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sabato 4 novembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: Musumeci pensiero: la svolta... di Malko




Cratere Vesuvio e Campi Flegrei sul fondo immagine

Anche di recente, alcuni esperti dell’osservatorio vesuviano hanno ribadito che non ci sono evidenze di risalita di magma nel sottosuolo dei Campi Flegrei. L’affermazione oltremodo tranquillizzante, pare che sia stata ispirata dai dati provenienti dai famosi strumenti multi parametrici in dotazione all’INGV-OV. È notizia di oggi invece, che non si può escludere una rapida evoluzione verso lo stato di pre allarme vulcanico, in quanto all'origine del bradisismo, il noto processo d’innalzamento del terreno, potrebbe esserci proprio la diretta partecipazione del magma. Addirittura si citano articoli scientifici dove non si esclude la presenza di magma a bassa profondità, e che il rovente prodotto può essere responsabile di taluni disordini vulcanici che precedono nel breve un’eruzione.

A dare questa notizia che eleva fortemente la guardia sul pericolo vulcanico, ancorché in antitesi con l’osservatorio vesuviano, non sono i cattivoni del web, ma il ministro della protezione civile, Nello Musumeci, a seguito di una riunione della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, tenutasi il 27 e il 28 ottobre 2023. Il consesso scientifico allargato a esperti nazionali e internazionali, ha infatti deliberato che c'è poco da rassicurare, tant'è che l’autorevole comitato scientifico ha sentenziato brevemente e per bocca del ministro che:<<…l'insieme dei risultati scientifici rafforza l'evidenza del coinvolgimento di magma nell'attuale processo bradisismico di sollevamento del suolo. In particolare, ritiene che il quadro complessivo - pur se non di univoca interpretazione - faccia comunque emergere la possibilità che i processi in atto possano evolvere ulteriormente. La Commissione, pertanto, ritiene opportuno che sia le attività di monitoraggio da parte dei centri di competenza, sia le attività di prevenzione da parte delle varie componenti del Servizio nazionale di Protezione Civile si intensifichino ulteriormente e si preparino all'eventuale necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore rispetto all'attuale giallo. (ANSA).

A fronte di questa novità che in verità non ci coglie di sorpresa, rimane il fatto che la commissione grandi rischi insediatasi a inizio ottobre nella sua veste standard, ebbe a riaffermare che il livello di allerta vulcanica nel flegreo permaneva senza colpo ferire sul giallo. Come mai venticinque giorni dopo, la stessa commissione fa lanciare l’allarme al ministro Musumeci che la situazione nei Campi Flegrei è possibile che possa evolversi rapidamente verso un livello di allerta arancione (pre allarme)?

 

I livelli di allerta vulcanica

Riteniamo che esistano due possibili risposte che probabilmente si completano a vicenda. La prima è che sono stati diversamente interpretati i dati di monitoraggio fin qui acquisiti, al punto da far ritenere agli esperti riunitisi ultimamente ai massimi livelli, che la sismicità lieve e moderata dettata dal bradisismo che ha attanagliato il flegreo, con una recrudescenza recente che ha allarmato, accompagnata da notevoli e instancabili processi di degassazione dal sottosuolo, potrebbero essere tutti elementi ascrivibili proprio al magma, che pare si sia spinto fino a qualche chilometro dalla superficie, in più serbatoi, così come suggeriscono i modelli di alcuni ricercatori (Montagna, Papale, Longo).

La seconda possibilità è che il consesso scientifico e lo stesso ministro Musumeci, hanno ritenuto inappropriato che tra gli amministratori dei territori flegrei si sia rimosso il pericolo vulcanico, solo perché permane un annoso stato di attenzione (giallo), considerato inopinatamente fraterno compagno di viaggio a permanenza, e non una sintomatologia geologica pericolosa, ancorché foriera di possibili evoluzioni verso l'eruzione. Una persistenza quella del fenomeno bradisismico, che avrebbe dovuto minimamente impensierire, e far scattare qualche campanello di allarme non comodoso come quello attuale tarato sull’attenzione, che avrebbe magari dovuto indurre ospedali e carceri a organizzarsi con le esercitazioni di evacuazione, e i comuni a pianificare nel miglior modo possibile un eventuale esodo emergenziale. È appena il caso di ricordare che in assenza di soglie di riferimento per i passaggi da un livello di allerta vulcanica all'altro, nessuno può escludere che l'attuale unrest nel sottosuolo flegreo, potrebbe già essere prodromo a un passaggio di livello successivo a quello di attenzione, perché il magma che finora nessuno ha visto, pare invece che stazioni a poca distanza dalla superficie. Il bradisismo, che ha le sue origini nel calore magmatico, persiste da tempo; quindi, elementi di tranquillità sono da ricercarsi solo nella natura umana che tende a dimenticare o ad obliare i pericoli perduranti, perché nella natura di un campo vulcanico attivo invece, non esiste fraternità, ma solo processi ineluttabili e a volte violenti, che rendono vivo il Pianeta.

Con questo preambolo forse la sveglia bisognava proprio suonarla, ed è un bene che l'abbia fatto proprio il ministro, in modo da non lasciare spazio agli equivoci e alle speculazioni. È probabile che nei prossimi giorni si entrerà nel merito di questo avvertimento giudicato dai media allarmante, perché chiama in causa direttamente il magma. La nota di Musumeci che chiarisce che non si può escludere un passaggio a livelli superiori di pericolo eruttivo, denota pure un cambio di linguaggio istituzionale verso la chiarezza. La commissione grandi rischi ha anche invitato le strutture di monitoraggio (OV) ad incrementare la loro attività, magari fornendo alle stesse pure indicazioni su cosa cercare e come cercarlo, per dissipare i dubbi sulla "quota" attuale del magma nei Campi Flegrei.

A prescindere da tante altre disquisizioni che si possono fare, occorre dire che in questi territori la necessità di destare la popolazione potrebbe presentare qualche vantaggio organizzativo, anche dal punto di vista della forma mentis, e favorire allo stesso tempo, nel bene e nel male, un giudizio critico sull'operato della pubblica amministrazione. Infatti, il ministro non ha mancato di sottolineare che sono quarant'anni che non si fa niente di serio nelle comunità flegree per fronteggiare una possibile emergenza. Si rifletta sul termine non far niente, perché l'accidia non è immobilità, ma una forma di tacito consenso che ha permesso a tantissimi cittadini di insediarsi all'interno di una caldera vulcanica senza alcuna tutela, lasciando lievitare quella che oggi è una vera calderopoli cementizia, collocata su magma ballerino e dicono ben strutturato in altezza.

La cosa veramente insopportabile poi, è che in un connubio tutto amministrativo di ordine locale, provinciale e regionale e coi silenzi della scienza, si è fatto passare il concetto che il bradisismo  è un pericolo, una calamità a sé stante, diverso da quello sismico e ben diverso da quello eruttivo. La parola eruzione è odiata dai sindaci, che evitano anche solo di pronunciarla. Il motivo? Il rischio eruttivo è povero e porta solo rinunce: quello bradisismico porta soldi, un po' di assunzioni e pure passerelle… Con questo non vogliamo dire che bisogna ridimensionare il rischio sismico/bradisismico in corso di zonazione, bensì che occorre rivalutare quello vulcanico: quello che comprende l'intera caldera; quello catastrofico per intenderci, per fenomeni letali e vastità d’impatto pure oltre zona rossa.

L’onorevole Antonio Caso (M5S), ebbe a chiedere al capo dipartimento della protezione civile, in seno a un’audizione in commissione ambiente, tenutasi sempre a fine ottobre 2023, come mai non sia stato predisposto un divieto di edificare nel senso residenziale nei territori della zona rossa flegrea ad alta pericolosità vulcanica, alla stregua di quanto fatto nei territori vesuviani con la legge 21/2003.

Il responsabile del dipartimento P.C. , ing. Fabrizio Curcio, in questa occasione non ha dato una risposta esaustiva, dichiarando che, come fatto da altri responsabili che l’avevano preceduto (dott. Italo Giulivo n.d.r.), anche lui avrebbe sfuggito questa domanda. Il capo dipartimento circa l'assenza di disposti regionali anti cemento, tanto necessari per non far lievitare il valore esposto (numero di abitanti), e quindi il rischio nella caldera vulcanica, ha chiamato in causa la probabile necessità di coniugare le misure di sicurezza dei cittadini, con le esigenze legate allo sviluppo:<<… Lo strumento di protezione civile è uno strumento che accompagna scelte che riguardano la incolumità pubblica e privata che accompagnano altre scelte legate alla vita e allo sviluppo delle comunità. È nella sintesi politica territoriale che viene messa insieme l’esigenza della sicurezza con l’esigenza dello sviluppo...>>. A tradurre questa disquisizione, sembra che anche nel campo della protezione civile, che è quello della salvaguardia dei cittadini, vige il principio che occorre muoversi secondo logiche da rischi benefici, e non sul valore assoluto dettato dalla vita umana. Allora qualcuno può sentirsi escluso dalle garanzie statali. L’ ing. Curcio, nel tentativo di giustificare una classe politica vecchia e nuova accomunata dalla miopia e dal cinismo politico basato solo sul presente, ha espresso motivazioni che preoccupano, verità certo, ma enormità diremmo, per il ruolo di soccorritore che ricopre, ovviamente... 

