Il Vesuvio visto dal treno |
Quando si affronta discorsivamente un pericolo
come quello vulcanico, imponderabile nei tempi e nell’intensità energetica e quindi nella prospettiva di danno, occorre inquadrare l’argomento e le
differenze che lo caratterizzano nei suoi aspetti principali:
- Non tutti i
vulcani sono uguali e quindi le caratteristiche geologiche di uno non valgono
per l’altro;
- Ogni eruzione
anche se scaturisce dallo stesso apparato è sempre diversa da qualsiasi altra
eruzione precedente;
- I prodromi
pre eruttivi si differenziano in ogni eruzione tanto per la diversificazione
dei fenomeni, quanto per i tempi di insorgenza, intensità e durata;
- I vulcani a
condotto chiuso hanno generalmente caratteristiche diverse da quelli a condotto aperto;
- Le caldere
vulcaniche hanno notevoli differenze rispetto ai distretti vulcanici
caratterizzati da un rilievo montuoso quale centro eruttivo;
- I vulcani
sottomarini hanno incidenze di pericolo diverse da quelli subaerei, perché di solito sott’acqua scema la pericolosità eruttiva ma può innescarsi quella delle frane
che potrebbero scatenare maremoti;
- I vulcani che
coi loro prodotti eruttivi formano isole, hanno un potenziale di pericolo
diverso da quelli basati sulla terraferma;
- In Campania ci sono tutte le tipologie di vulcani appena indicate compresi quelli sottomarini che caratterizzano i fondali al largo del Cilento.
Come abbiamo scritto in altre occasioni, riusciamo a convivere con i vulcani perché le eruzioni,soprattutto quelle di un certo livello energetico sono un fatto piuttosto raro. Chi è nato nel vesuviano nel 1944, data dell’ultima eruzione, oggi ha 75 anni e quindi non dovrebbe essere testimone ricordevole di un’eruzione, tranne rari casi riferibili a soggetti con un’età prossima o superiore ai 90 anni. Chi abita il flegreo non può essere stato matematicamente spettatore di un evento eruttivo perché l’area dei Campi Flegrei vive il suo 481 esimo anno di quiete vulcanica. A Ischia la pace geologica è ancora più acclarata, visto che non si segnalano eruzioni da 781 anni.
In
Italia ma anche in tante altre parti del mondo, quando si registrano condizioni
di disequilibrio, di agitazione (unrest) nelle viscere o nell'apparato vulcanico, si
utilizzano colori o termini per marcare il livello di criticità,cioè di
allerta vulcanica. La scheda sottostante per quanto riduttiva è forse quella più chiara
sull’argomento.
I livelli di allerta vulcanica |
La
variazione dei parametri controllati comporta un passaggio da un livello all’altro
in tempi non quantificabili, perché la progressione al rialzo e talora al
ribasso dell’allerta, che non ha un procedere temporale da moto uniforme o uniformemente
accelerato, dipende da elementi fisici e chimici in contesti dinamici, poco conosciuti
e non quantificabili in termini di energie e resistenze e accumuli.
D’altra
parte lo stesso Dipartimento della Protezione Civile per il vulcano Stromboli
ha precisato che bisogna tener presente:<<…
anche quando il livello di allerta è “verde” il rischio non è mai assente e
che, come per ogni vulcano,
il passaggio di livello di allerta può non avvenire necessariamente in modo
sequenziale o graduale, essendo sempre possibili variazioni repentine o
improvvise dell’attività, anche del tutto impreviste>>.
Con
queste premesse appare alquanto strano che nell’attualità il Dipartimento della
Protezione Civile abbia mantenuto nelle sue pagine web e per il Vesuvio, i
livelli di allerta vulcanica indicati nella bozza di piano del 2001, che
riportano anche un ulteriore dato offerto in chiave deterministica: i tempi di attesa eruzione.
Questi sono da
considerarsi una vera previsione
scientifica ad excludendum dell’evento vulcanico. Evidentemente il terremoto dell’Aquila e il susseguente
processo alla commissione grandi rischi, sono un ricordo troppo lontano per
avere una funzione pedagogica attuale. La tabella è quella sotto riportata:
Secondo queste indicazioni, un’eruzione può manifestarsi dopo un tempo di quiescenza indefinito e comunque non meno di diversi mesi dalla
variazione dei parametri controllati. La proclamazione dello stato di allarme,
secondo gli esperti del dicastero, verrebbe diffusa con un margine di settimane
prima del verificarsi dell’evento eruttivo.
