Translate

Visualizzazione post con etichetta rischio vulcanico. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta rischio vulcanico. Mostra tutti i post

martedì 15 febbraio 2022

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: la probabilità eruttiva... di Malko

 



La direttiva del presidente del consiglio dei ministri pubblicata in gazzetta il 12/02/2021, tratta anche il fondamentale argomento ad oggetto l’allertamento delle popolazioni in caso di pericolo. In questo documento si paventa la possibilità di inaugurare quanto prima e dopo un periodo di prova, un sistema di allarme pubblico con tecnologia Cell broadcast, che consentirebbe di far giungere su smartphone e tablet, un messaggio di allerta zonale. L’anonimo destinatario allertato, dovrebbe mettere in atto tutte le misure di autoprotezione presumibilmente già contenute in dettagliati piani di emergenza comunali, ad oggetto uno o più rischi con cui sta convivendo.

In questa direttiva anticipatrice di tecnologia e nuove linee guida, c’è anche un passaggio che va oltre la semplice raccomandazione, e riguarda la necessità, a proposito delle emergenze, di chiarire i limiti scientifici delle previsioni probabilistiche. E poi evidenziare semmai sussistessero le condizioni, i dubbi relativi alla indisponibilità di dati o di misure precise per quantificare e qualificare il pericolo. Non ultimo occorrerà valutare pure le incertezze statistiche e strumentali che bisognerà aggiungere eventualmente ai possibili errori derivanti dall’imprescindibile discrezionalità umana, in quelle che possono essere le valutazioni e le decisioni che si comunicherebbero alle popolazioni, a fronte di un pericolo potenziale, immanente o manifesto.

Anche sul sito web della protezione civile nazionale a proposito del rischio eruttivo è scritto che:<< è bene ricordare che le previsioni di tipo probabilistico, non sono sempre possibili e non per ogni tipologia di fenomeno. Inoltre, queste previsioni sono fortemente condizionate dalla disponibilità di adeguate e numerose serie storiche di osservazioni collegabili all’effettivo verificarsi di eventi. Applicazioni di tipo probabilistico sono possibili solo per alcune fenomenologie che caratterizzano i vulcani attivi in forma permanente, ad esempio l’Etna e lo Stromboli>>.

Che ci sia un’esigenza di fare chiarezza sulle prerogative decisorie della scienza e della tecnica, ci sembra una necessità scaturita all’indomani degli opinabili pronunciamenti della commissione grandi rischi, che nel 2009 ebbe a sottovalutare gli indizi di pericolosità sismica nell’aquilano. Infatti, una settimana dopo il raffazzonato consesso rassicuratorio degli esperti, inviati in loco più per zittire che per chiarire, il terremoto si presentò implacabile (6 aprile 2009) col suo carico di morti.

Nella direttiva richiamata all’inizio sugli allarmi da indirizzare alle popolazioni, viene sottolineata pure la necessità, ai fini della trasparenza, di conservare i documenti da cui si possa evincere il contesto in cui si è operato, ancorché il modus pensandi et operandi che ha determinato quelle scelte che hanno poi acceso le procedure di allarme pubblico. In altre parole, chi assume delle decisioni importanti per la collettività, ne deve dare meticolosamente conto. Il problema tutto italiano è quello che siamo pronti ad infervorarci e puntare il dito sulle défaillance operative, ma poco o niente ci interessa delle omissioni, in alcuni casi eclatanti, ad oggetto la mancata prevenzione delle catastrofi. La prevenzione non è amata dagli amministratori perché per sua natura non produce visibilità e voti...

Comunicare e ancora comunicare la conoscenza e lo stato dell’arte, è dichiarato come dogma dal coordinatore della commissione grandi rischi per il rischio vulcanico, Prof. Francesco Dellino. Il Luminare in un’intervista (gennaio/2021), ebbe a lanciare un accorato appello affinché con umiltà si comunichi moltissimo e a tutti i livelli, da quelli politici alla popolazione, senza nascondere quello che ancora non si conosce. Premessa diremmo importante e democratica, anche se poi l’accademico delude un poco, ma magari è la prassi, quando precisa che egli opera in contesti dove si accendono discussioni a porte aperte seguite poi da discussioni a porte chiuse. La commissione grandi rischi, conclude, comunica con i verbali che contengono le decisioni finali da comunicare all’esterno.

