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mercoledì 5 luglio 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: il piano di evacuazione? Da riscrivere... di MalKo


I vertici dell’INGV e dell’osservatorio vesuviano, insieme a dirigenti della protezione civile dipartimentale e regionale e prefettizia con l’aggiunta di qualche sindaco, si sono riuniti il 16 giugno 2023 all’auditorium di Bagnoli Futura a Napoli, per dar vita a un workshop scientifico a tema il rischio vulcanico nei Campi Flegrei. In tale assise è stato annunciato che saranno avviate opere per ampliare il sistema di monitoraggio della già attenzionata e “strumentalizzata” caldera flegrea, che, negli ultimi anni, tra frequenti terremoti a bassa energia e sollevamento del suolo e ancora notevoli emanazioni gassose a ridosso della Solfatara (Pisciarelli), continua a generare molte perplessità e timori nella popolazione che risiede in quella che indubbiamente è una zona rossa ad alta pericolosità vulcanica. Tant’è che il temibile super vulcano dal 2012 è in uno stato di unrest e quindi di allerta gialla che si protrae oramai da oltre dieci anni.

Il vice capo dipartimento della protezione civile, Titti Postiglione, ha dichiarato tra le altre cose, che:<< La partecipazione alla conferenza di oggi anche dei colleghi della Regione e della Prefettura di Napoli, dei Sindaci e tecnici della zona rossa flegrea, è testimonianza di un lavoro di squadra orientato alla prevenzione, che vede un impegno quotidiano in attività di aggiornamento della pianificazione, di formazione e di sensibilizzazione sul rischio”.

Il capo dell’INGV Carlo Doglioni, dal canto suo ha ricordato:<< che la caldera dei Campi Flegrei è oggetto di un monitoraggio continuo multi parametrico e l’attenzione dei ricercatori è massima per scorgere in ogni suo evento anche la più piccola variazione del sistema vulcanico>>.

Per il direttore dell’osservatorio vesuviano, Mauro Antonio Di Vito:<<Il workshop di oggi rappresenta sicuramente un punto fermo da cui partire sempre più velocemente e meglio per il monitoraggio, lo studio e le ricerche sui nostri vulcani ma, soprattutto, sulla caldera dei Campi Flegrei che è tra le più approfonditamente studiate al mondo e che offre spunti e prospettive notevoli per la comprensione della dinamica di vulcani in unrest>>.

In quest’incontro pare che si siano prefissati di individuare i percorsi per migliorare le tecniche e le tecnologie del monitoraggio, presumibilmente già finanziate, per valutare al meglio la pericolosità dei Campi Flegrei. Da questo punto di vista, già in altre occasioni pubbliche nel recente passato, è stata pubblicizzata la buona performance delle miracolose stazioni multi parametriche, che ci sembra di capire che saranno potenziate con altri avamposti da aggiungere a quelli esistenti, nei distretti vulcanici di Ischia, Campi Flegrei e Vesuvio. Tale sistema di rilevamento dati, che si avvale di acquisizione multipla dei valori geofisici e geochimici dallo stesso sito, necessita di posizionamenti poco disturbati dalle attività antropiche e in ogni caso ben collegati alla rete e ai sistemi di energia ausiliaria. Il sistema che integra e collega contemporaneamente le sale operative dell’INGV Roma, dell’osservatorio vesuviano (Napoli) e di quello etneo (Catania), consente di operare pure in memoria virtuale, lavorando su programmi e dati senza interferire con la rete che rimane nel mentre autonomamente gestibile e attiva.

Queste sale operative collegabili in videoconferenza, sembra che abbiano postazioni ubicate pure negli uffici dei dirigenti INGV e del dipartimento della protezione civile, probabilmente per consentire scambi di pareri sui dati visualizzabili da tutti in contemporanea. Presumibilmente questo sistema di collegamento in video e dati delle sale operative, è o sarà reso tra i più affidabili, senza che si corra il rischio di perdere il collegamento nei momenti magari cruciali come possono essere quelli a ridosso di una crisi vulcanica. Sicuramente le attività in videoconferenza, soprattutto nei momenti topici, è probabile che vengano registrate per dare esecuzione ad alcune direttive della presidenza del consiglio, circa la necessità di tracciare e mettere agli atti quello che si dice, che si valuta, così come tutte le decisioni assunte e da chi.