La mancata emanazione di uno strumento urbanistico che vieti la realizzazione di ulteriori manufatti abitativi nella zona rossa dei Campi Flegrei, è un dato di fatto che solo di recente pare stia assurgendo a notizia di rilievo, destando pure qualche incredulità nei soggetti più puri. In realtà ne parliamo da anni, ma nella maggior parte dei casi, la mancata legislazione è stata frutto di interessi economici ed elettorali, e chi avrebbe potuto segnalare nei regolamenti comunali lo stato di rischio vulcanico immanente, in attesa di una più ampia pianificazione regionale, non lo ha fatto. D'altro canto nessun politico vuole allarmare per non far crollare l'economia della zona rossa, comprendente il valore delle case; e poi non si vuole limitare l'urbanizzazione perché ci sono i lavoratori dell'edilizia da salvaguardare, gli imprenditori, i mediatori, i rivenditori di prodotti cementizi e affini, e l'intero business che accompagna il cemento. Si pretende dallo Stato la formula magica tutto per tutti e bonus; e poi matematica garanzia di salvaguardia della popolazione che pretende la previsione dell'evento vulcanico. Purtroppo, sulle necessità della sicurezza areale flegrea, grava pure l'irrinunciabile business dettato dalla spianata di Bagnoli… In questo allettante e spoglio luogo, ci sono le mire di imprenditori  pronti ad utilizzare migliaia sacchi di cemento, secondo le logiche che non è importante dove costruisci ma cosa costruisci. Sulla spianata di Bagnoli, avremmo voluto che sorgesse un centro polivalente di protezione civile, con annessa elisuperficie e imbarcadero e scuola di protezione civile regionale. 

Anni fa, quando chiedemmo nell'ambito di un convegno all’allora assessore regionale alla protezione civile, ing. Cosenza, tutor della nuova zona rossa Vesuvio e attuale assessore metropolitano, perché non c’era stata da subito una comunanza in termini di divieti edilizi tra il Vesuvio e i Campi Flegrei, ci rispose che occorreva una legge ad hoc, perché il divieto tutt’ora vigente per il vulcano Vesuvio vale solo per il vulcano  Vesuvio… In pratica, si potrebbe riscrivere lo stesso disposto legislativo cambiando la sola parola Vesuvio con Campi Flegrei o Ischia.

La rappresentante di lega ambiente, Anna Savarese, anche lei ascoltata in commissione ambiente, ha precisato:<<Il nostro auspicio è che si superi, ad horas, l’anomalo trattamento riservato ai tre complessi vulcanici presenti in Campania, che sebbene classificati pariteticamente come ‘quiescenti’: Vesuvio, Campi Flegrei e Isola d’Ischia non hanno ricevuto le stesse attenzioni rispetto alla perimetrazione, al piano di emergenza e alla riduzione (legge) dell’incremento del carico insediativo”(Askanews). Parole ampiamente condivisibili seppur un po' tardive, anche se occorre dire che il rischio vulcanico non è una materia predominante nell’ambito di questa associazione. Nella fattispecie del discorso, i distretti vulcanici menzionati hanno tutti e tre caratteristiche molto diverse tra loro, accomunati da un identico mastodontico rischio seppur raro, con territori trattati differentemente dalle autorità competenti. A iniziare dalla fragilissima Ischia, che non ha ancora il suo scenario di rischio vulcanico di riferimento per i piani di emergenza. 

Tentare di rendere i territori vulcanici abitabili mitigando il rischio,  dovrebbe essere una necessità per programmare il futuro, in modo da lasciare ai posteri manufatti senza che l’accettazione ereditaria comporti pure l’onere di un carico residuale di pericolo ingestibile per effetto della conurbazione. In tutti i casi, le preoccupazioni di Musumeci ci stanno tutte: quelle degli amministratori che lamentano la rarefazione del turismo per gli allarmi vulcanici un po' meno: ci sembrano inappropriate certe richieste, almeno come tempistica. E poi occorrerebbe programmare il futuro del territorio, tenendo conto dei limiti naturali e antropici esistenti, e solo dopo aver fatto la propria parte di amministratore, andare dal ministro a battere cassa. Non riduciamo il problema del rischio vulcanico e sismico e bradisismico a una semplice caccia al bonus. Prima di parlare di rischio bradisismico, parliamo di rischio vulcanico...

Si conclude consigliando al presidente dell’INGV Doglioni, di mandare al più presto qualche ispettore all’osservatorio vesuviano, magari solo per procedere a qualche audit aziendale, per fare chiarezza e dettare linee guida future. Infatti, la sensazione che abbiamo, è quella di una struttura di monitoraggio e ricerca un po’ troppo accomodante col territorio e i suoi protagonisti. L’osservatorio vesuviano non lo sa, ma indirettamente ha  condizionato le politiche territoriali della provincia di Napoli, magari per senso di appartenenza a quel quadro tutto istituzionale che non vuole allarmismi defilandosi dalle responsabilità. Il risultato finale è che non sono state messe nero su bianco le reali condizioni di ambiguità del rischio vulcanico nei Campi Flegrei. Poi, si sono spesi convegni e interviste radiofoniche e televisive affermando che il magma in ascesa sarebbe stato certamente visibile agli strumenti di monitoraggio, tra l'altro in tempo utile per le esigenze del piano di evacuazione. Oggi salta fuori che il magma già c'è e nessuno lo ha visto... Anche se questi studi che hanno allarmato il ministro dovessero essere ridimensionati, rimane il dato che una titubanza scientifica non è ammissibile quando si ha l'onere di tutelare mezzo milione di persone. Da questa faccenda del preallarme Musumeci, potrà uscire sbiadita totalmente la commissione grandi rischi, o l'osservatorio vesuviano. Le terze vie però, spesso si trovano nella via di mezzo..

                                                               di Vincenzo Savarese

                                                             

sabato 21 ottobre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: solo bradisismo dicono... di Malko

 

La darsena di Pozzuoli a ridosso del Rione Terra


Da quando il suolo si è sollevato di oltre un metro di altezza nel caseggiato del Rione Terra a Pozzuoli a causa del bradisismo, i Campi Flegrei sono assurti a evento mediatico di tutto rispetto, carpendo l’attenzione dei media e delle massime autorità scientifiche e di protezione civile che, anche per le diverse vedute degli esperti sull’origine e la pericolosità dell’ultra millenario fenomeno bradisismico, hanno favorito l’accensione dei riflettori sulla città di Pozzuoli.

In molti sono accorsi all’au secours lanciato dai primi cittadini flegrei, e principalmente dal sindaco Manzoni, capitano di cordata e  titolare amministrativo dei territori puteolani dove si registra la maggiore gibbosità crostale. Il primo risultato politico raggiunto, è stato l’approvazione di quattro punti da parte del ministro Musumeci, comprendenti:

1.    un piano di evacuazione in caso di grave bradisismo;

2.    un’analisi valutativa sulla vulnerabilità degli edifici;

3.    il potenziamento delle strutture di Protezione Civile;

4.    un piano per la comunicazione istituzionale.

Cosa sia il grave bradisismo non è stato circostanziato dalle autorità scientifiche, ma presumiamo che si voglia intendere una accelerazione del fenomeno del sollevamento del suolo impossibile da decifrare nell’immediato, accompagnato da sciami sismici cagionati dalle pressioni esercitate nel sottosuolo dai fluidi surriscaldati dal materiale magmatico. Questi, acquisendo energia espansiva, curvano e piegano e spezzano gli strati rocciosi soprastanti producendo onde elastiche. Non si può neanche escludere nelle dinamiche del fenomeno, una diretta partecipazione del prodotto incandescente in lentissima e pulsante ascesa… L’ osservatorio vesuviano però, esclude quest’ultima possibilità, perché, dicono, eventuali movimenti magmatici verso l’alto, verrebbero immediatamente rilevati dalle loro potenti strumentazioni multi parametriche posizionate nell’area flegrea…

Secondo le intenzioni della protezione civile, politicamente coordinata dal ministro Musumeci, entro poche decine di giorni dovrà essere messa su carta la zona rossa bradisismica, che non va confusa con la zona rossa vulcanica legata al rischio eruttivo. Non va neanche confusa con la mappa di pericolosità sismica zonale, che ci rimanda un quadro di terremoti a bassa e moderata energia, i cui epicentri in prevalenza si spostano dalla "campana" bradisismica verso la Solfatara, fino a raggiungere il popoloso quartiere di Bagnoli.

