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lunedì 8 maggio 2023

Rischio Vesuvio: le zone rosse 1 e 2 e gialla e blu... di Malko

Vesuvio da sud




Un giorno di un futuro lontano o lontanissimo, il Vesuvio darà origine a una eruzione presumibilmente dal taglio esplosivo. Quanto potrà essere problematica questa eruzione la cui intensità può essere nell’odierno solo stimata, lo si può dedurre dall’ampiezza che gli scienziati hanno assegnato alla zona rossa. La zona rossa infatti, è quella parte di territorio vulcanico che dovrà essere sgomberato all’occorrenza e necessariamente da tutti gli abitanti prima che si manifestino possibili dirompenze esplosive, con l’invasione delle micidiali colate piroclastiche e la massiccia ricaduta di cenere e lapilli.

La commissione grandi rischi, organo scientifico che assicura la consulenza al dipartimento della protezione civile, ha ritenuto congrua la zona rossa scientifica circoscritta dalla linea nera Gurioli. Trattasi di un segmento curvilineo ricavato da indagini campali e che, circoscrivendo il vulcano, formalizza di fatto i punti di massima propagazione dei flussi piroclastici in seno alle passate eruzioni sub pliniane. Questa zona è stata poi ampliata amministrativamente ma non con logiche omogenee di protezione e di prevenzione della catastrofe vulcanica.

Linea nera Gurioli

Partendo dal principio che ciò che è successo nel passato può succedere anche nel futuro con un’eruzione inferiore o di pari intensità a quella di riferimento, il cammino dei flussi piroclastici potrebbe avvenire entro la linea nera che in ogni caso non può ritenersi un limite di sicurezza. Partendo da questa premessa, illustriamo le caratteristiche delle 4 zone di pericolo che interessano il Vesuvio.

Zona rossa 1. Ebbene la zona rossa 1 definita ad alta pericolosità vulcanica, è quella invadibile dalle colate piroclastiche. Queste si concretizzano nel momento in cui la colonna eruttiva collassa per perdita di spinta e per effetto della gravità precipita sui fianchi del vulcano, per poi continuare la corsa per chilometri, travolgendo e distruggendo ogni cosa al suo passaggio. La micidialità di questo fenomeno è racchiusa non solo nel dinamismo dell'ammasso, ma anche dalla temperatura di circa 500° C. che caratterizza il miscuglio roccioso e gassoso in movimento. Un certo numero di vittime dell’eruzione del 79 d.C. persero la vita per gli effetti meccanici delle colate e quindi mai più ritrovati. I circa 300 ercolanesi che trovarono rifugio in un magazzeno sulla spiaggia, furono raggiunti all’interno del ricovero dalla parte più leggera della valanga piroclastica, quella gassosa e pregna di sottile cenere, che a causa delle elevate temperature cagionò l’evaporazione istantanea dei fluidi corporei, che in taluni casi comportò l’esplosione dei crani e la rottura delle ossa per shock termico. Ecco: la linea nera rappresenta le distanze percorse dai flussi piroclastici riconducibili alle eruzioni sub pliniane che si verificarono nel passato: l’ultima nel 1631. A fronte di questo pericolo, in caso di allarme nella zona rossa 1 si procederà necessariamente all’evacuazione di tutti gli abitanti.

Zona rossa 2. Questa zona intermedia ubicata tra la zona rossa 1 e la zona gialla, si caratterizza perché in caso di eruzione verrebbe letteralmente "bombardata" da una intensa pioggia di cenere e lapilli con una intensità tanto maggiore quanto minore è la distanza dal centro eruttivo. Questi prodotti piroclastici si andrebbero a depositare sui tetti piani dei fabbricati posti sottovento al Vesuvio, determinando in molti casi lo sprofondamento del solaio di copertura e, con effetto domino, pure di quelli sottostanti.

Nel caso del Vesuvio, gli esperti hanno individuato la zona rossa 2 nei territori ubicati da est nord est a est sud est, oltre la zona rossa 1, perché la statistica dei venti dominanti indica in quella direzione il prevalente fluire ventoso che interessa e passa sulla vetta del vulcano. La zona rossa 2 riguarda i territori dei comuni di San Gennaro Vesuviano, Palma Campania, Poggiomarino e Scafati. In caso di allarme eruttivo, alla stregua della zona rossa 1, tutti i cittadini devono evacuare. Questo perché la cenere porta oscurità, arresto dei motori, problemi nei trasporti, ma principalmente irritazione agli occhi e difficoltà di respirazione soprattutto per vecchi e bambini. Gli ammassi di cenere e lapilli potrebbero bloccare pure l’apertura delle porte che si aprono sul piano stradale. D’altro canto anche i soccorritori tecnici e sanitari coi loro mezzi, avrebbero serie difficoltà a muoversi in questo settore con eruzione in corso.