Per quanto riguarda il potenziamento della rete di monitoraggio in area vulcanica campana, si legge che sono state progettate e realizzate nuove stazioni valide per cogliere e registrare i valori sismo tiltmetrici e radonometrici, e che saranno installate in tre siti ubicati a Ischia, al Vesuvio e ai Campi Flegrei, ampliando così e notevolmente la possibilità di captare tra le altre cose, vari tipi di onde sismiche, comprese quelle che caratterizzano i tremori vulcanici. Per l’osservatorio vesuviano, l’utilizzo di stazioni multi parametriche dovrebbe migliorare la precisione del monitoraggio sismico e vulcanico, evitando per il futuro di fare delle figure barbine, come quella che il pregevole ente ha fatto in occasione del terremoto che si verificò a Ischia il 21 agosto del 2017: all’INGV-OV furono necessari quattro giorni per calcolare l’epicentro esatto del sisma, scatenando le critiche innanzitutto da parte di Enzo Boschi, ex presidente INGV, perché quell’epicentro lui l’aveva calcolato subito e a “mano”…

A fronte di cotanta strumentazione, rimane il dato incontrovertibile che l’acquisizione di valori anche multi parametrici e satellitari spinti al livello di apprezzamento micrometrico e molecolare, non risolve il problema della previsione dell’eruzione vulcanica. Quello dei vulcani infatti, è un sistema dinamico molto complesso, tanto che per azzardare una probabilità eruttiva occorrerebbe vagliare con attenzione i dati geofisici e geochimici che hanno caratterizzato innanzitutto le crisi pre eruttive e le eruzioni passate di ogni singolo apparato o distretto vulcanico, in modo da avere una base di partenza comparativa. Con l’Etna e con lo Stromboli, la previsione di eruzione è generalmente approcciabile, per la notevole quantità di dati acquisiti nel tempo su un buon numero di eventi; eruzioni che non solo sono state studiate nei dettagli, ma sono state pure vissute in prima persona dal personale INGV, che ha avuto la possibilità di acquisire pure sensazioni e sensibilità di sicura utilità valutativa. Questo non vale per i vulcani campani che rimangono, soprattutto nel flegreo, al di là delle indagini campali su prodotti protostorici, degli illustri sconosciuti… D’altro canto apprezzare il sollevamento di un millesimo di millimetro in un’area che si solleva a metri, non ha un eccezionale valore previsionistico in quella che è una zona già soggetta per il passato a crisi di tutto rispetto, che, oggi come allora, rimangono insondabili circa l'esito finale delle turbolenze sotterranee che si prestano a qualsiasi tipo di evoluzione. Ad aprile del 1984 fu consigliato a chi poteva di lasciare il centro storico di Pozzuoli, quello a ridosso del mare: terremoti e innalzamento incalzavano pericolosamente. Si fu a un passo dall’allarme generale… Poi passarono le ore e i giorni e tutto rientrò. Questi sono i Campi Flegrei, ma non sempre sarà così.

Un ulteriore incontro informativo sulla caldera dei Campi Flegrei si è tenuto a Pozzuoli il 3 luglio 2023. Erano presenti le massime autorità del dipartimento della protezione civile nazionale e del mondo scientifico a iniziare dall’osservatorio vesuviano e da altri centri di competenza, compreso ACaMIR, l’Agenzia Campana per la Mobilità, le Infrastrutture e le Reti. Ha relazionato pure il Direttore scientifico del Centro Studi Plinivs, chiarendo che la magnitudo massima che può liberarsi nei Campi Flegrei è di 4,5 con ipocentri a 2-4 chilometri di profondità. Con siffatti valori ha affermato l’esperto, il potenziale distruttivo è limitato. Il rappresentante del CNR-Irea invece, ha ricordato che sono 30 anni che effettuano osservazioni con radar interferometrici satellitari sui Campi Flegrei, ad ultimo utilizzando i satelliti Sentinel, confermando che la massima deformazione verticale si misura oggi come allora, al Rione Terra di Pozzuoli.



