarino Marsili affascinano ma inducono
perplessità, perché la faccenda dovrà svilupparsi in alto mare, zona disabitata
e, quindi, ritenuta per antonomasia sicura.
Posto nei fondali del Tirreno meridionale, il
complesso vulcanico sommerso dista oltre cento chilometri dalla linea di costa
più vicina. Un luminare di tutto rispetto avvertì alcuni anni fa del pericolo
potenziale derivante dai fragili fianchi del vulcano. Una frana sottomarina,
profferì lo scienziato, potrebbe essere all’origine della formazione di un’onda
micidiale che si potrebbe infrangere con gravi danni sui litorali esposti. Fu
allarmismo a tutto spiano, e si avanzarono costosissime proposte di
monitoraggio del silente vulcano, mentre qualcuno vide addirittura nell’allarme
scientifico un terribile presagio Maya da
fine del mondo ...
La società privata EuroBuilding spa,
dovrebbe perforare i fianchi “flaccidi” del vulcano Marsili per prelevare e
utilizzare a uso geotermico i fluidi caldi che circolano a profondità utili nei
contrafforti dell’edificio vulcanico. La trasformazione del calore in energia
avverrebbe direttamente in superficie. Una gran bella cosa… bisognerebbe
escludere però, che la trivellazione del monte e la penetrazione meccanica
negli acquiferi bollenti, non inducano anche remotamente sollecitazioni
indesiderate negli ammassi rocciosi che potrebbero staccarsi in quota con un
effetto domino.
Uno dei responsabili del Marsili project, Diego Paltrinieri, ha chiarito che la sicurezza è garantita da
tutte le verifiche del caso fatte dai ricercatori dell’INGV. Per questo motivo
abbiamo girato la domanda sull’interazione fra trivella e fianchi del vulcano
direttamente all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che ci ha
rimandato a una prossima risposta, che ancora non arriva, a cura del Prof. Giuseppe D’Anna. Aspettiamo…
La geotermia sostanzialmente è un’invenzione
italiana e, quindi, si capisce una certa propensione a utilizzare il calore
terrestre per produrre energia soprattutto in questa viscerale corsa alle
risorse rinnovabili, per compensare quelle fossili che non dureranno in eterno.
I Campi Flegrei poi, sono il luogo dove in rapporto alle profondità, le
temperature dei fluidi sono molto elevate: il pozzo di S. Vito è quello che
ha lasciato registrare valori di 400°C ..
Gli scavi passati, come detto, hanno
consentito di cogliere dati sulla stratigrafia che caratterizza la caldera e
sulla qualità dei fluidi caldi posti in profondità: quelli bollenti ubicati a
tremila metri, si rivelarono ipersalini e antieconomici all’uso.
Questo primo intoppo sulla natura del prodotto da utilizzare, fu
seguito dalla constatazione un po’ tardiva che le superfici interessate al
progetto geotermico erano eccessivamente e anche abusivamente antropizzate. I
fenomeni sismici e bradisismici che caratterizzano l’area poi, furono ritenuti
oggettivamente in contrasto con le esigenze di sicurezza che dovrebbe invece
avere una struttura industriale collegata al sottosuolo.
L’energia geotermica bisogna pure
sottolinearlo per dovere di cronaca, non è che sia totalmente esente da
processi inquinanti, perché le acque calde circolanti nel sottosuolo e
risucchiate in superficie, spesso contengono una significativa percentuale di
sostanze molto aggressive e tossiche. Tant’è che in molti casi si ripompano
dabbasso per non inquinare i terreni e le acque superficiali. Anche le
volute di vapore acqueo rilasciate dalle ciminiere, dovrebbero essere il
prodotto finale di un’accurata filtrazione.
Il dirigente dell’ufficio sismico svizzero che ha seguito gli eventi di San Gallo accennati in precedenza, ha detto che non bisogna
abbandonare la strada del geotermico, bensì semplicemente evitare attività a
ridosso dei centri abitati. Una risposta lapalissiana ma di estrema efficacia.
Per consentire il connubio tra urbanizzazione e geotermia, ci sembra di capire
che la strada maestra sia per ora quella di accontentarsi di temperature minori
a minore profondità, con impianti a basso impatto ambientale gestibili
localmente.
A proposito d’impatto ambientale, registriamo
che Il Prof.Mario Dall’Aglio,
esperto di geochimica e geotermia, affermò in seno a un convegno organizzato dalla
società UGI (Unione
Geotermica Italia), che in Italia a proposito degli impianti di produzione o
uso delle energie rinnovabili non ci sono serie procedure di valutazione
d’impatto ambientale (VIA). Ovviamente gli organizzatori si sono fatti in
quattro per dissociarsi…
Che ci siano già state delle perforazioni
profonde nell’area flegrea segnano un punto a favore dei sostenitori
dell’esperimento internazionale. Qualche pozzo però, l’Agip sembra che lo
dovette chiudere precipitosamente, ma potrebbe essere leggenda. I pro e i
contro allora, devono essere vagliati molto seriamente dalla commissione grandi rischi (CGR)
per un discorso di terzietà sull’argomento. Quest’organo dovrà essere
chiamato in causa da una delle autorità previste dal sistema nazionale della
protezione civile. Ad esempio dal Capo Dipartimento Pref. Gabrielli, oppure dal Sindaco De Magistris quale autorità
locale, o dal presidente della Regione Campania Stefano Caldoro che
ha competenze sulle licenze di scavo, o anche dal Prefetto di Napoli Musolino, se ritiene che la perforazione sia
portatrice di allarme sociale.
Il fatto che i promotori del deep drilling project ai Campi Flegrei siano rinomati scienziati internazionali non toglie la sensazione che si sia usata molta disinvoltura sulla scelta del sito tutto urbano da perforare. Lo stesso dicasi della proposta di una centrale geotermica posta nel bel mezzo dei palazzi e dei rioni del quartiere metropolitano napoletano di Bagnoli…
Il fatto che i promotori del deep drilling project ai Campi Flegrei siano rinomati scienziati internazionali non toglie la sensazione che si sia usata molta disinvoltura sulla scelta del sito tutto urbano da perforare. Lo stesso dicasi della proposta di una centrale geotermica posta nel bel mezzo dei palazzi e dei rioni del quartiere metropolitano napoletano di Bagnoli…
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