La direttiva del presidente del consiglio dei ministri pubblicata in gazzetta il 12/02/2021, tratta anche il fondamentale argomento ad oggetto l’allertamento delle popolazioni in caso di pericolo. In questo documento si paventa la possibilità di inaugurare quanto prima e dopo un periodo di prova, un sistema di allarme pubblico con tecnologia Cell broadcast, che consentirebbe di far giungere su smartphone e tablet, un messaggio di allerta zonale. L’anonimo destinatario allertato, dovrebbe mettere in atto tutte le misure di autoprotezione presumibilmente già contenute in dettagliati piani di emergenza comunali, ad oggetto uno o più rischi con cui sta convivendo.
In questa direttiva anticipatrice di tecnologia e nuove
linee guida, c’è anche un passaggio che va oltre la semplice raccomandazione, e
riguarda la necessità, a proposito delle emergenze, di chiarire i limiti
scientifici delle previsioni probabilistiche. E poi evidenziare
semmai sussistessero le condizioni, i dubbi relativi alla indisponibilità di
dati o di misure precise per quantificare e qualificare il pericolo. Non ultimo
occorrerà valutare pure le incertezze statistiche e strumentali che bisognerà
aggiungere eventualmente ai possibili errori derivanti dall’imprescindibile discrezionalità
umana, in quelle che possono essere le valutazioni e le decisioni che si
comunicherebbero alle popolazioni, a fronte di un pericolo potenziale,
immanente o manifesto.
Anche sul sito web della protezione civile nazionale a
proposito del rischio eruttivo è scritto che:<< è bene ricordare
che le previsioni di tipo probabilistico, non sono sempre possibili
e non per ogni tipologia di fenomeno. Inoltre, queste previsioni sono
fortemente condizionate dalla disponibilità di adeguate e numerose serie storiche
di osservazioni collegabili all’effettivo verificarsi di eventi. Applicazioni
di tipo probabilistico sono possibili solo per alcune fenomenologie che
caratterizzano i vulcani attivi in forma permanente, ad esempio l’Etna e lo
Stromboli>>.
Che ci sia un’esigenza di fare chiarezza sulle prerogative
decisorie della scienza e della tecnica, ci sembra una necessità scaturita
all’indomani degli opinabili pronunciamenti della commissione grandi rischi,
che nel 2009 ebbe a sottovalutare gli indizi di pericolosità sismica
nell’aquilano. Infatti, una settimana dopo il raffazzonato consesso
rassicuratorio degli esperti, inviati in loco più per zittire che per chiarire,
il terremoto si presentò implacabile (6 aprile 2009) col suo carico di morti.
Nella direttiva richiamata all’inizio sugli allarmi da
indirizzare alle popolazioni, viene sottolineata pure la necessità, ai fini
della trasparenza, di conservare i documenti da cui si possa evincere il contesto in
cui si è operato, ancorché il modus pensandi et operandi che
ha determinato quelle scelte che hanno poi acceso le procedure di allarme
pubblico. In altre parole, chi assume delle decisioni importanti per la
collettività, ne deve dare meticolosamente conto. Il problema tutto italiano è
quello che siamo pronti ad infervorarci e puntare il dito sulle défaillance operative, ma poco
o niente ci interessa delle omissioni, in alcuni casi
eclatanti, ad oggetto la mancata prevenzione delle catastrofi. La prevenzione non è
amata dagli amministratori perché per sua natura non produce visibilità e voti...
Comunicare e ancora comunicare la conoscenza e lo stato
dell’arte, è dichiarato come dogma dal coordinatore della commissione grandi
rischi per il rischio vulcanico, Prof. Francesco Dellino. Il Luminare in
un’intervista (gennaio/2021), ebbe a lanciare un accorato appello affinché con
umiltà si comunichi moltissimo e a tutti i livelli, da quelli politici alla
popolazione, senza nascondere quello che ancora non si conosce. Premessa
diremmo importante e democratica, anche se poi l’accademico delude un poco, ma magari è la prassi, quando precisa che egli opera in contesti dove si accendono discussioni a porte
aperte seguite poi da discussioni a porte chiuse. La
commissione grandi rischi, conclude, comunica con i verbali che contengono le
decisioni finali da comunicare all’esterno.