Non si può non notare che il workshop del 16 giugno 2023 è stato tenuto a Bagnoli, quartiere occidentale di Napoli, luogo simbolo della mancata prevenzione della catastrofe vulcanica, atteso che in questa zona rimangono in galleggiamento pre attuativo importanti progetti votati allo spazio libero, al verde e alla cultura, ma anche alla rigenerazione urbana, comprendente la realizzazione di magioni di pregevole fattura sull’ambitissimo fronte mare. In questo modo si aumenta il numero di residenti nella caldera, assestando un duro colpo a qualsiasi politica votata alla precauzione che intanto non c'è. Finché la politica non instaurerà il divieto di cementificare per scopi abitativi in un’area ad alta pericolosità vulcanica come quella flegrea, la parola prevenzione non è altro che un pourparler, un corpo vuoto votato alla propaganda. Anche i nuovi studi scientifici ampiamente pubblicizzati come quello dell’elasticità e inelasticità della crosta calderica mediamente superficiale, non apportano certezze, ma hanno il solo scopo di affiggere alla bacheca della scienza una ipotesi tra le tante, in attesa dell'eruzione che verrà, che potrebbe confermare o confutare le tesi prospettate che rimangono, ci sembra, eruzione o non eruzione, in un limbo di indeterminatezza …

Alle incertezze della scienza e alla incapacità politica di applicare regole di prevenzione, rimane allora la concretezza dell'azione amministrativa, organizzativa e operativa, votata in tempi di allarme vulcanico, a tutte le modalità per garantire un allontanamento possibilmente ordinato delle popolazioni a rischio dalla zona rossa flegrea (500.000 ab.). Il pragmatico professor Edoardo Cosenza, assessore alle infrastrutture, mobilità e protezione civile del comune di Napoli, forse è l’ispiratore di una gara pubblica per riscrivere i piani di evacuazione per la zona rossa dei Campi Flegrei. Il bando di gara recita testualmente: affidamento del servizio di redazione del piano di esodo comunale per il rischio vulcanico dei Campi Flegrei e delle attività connesse di informatizzazione, partecipazione, comunicazione, monitoraggio, con contestuale aggiornamento del Piano Comunale di Protezione Civile>>. Presumiamo che la riscrittura sia limitata alle municipalità partenopee, anche se l’interconnessione territoriale con il puteolano è di tutta evidenza, considerando tra l’altro, che non pochi cittadini di Pozzuoli attraverso l’evacuazione assistita dovrebbero recarsi all’imbarco dei treni veloci alla stazione centrale di piazza Garibaldi.

Alla domanda di un cittadino sul perché si sceglie di portare i puteolani alla stazione di Napoli e non a quella di Villa Literno, il rappresentante della società ACaMIR, ha risposto che la scelta di piazza Garibaldi è stata dettata dal fatto che è la stazione più vicina dove è possibile utilizzare i treni veloci. Da un punto di vista emergenziale, riteniamo che non sia una scelta saggia quella di indirizzare la popolazione verso Napoli, perché la necessità primaria è quella di garantire innanzitutto l’allontanamento in garanzia dalla zona rossa, e non la rapidità del trasporto attraverso un trasbordo nel luogo più caotico del capoluogo campano.

L’iniziativa del comune di Napoli di riscrivere i piani di evacuazione a fronte del rischio eruttivo ai Campi Flegrei, ci sembra di fondamentale importanza, soprattutto se il capace assessore alla protezione civile individua pure soluzioni viarie strategiche e magari da realizzare in un prossimo futuro. Il bando di gara per garantire un esodo disciplinato delle popolazioni esposte al rischio eruttivo attraverso valutazioni informatiche applicate ai trasporti, scadrà a fine luglio 2023. I tempi operativi per la stesura del nuovo piano saranno misurati in 18 mesi dal momento della firma del contratto. I piani saranno pronti nel 2025. Ci sembra alquanto strano che questa notizia non sia stata diffusa nel workshop di Bagnoli o in quello recentissimo di Pozzuoli. In entrambi i casi le autorità presenzianti avrebbero potuto anticipare questa notizia proveniente da palazzo San Giacomo (Comune di Napoli), magari spiegando pur se con qualche imbarazzo, i motivi che hanno spinto a varare una gara da 150.000 euro per riscrivere dei piani di evacuazione che tutti ritenevano scritti e riscritti da tempo.

