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sabato 26 ottobre 2019

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: 72 ore per evacuare... di MalKo

Vesuvio


Nel post precedente abbiamo sottolineato, in totale assenza di affiliazione e simpatia politica, l’importanza delle dichiarazioni del presidente regionale della Campania, che ha avuto il merito di dire la verità sulla previsione del pericolo vulcanico, nell’ambito della presentazione dell’esercitazione di protezione civile EXE Flegrei 2019, tra l'altro alla presenza di esperti e rappresentanti istituzionali e del mondo scientifico di alto livello.

Come oramai è noto, tutto il sistema dell’evacuazione cautelativa per mettersi al sicuro dagli effetti di un’eruzione vulcanica è tarato su 72 ore: tanto nel Flegreo quanto nel Vesuviano. Dodici ore per dispiegare i soccorritori. Quarantotto ore per evacuare la popolazione e far retrocedere in coda i reparti intervenuti. Dodici ore per affrontare possibili imprevisti.

Con le 72 ore a disposizione, dicono che si riuscirebbe ad evacuare il territorio flegreo con le modalità di trasporto che hanno immaginato gli strateghi dell’aritmetica. Secondo il nostro punto di vista invece, all’occorrenza l’evacuazione massiva della popolazione avverrebbe attraverso l’utilizzo delle autovetture, alla stregua degli estenuanti esodi estivi che avvenivano negli anni del benessere economico. Diversamente a piedi come fecero nell’età del bronzo antico gli indigeni che dimoravano nella piana vesuviana, per scampare alla più potente delle eruzioni del Vesuvio che si ebbe nel 1850 a.C., come testimoniano le orme dei piedi lasciate dalla popolazione in fuga dai villaggi, impresse nei primi strati di cenere vulcanica ancora calda.

Ebbene il governatore della Campania ha detto con onestà che queste 72 ore potrebbero esserci ma potrebbero anche non esserci… e quindi nella peggiore delle ipotesi tutto si evolverebbe direttamente sul campo, secondo le decisioni del momento adottabili con immediatezza dalla direzione di comando e controllo (Dicomac), se già insediata a San Marco Evangelista (Caserta) o, in assenza dei tempi necessari per la logistica, da indicazioni provenienti presumibilmente dalla sala operativa unificata (SOU) della regione Campania, con una prevalenza di comando da parte dei Vigili del Fuoco che nell’immediatezza delle catastrofi hanno il compito istituzionale di assicurare i soccorsi e il coordinamento interforze deputate al salvataggio della popolazione...

Nella malaugurata ipotesi che non dovessero esserci le 72 ore a disposizione per scappare, si dovrebbero fronteggiare comportamenti del tutto imprevedibili e irregolari e anche irrazionali, che cagionerebbero caos nel sistema di evacuazione che si bloccherebbe inesorabilmente. In queste condizioni i deboli risulterebbero ancora più deboli, e i forti reclamerebbero ancora più spazio in quella che si profilerebbe come una vera corsa per la vita, tra l’altro carica dell’incertezza eruttiva fino all’ultimo secondo, e in un contesto indisciplinato e difficilmente mitigabile dalle forze dell'ordine.

Per la maggior parte dei lettori l’affermazione del presidente De Luca dice poco; per chi ha seguito sul nascere l’attività di pianificazione delle emergenze vulcaniche invece, vuol dire tantissimo. Si pensi che nelle prime bozze di piano Vesuvio che non risalgono alla preistoria, l’autorità scientifica stimò in 20 giorni il tempo intercorrente tra un’attendibile previsione dell’eruzione e l’eruzione stessa. Con questi intervalli a disposizione, l’evacuazione poteva realizzarsi attraverso il sistema delle prenotazioni, con la regia regionale alla consolle, alla stregua di una moderna agenzia di viaggi. Da questa favorevole stima il disinteresse per i piani di evacuazione che ci sembra perduri...

