Comitato Operativo Protezione Civile Nazionale |
Un piano di emergenza a fronte del rischio vulcanico è un documento complesso e soprattutto oltremodo responsabilizzante che richiede una stretta collaborazione tra il mondo scientifico e quello tecnico, onde consentire a chi deve premere il pulsante di allarme (presidente del consiglio), di poterlo fare avendo ben presente il quadro della situazione e del rischio. Per mitigare lo stress decisionale legato a una funzione che implica cambiamenti repentini della normalità su vasta scala, si è messo a punto una tavola di colori che in modo sintetico e intuitivo rappresenta l'incalzare dei sintomi prodromici fino all'eruzione.
I 4 livelli di allerta vulcanica |
Occorre subito dire che, per il passaggio da un colore all'altro non c’è nessuna tempistica
codificata, tant'è che potrebbero passare mesi, giorni o poche ore, oppure che si salti letteralmente un livello in assenza di stasi perdurante degli indicatori di pericolo. Ad esempio si potrebbe
passare dal giallo al rosso direttamente. Una possibilità tutt'altro che remota. D’altra parte i livelli di allerta vulcanica potrebbero anche
recedere, ma presumibilmente in tempi lunghi rispetto all'incremento.
La decisione di dichiarare lo stato di preallarme (arancione) vulcanico è forse la più difficile. La più difficile perché il decisore si troverebbe di fronte a una condizione mai sperimentata prima, né per il Vesuvio e né per i Campi Flegrei. Infatti, non esiste una soglia numerica di riferimento, e quindi non ci sono elementi da comparare per decidere il da farsi.
La decisione del passaggio di livello verrebbe assunta dalla
commissione grandi rischi (CGR), che andrebbe appositamente mobilitata con input del dipartimento della
protezione civile. Il Prof. Francesco Dellino, referente di settore (CGR) per il
rischio vulcanico, in un’intervista ebbe a precisare che egli opera in contesti
dove si accendono discussioni a porte aperte seguite poi da discussioni
a porte chiuse. La commissione grandi rischi, concluse, comunica con i
verbali che contengono le decisioni finali da comunicare all’esterno. Una di queste decisioni fu appunto quella di assumere l'area circoscritta dalla linea nera Gurioli come zona invadibile dai flussi piroclastici, attestando con tale decisione uno scenario di rischio al Vesuvio non eccedente un evento sub pliniano (VEI4).
La necessità di passare al preallarme o anche al livello di
allarme, verrebbe sollecitata dal dipartimento della protezione civile al presidente del consiglio, presumibilmente in un
consesso operativo tecnico scientifico, e in ogni caso spetterebbe al premier
la decisione ultima di preallarmare o allarmare, sentito pure il presidente della regione
Campania. Al riguardo non dimentichiamo che il piano d’emergenza Vesuvio è un
piano di livello nazionale, che in fase operativa comporta una mobilitazione
generale di enti e istituzioni preposte, insieme a tutte le regioni e a quei comuni
a cui spetta dare ospitalità agli sfollati. Non ultimo è un piano che per
essere attuato richiede un intervento economico di tutto rispetto.
Il compito di monitorare lo stato dei vulcani campani è a cura dell’osservatorio vesuviano. La cosa che subito viene detta in ogni conferenza o seminario o consesso informativo e formativo, a cui partecipa il pregevole ente, è che diuturnamente il Vesuvio e i Campi Flegrei vengono sorvegliati con strumentazioni ad alta tecnologia, anche di taglio satellitare, e che quindi nulla sfugge agli osservatori.
Purtroppo la dotazione iper tecnologica che indubbiamente ci rimanda secondo dopo secondo la misura anche micrometrica dei dati geochimici e geofisici dei vulcani, non rappresenta un metodo di previsione degli eventi eruttivi, ma solo il report di una situazione geologica ad horas. Mancano come dicevamo, elementi di comparazione per azzardare una previsione; manca un database sui parametri strumentali che hanno caratterizzato i prodromi pre eruttivi delle eruzioni passate. Basta pensare, tenendo presente le date degli eventi, che tra le mani abbiamo ben pochi dati e in larghissima misura i periodi storici che hanno accompagnato quelli eruttivi sono senza elettricità, con tutto quello che ne concerne. Infatti, la prima centrale elettrica nacque in Italia nel 1883. Questo ci fa capire che la storia strumentale dei Campi Flegrei e del Vesuvio è decisamente recente.