Anche per il bradisismo, ci si attende una zona rossa e arancione e gialla, in modo da avere il gradiente di sollevamento almeno sui capisaldi di misura, con la specifica della soglia di riferimento in centimetri per ogni settore menzionato in ascesa. 

La classificazione della zona rossa bradisismica dovrebbe garantire una puntualità e una priorità nei sopralluoghi di verifica statica degli edifici. Occorre notare però, che le paure dei puteolani sono tutte concentrate nei terremoti più che nel fenomeno che li genera, impercettibile per lentezza: se non fosse così, dovrebbe scattare immediatamente l’allarme evacuativo della zona rossa. Onde definire con buona logica la zona dove cominciare i sopralluoghi, la zona rossa bradisismica già circoscritta dall’INGV, dovrebbe sovrapporsi a quella sismica zonale, e quindi offrire un riferimento da dove partire con i controlli: diversamente occorrerà procedere con il sopralluogo a richiesta. È appena il caso di ricordare che la zona rossa bradisismica e quella sismica ricadono totalmente nella zona rossa a rischio eruttivo, e quindi contrariamente a quanto dicono i discorsi ad commodum sul  bradisismo, certamente la zona a maggiore pericolosità rimane quella vulcanica.

Nella mappa sottostante dell’INGV che mostra la “campana” bradisismica, abbiamo riportato a nostra mano tre zone discorsivamente utili, e non scientificamente determinate.

carta tematica INGV rimodulata con tre zone a scopo discorsivo

Invece, la carta messa a punto dall'INGV (immagine sottostante), degli eventi sismici sul breve periodo, rende bene l’idea sul dove si scaricano generalmente le energie bradisismiche. D'altra parte se i terremoti sono dettati dal bradisismo, quelli che si presentano fuori dal raggio del fenomeno, presupponiamo che debbano essere di origine direttamente vulcanica o tettonica.

Carta tematica INGV

Pur avendo contezza della zona bradisismica e simica, è utile precisare che non è possibile riportare con precisione l'indice di pericolosità del fenomeno sismico, perché questo dato, pur abbastanza circoscritto come area d'origine, dipende certamente dalla magnitudo e dalla profondità degli ipocentri, ma anche dalla vulnerabilità degli edifici: dati questi ultimi, non noti agli organi di protezione civile. Le autorità scientifiche hanno chiarito che per la loro natura è difficile che si possano generare sismi di grandi magnitudo (la stima è ≤ 5 Richter). Mentre invece è probabile che gli ipocentri dei sismi si verifichino nei primi 4 chilometri. Diciamo pure che forse è l’unico caso quello del flegreo, dove è possibile ipotizzare in linea assolutamente generale, magnitudo e profondità ipocentrale dei terremoti, fermo restante la nota impossibilità a prevederli temporalmente. Nel disegno sottostante abbiamo materializzato il triangolo di pericolosità sismica, dove l’unico dato ad oggi, che potrebbe fare la differenza è la vulnerabilità degli edifici. 

Quello che attende i verificatori di stabilità degli edifici sarà un compito arduo, perché sarà molto difficile classificare le cause riguardanti lesioni minori o distacchi di intonaco, magari dovuti a infiltrazioni acquifere e rigonfiamenti da ruggine; altre cause possono essere la cattiva qualità dei materiali utilizzati o i difetti costruttivi o semplici assestamenti preesistenti alla crisi bradisismica. Tutte cause che con i terremoti a bassa energia hanno scarsa correlazione. Quale debba essere il destino dei fabbricati dichiarati pericolanti, ce lo diranno i tecnici e i sindaci e la regione. Quello da cui bisognerà rifuggire però, è lo sperpero di denaro pubblico, perché se determinati palazzi necessitano di adeguamento sismico a partire dalle fondamenta, e magari vengono evacuati perchè dichiarati pericolanti, sarà conveniente abbatterli  assegnando agli sfollati della zona bradisismica grave, una residenza fuori dal perimetro della zona rossa vulcanica. A nessuno venga in mente in nome di una discutibile resilienza,  di spendere moneta per stabilizzare case o palazzi,  in un settore che rimane ad alta pericolosità vulcanica, e pure sismico e bradisismico a permanenza...

Il 13 ottobre 2023 è entrato in vigore il Decreto Legge sul bradisismo, finanziato dallo Stato con 52,2 milioni di euro. Il sindaco di Napoli Manfredi, così come il collega di Bacoli, premono affinché si possa assumere personale da dedicare agli uffici tecnici per almeno tre anni, e non per un solo anno come previsto dal decreto, altrimenti, dicono, sono difficili le assunzioni. Stranamente pure i sindaci di altre zone cercavano mano d'opera tecnica, per evadere le migliaia di pratiche di condono... 

Il presidente De Luca visto il movimentismo di terzi, ha chiarito  che la viabilità è una competenza regionale come la sanità e i piani d'emergenza ospedalieri... tra l'altro ha aggiunto:<< che non possiamo avere un’espansione irrazionale di edilizia in area a rischio>>. Interessante... come  pure l’accento che il governatore ha messo sullo stato di attenzione giallo:<< …Ma non è ancora chiaro cosa e quando potrebbe spingere i tecnici a passare a quello arancione…>>. Su quest’ultimo interrogativo pensiamo che non ci siano risposte adeguate. Non abbiamo esperienze e dati delle precedenti eruzioni… Quindi il passaggio eventuale delle fasi di allerta da giallo ad arancione, saranno per loro natura frutto di interlocuzioni tra le autorità governative e la commissione grandi rischi. 

I contenuti di questo D.L. 12 ottobre 2023 n° 140, sono stati successivamente oggetto di una riunione tenutasi presso l’accademia aeronautica militare di Pozzuoli. All’incontro hanno presenziato due ministri: Sangiuliano e Musumeci; e ancora i vertici del dipartimento della protezione civile, i rappresentanti dei comuni e della regione e dell’area metropolitana e dell’INGV; del parco flegreo e altri… Tutti portatori di interessi.

Il sindaco di Pozzuoli ha espresso grande soddisfazione per il raggiungimento dell’obiettivo più atteso: il riconoscimento del bradisismo come calamità a sé stante, diversa dal rischio sismico e diversa dal rischio vulcanico inviso agli amministratori. Non pochi evitano di riflettere sul fatto che il fenomeno bradisismico è certamente una diretta conseguenza del calore magmatico: per sollevare una città di oltre un metro, s’intuirà che occorre un bel po’ di energia (calore)… Da un punto di vista tecnico, occorre dire che il bradisismo ha nella sua radice semantica il termine lento. Lento sollevamento (o abbassamento) del suolo… Quindi, questo movimento verticale al momento non sembra incidere sulla statica dei fabbricati o sulle infrastrutture.  

Dalla cartina in basso (Barberi et altri), si evince il sollevamento rilevato nell’ultima crisi bradisismica degli anni ’80. Sulle pagine dell'INGV a proposito di questo periodo si legge:<< L'inizio della crisi bradisismica 1982-84 può farsi risalire all'estate del 1982 quando si evidenziò un sollevamento del suolo anomalo, seguito il 2 novembre da uno sciame sismico di 17 eventi in 2 ore localizzati poco a nord del porto di Pozzuoli ed avvertito dalla popolazione. Nel periodo giugno-novembre 1982 il sollevamento del suolo al porto di Pozzuoli fu stimato di circa 15 cm. Nei mesi successivi la sismicità si mantenne di lieve entità fino al 15 maggio 1983 in cui si verificò un evento di magnitudo 3.4 localizzato a Pisciarelli, nella conca di Agnano. Da quel momento la sismicità diventò più intensa concentrandosi nell'area Solfatara-Accademia. Il 4 ottobre 1983 si verificò l'evento di maggiore intensità (magnitudo 4) e il 13 ottobre si ebbe il primo sciame sismico costituito da numerosi eventi (229 eventi in poche ore). Dall'inizio della crisi fino alla fine del 1983 si registrarono oltre 5.000 eventi significativi. Nel 1984 aumentarono il numero di terremoti di magnitudo più elevata fino all'evento di magnitudo 3.8 dell'8 dicembre. Da quel momento la sismicità diminuì drasticamente fino a cessare del tutto nel 1985. Durante il periodo di crisi furono eseguite livellazioni geodetiche di precisione con periodicità trimestrale. Tali misure evidenziarono che il massimo sollevamento si ebbe nell’area di Pozzuoli. Nei due anni e mezzo intercorsi dall'estate del 1982 fino a tutto il 1984 si ebbe un sollevamento dell'area del porto di Pozzuoli di circa 185 cm che, unito al sollevamento di circa 170 cm del 1970-72, portò ad un sollevamento totale di circa 3.55 m.>>.