Nel 2001 i tempi di attesa eruzione dalla proclamazione dello stato di allarme, erano stimati in alcune settimane con la precisazione che lo spostamento della popolazione si sarebbe dovuto effettuare comunque in 7 giorni.  Ulteriore riduzione dei tempi pre eruttivi sono stati indicati nell’attualità dal mondo tecnico presumibilmente su suggerimento scientifico, che nelle varie ipotesi previsionistiche hanno mostrato maggiore prudenza, indicando nell'attualità in appena 72 ore il tempo a disposizione per l’evacuazione. Settantadue ore che potrebbero esserci e potrebbero non esserci dicevamo…

Si è da poco conclusa l’esercitazione EXE flegrei 2019, passata inopinatamente, grazie a una forzatura mediatica, come manifestazione nazionale.  In realtà la più grande esercitazione di livello nazionale mai fatta in Italia è stata quella di Portici denominata Vesuvio 2001. Tale evento esercitativo non ebbe la prevalente regia mediatica del Dipartimento, perché l’amministrazione di Portici col sindaco Leopoldo Spedaliere, pretese ed ebbe parte attiva diretta nelle decisioni e nell’operatività e nella buona riuscita dell’intera operazione.

Per dare un metro di misura ai cittadini flegrei, con Vesuvio 2001 si testarono contemporaneamente le modalità evacuative con treno e poi stradale con autovetture private e finanche con mezzo navale (Catamarano) della società Alilauro, procurato direttamente dal sindaco perché il Dipartimento non prevedeva, esattamente come oggi, questa modalità di trasporto alternativo in emergenza.

Il treno in quel periodo venne considerato la chiave di volta dell’evacuazione, perché la strada ferrata attraversa ancora oggi e contiguamente al mare, tutta la zona rossa Vesuvio ad occidente, che è anche quella parte di territorio vulcanico maggiormente e più densamente popolato. Anche in quel caso, gli strateghi come oggi esclusero la via marittima affermando che i fondali portuali potevano gonfiarsi in una fase preeruttiva rendendo inutilizzabile il porto. Facemmo notare che la strada ferrata che attraversa la zona rossa Vesuvio passa praticamente a pochi metri dagli scogli e dal mare e soprattutto a Portici si snoda quasi sulla banchina del porto. Una deformazione del fondo marino avrebbe riguardato anche la linea ferroviaria, tra l’altro bloccabile pure susseguentemente a terremoti con magnitudo maggiori di 4.

L’evacuazione a mezzo treno nell’ambito esercitativo Vesuvio 2001, fu in tutti i casi assicurato da un convoglio che trasportò da Portici a Bellaria Igea Marina (Rimini) circa 650 porticesi con una durata del viaggio di circa 6 ore. Proprio in virtù dell'esercitazione si capì che la lunghezza della banchina della stazione d'arrivo non era adeguata alla lunghezza del treno.

Vesuvio 2001 - tracciato ferroviario da Portici a Bellaria Igea Marina (Rimini)

L’evacuazione stradale invece, richiese l’impegno di oltre 250 autovetture per un totale di circa 1000 cittadini che da Portici e con percorsi assistiti raggiunsero anch’essi Bellaria Igea Marina dopo un tragitto di circa 560 chilometri. Ogni autovettura era contraddistinta dal logo esercitativo e monitorata ai check point.

Vesuvio 2001 - Tracciato stradale da Portici a Bellaria Igea Marina


L’evacuazione a mezzo naviglio fu il classico esperimento, anche per testare la manovrabilità in un porto dalle ridotte dimensioni: la nuova strategia impegnò un catamarano per il trasporto di oltre 350 porticesi dal porto borbonico del Granatello fino allo scalo marittimo di Pozzuoli, dove all’approdo i partecipanti furono accompagnati da bus e volontari in una visita guidata alla Solfatara per fare gemellaggio vulcanico e contemporaneamente informazione sul rischio eruttivo a cura dell’Osservatorio Vesuviano.

L’esercitazione durò quattro giorni (27,28,29 e 30 settembre 2001); in quel di Bellaria Igea Marina, quale comune deputato al gemellaggio tra Emilia Romagna e Portici (oggi  è il Piemonte), fu concentrata e assicurata l'accoglienza (29/09/2001), consistente nel censimento e la successiva collocazione dei partecipanti nelle varie strutture ricettive per passare la notte e fino alla giornata successiva 30/09/2001, data del rientro pomeridiano del treno e delle autovetture e della nave. 

La sera del 29 fu fatta la festa dell'accoglienza a Bellaria, nel palasport locale con esibizione di artisti napoletani; spettacolo in favore tanto degli evacuati porticesi quanto dei cittadini bellariesi in un contesto ordinato che vide la partecipazione attiva di politici di entrambe i comuni.