Zona Gialla. La zona gialla è quella che circonda il Vesuvio oltre le zone rosse, e presenta estensioni molto variabili e particolarmente incidenti nel primo e secondo quadrante col vulcano come centro mappale. Trattasi di territori dove la pioggia di cenere e lapilli ha una intensità decrescente con l’aumentare della distanza dal centro eruttivo. La necessità di evacuare alcuni settori della zona gialla, sarebbe oggetto di valutazione da fare con eruzione in corso.  L’evacuazione non avverrebbe fuori dalla regione Campania, perché si presume che i cittadini allontanati rientrerebbero al termine dell’eruzione col ripristino di un minimo di servizi essenziali. I comuni interessati e caratterizzati dal colore giallo sono 63 e sono quelli riportati nella cartina sottostante.

 

Plaga vesuviana: pericoli e zone

Zona blu. La zona blu è quella parte di territorio della plaga vesuviana ubicata a nord del Vesuvio. Detta anche conca di Nola, in caso di eruzione in questo comprensorio appena depresso e rappresentato in figura coi confini comunali colorati in celeste, possono presentarsi fenomeni di alluvionamento diffuso con altezza delle acque che potrebbero superare i due metri. Tra l’altro la zona blu è pure zona gialla, e quindi la caduta di cenere favorirebbe l’impermeabilizzazione dei suoli, accrescendo la persistenza delle acque.

In conclusione, i flussi piroclastici o anche colate o nubi ardenti, sono un fenomeno che al Vesuvio caratterizzano eruzioni sub pliniane e pliniane. Gli esperti della commissione grandi rischi hanno escluso statisticamente e per i tempi di quiescenza, che possa concretizzarsi un’eruzione pliniana, e quindi non ci sono direttive per fronteggiare una siffatta calamità vulcanica qualora si materializzasse. Diciamo pure che lo stile eruttivo è l’incognita più grande che grava sui piani di emergenza, così come la previsione corta del momento dirompente…

Per quanto riguarda il fenomeno della pioggia di cenere e lapilli, questo è un pericolo insito in eruzioni di tipo ultra stromboliano (VEI3), sub pliniano (VEI4) e pliniano (VEI5). Il VEI è l’indice di esplosività vulcanica.

Non è da escludere che non sono particolarmente garantite le tre municipalità di Napoli: San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli, perché su un totale di 112.765 residenti, è prevista l’evacuazione in fase di allarme di soli 38.401 abitanti. Di fatto sarebbero quelli posizionati oltre linea nera verso il vulcano.  Lo stesso dicasi per il Comune di Volla che confina in modo tangente con la linea nera che non è un limite di pericolo. Il comune di Sarno per posizione geografica doveva rientrare nella zona rossa 2. Il Comune di Portici, Ercolano e Torre del Greco, sono quelli leggermente più svantaggiati in caso di evacuazione, perché in auto o anche a piedi, dovrebbero in tutti i casi muoversi in modo secante rispetto al Vesuvio.  Il piano di emergenza Vesuvio, è bene ricordarlo, è pur sempre una mediazione, frutto di logiche le cui filosofie si basano sulla probabilità statistica e sui concetti costi - benefici.



martedì 28 maggio 2013

Campi Flegrei: stato di attenzione vulcanica?