La commissione grandi rischi (CGR), ebbe a sancire proprio con un verbale, che la linea nera Gurioli rappresentava coerentemente i limiti d’invasione dei flussi piroclastici nel vesuviano, per eventi eruttivi sub pliniani (VEI4): tipologia eruttiva quest’ultima, che la stessa commissione aveva classificato come eruzione massima attesa nel breve - medio termine.

La delimitazione scientifica della zona rossa Vesuvio quindi, con i successivi ampliamenti e distinguo e incongruenze di taglio amministrativo made in Regione Campania, è quella tuttora vigente. Le eruzioni pliniane non sono entrate in nessun onere previsionale, letteralmente sparite dall'orizzonte del possibile, perché secondo la probabilità statistica INGV, condivisa dalla CGR, gli eventi VEI5 sono stati classificati improponibili nel computo degli accadimenti possibili al Vesuvio, e da oggi in saecula saeculorum...

In un consesso tenutosi il 10 aprile 2019 presso le strutture della regione Campania, avemmo a proporre alle massime autorità scientifiche e dipartimentali (DPC) settore emergenze, un invito a varare regole per il riordino territoriale nel vesuviano, in ossequio ai principi di prevenzione delle catastrofi. Questa necessità doveva trovare input nella semplice riflessione che, con l’avanzare del tempo secolare, il rischio che un’eruzione del Vesuvio potesse assumere tipologia sempre più potente e invadente, doveva essere tenuta in debito conto dalle autorità comunali e regionali nella pianificazione degli assetti urbanistici nel vesuviano e dintorni. Intervenire oggi per rendere sicuro il domani, doveva essere un atto di prevenzione moralmente dovuto ai posteri, perché col passare del tempo il rischio di una pliniana non potrà più sottacersi. Nella malaugurata ipotesi che tale possente evento dovesse materializzarsi, pure i residenti ubicati oltre l’attuale zona rossa verrebbero travolti dagli effetti deleteri di una eruzione esplosiva. 

Nel contesto urbanistico contiguo alla zona rossa, nella figura sottostante rappresentato come corona circolare di colore arancio, la densità abitativa è in aumento, perché i primi chilometri a ridosso della zona rossa, vengono ritenuti incautamente sicurissimi. Si tenga presente che la legge 21/2003 non consente nella zona rossa 1 la realizzazione di opere residenziali, quindi l'offerta di alloggi, proviene dalla zona rossa 2 e da quella appunto arancio. Col passare dei decenni questi due settori "ammorseranno" con l'edilizia abitativa la zona rossa1, a tutto svantaggio della politica degli spazi e delle prassi evacuative.   


Nel dibattito conseguente la taglia eruttiva futuribile, la direttrice dell'osservatorio vesuviano affermò che da nessuna parte è scritto che il passare dei secoli possa incidere sull’indice di esplosività vulcanica (VEI). Continuando, l’accademica precisò che l’eruzione di scenario (VEI4) sub pliniana, presa ad esame per la determinazione della zona rossa Vesuvio, può essere diversamente rivalutata al rialzo, solo se le ricerche scientifiche che si svilupperanno in futuro porteranno a conclusioni revisioniste. Il trascorrere del tempo (ultrasecolare), secondo l’esperta è da considerarsi ininfluente sulla qualificazione della futura taglia eruttiva…

Avemmo a precisare alla dirigente, che la teoria dell’intensità eruttiva assolutamente slegata dai tempi di quiescenza, imponeva un urgente aggiornamento della letteratura scientifica vulcanologica esistente, visto che nei libri si recita esattamente il contrario. In questa tavola rotonda erano presenti e silenti pure il direttore operativo per il coordinamento delle emergenze del dipartimento della protezione civile nazionale (DPC), e il dirigente coordinatore per le attività di protezione civile della Regione Campania.  