Tutti i percorsi evacuativi furono continuamente e completamente assistiti con l’impiego di radioamatori locali che, basati al Centro Operastivo Misto di Portici, assicurarono ogni forma di collegamento radio di livello provinciale, regionale e nazionale. Nell’ambito esercitativo fu per la prima volta instaurata ex novo pure la funzione 15, secondo le logiche del metodo Augustus, per la tutela dei beni culturali, con attività pratiche di imballaggio sul campo, e a seguire il successivo trasporto con mezzi VVF dei preziosi reperti da Portici a Caserta, con la scorta delle forze dell’ordine.

Furono organizzati posti medici avanzati nei punti strategici, e sul treno fu particolarmente efficace la collaborazione dei gruppi scout che intrattennero i bambini durante il tragitto: una funzione molto utile in percorsi così lunghi. La Polizia ferroviaria seguì di stazione in stazione il convoglio, offrendo notizie al Centro operativo porticese. Il Dipartimento della Protezione Civile curò soprattutto i Check Point lungo il tragitto stradale con i vari servizi assistenziali assicurati dai volontari.

Occorre dire che per garantire la partecipazione dei cittadini fu necessario offrire agli evacuati trasportati dal treno in modalità assistita e a quelli arrivati autonomamente a Bellaria in auto, il vitto e il pernottamento. D’altra parte il viaggio di andata e ritorno senza sosta intermedia era impensabile anche per motivi di sicurezza legati alla stanchezza dei guidatori. Per coloro che aderirono alla simulazione stradale, fu quindi necessaria l’erogazione di buoni carburante e fogli di transito gratuito ai caselli autostradali: anche in questo caso era improponibile far accollare ai cittadini le spese di trasporto. Ci fossero stati più fondi disponibili, le adesioni sarebbero state ancora più numerose.

Quell’esercitazione ha prodotto molti insegnamenti, innanzitutto a proposito dell’informazione e della pubblicità che si fa dell'evento, che in queste circostanze per la maggior parte è stata in capo al Dipartimento… Vesuvio 2001 per una serie di motivi  è stata oggetto di dannatio memoriae mediatica.

Il secondo elemento riflessivo è questo: se si pensa di fare le esercitazioni con il coinvolgimento della popolazione, è necessario munirsi di idee e di fondi per le spese e avere un minimo di fantasia per incentivare la partecipazione dei cittadini senza aspettare la calata dei funzionari dipartimentali che non risolverebbero il problema. Dire andate all’area di incontro e poi tornatevene a casa è a dir poco squallido…Oppure salite sul treno freccia rossa, riscaldate il posto e poi scendete potrebbe essere un non senso esercitativo… per non parlare dell'evacuazione da Pozzuoli alla stazione di piazza Garibaldi con servizio navetta. Pure dal punto di vista dei gemellaggi si è fatto pochissimo, atteso che in EXE flegreo 2019 è stata assicurata semplicemente la presenza di una delegazione della Lombardia che si è recata alla stazione di Napoli a guardare l'immoto treno.

Il terzo elemento di riflessione riguarda l'informazione: il momento meno ideale per fornire notizie sul rischio vulcanico è quello immediatamente esercitativo perché si è presi da altro. Se si vuole la collaborazione dei cittadini bisogna lavorare per anni in un contesto di concretezza sulla sicurezza che non può incentrarsi continuamente e unicamente sull'emerito Osservatorio Vesuviano e solo sul rischio vulcanico. Da anni questa struttura dell'INGV copre ruoli che non gli competono direttamente, come la sicurezza delle zone rosse e l'evacuazione dalle stesse, che dovrebbero invece essere argomento di diretta competenza dell'amministrazione comunale e poi dei rappresentanti politici nazionali e regionali deputati alla prevenzione e al soccorso delle popolazioni. 
Il Comune è in ogni caso l’istituzione più vicina ai cittadini e le risposte in prima battuta devono arrivare da lì. I cittadini dei Campi Flegrei così come quelli del vesuviano, devono essere destinatari di messaggi innanzitutto veri e non edulcorati dal principio del non allarmare. 

I gruppi che sorgono su facebook per scambiarsi pareri e notizie, possono svolgere un ruolo molto importante nell'informazione e nella formazione della coscienza civica di cittadini così intimamente connessi con le realtà del territorio: in tutti i casi però, occorre sviluppare un senso critico sulle notizie da dare,a prescindere dalla provenienza, perchè anche le fonti più autorevoli a volte enunciano una verità assolutamente parziale, che fornisce alibi ma non soluzioni, in un contesto dove vige il principio non dichiarato, che anche sui rischi bisogna operare scelte dettate dal disumano calcolo dei costi benefici. Scenario eruttivo docet...