La prevenzione del rischio vulcanico ci sembra nel nostro caso argomento beffardo, dimostrato pure dal capitolato di questa gara per la realizzazione dei piani di esodo, che nelle premesse all’art. 2, recita testualmente:<< Il sistema vulcanico flegreo, situato a nord-ovest della città di Napoli, è contraddistinto da una vasta area calderica caratterizzata dalla compresenza di numerosi crateri nonché dalla peculiare aleatorietà legata alla localizzazione delle bocche eruttive. Studi recenti, tuttavia, identificano all’interno della caldera flegrea due aree principali a maggiore probabilità di apertura di future bocche eruttive. L’area a massima probabilità è localizzata grossomodo nella zona di Astroni-Agnano, mentre la seconda area per valori di probabilità è localizzata in corrispondenza di Averno-Monte Nuovo. Accanto a ciò va considerata anche la possibilità di verificarsi di particolari fenomeni esplosivi, noti come esplosioni freatiche, in aree con intensa attività idrotermale (area Solfatara/Pisciarelli), o dove esistano significative disponibilità di acqua superficiale, quali ambienti lacustri (Agnano), laghi intra-craterici (Averno) e mare (Golfo di Pozzuoli)>>.

Chi ha promosso la necessità di riscrivere il piano di esodo (evacuazione) dei Campi Flegrei, con questa premessa, avrebbe dovuto avere alle spalle non poche iniziative volte a proporre innanzitutto una legge regionale che vieti in zona ad alta pericolosità vulcanica come quella flegrea, ulteriori insediamenti residenziali per limitare il numero di abitanti, quale misura necessaria per contenere il valore esposto e con esso la sostenibilità dei piani di evacuazione. Che si continui ad “accatastare” ancora gente su gente in quella che è la caldera di un super vulcano, ci sembra un’azione insensata anche in danno ai posteri che si ritroveranno a vivere dentro una calderopoli. Purtroppo l’impegno dell’amministrazione pubblica è sempre incentrato sulla post catastrofe e non sulla prevenzione della catastrofe che non paga in termini di consenso elettorale. Da tempo vige il concetto che si pensa più a quello che si costruisce che al dove lo si costruisce…

Rimane poi l’ulteriore interrogativo sul perché l’ufficio protezione civile del comune di Napoli ha sentito la necessità di bandire una gara per riscrivere i piani di evacuazione. Sono decenni che si pianifica. A marzo 2023 è stato riproposto pure un - aggiornamento della pianificazione di emergenza a fini dell’evacuazione cautelativa della popolazione dalla zona rossa dei Campi Flegrei – elaborato da ACaMIR. Ora il Comune di Napoli rimette tutto in discussione: perché?

Pragmaticamente, a fronte del lassismo nelle pratiche di prevenzione territoriali, le cosiddette autorità competenti si sono lanciate a peso morto sulla scienza, acchè tiri fuori dal cappello la panacea di tutte le emergenze vulcaniche: la previsione dell’evento, il vaccino capace di guarire dal virus della mancata prevenzione della catastrofe vulcanica. Purtroppo la scienza può solo tergiversare sulla capacità previsionale, esibendo una ingente strumentazione ubicata in tutta l’area occidentale di Napoli, tra l’altro un territorio sotto costante monitoraggio pure dei radar interferometrici satellitari. La precisione dei dati geofisici e geochimici è sicuramente importante, ma ancora di più sarebbero le soglie, i limiti oltre il quale è possibile dichiarare che il vulcano con quelle deformazioni, con quelle concentrazioni chimiche e con quei sussulti sismici, presenta dinamiche pre eruttive nel breve termine. Purtroppo le soglie non ci sono e saranno argomento che tratterà all’occorrenza in tutta fretta la commissione grandi rischi per il rischio vulcanico a porte rigorosamente chiuse, dopo aver sentito i portatori d'interessi a porte aperte...