Alla base di una siffatta teoria rivoluzionaria sulla tempistica millenaria delle dinamiche vulcaniche pliniane, forse c'è il lavoro scientifico pubblicato su Science Advances - 12 gennaio 2022, Vol. 8, Numero 2: opera intellettuale di alcuni ricercatori svizzeri e italiani, finanziati dal politecnico di Zurigo. Nel merito, il 25 gennaio 2022 il giornale il Mattino ebbe a lanciare questo titolo: «Vesuvio, la prossima eruzione devastante tra mille anni». Alcuni ricercatori come Francesca Forni, al riguardo ebbe a precisare:<<Sulla base del comportamento del Vesuvio osservato attraverso l’occhio dei granati durante gli ultimi circa 9 mila anni di attività, ipotizziamo che una futura eruzione Pliniana o sub-Pliniana che coinvolge magmi fonolitici, necessiterebbe di almeno un migliaio di anni di quiescenza>>.

Sul giornale della protezione Civile.it del 26 gennaio 2022 viene fornito qualche chiarimento in più su questo argomento con un articolo intitolato: Il Vesuvio si sta facendo una lunga siesta? Al ricercatore italiano che ha partecipato al lavoro scientifico, Dott. Sulpizio dell’università di Bari, è stato chiesto a cosa hanno portato di concreto le ricerche sulla datazione dei granati:<<Visto che l’ultima grande eruzione del Vesuvio potrebbe essere quella del 472 d.C. o del 1631, quello che ci aspettiamo è che per avere una ricarica di questo tipo e quindi un’eruzione di grande volume e intensità devono passare almeno 1000/1500 anni. Quello che non diciamo è che lo stesso valga per le eruzioni di dimensioni inferiori, come ad esempio quella del 1944 è di un ordine di grandezza inferiore a quelle di cui stiamo parlando". C'è stata l’interpretazione sbagliata che alcuni hanno dato della nostra ricerca. Noi ci riferiamo alle eruzioni pliniane, su quelle minori non possiamo affermare nulla. E anche per quelle più grandi non diciamo che non possa avvenire prima un’eruzione, ma che se estrapoliamo il dato del passato sembrerebbe che abbiamo ancora tempo prima che avvenga una forte eruzione del Vesuvio".

Da un punto di vista tecnico e mediatico, se questa teoria della eruzione pliniana che fiorisce a ritmi più che millenari dovesse consolidarsi, diverse generazioni di napoletani che risiedono e risiederanno fuori dalla zona rossa, ovvero arancio nel disegno sopra, potranno tirare un grosso sospiro di sollievo anche per i mutui bancari accesi. 

In questo ragionamento complessivo sugli eventi naturali particolarmente energetici, qualche tempo fa pure l’ex assessore regionale della Campania per la protezione civile, profferì che non bisogna pianificare avendo come visione gli eventi peggiori, altrimenti per le alluvioni dovremmo valutare il diluvio universale, e sarebbe un problema per tutti quelli che non si chiamano Noè. In verità a noi risulta che il diluvio universale sia stato un evento mitologico, e in ogni caso e alla stregua, sono un problema pure le eruzioni vulcaniche per tutti quelli che non si chiamano Efesto…

Premesso che circa tre milioni di abitanti vivono affastellati a tre distretti vulcanici ubicati nella sola area metropolitana di Napoli, i calcoli statistici legati alla probabilità di eruzione andrebbero fatti magari pure su lunghi periodi di quiescenza, ma inevitabilmente su tre vulcani. Allora tutto ciò che riguarda la vulcanologia, acquista nel napoletano una valenza operativa e mediatica di tutto rispetto per le inevitabili ricadute che tali argomenti potrebbero avere sulla sicurezza dei cittadini. Nell’attualità i partenopei sono accompagnati da una quiescenza di 720 anni per Ischia, 484 per i Campi Flegrei e 78 anni per il Vesuvio. 