In altre democrazie l'attività di controllo sulla politica e sulle istituzioni è svolta dal giornalismo investigativo, ma molto possiamo fare anche noi riflettendo sui termini che si utilizzano ma soprattutto analizzando e comparando le notizie diffuse da tutte le fonti. Ad esempio, la citazione mediatica molto usata che il Vesuvio è tenuto sotto controllo è assolutamente irreale. Il controllo lo si esercita se si ha un interruttore fra le mani con on e off...  Questa diapositiva sottostante è stata proposta a un seminario dell'ordine degli ingegneri di Napoli nel dicembre del 2016 :

Il Vesuvio logicamente non è un combustibile che si accende e si spegne ma non è in questa citazione il problema. L'Osservatorio Vesuviano esercita attività di monitoraggio consistente in rilevazioni continue dei parametri fisici e chimici del vulcano, ma non controlla affatto il magma e quindi le eruzioni, perchè il controllo prevede la capacità di governare qualcosa o disporre a piacimento di qualcosa. Nessuno poi, è in grado di prevedere un'eruzione con notevole anticipo, neanche se mettiamo tutti gli scienziati del mondo uno sull'altro impilati nel loro sapere, arriveremmo a una anticipazione deterministica dell'eruzione. A smentire la prevedibilità dell'evento vulcanico in controtendenza con la storica dialettica dei compartecipanti all'inaugurazione di exe 2019, ci ha pensato il presidente De Luca col suo pragmatismo: 72 ore per evacuare potrebbero esserci ma potrebbero anche non esserci... Ecco: proiettate questo!











martedì 8 agosto 2017

Rischio Vesuvio: Torre del Greco comune svantaggiato?... di MalKo


Vesuvio: porto di Torre del Greco - foto Liguoro

Parlando del Vesuvio e del rischio eruttivo, gli argomenti di discussione vertono spesso sulla nuova zona rossa e su tutto ciò che ne concerne. Il tono discorsivo sui media qualche anno fa è stato di taglio ottimistico col mondo politico e istituzionale che ha dato per scontato la bontà di una pianificazione di emergenza che in realtà si basa su una possibilità statistica (eruzione VEI4), passata tra l’indifferenza generale a deterministica, con buona pace del principio di precauzione bruciato sull’altare poco nobile dei costi benefici. Un piano comunque che continua a mancare del suo annesso più importante che si chiama piano di evacuazione.

I comuni della vecchia zona rossa che ricadono territorialmente nella fascia costiera, non mostrarono particolare interesse alla nuova zonazione di pericolo, perché la loro posizione geografica è interamente addentro alla famigerata linea nera Gurioli, e quindi non accamparono alcun distinguo oppure obiezioni o rettifica.

La Regione Campania si è distinta per una decisa partecipazione alle dubbie operazioni di classificazione del territorio, in qualche caso sovrapponendosi addirittura al Dipartimento della Protezione Civile, che rimane comunque il soggetto principale e istituzionale di riferimento per la salvaguardia dei vesuviani.

Nelle mappe tematiche ufficiali, la linea nera Gurioli rappresenta il limite di scorrimento delle colate piroclastiche originate da una colonna eruttiva VEI4; colate che restano in assoluto e per virulenza distruttiva, il fenomeno più temuto in caso di ripresa dell’attività vulcanica.

Nelle carte diffuse dalla Regione Campania e dal Dipartimento della Protezione Civile, la linea nera Gurioli non è stata tracciata sul mare e, quindi, il segmento non è chiuso. In realtà tale omissione non è indicativa di assenza di pericolo da quel versante, non solo perché colate piroclastiche se ne contano così come quelle di fango, ma più verosimilmente non sono stati effettuati rilievi subacquei per definire i limiti di deposito dei prodotti vulcanici come invece è stato fatto sulla terraferma.

Le operazione di verifica in mare sono difficili, perché i materiali piroclastici riversatisi dal Vesuvio oltre il litorale, sono stati in larga parte dispersi e rimaneggiati dalle correnti marine e dai movimenti ondosi.