La commissione grandi rischi (CGR), ebbe a sancire proprio con un verbale, che la linea nera Gurioli rappresentava coerentemente i limiti d’invasione dei flussi piroclastici nel vesuviano, per eventi eruttivi sub pliniani (VEI4): tipologia eruttiva quest’ultima, che la stessa commissione aveva classificato come eruzione massima attesa nel breve - medio termine.
La delimitazione scientifica della zona rossa Vesuvio
quindi, con i successivi ampliamenti e distinguo e incongruenze di taglio
amministrativo made in Regione Campania, è quella tuttora vigente. Le eruzioni pliniane non sono entrate
in nessun onere previsionale, letteralmente sparite dall'orizzonte del
possibile, perché secondo la probabilità statistica INGV, condivisa dalla CGR,
gli eventi VEI5 sono stati classificati improponibili nel computo degli accadimenti
possibili al Vesuvio, e da oggi in saecula saeculorum...
In un consesso tenutosi il 10 aprile 2019 presso
le strutture della regione Campania, avemmo a proporre alle massime autorità
scientifiche e dipartimentali (DPC) settore emergenze, un invito a varare
regole per il riordino territoriale nel vesuviano, in ossequio ai principi di
prevenzione delle catastrofi. Questa necessità doveva trovare input nella
semplice riflessione che, con l’avanzare del tempo secolare, il rischio che
un’eruzione del Vesuvio potesse assumere tipologia sempre più potente e
invadente, doveva essere tenuta in debito conto dalle autorità comunali e
regionali nella pianificazione degli assetti urbanistici nel vesuviano e
dintorni. Intervenire oggi per rendere sicuro il domani, doveva essere un
atto di prevenzione moralmente dovuto ai posteri, perché col passare del tempo
il rischio di una pliniana non potrà più sottacersi. Nella malaugurata ipotesi
che tale possente evento dovesse materializzarsi, pure i residenti ubicati
oltre l’attuale zona rossa verrebbero travolti dagli effetti deleteri di una
eruzione esplosiva.
Nel contesto urbanistico contiguo alla zona rossa, nella
figura sottostante rappresentato come corona circolare di colore arancio, la
densità abitativa è in aumento, perché i primi chilometri a ridosso della zona
rossa, vengono ritenuti incautamente sicurissimi. Si tenga presente che la
legge 21/2003 non consente nella zona rossa 1 la realizzazione di opere
residenziali, quindi l'offerta di alloggi, proviene dalla zona rossa 2 e da
quella appunto arancio. Col passare dei decenni questi due settori
"ammorseranno" con l'edilizia abitativa la zona rossa1, a tutto
svantaggio della politica degli spazi e delle prassi evacuative.
Nel dibattito conseguente la taglia eruttiva futuribile, la
direttrice dell'osservatorio vesuviano affermò che da nessuna parte è scritto
che il passare dei secoli possa incidere sull’indice di esplosività vulcanica
(VEI). Continuando, l’accademica precisò che l’eruzione di scenario (VEI4) sub
pliniana, presa ad esame per la determinazione della zona rossa Vesuvio, può
essere diversamente rivalutata al rialzo, solo se le ricerche scientifiche che
si svilupperanno in futuro porteranno a conclusioni revisioniste. Il
trascorrere del tempo (ultrasecolare), secondo l’esperta è da considerarsi
ininfluente sulla qualificazione della futura taglia eruttiva…
Avemmo a precisare alla dirigente, che la teoria
dell’intensità eruttiva assolutamente slegata dai tempi di quiescenza, imponeva
un urgente aggiornamento della letteratura scientifica vulcanologica esistente,
visto che nei libri si recita esattamente il contrario. In questa tavola
rotonda erano presenti e silenti pure il direttore operativo per il
coordinamento delle emergenze del dipartimento della protezione civile
nazionale (DPC), e il dirigente coordinatore per le attività di protezione
civile della Regione Campania.
