Vesuvio |
Occorre dire che per anni tutte le componenti che
s’interessano di protezione civile, hanno ripetuto come mantra che i piani di
emergenza erano una realtà operativa pronta a garantire la sicurezza dei
vesuviani. C’è voluto molto tempo e impegno per spiegare dalle nostre pagine che
il piano d’emergenza esistente è ancora orfano del piano di evacuazione.
Trattandosi di un piano di emergenza che tratta un solo grande pericolo
(l’eruzione), con una sola grande risposta operativa (l’evacuazione), in
assenza di strumenti pianificatori atti a garantire un ordinato e rapido
allontanamento dal vulcano, non possiamo definirci a tutt'oggi tutelati.
Il 2020 può darsi che sarà l’anno della svolta, anche
se bisogna annotare che la prima bozza del piano di emergenza Vesuvio risale al
1995. Quest’anno ricorre quindi il venticinquennale del chiacchierato e monco
documento…
Per rendere maggiormente intuitivo il discorso, si
tenga conto che il comune di Boscoreale pur essendo una delle
municipalità maggiormente esposte al pericolo vulcanico, solo qualche giorno
fa, il 27 dicembre 2019, ha definito e approvato
l'individuazione delle aree di attesa,
anche se manca il piano complessivo entro cui inserire questa informazione e
che in ogni caso non è stato pubblicato…
Il Comune di Scafati invece,
mentalmente si ritiene fuori dal problema e, nonostante un lungo periodo di transazione
con i commissari prefettizi e un finanziamento mirato e approvato nel 2015,
non ha ancora un piano di evacuazione quale parte integrante di un serio piano
di emergenza che, alla stregua di Boscoreale, non sembra sia stato pubblicato.
Il limitrofo Comune di Pompei pur non
avendo ancora realizzato e pubblicato il piano di emergenza corredato da quello
di evacuazione a fronte del rischio Vesuvio, è stato scelto come capofila per
le politiche internazionali di resilienza ai cambiamenti climatici avviato
dalle Nazioni Unite. Nel merito il rappresentate della protezione civile
pompeiana, ebbe a dichiarare proprio presso il Dipartimento della Protezione
Civile e in seno ad un ampio consesso di esperti e amministratori, che la
cittadina mariana aveva problemi per
accedere ai finanziamenti regionali necessari per l’aggiornamento del piano di
emergenza comunale. Il 25 maggio 2019 anche il Comune di Pompei ha finalmente
ricevuto 74.225 euro per procedere con la pianificazione che probabilmente e
nella migliore ipotesi oggi sarà in itinere.
Il Dipartimento è ben visto dalla stampa e dall’opinione pubblica in genere,
grazie anche alla simpatia che inducono i volontari. In
qualche occasione però, i vertici del dicastero si sono tolti la veste buonista
e hanno minacciato denunce per procurato allarme indirizzate a chi manifestava
opinioni diverse da quelle governative. È stato questo il caso del Prof. Mastrolorenzo, che dalle pagine
del prestigioso National Geographic, ebbe a pubblicare un
articolo che segnalava dal suo punto di vista una sottostima dello scenario
eruttivo adottato al Vesuvio.
Anche gli allarmi al radon del tecnico Giuliani che
preannunciò un forte sisma all'Aquila nel 2009, fu motivo di denuncia e
successivamente di assoluzione soprattutto perché il terremoto si presentò
ahimè e per davvero il 6 aprile del 2009, schernendo la
commissione e salvando il tecnico da una condanna.
Il Dipartimento difese a spada tratta le conclusioni
della cosiddetta commissione grandi rischi, riunitasi nel capoluogo abruzzese
una settimana prima del rovinoso terremoto; un conclave scientifico che profferì conclusioni
o micidiali silenzi che non valsero a scongiurare al vice capo dipartimento una
condanna penale a due anni per negligenza e imprudenza.
In termini di previsione dell’evento vulcanico,
l’Osservatorio Vesuviano continua a ripetere che nell’area vesuviana e flegrea
ci sono imponenti sistemi di sorveglianza che sono una garanzia predittiva.