Per dare completezza alla linea Gurioli rendendola un cerchio asimmetrico (mappa a sinistra), abbiamo tracciato il prolungamento mancante sul mare, col solo scopo di rendere chiaro anche visivamente alle popolazioni costiere, che i fenomeni vulcanici pliniani e sub pliniani ebbero a sconquassare per grande parte pure il litorale. Quindi, se la linea nera evidenzia i punti di massimo scorrimento raggiunti dalle colate piroclastiche, sul mare ufficialmente non c’è linea non perché non ci siano stati flussi, ma molto più semplicemente non sono stati referenziati geograficamente sui fondali. Questo significa che purtroppo su tutto il territorio circoscritto dalla linea nera Gurioli, grava il pericolo delle nubi ardenti e dei lahar.

Le barche romane comandate da Plinio il Vecchio nel 79 d.C., non riuscirono ad attraccare nella zona tra Ercolano ed Oplonti, forse per il rigonfiamento dei fondali, o forse neanche ci provarono perché la nobildonna Rectina, mittente di una richiesta d’aiuto, si trovava verso Pompei. Il dubbio resta…

Un’altra tesi potrebbe rimandare ai flussi piroclastici e di fango la modifica batimetrica sotto costa. Per evitare le secche, può darsi che Plinio abbia preferito tirare al largo proseguendo la navigazione fino a Stabia col favore di vento in poppa, incappando comunque e dal traverso di Torre Annunziata, in una battente pioggia di cenere, pomici e lapilli.

Il Comune di Torre del Greco, tra i comuni vesuviani è forse quello che presenta aspetti di maggiore vulnerabilità, perché una consistente parte della popolazione dimora e orbita nell’area del porto che segna una posizione mediana rispetto al Vesuvio ancorchè stretto tra mare e vulcano. Tra l’altro l’area portuale è molto periferica rispetto all’intera area comunale, al punto da collocarsi a ridosso del comune di Ercolano.
Vesuvio - foto Andrew Harris
Se dovesse presentarsi una situazione di rischio pre eruttivo, cioè una condizione di allerta vulcanica di attenzione o di preallarme, l’attesa per i cittadini torresi risulterebbe particolarmente snervante. Tecnicamente parlando infatti, ritrovarsi tra mare e monte, comporterebbe e costringerebbe gli abitanti della città del corallo a procedere parallelamente alla linea di costa, per fuggire secondo logiche e direttrici ineluttabili (nord). In questo caso e con le autovetture o i bus, occorrerà procedere accodandosi ai fuggitivi di San Giorgio a Cremano, Portici ed Ercolano, rinforzando massicciamente le schiere di autoveicoli in fila che possono allontanarsi sull’unica arteria disponibile, cioè l’autostrada A3 Napoli – Salerno. Anche proseguendo a piedi non cambierebbe la logica del discorso, con l’unica differenza che s’impegnerebbero percorsi diversi da quelli autostradali.

E ancora, se nella parte orientale del Vesuvio è ancora possibile e auspicabile costruire bretelle di collegamento all’autostrada A30 Caserta – Salerno, come quella che si innesta dalla SS 268 al casello di Palma Campania, nel settore occidentale, cioè quello marittimo, l’indice di affollamento e di conurbazione è tale da rendere problematica qualsiasi nuova progettazione viaria.

In tutti i casi l’autostrada Napoli – Salerno rimane l’unica carreggiata da utilizzare per un esodo massivo delle popolazioni che si allontanano con autoveicoli. Impegnare la viabilità ordinaria per sfuggire dai perimetri della linea nera infatti, è sconsigliabile se non vietato nella fase di allarme, ancorchè infruttuoso se non si è appiedati…
Così come riportato appena 23 anni fa sul periodico i “Quaderni Vesuviani”, la via del mare nonostante la sua dipendenza dalle condizioni meteo marine, variabili ma raramente proibitive, può essere una eccezionale risorsa da tenere in debita considerazione per i comuni della fascia costiera qualora si debba evacuare precipitosamente.

Il mare è una strada che consentirebbe con adeguati mezzi e infrastrutture, di alleggerire il traffico stradale, mettendosi così al riparo dal pericolo vulcanico percorrendo quelle poche miglia marine che separano i quartieri portuali, nel caso in questione di Torre del Greco, con il porto di Napoli. Cosa che non fu possibile invece agli ercolanesi nel 79 d.C., per mancanza d’imbarcazioni, ma anche perché rifugiandosi sulla spiaggia sotto alcuni fornici, mai avrebbero previsto di essere in un attimo mortalmente vaporizzati dalle travolgenti e roventi nubi ardenti da 350 gradi Celsius.