In
realtà siamo di tutt’altro avviso. I tempi di eruzione sono indefiniti e
indefinibili con le conoscenze attuali. I tempi di attesa eruzione indicati
nella tabella soprastante non corrispondono all’attualità scientifica, e il
Dipartimento si assume una grave responsabilità a declamarli, perché in realtà
non ci sono parametri neanche per definire la soglia di inizio dello
stato di allarme, cioè il punto da dove incominciare a contare le due settimane di attesa eruzione.
Possiamo
solo dire che la sensibilità della strumentazione di monitoraggio, potrà anticipare lo stato di attenzione
vulcanica, ma un’eventuale escalation dei parametri controllati non prevede una
soglia minima di sicurezza o una soglia massima per introdurre il successivo
livello di allerta vulcanica propedeutico alle fasi operative. Infatti, dalla condizione di attenzione in poi,
tutte le decisioni di proclamazione dello stato di pre allarme e allarme,
saranno in capo al potere politico.
Le
nostre misure di salvaguardia sono racchiuse allora nei prodromi pre
eruttivi: questi segnali che cambiano da eruzione a eruzione e da vulcano a
vulcano, sono gli elementi su cui si basa la previsione corta di quelle che potrebbero essere delle dirompenze magmatiche in
arrivo e che magari si arrestano a pochi chilometri dalla superficie (mancata eruzione). La capacità tecnologica di cogliere i micro segnali fisici e chimici
che registrano sul nascere una variazione dei parametri di monitoraggio
vulcanico, sono elementi che devono essere soppesati e valutati soprattutto dalla
commissione grandi rischi sezione
rischio vulcanico che, ponderando le notizie pervenute dai centri di
competenza (Osservatorio Vesuviano), offrirà all’autorità politica un parere di
pericolosità vulcanica, ma non la decisione ultima che spetta, almeno fino alle
prossime elezioni, al premier Prof. Giuseppe
Conte che detiene i poteri di ordinanza e una serie di funzioni vitali
supportate dal Comitato Operativo della Protezione Civile e presumibilmente dai
ministri competenti.
Un'altra riflessione è che le proprietà immobiliari sono inamovibili, e quindi il
danno economico non è scongiurabile neanche con la più infallibile delle
previsioni eruttive: la collocazione geografica non perdona... Occorre dire che
la perdita delle proprietà certamente ha ben poca importanza rispetto
all’incolumità fisica, ma non si può non riflettere sul fatto che cambierebbe
per ogni sfollato la qualità della vita. Ovviamente la regola vale soprattutto
per chi non ha residenze alternative o mezzi economici consistenti. Calcolando
550.000 evacuati nel flegreo, ci sarebbe all’occorrenza la necessità di
reperire oltre 180.000 case che non potrebbero essere ricollocate nelle
zone attraversate dalle colate piroclastiche o reinsediabili magari ancora in area vulcanica inventandosi altrettanti
rioni Toiano 2 e 3 e Monterusciello 2 e 3…
Ma
c’è un altro aspetto della faccenda: quello degli abusi edilizi, perché oltre ad essere titolari di diritti,
dovremmo essere anche titolari di doveri, come quello di non costruire
abusivamente in barba a leggi e regolamenti, in modo da essere a pieno titolo
contemplati e all’occorrenza, fra quelli che devono essere assegnatari di case
erogate dal sistema di pubblica assistenza. Il nostro pensiero, a proposito
delle case realizzate abusivamente nei settori a pericolosità vulcanica, è
quella sì di sanare gli abusi per evitare un conflitto sociale, ma renderli senza valore commerciale, cioè invendibili
per evitare la trasmissione del rischio vulcanico dall'autore dell'insediamento a terzi.
Il
Dipartimento della Protezione Civile nella pagina dedicata all’aggiornamento
del piano nazionale di protezione civile, per il Vesuvio riporta testualmente: <<La nuova zona rossa, a differenza di quella individuata
nel Piano del 2001, comprende oltre a un’area
esposta all’invasione di flussi piroclastici (zona rossa 1) anche
un’area soggetta ad elevato rischio di crollo delle coperture degli edifici per
l’accumulo di depositi piroclastici (zona rossa 2). La ridefinizione di
quest’area ha previsto anche il coinvolgimento di alcuni Comuni che hanno
potuto indicare, d’intesa con la Regione, quale parte del proprio territorio
far ricadere nella zona da evacuare>>.