Bradisismo anni '80 (Barberi et altri).


Le indagini e le verifiche che si appresterebbero a fare i tecnici neo assunti, riguarderanno anche il famoso Rione Terra (Pozzuoli), luogo simbolo del bradisismo acuto e  ultra secolare, ma anche luogo simbolo della ricostruzione post bradisismo degli anni ’80, con interventi non si sa quanto oculati, atteso che le ristrutturazioni sono avvenute sulla punta dell’iceberg bradisismico. Sarebbe interessante sapere a che destinazione d’uso saranno adibiti i palazzoni del Rione Terra una volta ultimati, anche se sembra che a priori si voglia scartare una finalità abitativa, visto che trattasi di un agglomerato alto e senza spazi esterni immediatamente sicuri. Diventeranno uffici o bed and breakfast? Intanto pure  la fruibilità di questo luogo antico e storico a scopo turistico attraverso percorsi pedonali guidati è stata per il momento sospesa per motivi di sicurezza. Limitazioni numeriche sono state imposte anche per le visite ai sotterranei dell'anfiteatro Flavio.

Il Rione Terra di Pozzuoli


L’azione del ministro Nello Musumeci nel destinare risorse ai comuni ubicati territorialmente nel campo vulcanico flegreo per fronteggiare il bradisismo è sicuramente lodevole, ma senza prese di posizioni sull'edilizia, la sua azione è di assoluta impotenza a fronte del rischio vulcanico. Sarebbe stato encomiabile l'operato della commissione grandi rischi riunitasi per analizzare il rischio sismico e bradisismico ed eruttivo, se avesse rappresentato a chiare lettere che non si può continuare a edificare in una zona soggetta a multirischi, tra cui quello vulcanico, che sovrasta quello sismico e bradisismico per letalità dei fenomeni associati. D'altra parte sarebbe utile che s'imponessero dei vincoli antisismici maggiormente tutelativi nella zona focale puteolana, magari quale enclave della zona  sismica 2. 

Bene ha fatto il deputato Antonio Caso a chiedere in audizione alla camera, al dirigente della protezione civile della regione Campania Italo Giulivo,  come mai non è stato imposto uno stop legislativo all'edificazione residenziale in zona rossa vulcanica ai Campi Flegrei, alla stregua di quanto fatto per il Vesuvio nel 2003. Il Dott. Giulivo nella seduta citata ha risposto con qualche esitazione che il problema è politico, ma che avrebbe relazionato a chi di dovere. Il medesimo dirigente, alla domanda se nel flegreo e nell’attualità ancora si costruisse, ha preferito non rispondere.. 

Ovviamente è prevedibile che i verificatori della grave zona bradisismica provvedano nell'ambito delle verifiche, piantine catastali alla mano, a stilare una scheda per ogni singolo palazzo esaminato, verificando pure la liceità delle costruzioni e la loro regolarità in termini di licenze edilizie, di conformità, e condoni e sanatorie. Il lavoro di verifica dei tecnici pagati coi soldi pubblici, non può e non deve essere perduto. Tra l'altro dovrebbe poi essere informatizzato, per avere una rapida consultazione dei dati archiviati, onde usufruire di elementi di comparazione in caso di recrudescenza di questo fenomeno, per la prima volta assurto a calamità a se stante, classificato come bradisismo che può variare la sua incidenza in termini di gravità. Ci sembra di capire che oggi è un bradisismo giallo...

In tutti i casi da oltre oceano le autorità governative americane hanno invitato i propri marinai di stanza a Napoli, a tenere a portata di mano un kit di sopravvivenza nel caso dovesse cambiare il livello di allarme vulcanico ai Campi Flegrei...

                                                               di Vincenzo Savarese
                                                             




giovedì 5 ottobre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei - osservatorio vesuviano a guardia del magma: Ipse dixit... di Malko

 

Uno spaccato della darsena di Pozzuoli

I recenti per quanto periodici ma incalzanti eventi sismici che martellano i Campi Flegrei, ripropongono ancora una volta il grande dilemma: sismicità dettata dal rigonfiamento dei suoli per effetto del bradisismo puteolano, o sussulti da inquadrare come i più classici dei prodromi pre eruttivi? A saperlo…

Dicono che Nello Musumeci, ministro per la protezione civile e per le politiche del mare, abbia detto che sono stati sprecati quarant’anni per la realizzazione di un piano di evacuazione.  Diciamo pure che dall’ultima crisi bradisismica, ci si è cullati nell’idea che, passati i sussulti crostali degli anni ’70 e ’80, la situazione geologica in questo lembo di terra sarebbe ritornata alla normalità. Però, avrebbe cosa buona il ministro, a non rimanere sul vago, bensì a citare l’incuria quarantennale non solo sulla mancata redazione di un piano di evacuazione degno di questo nome, ma anche e soprattutto sulla mancata applicazione di regole di prevenzione della catastrofe vulcanica, realizzabili innanzitutto con la limitazione dell’incremento del valore esposto (numero di abitanti), che avrebbe portato positive ricadute sull’efficacia della stessa pianificazione evacuativa. Sarebbe anche interessante capire perché negli anni scorsi si è concentrato l’interesse della scienza e della politica solo sul Vesuvio e non sui Campi Flegrei. Infatti, si nota la grave assenza di una legge che avrebbe dovuto inibire la realizzazione di ulteriori manufatti ad uso abitativo sulla gobba bradisismica e nelle zone limitrofe, con disposti anti cemento da estendere a tutta la plaga flegrea. La legge che vieta ogni ulteriore insediamento sul Vesuvio infatti, risale al 2003, cioè almeno 20 anni dopo il bradisismo flegreo, senza che quest’ultimo territorio fosse accomunato a quello vesuviano, e senza essere sfiorato da alcuna norma che limitasse l’edilizia residenziale. Il vulnus della prevenzione della catastrofe vulcanica allora, a chi bisogna addebitarlo, a una scienza disattenta o a una politica noncurante che insegue il consenso con la mediazione dei dirigenti pubblici?

Nel flegreo, i problemi legati all’insofferenza geologica del sottosuolo, si riaffacciano e si riaffacceranno pure a distanza di decine di anni, senza scartare l'idea di una forma più cruda. Quindi, è da mezzo secolo che si sprecano tempo e risorse sull’altare dell’opportunismo politico e della  furbizia, dei tanti che inseguono il bradisismo come fonte di opportunità economica, con a margine il consenso elettorale. Il pericolo vulcanico, diciamo la verità, quello delle colate piroclastiche che vaporizzano in pochi secondi i liquidi corporei, porta solo rinunce, tant’è che nelle viscere dei Campi Flegrei sembra dimorare certamente la dea Penia che nessuno vuole invocare, piuttosto che l'operoso dio Vulcano. Le decine di vulcani monogenici e i territori litorali periodicamente inabissatisi o sollevatosi dal mare per effetto del bradisismo, hanno insegnato poco, visto che l’antropizzazione della caldera ha dato luogo a una calderopoli da oltre mezzo milione di abitanti. Ancora oggi  si dà importanza alla gobba bradisismica del rione Terra, e non alla causa del fenomeno insita negli importanti volumi di magma sottostanti. D’altra parte temiamo che se il picco di sollevamento è localizzato periodicamente e da decenni al rione Terra (Pozzuoli), questa storica collinetta dovrebbe essere trasformata in una sorta di parco urbano archeologico, perché, ammesso che si fermi o retroceda il fenomeno del sollevamento, è probabile che anche a distanza di anni si ripresentino più vivi che mai, il bradisismo, i sismi e la minaccia eruttiva.

La commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, tra i compiti consultivi operativi incentrati sulle valutazioni di pericolosità, ha anche quello di fornire indicazioni volte alla prevenzione delle catastrofi. Sarebbe quindi il momento buono acchè questa assise di luminari dica al ministro Musumeci e a chiare lettere, che non si può continuare a concentrarsi solo sulla pianificazione d’emergenza, ma è giunto il tempo di passare a drastiche soluzioni di prevenzione della catastrofe vulcanica. Sempre la commissione, terminata la sessione dell’analisi dei dati e degli ascolti dei rappresentanti dei centri di competenza, prima fra tutti l'INGV, nella seduta a "porte chiuse" ha deciso che per i Campi Flegrei deve permanere il livello di attenzione (giallo). Intanto il ministro prospetta entro pochi giorni un piano di emergenza (di esodo) relativo al bradisismo irrefrenabile, quello da bollino rosso, di cui sarà interessante vedere che confini saranno assegnati al fenomeno destinatario di aiuti di Stato. I rappresentanti dei comuni flegrei, hanno chiesto al governo per tramite della VIII commissione ambiente della camera, fondi per rinfoltire gli uffici tecnici comunali con ingegneri e architetti, ancorché di agenti per i comandi locali della polizia municipale. In questa commissione, tutti i partecipanti sono stati concordi che la minaccia è il bradisismo e i sommovimenti sismici che il fenomeno reca seco. Il rischio eruttivo è decisamente in seconda battuta e a margine del problema, per le rassicurazioni offerte dal mondo scientifico (INGV), sulla prevedibilità garantita dal monitoraggio del magma, che assicurano che al momento se ne sta buono a 7 chilometri di profondità. Infatti, su tutti capeggiano le rassicurazioni del capo dipartimento vulcani dell’INGV e del suo entourage, che, forti delle strumentazioni multi parametriche disseminate nell’area flegrea, ritengono di monitorare l’eventuale salita del magma in superficie, in modo da lanciare inequivocabilmente all'occorrenza l’allarme eruzione. In sintesi, la tesi dominante dell’osservatorio vesuviano, è quella che non si è in grado di prevedere quando salirà il magma, ma si è sicuramente capaci di captarne i movimenti ascendenti se questi si presenteranno. Questo spiega la ripetuta asserzione della ex direttrice Bianco che spiega: :<<… i piani di emergenza sono piani basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, conseguenza di una valutazione basata su dati scientifici>>. Questa idea datata, portò tempo fa i rappresentanti della protezione civile nazionale e regionale, a rassicurare i cittadini che mai avrebbero vissuto una condizione di fuga col fuoco alle spalle… Su questo argomento però, si registrano recentissime dichiarazioni discordanti, anche a livello del presidente INGV, che invece  ha avvertito che il magma può risalire pure nel giro di un paio di ore. Un tempo che comunque consentirebbe alla ex direttrice dell’osservatorio vesuviano, di fare qualche telefonata prima di scappare a gambe levate dalla sede INGV di via Diocleziano, insieme agli oltre 500.000 cittadini che la seguirebbero da vicino. Struttura quella dell’osservatorio, incredibilmente ubicata in via Diocleziano, in piena zona rossa, a testimonianza del tempo che si è perso…

Il piano di emergenza messo a punto dalle istituzioni competenti (dipartimento protezione civile, regione Campania e comuni) per fronteggiare il pericolo eruttivo nei Campi Flegrei, contiene delle strategie poco convincenti, in quello che ci sembra più un progetto aritmetico che operativo, che può reggersi solo sulla certezza della previsione dell’evento vulcanico: non è un caso che è nato come piano di allontanamento e non di evacuazione… D’altra parte il capo dipartimento vulcani dell’INGV, che occupa da pochi giorni pure un posto di componente della commissione grandi rischi, è stata presa in parola, magari cinicamente o convintamente da chi ha prodotto la pianificazione d’emergenza in veste di stratega designato, ben felice dell’endorsement proveniente dalla scienziata sulla previsione minima garantita a 72 ore: una misura che nessuno ha contestato.

Per meglio riflettere e a fronte di multiformi pensieri sulla pericolosità dell’area, dobbiamo ancora una volta prendere in esame le tre possibilità che possono caratterizzare l’evoluzione di questa fase di unrest vulcanico. Infatti, operativamente parlando, dobbiamo partire dal principio che possiamo andare incontro a tre condizioni, che sono anche la summa delle opinioni scientifiche sull’argomento :

 - falso allarme;

- mancato allarme;

- previsione dell’evento vulcanico in tempi utili (≥ 72 ore).

In assenza di indici probabilistici differenziati, occorre procedere con calcolo pragmatico su quello che non è deterministico. Abbiamo quindi:

 - un 33,33% di probabilità che si arrivi a un falso allarme;

 -un 33,33% che s’incappi in un mancato allarme;

 -un 33,33% che la previsione dell’evento vulcanico sia ufficializzata in tempi utili per l’evacuazione totale e ordinata della popolazione.

Il tecnico pianificatore, in realtà per fronteggiare situazioni e imprevisti, dovrebbe avere un piano d’emergenza o anche un sotto piano o anche un piano d'emergenza d'emergenza, per ognuna di queste possibilità, e non unicamente sull’ultima citata, quella da mulino bianco, come invece ha fatto la protezione civile. Avere un piano A, B e C, non significa che occorre garantire il successo in tutti i casi citati, ma almeno se non è possibile la riuscita al 100%  delle pratiche di salvaguardia, almeno si può raggiungere il risultato del minor danno possibile, in condizioni obiettivamente critiche in cui si andrebbe ad operare.

D’altra parte è di fondamentale importanza la collaborazione dei cittadini che dovrebbero adoperarsi per non lasciarsi prendere dal panico: condizione che porterebbe a disattendere qualsiasi regola civile e morale. La differenza comportamentale della popolazione ai fini dell’evacuazione, è tutta centrata sulla percezione attraverso i sensi dei prodromi pre eruttivi. La percezione o meno dei segnali di pericolo (terremoti; boati; tremori; fumarole; forte odore di zolfo; geyser) determinerebbero le reali caratteristiche del piano di emergenza, che oscillerebbe da ordinato allontanamento a caos diffuso.



Gli elementi che uno stratega dovrebbe tenere in debito conto ai fini della realizzazione di un documento validamente protettivo per la popolazione in frangenti di pericolo, sono i dati reali nel nostro caso del pericolo vulcanico (magnitudo), e il numero degli esposti al pericolo (numero abitanti).

Il campo calderico dei Campi Flegrei, per il passato e fino al 1538, è stato terra di eruzioni esplosive che hanno generato pure le temibili colate piroclastiche. Fenomeno quest’ultimo, particolarmente distruttivo, che non contempla sistemi di protezione validi, perché trattasi di una sorta di densa miscela composta da brandelli di magma, e poi liquidi e gas ad altissima temperatura (± 500°C.), che si muovono e scorrono a grande velocità.

Il secondo e non meno pericoloso fenomeno vulcanico che si materializzerebbe fin dai primi momenti dell'eruzione, anche se questa fosse moderata,  è quello della pioggia di cenere e lapillo. Materiale quest’ultimo relativamente leggero, che una volta scagliato in aria dalle dirompenze vulcaniche, diverrebbe preda dei venti dominanti, dando corpo nel brevissimo al fenomeno di ricaduta dei prodotti piroclastici. Questa pioggia incalzante, determinerebbe depositi al suolo e sui tetti di spessore pericolosamente variabile, in una misura inversamente proporzionale alla distanza dal centro eruttivo e dal peso. I danni susseguenti potrebbero essere anche molto seri, in larga misura dipendenti dalla vulnerabilità degli edifici (sprofondamento dei tetti e dei solai), e all’aperto dall’aspersione in aria della cenere: elemento dannoso alla respirazione e alle mucose, per il carattere irritante delle microparticelle silicee.

Nel nostro sistema di protezione civile, l’autorità scientifica ha determinato quella parte di territorio che potrebbe essere coinvolto dai fenomeni vulcanici più deleteri, classificandoli come zone rosse. Per poter allontanare la popolazione da queste aree a rischio, i piani di evacuazione che risultano vigenti, prevedono in prima battuta l’utilizzo di autoveicoli privati o mezzi pubblici (Bus). Ed ancora si ipotizza l’uso del treno ad alta velocità (Stazione centrale di Napoli) e le navi che attraccherebbero e ripartirebbero sempre dal porto partenopeo.

A livello comunale, in quel di Pozzuoli pare che abbiano già definito circuiti viari per l’evacuazione con autovetture private, il cui transito dovrebbe avvenire attraverso i cancelli stradali. Chi invece deve usufruire del trasporto pubblico per allontanarsi, deve rispettare criteri di priorità in favore dei quartieri maggiormente vulnerabili agli effetti sismici. Costoro dovrebbero recarsi a una certa ora concordata sulle 48 disponibili, ai punti navetta: trattasi di una fermata dove passerebbe il bus comunale che porterebbe gli astanti all’area d’attesa (hub). Dall’area d’attesa i bus regionali trasporterebbero gli utenti ivi raggruppati fino alle aree d’incontro fuori zona rossa. Dalle aree d’incontro le amministrazioni regionali gemellate garantirebbero agli esodati l’ulteriore trasbordo verso i punti di prima assistenza nelle varie regioni e province italiane…



Secondo logiche operative, un piano d’emergenza a fronte di una eruzione che potrebbe presentarsi anche in modo improvviso, deve prevedere due step: il primo è quello di mettere almeno 20 chilometri di distanza tra uomo e eruzione; in contemporanea (seconda fase) e a cura di altro personale, si procederebbe a trasportare gli evacuati fuori dalla regione Campania, per dare loro una sistemazione alloggiativa magari temporanea.