I piani di evacuazione per un siffatto pericolo vulcanico, dovrebbero essere di semplice interpretazione ed esecuzione, partendo dal principio che anche il meno colto o il meno provveduto di mezzi elettronici fissi e portatili, sappia con una certa precisione cosa fare all’occorrenza. La dirigente del comune di Pozzuoli ha spiegato la bontà del sistema evacuativo comunale, chiarendo che per evacuare alla proclamazione dell’allarme, bisognerà aspettare il turno zonale orario. Nella fattispecie del discorso, accedendo al webgis sul portale del comune di Pozzuoli, si ottiene, inserendo via e numero civico, quando evacuare. Nell’esempio utilizzato dalla responsabile, è uscito la turnazione di allontanamento alla 29esima ora. Occorre precisare che per capire esattamente a che ora andarsene, giocoforza bisogna calcolare 29 ore contandole dopo le 12 ore dalla proclamazione dell’allarme… Ma in queste prime 12 ore è possibile andarsene gambe in spalla ?

 

 






mercoledì 15 febbraio 2023

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: auspici o previsioni scientifiche? di MalKo

 



Il piano di emergenza a fronte del rischio vulcanico ai Campi Flegrei, si basa su alcuni presupposti fondamentali, gravati da un grosso carico di incertezze. Il primo fra tutti riguarda da quale futura tipologia eruttiva bisognerà difendersi. Infatti, la scelta già fatta circa l’eruzione di riferimento, è stata propedeutica per dimensionare la zona rossa flegrea. Gli organi competenti ritennero l’adozione di uno scenario eruttivo VEI4 in linea con le attuali necessità di protezione dell’area esposta. Rispetto al Vesuvio però, per i Campi Flegrei sussiste l’ulteriore incertezza sul dove potrebbe aprirsi la bocca o le bocche eruttive. La plaga ha una superficie di circa 450 km2, tant’è che la zona rossa e nelle incertezze, è stata dimensionata all’intera area calderica.



In termini strategici, dopo aver individuato probabilisticamente l’eruzione di riferimento, occorreva conseguentemente determinare e per quanto possibile, gli indicatori di rischio che al momento non sono deterministici. Questi, di natura geochimica e geofisica, sono i dati di monitoraggio acquisiti dall’osservatorio vesuviano, che vengono analizzati dagli esperti per cogliere eventuali indizi di pericolosità, ovvero di disequilibrio delle forze sotterranee. Da questo punto di vista, gli elementi maggiormente significativi che vengono costantemente monitorati, sono quelli che riguardano in particolare:

  1.        La sismicità;
  2.         La deformazione dei suoli;
  3.         La quantità e la qualità dei gas rilasciati in atmosfera;
  4.         La temperatura e la composizione chimica dei fluidi delle fumarole;
  5.         Altri elementi…

L’osservatorio vesuviano mette insieme tutti i dati di monitoraggio trasmettendoli alla protezione civile nazionale, che in caso di anomalie si avvale della consulenza della commissione grandi rischi (CGR), organo scientifico di massimo livello, deputata ad esprimere un parere finale sul livello di allerta da assegnare al distretto vulcanico in esame. Nei Campi Flegrei, il livello di pericolo attuale già vigente dal 2012 è di attenzione (giallo). Questi livelli non hanno una tempistica collaudata o aritmeticamente progressiva. Mentre passare dal verde a uno stato di pericolosità giallo è abbastanza agile con dichiarazione del capo dipartimento della protezione civile, molto meno semplice risulterebbe l’ingresso in una condizione di preallarme (arancione) se non di allarme (rosso), perché non c’è esperienza pregressa sul comportamento del super vulcano, e i famosi indicatori di rischio potrebbero essere portatori di falsi allarmi o di mancati allarmi. Il livello arancione e rosso implica l’attivazione del piano di emergenza nazionale, quindi questi due livelli che vanno a braccetto con le fasi operative, possono essere dichiarati solo dal presidente del consiglio dei ministri.