A dirla tutta e scientificamente parlando, lo stato dell’arte a  proposito del Vesuvio e dei Campi Flegrei è così riassumibile: con buona probabilità prevedono di prevedere 72 ore prima l’insorgenza delle dirompenze vulcaniche: tecnicamente parlando, la incognita probabilistica si raddoppia…



giovedì 22 febbraio 2018

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: il rischio vulcanico... di MalKo





Il rischio vulcanico è la possibilità potenziale in un arco di tempo probabilistico ma non deterministico, che possa manifestarsi un’eruzione capace di dare origine a fenomeni magari molto energetici e violenti e incontenibili che possano in una certa misura investire e danneggiare i valori esposti all’eruzione. Questi ultimi sono innanzitutto rappresentati dalla vita umana e poi da tutti i beni materiali che si trovano nel raggio d’azione del vulcano. Tale tipologia di rischio non esclude possibili ripercussioni anche sull’ambiente e sul clima.

Il rischio vulcanico dipende dall’ubicazione geografica del vulcano e dal tipo di eruzione da attendersi e che generalmente è possibile stimare analizzando la storia geologica dell’apparato in questione. Alcuni vulcani si caratterizzano per un'attività prevalentemente effusiva. Altri ancora potrebbero rompere la quiescenza con uno stile esplosivo, così come in altri casi l'attività vulcanica potrebbe avere un indirizzo intermedio tra l'effusivo e l'esplosivo (misto). I più pericolosi probabilmente sono quelli che nella loro storia eruttiva hanno prodotto imprevedibilmente tutti i tipi di eruzione, rimanendo così intatta la necessità della doppia previsione, cioè quando accadrà l’evento e con quale energia.

Le fenomenologie vulcaniche generalmente hanno una virulenza legata all’intensità eruttiva (VEI), con fenomeni energetici che si manifesterebbero con una diversa velocità di propagazione, e che andrebbero ad investire un territorio tecnicamente indicato come zona rossa.

Una lava ad esempio, pur essendo sostanzialmente inarrestabile, è poco pericolosa per la vita umana perché ha un incedere molto lento. I roventi flussi piroclastici invece, hanno una tale velocità di propagazione da essere annoverati tra i fenomeni vulcanici quelli più pericolosi in assoluto.

Nel concetto di rischio vulcanico ci sembra che ad occupare un posto di assoluta rilevanza sia la città di Napoli. Infatti, non ce ne sono moltissime di metropoli nel mondo, dove prendendo la classica ferrovia metropolitana si può passare da un distretto vulcanico all’altro, ovvero da una zona rossa come quella del super vulcano dei Campi Flegrei a un’altra famosissima zona rossa, non meno importante e pericolosa come quella che caratterizza il comprensorio dominato dal mitico Vesuvio. Da vulcano a super vulcano insomma, e viceversa…

La metro di Napoli per assicurare questo collegamento dal flegreo al vesuviano, attraversa in trentacinque minuti una tratta che si snoda in superficie e nel sottosuolo, in un territorio nelle cui profondità chilometriche si estende una unica ed enorme camera magmatica

Il metrò passa in gallerie o trincee che costeggiano estesi banchi di tufo giallo che rappresentano l’ossatura del sottosuolo napoletano prevalentemente di origine vulcanica. Un prodotto lapideo il tufo, generato circa 15.000 anni fa dall’attività esplosiva dei Campi Flegrei, che emisero colate piroclastiche trasformatesi in depositi sciolti poi diagenizzati, che hanno favorito col tempo la litificazione dei materiali. Questi prodotti litoidi sono stati carpiti a piene mani in tutte le epoche storiche per fini edilizi, così come i banchi di tufo sono stati spesso sottoposti a perforazioni ed estrazioni per realizzare cisterne e acquedotti.