Pensare che in una condizione di prodromi pre eruttivi incalzanti si possa dare un appuntamento orario a un cittadino che deve andare alla fermata dell’autobus, magari il giorno dopo, e lì attendere la navetta è fantascientifico in un contesto di acclarato pericolo. Pensare di evacuare alla stazione di Napoli i puteolani per farli imbarcare sui treni veloci è semplicemente controproducente, tra l’altro con una rete ferroviaria che deve essere monitorata post evento sismico. Ma poi non c’è nessun bisogno di un treno veloce per mettere 20 chilometri di distanza tra gli evacuati e il vulcano. Più che la velocità infatti, serve la capienza e il numero di convogli e la loro affidabilità. D’altra parte e a proposito del puteolano, a Villa Literno si è già fuori pericolo… Prevedere il trasporto della popolazione flegrea  verso il centro di Napoli, significa che lo stratega ha obliato completamente la possibilità che si debba andar via con eruzione in corso. In questa malaugurata ipotesi infatti, si concretizzerebbe una strategia dannosa per i puteolani e per i partenopei, con questi ultimi magari interessati essi stessi da operazioni di evacuazioni, visto che i quartieri Pendino e Mercato sono in zona gialla piuttosto contigua alla zona rossa. Con eruzione in corso, presumibilmente moltissimi cittadini flegrei andrebbero, piano o non piano di evacuazione, verso nord, raggiungendo la linea di demarcazione del fiume Volturno per sentirsi al sicuro: ed è comprensibile. Quelli metropolitani-flegrei invece, dovrebbero andare verso est, magari ove possibile utilizzando proprio la rete tangenziale nell'occasione dedicata. La separazione tra puteolani e partenopei gioverebbe alla fluidità del traffico. 

Ovviamente nessuno ha la soluzione in tasca, ma puntare tutto sulla previsione d’eruzione sarebbe l’ideale solo se fosse deterministicamente accertabile e in tempi utili. Diversamente, il ministro Musumeci faccia valutare tutte le strategie possibili per ogni possibile scenario. Ai cittadini della zona rossa dei Campi Flegrei e alla politica memorabile, consigliamo di monitorare i processi edilizi relativi alla spianata di Bagnoli, le cui progettualità sono ancora in itinere. Se riverseranno in questo sito come si teme, ondate di calcestruzzo per la costruzione di palazzi di prestigio con pilastri spessi e armati e forti da sorreggere il mondo alla stregua di Atlante, si conoscerà non solo la regia, ma anche la volontà di non accreditare il rischio vulcanico tra quelli possibili nel territorio metropolitano flegreo. Stesse congetture sul litorale di Licola (Pozzuoli), dove sembra che siano in elaborazioni progettualità non a cemento zero e non a costo zero per il rischio vulcanico.

Per i cittadini costretti a vivere col rischio sismico e bradisismico, ricordiamo che la scienza riferisce che in zona rossa la crosta vulcanica è fratturata, e quindi non consente grossi accumuli di energia: i terremoti, dicono, difficilmente dovrebbero superare il 4,5/ 5 della scala Richter. Per chi vive in palazzi realmente fatiscenti, potrebbe essere allora saggio spostarsi in altra sede, forse definitivamente ma a rigor di logica necessariamente  fuori dalla zona rossa. 

Per le scuole qualche regola: sarà la percezione della classe insegnante e quindi del dirigente scolastico a stabilire la necessità di lasciare l'edificio dopo un sussulto sismico. Non si aspetta la decisione del sindaco. Non si suona la campanella. Insegnare ai bambini a proteggersi addossandosi negli angoli della classe e nei muri prossimi a questi, evitando vetrate. L'insegnante al centro della porta.  Mettersi sotto i banchi a volte e problematico per gli alunni alti e robusti. Disegnare sul muro i punti dove devono addossarsi gli studenti. Se si decide di uscire, il percorso verrà verificato dal direttore o da suo incaricato fino ai punti di raccolta. Ricordatevi che il primo gradino della sicurezza scolastica, è la buona funzionalità delle uscite di emergenza che vanno controllate ogni giorno e prima che entrino gli alunni, con apposita nota sul registro dei controlli. Uscire se necessario, proteggendosi il capo, ove possibile, con gli zaini o caschetto per chi ne è in possesso (valutare questa dotazione). Al mattino si compili con precisione l'elenco dei presenti che deve essere sempre a portata di mano delle maestre. 

                                                                 di Vincenzo Savarese
                                                             




sabato 23 settembre 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei - Col Prof. Mastrolorenzo i limiti della previsione eruttiva... di Malko

 

La Solfatara di Pozzuoli

I Campi Flegrei sono una vasta area calderica ubicata a ovest di Napoli: trattasi di un distretto classificato come sede di un super vulcano; da questo sito infatti, si potrebbero generare eruzioni di modesta intensità, ma anche con indici di esplosività notevoli, pur se quest’ultima eventualità è considerata dai matematici a bassa probabilità di accadimento. Nella fattispecie del discorso, un’eruzione pliniana viene data all'1% di probabilità per il Vesuvio e ai Campi Flegrei arriviamo al 4%...

statistica tipologia eruttiva Campi Flegrei


In seguito ad alcune riflessioni espresse dal Professor Giuseppe Mastrolorenzo su radio radicale, si è acceso sui media un dibattito sul rischio eruttivo nell’area flegrea. Secondo il famoso vulcanologo, non è possibile produrre con certezza una previsione di eruzione, così come non è possibile escludere taglie eruttive superiori agli scenari massimi prospettati (VEI4 n.d.r.), che metterebbero a dura prova la validità dei piani di emergenza. Ai meno esperti ricordiamo che il piano di emergenza vulcanica, nel caso del Vesuvio e dei Campi Flegrei, contempla un solo rischio che è quello eruttivo, con l’unica azione di tutela possibile consistente nell’evacuazione della zona rossa, cioè facendo in modo che si interponga per tempo una certa distanza tra il Pericolo vulcanico e il Valore Esposto. Quanto debba essere questa distanza, dipende dall’indice di esplosività vulcanica (VEI) assegnato all’eruzione di scenario: il piano di emergenza vulcanico allora, si condensa tutto nel piano di evacuazione. Per l’isola d’Ischia, mancano ancora gli scenari di pericolo…


La funzione schematica del piano di evacuazione. (d) dipende dall'indice di esplosività vulcanica (VEI).


La direttrice del dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), con una intervista all'ANSA a proposito dei Campi Flegrei, ha ritenuto opportuno precisare quanto segue: <<...abbiamo potenziato l’infrastruttura di monitoraggio su più parametri… è inoltre costante sia lo sforzo di migliorare la sensibilità degli strumenti, sia il grande lavoro di analisi dei dati generati dagli strumenti, e chiunque abbia la possibilità di studiare i dati, si rende conto che questi danno un quadro reale della situazione>>.

In realtà pensiamo che il quadro non può essere mai reale al cento per cento, perché ci sono chilometri di spessori di crosta insondabili, con strumenti che analizzano fenomeni di superficie ed altri in profondità attraverso prospezioni indirette. L’esempio che meglio chiarisce le cose che vogliamo dire, è che ancora oggi non siamo in grado di distinguere le origini dei terremoti nel flegreo, che prevedono cause riconducibili al magma o agli acquiferi surriscaldati o da entrambi. La discriminazione causale in questo caso sarebbe stata importante... Siamo convinti che la strumentazione multi parametrica installata in loco aiuti molto la conoscenza dei complicati processi naturali che regolano la vita di un vulcano, purtuttavia le apparecchiature ultra tecnologiche sono in grado di garantire un’istantanea precisissima e aggiornatissima dei dati geofisici e geochimici, ma fino allo stop orario corrispondente al momento del clic strumentale. Questi dati poi, presumibilmente vengono cristallizzati per procedere a un’analisi teorica dello stato di turbolenza sotterranea del vulcano, confrontando gli elementi di monitoraggio raccolti con quelli di altre aree calderiche in altre aree geografiche del mondo, che hanno avuto una storia eruttiva recente e soprattutto documentata: da qui e con la comparazione, gli esperti tenterebbero di elaborare delle previsioni comprensibilmente probabilistiche.

La responsabile del dipartimento vulcani continua:<<Sulla base di questi dati, vengono poi elaborati modelli e scenari futuri, a breve, medio e lungo termine… Nei Campi Flegrei è perciò attiva una rete di monitoraggio complessa, affiancata da un sistema di analisi avanzate, tutti elementi che insieme sono fondamentali per individuare eventuali cambiamenti e per fornire gli elementi utili alla realizzazione di scenari di pericolosità>> …Dagli scenari dipendono i piani di evacuazione: questi ultimi sono basati sugli scenari che forniamo al dipartimento della Protezione Civile…>>.