A fronte di immani eruzioni del passato, l’ultimo evento registrato nel flegreo riguarda la misurata eruzione del Monte Nuovo nel 1538. Sono quindi quasi 500 anni che nei Campi Flegrei non si verifica un’eruzione, anche se sono presenti tutti i segnali che denotano un sottosuolo vulcanico alquanto irrequieto e poco sondabile, con eventi sismici, sollevamento dei suoli e importanti degassazioni di anidride carbonica. Fenomeni nell’attualità non eclatanti, e quindi ritenuti dall’autorità governativa, elementi tutto sommato di attenzione e non sufficienti per il passaggio alla fase di preallarme (livello arancione). 

L’ex direttore Giovanni Macedonio, in un programma su Rai cultura, chiarì che le deformazioni in area calderica sono più ambigue da interpretare, perché potremmo avere grandi sollevamenti senza eruzioni vulcaniche, e viceversa piccoli sollevamenti che portano all’eruzione. Gli studi, aggiunse, sono rivolti a dare un’interpretazione ai dati di monitoraggio, per coglierne aspetti e misure che portino a ritenere possibile un’eruzione. In altre parole, la scienza dei vulcani è un work in progress.

Livelli di allerta vulcanica (OV)


Nei Campi Flegrei capeggia tra l’altro il fenomeno del bradisismo: ancora non è possibile capire con certezza, se il sollevamento dei suoli è dovuto all’acqua in abundantia che pregna i terreni, che a sua volta raggiunge sul fondo la superficie magmatica, surriscaldandosi e premendo come vapore verso la massa meno consistente ubicata in alto.  Diversamente, si ipotizza pure che il magma possa essersi insinuato a pochi chilometri dalla superficie, inserendosi negli strati imbibiti come intrusione nella crosta già fratturata e resa debole dai movimenti ascendenti e discendenti. In tutti i casi comunque, la discussione alla fine è solo sulla profondità del magma (3-8 Km.), con tutto quello che ne concerne, e che rimane l’elemento fondamentale che attiva il fenomeno del bradisismo e che in ultima analisi alimenta il pericolo eruttivo.

Nella tabella soprastante redatta dall’INGV, c’è una novità rispetto ad altri e analoghi prospetti stilati nel passato: non è più indicato, tra un livello e un altro, il tempo di attesa eruzione. Presumibilmente non è una dimenticanza, ma molto verosimilmente la consapevolezza che indicare tempi equivale a produrre una previsione che in realtà nessuno è in grado di fare.  Anche perché non essendoci parametri numerici di riferimento, all’occorrenza l’allarme non può che pervenire dalla valutazione degli scienziati della commissione grandi rischi. Infatti, se dovessero essere preoccupanti le valutazioni finali di pericolosità (CGR), spetterebbe al premier la decisione o meno di evacuare la zona rossa flegrea e non all’osservatorio vesuviano, che in tutti i casi farà parte del comitato ristretto come centro di competenza.  

Che i fenomeni naturali abbiano delle complessità di tutto rispetto, alla fine hanno reso cauto pure l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), che anche nei bollettini settimanali ai Campi Flegrei chiarisce alcune cose :<<L'INGV fornisce informazioni scientifiche utilizzando le migliori conoscenze scientifiche disponibili; tuttavia, in conseguenza della complessità dei fenomeni naturali in oggetto, nulla può essere imputato all'INGV circa l'eventuale incompletezza ed incertezza dei dati riportati e circa accadimenti futuri che differiscano da eventuali affermazioni a carattere previsionale presenti in questo documento. Tali affermazioni, infatti, sono per loro natura affette da intrinseca incertezza>>.