Napoli: sottosuolo. Cavità tufacea adibita a cisterna. Si noti l'intonaco di base impermeabilizzante
Nel tufo giallo sferraglia quindi la metropolitana di Napoli, fino a raggiungere il grigio scuro dei lapilli e del basalto vesuviano: un percorso tutto vulcanico al modico prezzo di 1,30 euro… Il metrò comprende nella sua corsa anche una fermata a ridosso di via Diocleziano dove ha sede l’Osservatorio Vesuviano. Per ubicazione quindi, In caso di allarme vulcanico anche i vulcanologi e i tecnici dell’INGV dovranno lasciare la zona rossa flegrea per riparare altrove.
Boscotrecase - Blu Marlin - una colata basaltica  penetrò in questo casolare poi restaurato
Non si capisce la filosofia se non la strategia utilizzata per posizionare la struttura scientifica di sorveglianza (Osservatorio Vesuviano), in piena zona rossa flegrea. Intanto e alla stregua, ad est di Napoli nel vesuviano, si è realizzato l’Ospedale del Mare. Trattasi del più importante nosocomio del sud Italia che dovrà essere anch’esso evacuato qualora dovessero presentarsi le condizioni di preallarme vulcanico. In tal caso costituendo zavorra operativa piuttosto che risorsa strategica in frangenti emergenziali.

Non si capisce neanche a quale genere di prevenzione appartenga la preveggenza politica e scientifica appena descritta, che già negli anni ’80 e in seguito ai fenomeni bradisismici, favorì lo spostamento di parte della popolazione da Pozzuoli a… Monteruscello, cioè dalla zona centrale dell’abitato a quella periferica: in altre parole da zona rossa a zona rossa.

I Campi Flegrei dal 2012, stanno attraversando un periodo di irrequietezza che ha fatto innalzare il livello di allerta vulcanica da base ad attenzione. D’altra parte trattandosi di una zona dove permane una quiescenza quantificabile in circa mezzo millennio, non si può escludere una certa ricarica del sistema magmatico utile per qualsiasi colpo eruttivo. La blanda eruzione del Monte Nuovo nel 1538, avvenne dopo una quiescenza di 3000 anni. Un evento che forse difficilmente avrà riportato le condizioni di volumi e pressioni nella camera magmatica ai valori preesistenti tre millenni prima. La logica porterebbe quindi a ritenere l’evento del 1538 come un episodio di cedevolezza puntiforme rispetto a un bacino magmatico forse molto più esteso e sanguigno.

Nel flegreo intanto si registra una moderata fenomenologia di innalzamento dei suoli (bradisismo), dovuta forse agli effetti del calore sugli acquiferi dettati da intrusioni magmatiche insinuatesi fino a tre chilometri dalla superficie. In un trattato degli anni '60, alcuni scienziati già sancirono che nei Campi Flegrei c'era stata una corposa intrusione dalla notevole incidenza verticale...

A ridosso del vulcano Solfatara in località Pisciarelli, sono intanto aumentate pure le emanazioni gassose di anidride carbonica che hanno raggiunto la cifra record di 3000 tonnellate al giorno. Anche la temperatura delle fumarole ha toccato picchi massimi di tutto rilievo. E poi una certa attività sismica a tutt’oggi persiste anche a livello di sciami, con  la popolazione che non sempre avverte i moderati sussulti. 

Una caldera quella flegrea, così estesa da determinare una serie di problemi in ordine sia alla previsione utile del fenomeno eruttivo, sia alla bocca eruttiva che potrebbe non essere l’unica ad attivarsi nel recinto calderico.

Recentemente il mondo scientifico è diventato prudente a proposito della certezza del preavviso eruttivo, tant’è che l’ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano il Dott. Giuseppe De Natale, ha sottolineato che gestire un’emergenza nel flegreo è problematico, perché gli aspetti geologici da valutare sono tanti e particolarmente complessi al punto da poter richiedere tempi di responso sul pericolo, superiori alle necessità operative di tutela delle popolazioni. Nulla da obiettare...