La possibilità che il fondale possa sollevarsi rendendo impraticabili i porti, è una condizione ascrivibile ai prodromi pre eruttivi, ma non repentina e certamente difficilmente riscontrabili durante la fase di attenzione e pre allarme.  La variazione delle batimetrie infatti, è un fenomeno già macroscopicamente avanzato, e dovrebbe potersi ascrivere esclusivamente a una fase di allarme vulcanico, e quindi senza popolazione sul posto oramai evacuata. Anche con voluminosi sollevamenti dei terreni o dei fondali, non ci sarebbero certezze matematiche sull’ineluttabilità dell’eruzione o sui tempi; purtuttavia in nessun caso il fenomeno potrebbe essere conciliabile con il dimoramento degli abitanti in loco.

Quando analizzammo la via del mare come risorsa strategica nel 2001, ci rendemmo immediatamente conto che poteva essere una possibilità con buoni margini di successo, perché nel Golfo di Napoli sono ordinariamente e normalmente in esercizio due tipi di battelli particolarmente utili in operazioni di rapido allontanamento: i catamarani e le monocarene. Trattasi di un naviglio veloce che ha di suo e come caratteristica principale oltre alla velocità, un basso pescaggio e una buona manovrabilità che non guastano nelle operazioni navali nei porti minori. Soprattutto sono imbarcazione permanentemente in servizio da e per le isole napoletane e quindi facilmente disponibili. Saranno proprio le brevi distanze da percorrere che favorirebbero una siffatta strategia emergenziale.

Gli equipaggi poi, hanno grande esperienza anche in condizioni estreme. Ognuno di questi traghetti potrebbe trasportare per ogni corsa e nel giro di pochi minuti, oltre 300 passeggeri in direzione porto di Napoli. Ovviamente lo sfruttamento di questa risorsa richiede la necessità di avere nei porti, oggetto di possibili operazioni marittime, un tratto di banchina conformata e attrezzata per l’attracco rapido di questi natanti. Bisogna poi contemplare viceversa, l’approdo torrese anche come centro di sbarco di eventuali aiuti provenienti non già da Miseno ma dal porto di Napoli.

Durante l’esercitazione Vesuvio 2001 tenutasi a Portici nell’omonimo anno, fu testata la via del mare come risorsa evacuativa alternativa per le popolazioni appiedate, utilizzando un traghetto veloce fatto giungere nel porto del Granatello (Portici). Seguimmo con attenzione le operazioni di attracco e imbarco e rimanemmo veramente meravigliati dalla rapidità della manovra e dalla velocità di crociera della monocarena, che alla partenza lasciò subito in coda tutti gli altri e pur veloci battelli d’appoggio.

I piani di emergenza e di evacuazione che tardano ad essere pubblicati sotto forma di vademecum, prevedono l’allontanamento della metà degli abitanti, circa 42.961 persone, da indirizzare alla stazione centrale di Napoli per imbarcarsi su convogli ferroviari con destinazione Lombardia.  Il trasporto da Torre del Greco a Napoli, avverrebbe tramite 1074 corse di autobus da effettuarsi in un massimo di 72 ore. Parliamo di circa 15 viaggi ora, cioè uno ogni 4 minuti… Con i traghetti veloci si arriverebbe invece alla stessa movimentazione di pubblico utilizzando nelle 72 ore disponibili un solo traghetto ogni mezzora e senza ingorghi.

L’amministrazione comunale di Torre del Greco dovrebbe forse appaltare all’esterno, così come ha fatto per il piano comunale di emergenza nel 2015, servizi di analisi e progettazione per pianificare una rivalutazione e ristrutturazione complessiva del porto nel senso della funzionalità delle banchine anche dal punto di vista della profondità dei fondali.

Nel 1989 l’esercitazione di protezione civile organizzata nell’area vesuviana simulando un terremoti di origine vulcanica, segnò l’insuccesso a causa dei traghetti carichi di mezzi e uomini del soccorso, che non poterono accedere nel porto pur provandoci, perché i fondali erano troppo bassi. Dovettero districarsi e dirigere su Torre Annunziata per poi proseguire sulla statale per Ercolano epicentro del sisma…

Per poter vivere con una certa serenità nel territorio vesuviano, occorre innanzitutto che sia bandita dalle genti l’indifferenza quale modus pensandi e operandi. Se non ci fosse stata l’indifferenza, non ci sarebbero stati venti anni di mancata sicurezza con una sopravvivenza legata forse alla clemenza geologica e non certo alla lungimiranza della politica.