In
realtà la zona rossa 2, quella soggetta a elevato rischio di crollo delle
coperture, in caso di allarme vulcanico deve essere totalmente evacuata senza alcun distinguo: lo dice la direttiva Vesuvio del 14 febbraio
2014 a firma del Presidente del Consiglio Enrico Letta. Non ci risulta infatti,
per la ridefinizione di quest’area (rossa 2), che alcuni Comuni siano stati
coinvolti per decidere unitamente alla Regione Campania, quale parte dei loro
territori far ricadere nella zona rossa da evacuare. Il Dipartimento forse ha fatto confusione, perché alcuni
Comuni inzialmente hanno tentato di differenziarsi, ma la chiamata in causa è stata per stabilire quale parte del
loro territorio doveva includersi cautelativamente nel perimetro della zona rossa 1 e quindi nella morsa della
legge regionale 21/2003 che vieta la realizzazione di nuove residenze nella
zona ad alta pericolosità vulcanica.
Qualche porzione di territorio l’hanno ceduta i Comuni di Nola, San Gennaro Vesuviano e più
ancora Palma Campania. Il Comune di Napoli invece, Poggiomarino e soprattutto
Scafati, sostanzialmente non hanno ceduto il resto di niente, per dirla alla Eleonora
Pimentel Fonseca…
Forse
il Dipartimento dovrebbe incominciare ad interessarsi seriamente al rischio
vulcanico, analizzando i propri scritti dopo aver visionato bene i rapporti e i pareri scientifici, e poi quelli amministrativi prodotti dalla Regione, e per finire analizzare le carte compilate
dalle amministrazioni comunali, tentando alla fine un'operazione di armonizzazione dei vari testi, senza per questo ledere il diritto alla conoscenza e alla sicurezza dei cittadini esposti.
In chiusura vorremmo chiarire al Dipartimento, che nella
zona rossa 1 vige il divieto di edificare palazzi; nella zona rossa 2 invece, si
possono ancora costruire fabbricati e case e ville e mansarde con regolare licenza
edilizia, in quanto questa zona è classificata solo a pericolosità vulcanica, mentre
la rossa 1 ad alta pericolosità vulcanica… fermo restante che sia i
cittadini della zona rossa 1 che quelli della zona rossa 2, alla diramazione
dell’allarme devono scappare gambe in spalle senza alcuna distinzione di sorta.
Zona rossa totale soggetta all'evacuazione preventiva in caso di allarme eruttivo |
Una
situazione che dal punto di vista della prevenzione è paradossale… ma è figlia
della cultura politica ingegnerizzata in auge qualche anno fa, che
declamava, che se volessimo prendere in esame il peggio di ogni elemento di
pericolo, per le alluvioni occorrerebbe prendere in esame il diluvio universale,
soprattutto da tutti coloro che non si chiamano Noè.
Il nostro sospetto è che il libro Il Vesuvio Universale
della scrittrice Maria Pace Ottieri, abbia
preso spunto dall’affermazione appena riportata, nel senso analogico dell’evento massimo
conosciuto nella storia del Vesuvio...
Ci
sono fondati motivi per ritenere il dott. geologo Italo Giulivo, dell’Ufficio
III attività tecnico scientifiche Previsione e Prevenzione dei Rischi del
Dipartimento della Protezione Civile, come il più competente a spiegare nella campagna io non rischio, com’è possibile
che nella zona rossa 2 si costruisca alacremente e nei Campi Flegrei non è
stata varata ancora alcuna norma anti cemento, se non impegni che vanno nel senso opposto in quel di Bagnoli. Ed ancora l’alto dirigente spieghi ai cittadini e alle scolaresche che si presenteranno ai gazebi di Pozzuoli o di Napoli durante l'esercitazione EXE 2019, come
mai i livelli di allerta del Vesuvio riportano un elemento deterministico come
quello sui tempi di attesa eruzione, e perchè nelle pagine web ad oggetto dossier Vesuvio, la zona
rossa 2 non è definita correttamente; ed ancora perchè da oltre un ventennio non si riescono a mettere a punto i piani di evacuazione per le aree vulcaniche campane... Pompei, la patria per antonomasia delle eruzioni esplosive, non ha ancora un piano di evacuazione.
E' intuibile che, per chi non ha mai approfondito il rebus rischio Vesuvio e Campi
Flegrei, in tutte le sue complicazioni e contraddizioni e tortuosità, come sia veramente difficile riuscire a discernere e operare un distinguo tra realtà e propaganda, e tra il mediatico e il pragmatico.
Le giovani leve che un giorno saranno vesuviani e flegrei, forse dovrebbero mettersi un cartello sotto al braccio alla stregua di Greta Thunberg, magari per chiedere sicurezza preventiva e operativa, atteso che la loro vita e quella dei loro figli si svolge e si svolgerà sul groppone di un enorme e incontrollabile bacino magmatico, in un contesto sociale dove la vita umana è soggetta anch'essa a pratiche accademiche e istituzionali di rischio accettabile, appena mitigato da pillole di papaverina esercitativa.
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