Se non si precisano in mesi e anni i termini a breve, a medio e a lungo termine, non si chiariscono molto le argomentazioni addotte. Analizzando i dati che emergono dai monitoraggi assicurati dalle strumentazioni multi parametriche e dal sistema di analisi avanzate, riteniamo che gli unici scenari utilmente ponderabili e nella migliore delle ipotesi in chiave probabilistica, sono quelli nel breve e brevissimo termine. In altre parole, quello che serve alla popolazione è l’a previsione corta dei tempi d'attesa eruzione, perché potrebbe essere quella statisticamente più attendibile per evitare un falso allarme, o una probabilità d'errore molto alta nel medio periodo.

La storia eruttiva ai Campi Flegrei dovrebbe suggerire al sindaco di Pozzuoli di inibire l’ulteriore antropizzazione della caldera, perché ogni atto di edilizia residenziale, anche in chiave di sanatoria, è una mutua assunzione di responsabilità, perché espone con atto amministrativo un cittadino, una famiglia, all’azzardo vulcanico. Le stesse osservazioni valgono per il sindaco di Napoli (leggi Bagnoli), e dagli altri sindaci flegrei che si sono presentati recentemente dal ministro Nello Musumeci a chiedere fondi, chiamando in causa la sismicità lieve e moderata dettata dal bradisismo nella zona prevalentemente puteolana. Il rischio eruttivo non lo hanno evocato tanto: lo evitano come la dea miseria (Oizys), perché non porta opulenza e non rimpingua le casse…

Per quanto riguarda gli scenari di pericolosità, legati tra l’altro alla taglia eruttiva, proprio per non doverli inseguire attraverso esercizi complessi e complesse analisi puramente teoriche, dovrebbero essere contemplati nei piani di emergenza in una misura cautelativa e non come media mediata della magnitudo d’evento. Da un punto di vista tecnico, cautelativo significa in linea di principio adottare la massima eruzione conosciuta. Diversamente è misura cautelativa anche quella che adotta la massima energia da cui oggi è possibile verosimilmente difendersi. Quindi, in un regime democratico quale il nostro, la popolazione necessariamente dovrebbe essere informata sui limiti della scienza e non sui presunti miracoli della scienza, e ancora conoscere con certezza il livello di protezione garantiti dal mondo istituzionale con annesse impossibilità. Sarebbe auspicabile che le autorità di governo del territorio, in nome di una certa deontologia politica, iniziassero anche in nome dei posteri, a organizzare il territorio con progetti finalizzati a ridurre la presenza abitativa, favorendo poi il riordino urbanistico, soprattutto in chiave di resilienza e di sicurezza di territori invadibili dagli effetti deleteri di una possibile eruzione esplosiva. 

La ex direttrice dell’osservatorio vesuviano, continua la sua intervista chiarendo… :<<… Esiste, perciò, “un sistema organizzato “, nell’ambito del quale “una variazione del livello di allerta viene concordata con la Commissione Grandi Rischi”, in questo caso per il rischio vulcanico. Questo significa che “i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, conseguenza di una valutazione basata su dati scientifici”.

Leggiamo che i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia il cambio dei livelli di allerta vulcanica basati su dati scientifici. D’altra parte ci sembra il caso di precisare che la commissione grandi rischi non concorda con terzi ma delibera in ambito assembleare interno il livello di allerta vulcanica da assegnare ai Campi Flegrei, attraverso un parere finale scritto. Il referente di vecchia e nuova nomina della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, è il Prof. Mauro Rosi, già referente del comitato tecnico scientifico del comune di Pozzuoli.  La Dottoressa Francesca Bianco è stata nominata componente della stessa commissione per l’INGV. Il livello di allerta vulcanica che caratterizza la caldera flegrea, nell’attualità è giallo: diciamo pure che è il livello più semplice da determinare e dichiarare.


La valutazione circa lo stato di unrest vulcanico, effettuata come detto dall’autorità scientifica attraverso l’analisi strumentale dei fattori geochimici e geofisici rilevati dall’osservatorio vesuviano, potrebbe fornire elementi utili per aggiornare la scala dei livelli di allerta vulcanica: anche in questo caso però, questa scala di sintesi, è di chiara matrice probabilistica. Infatti, attraverso il passaggio da un colore all’altro, si vuole indicare il progressivo acuirsi di fenomeni che, presumibilmente, potrebbero avvicinarsi a una ipotetica soglia preeruttiva ed eruttiva, ma senza alcuna certezza deterministica. Il problema è proprio questo, cioè non si conosce una soglia oltre la quale il vulcano potrebbe dirompere da una o più bocche; non c’è un pregresso ben documentato dei sintomi preeruttivi dei vulcani flegrei, atteso che l’ultima eruzione risale al 1538: un periodo dove le osservazioni erano sostanzialmente limitate al macroscopico e percepite direttamente dai sensi dagli occasionali osservatori. D’altra parte non c’è neanche una soglia fisica oltre la quale il rigonfiamento del bradisismo potrebbe sfociare in una manifestazione eruttiva o freatica. Il bradisismo, da molti inteso come fenomeno a sé stante rispetto al rischio eruttivo, non ha una scala autonoma di pericolosità che accompagni il fenomeno nella sua ascesa o discesa. Il danno statico dettabile dalla micro sismicità in genere è lieve fuori da momenti preeruttivi e eruttivi; con l’attuale equidistanza delle isoipse e la velocità d’innalzamento del terreno, non dovrebbero esserci per il momento complicazioni per l’edificato esistente, soprattutto se non sono edifici di vecchia fattura e mal manutenuti. Una forte e improvvisa accelerazione dei suoli in ascesa, potrebbe far aumentare la pericolosità dell’area non solo dal punto di vista sismico e bradisismico, ma anche e soprattutto vulcanico eruttivo magmatico o freatico.

Per poter passare da un livello di allerta all’altro, sia in forma anterograda che retrograda, non esistono tempi di attesa predefiniti. Se esistessero (e una volta esistevano), avremmo la previsione d’eruzione. In realtà non ci sono neanche valori minimi predefiniti, al cui raggiungimento sarebbe possibile dichiarare lo stato di preallarme o allarme scientifico. Allora lo stato di preallarme o allarme, sono condizioni conclusive a cui pervengono i componenti della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, dopo colloqui e disanima dei dati di monitoraggio e consulenze assicurate dai cosiddetti centri di competenza. Bisogna anche contemplare il possibile salto di allerta da attenzione ad allarme...

livelli di allerta vulcanica


Deve essere anche chiaro che non c’è un automatismo per il quale alla dichiarazione dello stato di preallarme scientifico (livelli), corrisponda immediatamente la fase di preallarme civile (fase). Alla dichiarazione dello stato di preallarme scientifico infatti, dovrà corrispondere una decisione del presidente del consiglio che vaglierà la situazione da tutti i punti di vista prima di dichiarare lo stato di preallarme generalizzato. In linea di principio, anche se venisse sancito a cura della commissione grandi rischi il preallarme, in assenza di una decisione governativa si permarrebbe, nel caso del flegreo, ancora in una condizione di attenzione.

fasi operative


Approfittando della cortese disponibilità del Prof. Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’INGV, gli rivolgiamo alcune domande che l'esperto ci ha anticipato che per tempo saranno trattate in modo necessariamente sintetico: Professor Mastrolorenzo, dal flegreo segnale di prossima eruzione

Purtroppo non lo sappiamo, in quanto, eccetto le generiche informazioni riportate nelle cronache storiche sull'eruzione di Monte Nuovo del 1538, non abbiamo alcuna esperienza su come si preannuncia un'eruzione nei Campi Flegrei, e solo qualche debole esperienza ci perviene da eruzioni da caldere in altre aree del pianeta. Ma ogni sistema ha caratteristiche singolari, ed è molto azzardata la comparazione tra aree vulcaniche diverse.

È possibile ritenere che, con strumentazioni sofisticate, sia possibile prevedere eruzioni vulcaniche e conoscere in anticipo la taglia eruttiva?

I limiti nella prevedibilità di una eruzione non sono semplicemente tecnologici, e quindi non possono essere superati semplicemente dal miglioramento delle tecnologie di monitoraggio. Il sistema vulcanico è un sistema complesso con moltissime variabili, tra loro interconnesse, che solo in parte riusciamo a seguire e con relazioni tra loro scarsamente conosciute. In tale sistema, anche la minima variazione di un parametro, magari non rilevabile, può innescare l'eruzione. Di fatto, per la fisica i sistemi complessi sono intrinsecamente imprevedibili, ma al più possono essere descritti nella loro evoluzione attraverso l'osservazione.

Come spesso dico, anche il più avanzato dei sistemi di monitoraggio, può rivelarci le modificazioni dei parametri monitorati fino a una frazione di secondo fa, ma non può consentirci di prevedere quello che avverrà nella prossima frazione di secondo, né quanto siamo prossimi a condizioni critiche del sistema che possono portare ad una eruzione.