Alla base di una siffatta teoria rivoluzionaria sulla tempistica millenaria delle dinamiche vulcaniche pliniane, forse c'è il lavoro scientifico pubblicato su Science Advances - 12 gennaio 2022, Vol. 8, Numero 2: opera intellettuale di alcuni ricercatori svizzeri e italiani, finanziati dal politecnico di Zurigo. Nel merito, il 25 gennaio 2022 il giornale il Mattino ebbe a lanciare questo titolo: «Vesuvio, la prossima eruzione devastante tra mille anni». Alcuni ricercatori come Francesca Forni, al riguardo ebbe a precisare:<<Sulla base del comportamento del Vesuvio osservato attraverso l’occhio dei granati durante gli ultimi circa 9 mila anni di attività, ipotizziamo che una futura eruzione Pliniana o sub-Pliniana che coinvolge magmi fonolitici, necessiterebbe di almeno un migliaio di anni di quiescenza>>.
Sul giornale della protezione Civile.it del 26 gennaio 2022
viene fornito qualche chiarimento in più su questo argomento con un articolo
intitolato: Il Vesuvio si sta facendo una lunga siesta? Al
ricercatore italiano che ha partecipato al lavoro scientifico, Dott. Sulpizio
dell’università di Bari, è stato chiesto a cosa hanno portato di concreto le
ricerche sulla datazione dei granati:<<Visto che l’ultima grande
eruzione del Vesuvio potrebbe essere quella del 472 d.C. o del 1631, quello che
ci aspettiamo è che per avere una ricarica di questo tipo e quindi un’eruzione
di grande volume e intensità devono passare almeno 1000/1500 anni. Quello che
non diciamo è che lo stesso valga per le eruzioni di dimensioni inferiori, come
ad esempio quella del 1944 è di un ordine di grandezza inferiore a quelle di
cui stiamo parlando". C'è stata l’interpretazione sbagliata che alcuni
hanno dato della nostra ricerca. Noi ci riferiamo alle eruzioni pliniane, su
quelle minori non possiamo affermare nulla. E anche per quelle più grandi non
diciamo che non possa avvenire prima un’eruzione, ma che se estrapoliamo il
dato del passato sembrerebbe che abbiamo ancora tempo prima che avvenga una
forte eruzione del Vesuvio".
Da un punto di vista tecnico e mediatico, se questa teoria
della eruzione pliniana che fiorisce a ritmi più che millenari dovesse
consolidarsi, diverse generazioni di napoletani che risiedono e risiederanno
fuori dalla zona rossa, ovvero arancio nel disegno sopra, potranno tirare un
grosso sospiro di sollievo anche per i mutui bancari accesi.
In questo ragionamento complessivo sugli eventi naturali
particolarmente energetici, qualche tempo fa pure l’ex assessore regionale
della Campania per la protezione civile, profferì che non bisogna pianificare
avendo come visione gli eventi peggiori, altrimenti per le alluvioni dovremmo
valutare il diluvio universale, e sarebbe un problema per tutti quelli che non
si chiamano Noè. In verità a noi risulta che il diluvio universale sia stato un
evento mitologico, e in ogni caso e alla stregua, sono un problema pure le
eruzioni vulcaniche per tutti quelli che non si chiamano Efesto…
Premesso che circa tre milioni di abitanti vivono affastellati a tre distretti vulcanici ubicati nella sola area metropolitana di Napoli, i calcoli statistici legati alla probabilità di eruzione andrebbero fatti magari pure su lunghi periodi di quiescenza, ma inevitabilmente su tre vulcani. Allora tutto ciò che riguarda la vulcanologia, acquista nel napoletano una valenza operativa e mediatica di tutto rispetto per le inevitabili ricadute che tali argomenti potrebbero avere sulla sicurezza dei cittadini. Nell’attualità i partenopei sono accompagnati da una quiescenza di 720 anni per Ischia, 484 per i Campi Flegrei e 78 anni per il Vesuvio.
A dirla tutta e scientificamente parlando, lo stato dell’arte a proposito del Vesuvio e dei Campi Flegrei è così riassumibile: con buona probabilità prevedono di prevedere 72 ore prima l’insorgenza delle dirompenze vulcaniche: tecnicamente parlando, la incognita probabilistica si raddoppia…
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