In ogni caso, ogni singola eruzione ha le sue
caratteristiche che si somigliano ma non sono mai uguali. Proprio il Vesuvio è un
esempio lampante di questa semplice constatazione, atteso che l'ardente monte ha la prerogativa di
materializzare eruzioni effusive dal taglio attrattivo turistico, ma anche
eruzioni di portata esplosiva e catastrofica come quella di Pompei del 79 d.C.
Lo sterminator Vesevo purtroppo per noi, perché lui fa il suo mestiere, può
spaziare su livelli energetici che vanno da un indice di esplosività VEI3, VEI4
ma anche VEI5.
La scienza, quella attuale, non tutta certamente,
contrariamente alla passata informazione soporifera e rassicurante, chiarisce timidamente che il mondo sotterraneo non ha un orizzonte visibile, pertanto è inaccessibile e
quindi le informazioni che provengono dalle profondità chilometriche, sono
indirette e per questo non particolarmente precise. Al di là delle prospezioni
elettromagnetiche, ci sono poi le perforazioni, che ci dicono con precisione la
natura dei prodotti estratti ai vari livelli di carotaggio: ma il dato non è
molto attendibile con l’incremento della distanza orizzontale dal centro di trivellazione. In tutti i casi le trivellazioni hanno raggiunto
al massimo i 12 chilometri che sono ben poca cosa rispetto ai circa 6400 chilometri del
raggio terrestre, o comunque ai circa 35 Km. di spessore della crosta.
Gli scienziati con il tempo hanno fissato una serie di
parametri dei vulcani, ufficializzando uno stato di quiete quasi “certificata”
che in ogni caso non assegna all’area in esame un rischio eruttivo pari a zero.
Quindi, il continuo delle misurazioni geofisiche e geochimiche di alcune aree
vulcaniche, anche attraverso stazioni automatizzate, ci consentono di
registrare eventuali incrementi di elementi significativi, come ad esempio la
temperatura, la concentrazione di CO2, CO, le deformazioni, ecc. Questo consente agli scienziati di proporre previsioni eruttive probabilistiche che possono
diventare deterministiche (100%) solo in presenza della colonna eruttiva. Anche in
questo caso è possibile certificare il giorno e l'ora della ripresa eruttiva, ma non è possibile cogliere la quantità di energia che si sta
liberando (VEI), che è un dato tutto sommato che può essere valorizzato con
precisione solo al termine dell’eruzione.
A fronte di questi limiti, la presidenza del consiglio dei
ministri per tramite del dipartimento della protezione civile, ha emesso un decreto
che recita: è bene ricordare che le previsioni di tipo probabilistico, non
sono sempre possibili e non per ogni tipologia di fenomeno. Inoltre, queste
previsioni sono fortemente condizionate dalla disponibilità di adeguate e
numerose serie storiche di osservazioni collegabili all’effettivo verificarsi
di eventi.
Per completezza è interessante segnalare pure la direttiva del
presidente del consiglio dei ministri (2/2021). Quivi si legge che Le procedure
e le attività finalizzate all’allertamento e all’allarme pubblico devono quindi
esplicitare, quando e ove possibile, i limiti delle attività di valutazione e
decisionali. In particolare, è opportuno dare conto:
- dei limiti scientifici delle previsioni probabilistiche.
- della latenza, incertezza e/o indisponibilità dei dati, delle misure e delle informazioni.
- del possibile malfunzionamento e/o di disfunzionalità degli apparati e delle reti.
- del margine di errore derivante dall’imprescindibile discrezionalità delle attività di valutazione e decisionali.
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