L'illusione che non va indotta nella popolazione, è quella che il monitoraggio vulcanico, sia anche lontanamente confrontabile con quello meteorologico, che ci consente di prevedere come sarà il tempo nei prossimi giorni con ragionevole affidabilità. Nel caso del sistema vulcanico, oltre i dati rilevati, si entra nel complesso ambito delle interpretazioni, attraverso modelli e ipotesi, spesso tra loro contrastanti. In linea di massima quello che possono rilevare le strumentazioni sono variazioni drastiche dei parametri monitorati, primi tra tutti, sismicità, deformazioni del suolo e variazione di composizione e flusso di gas alle fumarole. Purtroppo, per i Campi Flegrei, anche eventuali drastiche modificazioni non necessariamente indicano l'imminenza di una eruzione, ma trasferiscono la decisione in merito a valutazioni su base di modelli e soprattutto a scelte politiche in merito alla minimizzazione dei rischi, magari anche assumendosi l'onere di falsi allarmi. La realtà è che non essendo note soglie critiche per il passaggio dallo stato non eruttivo a quello eruttivo, la valutazione sulla possibile imminenza di una eruzione può essere solo basata su valutazioni personali degli scienziati membri della Commissione Grandi Rischi.

Gli strumenti multi parametrici consentono di prevedere una eruzione freatica?

Sulla prevedibilità delle esplosioni freatiche, c'è davvero pochissima esperienza.

È probabile che l'esplosione sia preceduta da modesta deformazione della superficie e/o intensificazione di emissione di fluidi, con modeste manifestazioni di micro sismicità, ma in generale, le esplosioni freatiche sono processi apparentemente improvvisi, dovuti alla più o meno rapida pressurizzazione di fluidi in diversi contesti che comprendono aree geotermiche, condotti vulcanici, in assenza di magma, o zone di contatto fra intrusioni magmatiche e rocce  fratturate e porose più o meno sature di fluidi.

 A quanti chilometri nel sottosuolo c’è il famoso "lago di magma"?

Gli studi condotti da me e da altri colleghi su base magmatologica e petrografica, indicano la presenza di un possibile esteso sill (strato orizzontale di magma), con tetto intorno ai 7 chilometri di profondità. Questa evidenza è in buon accordo con gli studi di tomografia sismica condotti nell'area.

È opportuno precisare che una possibile eruzione non implica la risalita in massa del magma verso la superficie, ma il collegamento fra il magma profondo e la superficie, attraverso un condotto che, almeno nelle fasi iniziali, consisterebbe in una frattura nella crosta della larghezza di pochi metri difficilmente rilevabile dalla superficie. Tale frattura potrebbe non produrre deformazioni significative e la cui sismicità potrebbe essere associata, almeno nei primi momenti, a un'ordinaria fase bradisismica. Solo successivamente questa frattura si evolverebbe in un condotto eruttivo della larghezza di qualche decina di metri.

Nei Campi Flegrei vige il rischio sismico, bradisismico ed eruttivo: quale dobbiamo maggiormente temere?

Certamente il rischio vulcanico è quello più temibile nei Campi Flegrei, e infatti proprio su tale rischio è stato formulato il piano di emergenza nazionale. I Campi Flegrei sono senz'altro l'area vulcanica a più alto rischio al mondo per la possibilità che si possano verificare eruzioni esplosive anche di grande portata in un ambito ad elevatissima urbanizzazione all'interno della caldera, e in una estesa area intorno alla zona di possibile apertura di bocche eruttive. Benché sussista un rischio sismico associato alle crisi bradisismiche, la magnitudo massima attesa è modesta per l'impossibilità del sottosuolo di accumulare elevati livelli di stress, contrariamente a quanto avviene, ad esempio, nella dorsale appenninica. È evidente comunque che scosse della massima magnitudo attesa, verosimilmente di poco superiore al 4 grado Richter, data la bassa profondità ipocentrale possano causare danneggiamento maggiori nell'area epicentrale.

Una evacuazione con eruzione in corso è pura fantascienza o bisogna contemplarla come realpolitik emergenziale?

Nella storia delle comunità residenti in aree vulcaniche attive, l'evacuazione in corso di eruzione è stata la norma, basta pensare a Pompei, dove nell'eruzione pliniana del 79 d.C. pur non sapendo di vivere su un vulcano attivo e pericoloso, riuscì a salvarsi verosimilmente tra l'80 e il 90 ٪ della popolazione residente.

L'eruzione non è un disastro "istantaneo " come un'esplosione nucleare, ma un processo progressivo nel quale, in generale, almeno nelle prime ore, è possibile spostarsi verso zone sicure, in presenza di adeguate vie di fuga e di rapide decisioni operative.

Di fatto, quella dell'evacuazione in corso di eruzione è una eventualità grave, ma assolutamente da contemplare, a causa della possibilità di un mancato allarme, derivante dalla comprensibile sottovalutazione di precursori di modesta entità, o per processi profondi, purtroppo poco rilevabili. Per un'eventuale evacuazione in corso di eruzione, è necessaria la presenza di adeguate via di fuga, sistemi di allertamento, esercitazioni estese a tutta la collettività e informazione continua e dettagliate e aggiornate sui percorsi.

I piani di evacuazione basati sull’idea di una mutazione dei livelli di allerta vulcanica dichiarabili dalla commissione grandi rischi, hanno una loro gradualità che garantisce il preallarme prima dell’eruzione?

L'ipotesi della gradualità del processo di evoluzione da uno stato pre-eruttivo ad uno eruttivo, è senz'altro ragionevole. Restano imprevedibili però, per quanto già detto sui sistemi complessi, i tempi e le modalità di transizione tra i diversi stati. Particolarmente, per una caldera come quella dei Campi Flegrei, nella quale l'esteso sistema idrotermale che costituisce gli ultimi chilometri più superficiali, per certi versi amplifica e per altri maschera la dinamica più profonda.

Di fatto, differentemente dal passaggio al livello giallo, quelli a livello arancione e a livello rosso, proprio per le scarse conoscenze sul sistema vulcanico, non sono basati su soglie ben definite, e saranno decisi sulla base di valutazioni da parte della Commissione Grandi Rischi sulla base dei dati di monitoraggio, e quindi, su un processo di interpretazione basato sulle conoscenze individuali dei singoli membri, su un processo di fatto mai osservato prima e solo qualitativamente comparabile con le scarse esperienze di eruzioni in caldere monitorate, avvenute in altre aree mondiali 

Nel concludere questo articolo ringraziamo il Professor Giuseppe Mastrolorenzo per la disponibilità assicurataci.

Difficilmente ai cittadini di quest’area possono pervenire messaggi di rassicurazione o di allarme perché non ci sono elementi per acclarare una delle due condizioni. Rubando qualcosa all’emergenza covid, probabilmente bisogna mantenere uno stato di vigile attesa nei momenti topici, avendo ben presente il fatto che i problemi di sicurezza, e quelli operativi e preventivi non si possono risolvere affrontandoli quando il problema o il pericolo si presenta… Certamente non ci si abitua ai sommovimenti sismici, soprattutto perché non si capisce quale piega possono prendere. Neanche la storia pregressa dei Campi Flegrei ci viene in aiuto, perché ci sono state manifestazioni inquadrabili come preeruttive poi scemate, ed altre come quelle del 1538 concretizzatesi con l’eruzione di Monte Nuovo. L’unica certezza che abbiamo è che sono 485 anni che non si verificano eruzioni. Il dato però, anche in questo caso, può essere incoraggiante o scoraggiante…

I piani di evacuazione fin qui elaborati per il rischio eruttivo ai Campi Flegrei, sembrano aritmetici, con un'efficacia difficilmente dimostrabile, soprattutto perché gli strateghi pensano di contare su un’ampia fase di preallarme con buona parte della popolazione che andrebbe via ordinatamente alleggerendo numericamente l'esodo finale. Non è da escludere questa possibilità così come non v'è certezza che tale risultato sia conseguibile...Come ha detto la responsabile del dipartimento vulcani, i piani di emergenza sono basati sull’idea che ci sia un cambio di livello di allerta prima dell’eruzione, da sancire attraverso valutazioni scientifiche. Il nostro pensiero allora torna indietro al 21 agosto 2017, quando col terremoto di Ischia, tra l’altro escluso pochi mesi prima proprio dal mondo scientifico, furono necessarie 96 ore per individuare l’ipocentro esatto del terremoto, con grande ira del fu presidente Boschi che l'ipocentro l'aveva calcolato subito e a mano… il piano di evacuazione del flegreo, è appena il caso di ricordarlo, è tarato su 72 ore.

                                                                di Vincenzo Savarese