In un recente convegno che vide la partecipazione del dirigente regionale Campania della protezione civile e del direttore operativo coordinamento emergenze del dipartimento della protezione civile, furono declamati alcuni concetti legati all’affaire rischio vulcanico ai Campi Flegrei così riassumibili:

  1. Sbagliato pensare che l'evacuazione possa avvenire con eruzione in corso;
  2. L'attività di allontanamento avverrà molto prima che l'eruzione si verifichi;
  3. Non dobbiamo immaginare di scappare con l'eruzione alle spalle;
  4. Non ci sarà un campanello d'allarme e tutti che scapperemo contemporaneamente.

Parole molto rassicuranti. È interessante notare come nelle sedi giudiziarie di recente è saltato fuori che le comunicazioni circa la pericolosità di un fattore come quello sismico, verosimilmente associabile a quello vulcanico, ricada sull’ente tecnico e non sul consesso scientifico. Infatti, in realtà simili affermazioni potrebbero suonare come una previsione, del resto più che confortante, in un contesto però, in cui l’INGV si chiama fuori da previsioni di accadimenti (vulcanici), dichiarando che per loro natura sono fenomeni affetti da intrinseca incertezza.  




Appare in controtendenza quello che scrive da un’altra parte l’INGV- osservatorio vesuviano, che risponde così a questa domanda: è' possibile prevedere la prossima eruzione del Vesuvio o dei Campi Flegrei? Risposta :<< Non è possibile prevedere a lungo termine quando ci sarà la prossima eruzione. Tuttavia, grazie alla sorveglianza del vulcano è possibile rilevare con ampio anticipo l'insorgenza di fenomeni precursori, che generalmente precedono un'eruzione, e procedere all'evacuazione prima che avvenga l'eruzione>>.

Le deduzioni finali imporrebbero all’INGV di usare forse termini maggiormente adeguati ai criteri dichiarati di “intrinseca incertezza”. Diversamente il cittadino potrebbe pensare che si vuole rassicurare senza per questo assumersi responsabilità, magari perché c’è l’esempio eclatante del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, dove a fronte della fallace previsione ad excludendum, la commissione grandi rischi giudiziariamente ne uscì indenne, e unico responsabile risultò il vice capo dipartimento della protezione civile perché ricopriva un ruolo amministrativo. D’altro canto e a riprova, la presidenza del consiglio è stata chiamata a risarcire i danni di quel terremoto…

In tutto questo c’è una morale. I cittadini che vivono nelle zone rosse vulcaniche, devono capire che ci sono dei limiti oggettivamente insuperabili in quella che è la previsione dell’evento eruttivo, e quindi ciò che è auspicabile non è ciò che è prevedibile. Chi invece deve rispondere in materia pragmatica del proprio operato, senza trincerarsi dietro all'aleatorietà della natura, è l’autorità amministrativa. Sindaco, Presidente regionale, Presidenza del consiglio, magari attraverso le loro strutture tecniche e politiche dedicate.

Organizzare riunioni con scienziati che ripetono che l’osservatorio vesuviano è il più vecchio del mondo, che Vesuvio e Campi Flegrei sono i vulcani più monitorati del mondo, ed elencano con enfasi strumentazioni e uso dei satelliti per esercitare un monitoraggio permanente passandolo come sinonimo di controllo, non risolve il problema della previsione dell’eruzione, fermo restante la bontà delle affermazioni che servono anche per richiedere fondi dedicati. La previsione in assenza di un pregresso documentato può essere un azzardo, a meno che non si ordini una evacuazione presumibilmente in netto anticipo sui tempi, e così sembra, accettando il falso allarme. La certezza dell’eruzione, allo stato dell’arte, può essere data solo dalla colonna eruttiva…

In conclusione, occorrerebbe organizzare pure riunioni anche e solo con l’autorità politica e amministrativa; questi eletti dovranno dire tra le altre cose e per esempio, perché non s’instaura un divieto di costruire in senso residenziale nella zona rossa flegrea, alla stregua di quanto fatto al Vesuvio, quale misura opportuna per limitare il valore esposto… E poi rispondere sulla bontà dei piani di evacuazione...