Dall'altro lato invece, il Vesuvio pare sonnecchi con una certa tranquillità: l’allarme più rilevante si ebbe il 9 ottobre del 1999, per una scossa di terremoto con una magnitudo 3,6 (Md), localizzata nell’area craterica del Vesuvio a 3,8 chilometri di profondità.

L’evento fu chiaramente avvertito dalla popolazione vesuviana che rimase sgomenta, non solo per la diretta percezione dei sussulti, ma soprattutto perché l’energia proveniva dal ventre del temuto monte. L'11 ottobre alle 4.35 ci fu una replica sismica da M 2.9 della scala Richter...

In seguito a questa spallata sismica, non furono poche le persone che si allontanarono prudenzialmente dall’area vesuviana. In quel periodo ricordiamo che ci fu una diatriba scientifica fra l’ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano Giuseppe Luongo e la direttrice Lucia Civetta. Il primo ribadiva la necessità di dichiarare lo stato di attenzione vulcanica. La seconda tirava ad aspettare per decidere... Si finì a querele presso la procura della repubblica di Torre Annunziata. Trattandosi dell’evento sismico più potente dal 1944, qualche precauzione era forse più che giustificabile. La faccenda alla fine ebbe un risvolto salomonico: de facto si passò allo stato di attenzione vulcanica, ma senza dichiararla…

I recenti comunicati rilasciati dal dipartimento della protezione civile hanno fatto sapere molto garbatamente che per ogni vulcano il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o improvvise dell’attività, anche del tutto impreviste. 

Certamente in una condizione sociale dove persistono problematiche di ogni tipo, il rischio vulcanico a torto o a ragione in assenza di segnali percepibili di allarme non rientra nelle immediate attenzioni della popolazione esposta: figuriamoci nelle altre frange ubicate altrove. Ce ne rendiamo perfettamente conto...

Mentre possiamo trovare soluzioni alle nostre necessità giornaliere, il rischio vulcanico intanto non declasserà mai, se non in tempi geologici ma non per scomparire ma per ripresentarsi altrove. Come sapete, nonostante per il futuro si faranno passi in avanti nelle tecniche di previsione dell’evento eruttivo, bisogna cogliere il dato che la natura non ha pietà per alcuno, perchè non deve averne, e i suoi meccanismi energetici sono una incessante macchina da riciclo per garantire ovunque e comunque la vita sul Pianeta. C'è da chiedersi: per l'uomo o senza l'uomo?

L’inestricabile connubio tra uomo e vulcano nel napoletano, ha assunto valori di ineluttabilità e senza farci tante illusioni, piani di prevenzione non ce ne sono, ma in ogni caso difficilmente si riuscirebbero ad attuare, perché la percezione ingannevole non lascia intravedere e soppesare la reale pericolosità di vivere a ridosso di vulcani esplosivi.

L’unico strumento che oggi abbiamo per difenderci dalle eruzioni, è un ragionato piano di evacuazione. Un piano che serve ad azzerare il valore esposto prima che il fuoco magmatico irrompa in superficie. Forse con qualche legge che inibisca l’incremento abitativo in zona rossa insieme al varo e alla costruzione di qualche carreggiata dedicata all’evacuazione, si potrebbe tentare di migliorare all'occorrenza la gestione della fuga dal vulcano. Purtroppo cattura più attenzione il dibattito sul condono edilizio.

Uno dei principali temi su cui dover riflettere, è che l’intera organizzazione dell’evacuazione si basa su un semplice quanto enigmatico presupposto tutto sbilanciato sulla previsione della previsione dell’evento eruttivo…cioè della serie prevediamo di prevedere l'eruzione un certo tempo prima. Statisticamente non è confortante...

La situazione più drammatica che potrebbe prefigurarsi un domani? Il varo dello stato di attenzione anche per il Vesuvio: per Napoli sarebbe un thriller alla Hitchcock.