"Bradisismo ai Campi Flegrei: stato di attenzione?" di MalKo
Nei Campi Flegrei il livello di allerta vulcanica dovrebbe essere passato al gradino di attenzione. Dovrebbe essere così perché l’Osservatorio Vesuviano tramite il Direttore Marcello Martini, ha prodotto un comunicato in cui si afferma che le reti di monitoraggio dei Campi Flegrei hanno registrato nell’ultimo periodo «variazioni significative dei parametri sismici, geochimici e di deformazione del suolo rispetto ai livelli ordinariamente registrati.».
Al livello di attenzione vulcanica dovrebbe quindi corrispondere parimenti una fase operativa a carico dei comuni della zona rossa. Napoli in primis con i quartieri di Soccavo, Pianura, Bagnoli e Fuorigrotta. E poi i comuni di Quarto e Pozzuoli; e ancora Bacoli, Quarto, Marano e Monte di Procida.
La fase di attenzione non rappresenta in se una situazione d’immediato pericolo, ma serve all’autorità scientifica per acuire la sorveglianza strumentale e diretta della zona, dando poi una “sveglia” ai comuni a rischio. Questi devono principalmente e preventivamente verificare  l’organizzazione locale, procedendo a una lettura critica del piano d’emergenza comunale e di quello di evacuazione, prendendo in esame tutto ciò che potrebbe nell’attualità favorirlo od ostacolarlo nell’applicazione.
I sindaci in questi frangenti e in ragione di precisi disposti legislativi, hanno l’onere dell’informazione corretta e puntuale su quello che accade, presumibilmente attraverso comunicati giornalieri.
Ogni istituzione presente sul territorio flegreo dovrebbe, nella “fase gialla” rodare la sua struttura operativa nell’evenienza che ci sia un incremento dei parametri di pericolo. Anche gli ospedali hanno compito di verifica, perché nei momenti di crisi rappresentano una priorità interventistica.
L’Osservatorio Vesuviano per il ruolo che occupa, forse avrebbe dovuto utilizzare nel comunicato un linguaggio tecnico operativo immediatamente adeguato, dichiarando, dopo la segnalazione della variazione significativa dei parametri geochimici e fisici nell’area flegrea, lo stato di attenzione vulcanica.
E’ un po’ riduttivo parlare di attenzione scientifica (un termine generico) senza divulgare un corrispettivo operativo. I cittadini devono sapere che alla fase di allerta vulcanica corrisponde una pari fase operativa definita gialla che riguarda i comuni. Certamente l’assenza di un piano d’emergenza per l’area flegrea pesa come un macigno, creando forti imbarazzi alla parte tecnico politica chiamata in causa dall’allerta e da recenti polemiche connesse alla perforazione profonda calderica.
Premesso che l’istituzione più vicina ai cittadini è il comune, le municipalità che caratterizzano la caldera flegrea, dovrebbero in questa fase instaurare a livello comunale il C.O.C. (Comitato Operativo Comunale) con un servizio telefonico informativo dedicato al rischio sismico e vulcanico 24 ore su 24 con operatore. I funzionari comunali invece, dovrebbero alternarsi nel presidiare il COC, osservando turni di guardia o di reperibilità immediata.
Tutte le attività comunali vanno tarate secondo i livelli di allerta che possono variare col tempo o mantenersi tali per mesi o anni.
Ovviamente la fase di attenzione può introdurre quella di preallarme ma anche retrocedere di nuovo al livello base. Nessun pericolo immediato quindi, ma occorre seguire appunto con attenzione gli eventi tutti naturali intracalderici tenendo in debito conto sia i prodromi passati (innalzamento del suolo valutato in metri) ma anche l’imprevedibilità della natura che potrebbe avere nelle sue fenomenologie andamenti diversi dal solito.
Domani, 26 novembre 2012, inizieranno dei corsi di formazione per i comuni e gli operatori di protezione civile dell’area flegrea. Un’attività formativa, si legge, fortemente voluta dal dipartimento della protezione civile, dalla regione Campania e dall’Osservatorio Vesuviano.
Questi corsi dicono, nascono dall’esigenza di formare coloro che dovranno partecipare all’elaborazione dei piani d’emergenza o che potrebbero all’occorrenza gestire una possibile evacuazione.
A questo punto bisognerebbe incrementare pure le attività del Deep Drilling Project (CFDDP), per avere, come promesso, uno strumento innovativo di previsione, e attendere poi le decisioni dei comitati promotori dei corsi (Dipartimento Protezione Civile, Regione, Comuni) su quelle che saranno le iniziative di prevenzione che imprescindibilmente e indiscutibilmente bisognerà mettere in campo.
Siamo sicuri che in questo contesto un sindaco flegreo prima di concedere una licenza edilizia con una fase di attenzione in atto ci penserà tantissimo sopra. Forse bisognerebbe, a proposito della prevenzione, varare qualche vincolo edilizio nell’area flegrea alla stregua di quello già esistente (legge regionale 21/2003) nel vesuviano, altrimenti nessuna istituzione sarà credibile e le attività di formazione e pianificazione potrebbero connotarsi più come iniziative di facciata che di reale tutela dei cittadini.