“Rischio Vesuvio e piani di emergenza: la corte europea
di
Strasburgo indaga...” di MalKo
La corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, ha preso in
seria considerazione la denuncia presentata da dodici cittadini della zona rossa Vesuvio, contro lo Stato italiano che non garantirebbe adeguatamente la
sicurezza dei vesuviani. La corte ha reso agibile una corsia preferenziale per
trattare l’argomento con urgenza, e inoltre ha deliberato che entro il 12 maggio 2014 l’Italia dovrà
presentare prove che dimostrino con certezza che i cittadini sono realmente
protetti da seri strumenti organizzativi, come il piano di evacuazione.
Aspettiamo… Sarà d’oltralpe un pronunciamento o forse un anelito di giustizia su
una questione delicata, che in Italia purtroppo non trova sponde.
Il piano di evacuazione a oggi non esiste. In seguito all’ultimatum imposto da
Strasburgo, molto probabilmente gli enti competenti, primi fra tutti il
Dipartimento della Protezione Civile, recupereranno dai famosi cassetti un po’
di carte, probabilmente con una netta prevalenza di fogli dattiloscritti contenenti
disquisizioni scientifiche che si accavallano da oltre venti anni, e le mappe
della nuova perimetrazione della zona rossa. Per i vertici dipartimentali,
infatti, il piano d’emergenza è soprattutto quello…
I giornali non hanno dato grande enfasi alle notizie provenienti da
Strasburgo: d’altra parte e in alcuni casi, sono gli stessi giornali che in
assenza di un giornalismo investigativo, per decenni ci hanno propinato efficienza
e pietre miliari a proposito della sicurezza in area vesuviana. Gli amici sono
amici… D’altra parte bastava riflettere sulla incredibile campagna stampa che
fu orchestrata contro il Tribunale dell’Aquila all’indomani del tragico
terremoto del 6 aprile 2009. Se ne scrissero di tutti i colori a proposito
dell’inquisizione e di martiri e di processi alle streghe e di una brutta
pagina da medioevo per una condanna che era pronunciata contro gli scienziati
rei di non aver previsto il terremoto. I giudici di quella sentenza storica
dimostrarono e dimostrano con il prosieguo delle indagini, spalle forti, competenza
e soprattutto tanto coraggio.
In rete invece, fino a qualche giorno fa le notizie giornalistiche hanno profuso articoli che trattavano l’argomento
piani d’emergenza, sulla scorta di un piccolo gruzzoletto che la Regione
Campania si appresta a versare nelle asfittiche casse dei comuni campani, affinché
questi siano invogliati a stilare i piani di emergenza comunali. Ovviamente
nell’area vesuviana e flegrea è previsto qualche soldo in più per l’oggettiva
complessità dei rischi da prendere in esame.
Questa pioggerellina di denari che conta soprattutto contributi della
comunità europea, purtroppo servirà poco. Il problema principale delle
politiche di sicurezza, infatti, è che per loro stessa natura dovrebbero avere
una connotazione multidisciplinare. La protezione civile invece e in genere, è
relegata a ultimo ufficio comunale che deve starsene buono e non deve
impicciarsi delle cose che transitano e stazionano negli uffici che contano, soprattutto
in quello tecnico.
In molti casi allora, l’addetto alla protezione è costretto ad
arrovellarsi il cervello per trovare stimoli a un’attività di fatto dormiente, che
si estrinseca nella noiosa e inutile compilazione di questionari inviati da
altri uffici amministrativi sovra comunali, che hanno gli stessi problemi di
irrilevanza funzionale. Nella migliore delle ipotesi allora, si gestisce con
alterne fortune il volontariato…
In una zona a rischio colate piroclastiche, torrenti di fango e pioggia
di cenere e lapilli e ancora bombe
vulcaniche e sommovimenti sismici, senza certezze previsionali, lo sviluppo
sostenibile che tutti inquadrano sempre e solo nel cemento, doveva adeguarsi alle necessità dei piani di evacuazione,
e non viceversa. Invece, si è sempre pensato a quello che si costruiva piuttosto che al dove si costruiva. Il
piano di emergenza ha tentato appena di correre dietro al cemento, ma ha subito
desistito com’è successo nel più affollato dei comuni vesuviani.
Gli amministratori comunali e provinciali e regionali dall’orecchio
prevenzione non ci sentono proprio. Velina, vetrina e propaganda, hanno
caratterizzato fin qui il loro operato di
mitigatori del rischio Vesuvio ed elaboratori di piani d’emergenza e di
evacuazione. Che ci siano migliaia e
migliaia di domande di condono da vagliare in area vulcanica poi, francamente è
inconcepibile e opacizza l’operato di chi per ruolo avrebbe dovuto controllare
il territorio per evitare una crescita esponenziale del valore esposto...
Alla Regione Campania c’è stata battaglia
sul finire di marzo di quest’anno, dettata dall’approvazione del nuovo
regolamento paesaggistico e in particolar modo dal contestatissimo articolo 15.
Un disposto che potrebbe aprire le porte a un po’ di cemento anche nella zona
rossa Vesuvio, attraverso la possibilità di ampliare le cubature delle residenze
da ristrutturare in nome della sicurezza.
Chissà se l’assessore Edoardo Cosenza era presente su quelle barricate e
da quale parte gravava il suo peso di responsabile della protezione civile. Il
professore inoltre, ci fa sapere che per il rischio eruttivo dei Campi Flegrei
bisognerà valutare anche una possibile evacuazione totale o parziale, della
zona di Chiaia e Posillipo.
Per quanto riguarda i chiarimenti richiesti da Strasburgo, Edoardo
Cosenza esprime soddisfazione perché finalmente alcuni cittadini hanno chiesto
il piano d’evacuazione (nessuno lo chiedeva prima), dimostrando un sano interesse
civile. Poco importa che la richiesta è pervenuta per la strada più lunga e in
lingua francese col suggello di una corte di giustizia per i diritti dell’uomo…
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