Campi Flegrei |
Il 26 aprile nel distretto vulcanico dei Campi
Flegrei, a ridosso del punto strategico di Pisciarelli, si è manifestato uno
sciame sismico misurato in 41 eventi
localizzati a profondità oscillanti tra 1.0 e 2.7 km. L'evento delle ore 02:59 di
Md. 3.3, è stato il più forte mai registrato dal 1985 (dati Osservatorio
Vesuviano). In
contemporanea la notte del 27 una serie di sismi a bassa magnitudo ha
interessato il Vesuvio. Il
10/05/2020, un ulteriore sciame sismico ha colpito la zona dei Campi Flegrei,
con scosse protrattesi per una decina di minuti, non intense ma continue, con i
diagrammi che suggerivano una sorta di tremore litosferico localizzato…
Essere un abitante dei Campi Flegrei ci
rendiamo conto che non è semplice. Fino a quando il problema tellurico lo si
associava al solo fenomeno bradisismico, vivere lontano dal rione Terra poteva
sembrare una misura sufficiente per ritenersi al
sicuro dal dissesto dei fabbricati collocati sulla gobba litosferica. Successivamente
ci si è resi conto che tutta l’area flegrea è sottoposta a un rischio ben
maggiore che è quello vulcanico: una scoperta un po’ tardiva. D’altra
parte se avessero riflettuto bene sul dato geologico, non avrebbero costruito
complessi residenziali per spostare la popolazione dalla zona rossa
bradisismica alla zona rossa vulcanica. Così come non avrebbero collocato la
sede dell’Osservatorio Vesuviano all’interno del recinto calderico.
Le operazioni di messa in sicurezza dei Campi Flegrei hanno richiesto la
necessità di stabilire un’eruzione massima di riferimento da cui difendersi. A
tal proposito alcuni ricercatori dell’INGV hanno elaborato un prospetto
statistico assegnando percentuali probabilistiche ad ogni specifica tipologia
eruttiva: da questa tabella gli scienziati della commissione grandi rischi
hanno concluso che una eruzione sub pliniana (VEI4), alla stregua di quanto è stato
deciso per il Vesuvio, è l’eruzione massima di riferimento.
Statistica tipologia eruttiva Campi Flegrei |
Sull’ipotesi di pericolo appena formulata, è stata quindi circoscritta la zona rossa
flegrea e sono stati elaborati i piani di emergenza e di evacuazione. Un evento vulcanico VEI 4 in ogni caso non è una
passeggiata e comporterebbe la produzione di colate piroclastiche che
potrebbero colpire entro un raggio di 7 - 10 chilometri dal centro eruttivo, con qualche rallentamento offerto dalla barriera di fabbricati e orli collinari. Quale sia questo
centro eruttivo non è dato saperlo, e non si può neanche escludere matematicamente
che possano essere più di uno. Sempre nel campo delle incognite, precisiamo
ancora una volta che non si sa quando si verificherà la prossima eruzione e con
quale intensità si presenterà.
In tutti i casi l’Osservatorio Vesuviano prevede
di prevedere l’approssimarsi di una eruzione con almeno 72 ore di anticipo,
anche se non ci sono elementi deterministici su cui fondare questa certezza. In
controtendenza, un articolo pubblicato sulla rivista focus il 30
settembre del 2015 aveva questo titolo: Eruzioni vulcaniche: i Campi Flegrei
non "avvisano". Nel lavoro
alla base di questa affermazione, in linea generale c’è il concetto che
un’eruzione può essere il frutto di combinazioni chimiche dettate da differenti
magmi che s’incontrano, e che danno vita a quelle reazioni che promuovono in
poche ore spinte in alto della massa incandescente.
Il fatto che non ci sia un apparato
montuoso che sovrasti il magma e che la superficie crostale flegrea sia in
qualche modo e nei secoli provata nella compattezza dalle intrusioni magmatiche,
dai sismi, dai moti bradisismici e ancora dall’azione chimica degli acquiferi
surriscaldati, se non da tutti questi elementi messi insieme, potrebbe essere un
fattore importante che si offrirebbe a diverse interpretazioni. Alcune
pubblicazioni accennano a questi elementi snervanti che cagionerebbero una
minore resistenza del coperchio calderico. Non è chiaro però, cosa
comporti questa condizione, in quanto tutti gli studi raccontano di questi processi,
ma senza riportare nel merito alcuna conclusione.
Nei Campi Flegrei un’eruzione manca da
circa 500 anni: un periodo sufficientemente lungo da rendere probabilmente possibile
qualsiasi congettura sul pericolo vulcanico. D’altra parte quello che ci sembra
fondamentale nei processi eruttivi, è quello che succede nel dinamico sottosuolo
chilometrico: luogo madre di tutte le eruzioni. Riuscire a cogliere nel futuro
prossimo una immagine tridimensionale della camera magmatica flegrea, consentirebbe
di avanzare ipotesi maggiormente corrispondenti alla realtà geologica di questa
particolare area calderica.
La buona riuscita di un piano di
emergenza comprende due fattori fondamentali: il primo è senz’altro la
previsione dell’evento vulcanico. Si raggiunge questo risultato in genere facendo
affidamento sulle notizie che ci pervengono dagli annali delle eruzioni precedenti,
soprattutto per la parte prodromica degli eventi. Un database contenente la
misura fisica e chimica di tutti i fenomeni pre eruttivi del passato aiuterebbe
moltissimo, perché sarebbe maggiormente agevole la comparazione e l’intreccio
dei dati: in una parola il processo si chiamerebbe esperienza... Al
superamento di quelli che si ritengono misure strumentali limite, scatterebbe un
crescente allarme che non è mai meccanico ma umano, ancorché frutto delle
interpretazioni e dei consulti che nel nostro sistema operativo avvengono all’interno
della commissione grandi rischi. L'allarme scientifico non corrisponde all'allarme civico, perchè il pulsante dell'evacuazione è nelle sole competenze del Presidente del Consiglio.
In realtà per i Campi Flegrei non c’è un
database pregresso, e la caldera presenta diecine di bocche eruttive monogeniche,
con l’ultima eruzione datata 1538, cioè 250 anni prima della rivoluzione
francese. Si comprende bene allora, che gli elementi su cui basare proiezioni
predittive non ci sono, o quantomeno sono estrapolate da altre realtà
calderiche esistenti sul Pianeta, ma non da quella che abbiamo sotto i piedi.
Il secondo elemento fondamentale per la
pratica di salvaguardia della popolazione è l’organizzazione nazionale,
regionale e comunale di protezione civile, che, in caso di pericolo, deve
essere capace di allontanare il più presto possibile gli abitanti del flegreo dalla
zona rossa. I piani di emergenza che servono nel nostro caso a definire modi e mezzi di
trasporto per evacuare in 72 ore i circa 550.000 residenti dei Campi Flegrei, presentano
ad oggi strategie molto discutibili, che sembrano frutto di un mero esercizio
aritmetico piuttosto che una reale formula per assicurare nel concreto la salvaguardia dei
cittadini.
A titolo esemplificativo e non esaustivo,
in un contesto di allarme vulcanico pensare di organizzare un servizio navetta
che dalle aree di attesa del centro di Pozzuoli trasferisca circa la metà della
popolazione puteolana alla stazione di Napoli per prendere posto sui treni
freccia rossa, è una strategia non impossibile ma decisamente traballante.
Infatti, dal caos allarmistico comunale si procederebbe verso il caos
urbanistico napoletano, soprattutto se tale movimentazione di genti avverrebbe in
un contesto di prodromi pre eruttivi come quelli sismici. Riteniamo probabile una
rivisitazione di questo piano, dove la metropoli napoletana si vedrà collocata in
buona parte nella zona rossa, comprendente anche la stazione ferroviaria di
Piazza Garibaldi che non può essere un punto d’incontro ma solo di attesa per i partenopei
che orbitano in quella zona. Quindi, la strategia oggetto dell’esercitazione
Exe Flegrei 2019 a nostro avviso è più che discutibile…
Zona Rossa Campi Flegrei |
Pozzuoli è il comune flegreo più popolato
ed è anche quello soggetto alle manifestazioni di vulcanesimo più evidenti. Escludere
come è stato fatto per Torre del Greco nel vesuviano, l’utilizzo dei mezzi
marittimi a basso pescaggio come i catamarani e le monocarene per evacuare la
zona porto e il circondario, è una scelta operativa francamente incomprensibile.
L’ipotesi di un rigonfiamento del fondale marino diverso dal bradisismo, che è
un fenomeno lento, qualora dovesse presentarsi non sarebbe così repentino da
cogliere alla sprovvista il sistema di sorveglianza scientifica. Diversamente, l’Osservatorio
Vesuviano dovrebbe restituire le apparecchiature super tecnologiche disseminate
in ogni dove in terra e nel mare calderico, perché promettevano con questi
strumenti anche spaziali, precisioni estreme, tali da rilevare le sollecitazioni
dovute al passaggio dei Paguro Bernardo sui fondali di Bacoli. Quindi è molto
difficile, si presume, essere colti alla sprovvista.
La caldera flegrea ha un raggio medio tra
i 12 e i 15 chilometri. Premesso che un’eruzione dalla potenzialità sub
pliniana (VEI4) può creare problemi seri entro i 7 -10 chilometri dal centro
eruttivo e sottovento ad esso, tutta la circonferenza flegrea a questo punto è
da considerarsi a rischio ed è quindi zona rossa. Per spostare la popolazione dal pericolo
vulcanico, i tecnici delle emergenze generalmente preferiscono tenere aperti
tutti i possibili canali di trasporto senza stroncature preventive. Le orme che
lasciarono circa quattromila anni fa i nostri avi del bronzo antico sulla
cenere appena depositatasi nella zona a nord del Vesuvio, lasciano intendere
quale sia l’ultima risorsa disponibile per allontanarsi dalla minaccia
vulcanica. Migliaia di anni fa, essere runners era l’unica, e non l’ultima
risorsa disponibile per mettersi al sicuro…
Un uomo in discrete condizioni fisiche
riesce a percorrere una distanza di circa 5 chilometri ogni ora. Ne consegue e come ultima ratio ai sistemi di mobilità previsti, che in 2 ore…diciamo 3, dovrebbe essere possibile porsi in salvo. Ovviamente per i vecchi e i bambini, e gli
allettati e i malati, questa opzione non è perseguibile. Questo spiega perché,
semmai la fase di attenzione dovesse acuirsi, spostare le persone più deboli in
luogo sicuro fuori area calderica, è la premessa necessaria per garantirsi una
maggiore possibilità di manovra. La seconda è di non curarsi dei beni
materiali. La lapide posizionata nel 1632 sulla strada principale di Portici,
esattamente l’anno successivo alla devastante eruzione VEI4 del Vesuvio, recita
appunto questo salutare principio…
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