Appare allora strano che con cotanta tecnica lo stesso Osservatorio non fu in
grado di assegnare un epicentro al terremoto di Ischia del 21 agosto 2017. In
quel caso non bisognava predire ma classificare geograficamente un evento già avvenuto.
Occorsero circa quattro giorni per
arrivare a una precisa collocazione del fuoco sismico.... Può succedere certo,
ma i piani di evacuazione si basano su un preavviso eruttivo di appena tre
giorni.
Anche nelle pagine web del Dipartimento alla
voce dossier dettaglio ad oggetto il rischio
Vesuvio, si registra un refuso di una certa importanza. Questo:
La nuova zona rossa, a differenza di
quella individuata nel Piano del 2001,
comprende oltre a un’area esposta all’invasione di flussi piroclastici (zona
rossa 1) anche un’area soggetta ad elevato rischio di crollo delle
coperture degli edifici per l’accumulo di depositi piroclastici (zona rossa
2). La ridefinizione di quest’area ha previsto anche il coinvolgimento di
alcuni Comuni che hanno potuto indicare, d’intesa con la Regione, quale parte
del proprio territorio far ricadere nella zona da evacuare
preventivamente.
Senza entrare nei dettagli, in realtà la zona rossa 2
alla stregua della zona rossa 1 è totalmente da evacuare in caso di allarme
vulcanico. In questo caso i cittadini di San Gennaro Vesuviano, Palma Campania,
Poggiomarino e Scafati, dovranno lasciare immediatamente i
propri territori e recarsi rispettivamente nelle regioni Umbria, Friuli Venezia
Giulia, Marche e Sicilia secondo le modalità previste dai rispettivi piani di
evacuazione.
Nella zona gialla invece, le attuali indicazioni prevedono che nel corso dell’eruzione possa presentarsi la necessità che alcune porzione del territorio poste sottovento al vulcano e sottoposte alla pioggia di cenere e lapilli, precauzionalmente potrebbero essere temporaneamente evacuate.Modalità per fronteggiare le problematiche della zona blu non sono ancora all'ordine del giorno regionale.
Il dovere di produrre ogni utile azione capace di
favorire il riordino dei territori e quindi di ridurre la vulnerabilità del
tessuto abitativo e produttivo del vesuviano, doveva essere un atto di
lungimiranza politica dovuta ai posteri. Il problema grosso però, è che i
posteri non votano…
Le logiche di prevenzione, come abbiamo avuto più
volte modo di scrivere, avrebbero voluto che i territori vulcanici fossero
diversamente e urbanisticamente meglio organizzati e meno abitati, evitando
così gli errori del passato, perché un’auspicata e lunga quiescenza potrebbe
introdurre il pericolo pliniano (VEI5), e quindi una diversa e
più estesa perimetrazione della zona rossa sarebbe risultata fondamentale per
frenare la spinta antropica residenziale.
- sulla base degli studi statistici, per il Vesuvio
risulterebbe più probabile (di poco superiore al 70%) l’evento di minore
energia (VEI=3), tuttavia gli esperti hanno ritenuto che lo
scenario di riferimento da assumere dovesse essere un’eruzione
esplosiva sub-Pliniana con VEI=4 per le seguenti motivazioni:
- ha una probabilità condizionata di accadimento
piuttosto elevata (di poco inferiore al 30%);
- corrisponde ad una scelta ragionevole di “rischio
accettabile” considerato che la probabilità che questo
evento venga superato da un’eruzione Pliniana con VEI=5 è di solo l'1%;
- dati geofisici non rivelano la presenza di una
camera magmatica superficiale con volume sufficiente a generare
un’eruzione di tipo Pliniano.
In realtà la commissione incaricata di produrre gli
scenari eruttivi di riferimento, ha offerto due tabelle da cui evincere
statisticamente la probabilità che possa manifestarsi un'eruzione di una certa
intensità, in base a due archi di tempo così come riportato nella legenda
sottostante che vi invitiamo a vagliare.
Gli esperti non hanno tirato delle conclusioni
univoche per la definizione dello scenario eruttivo, altrimenti non avrebbero riportato due possibilità statistiche, ma hanno rimandato al
Dipartimento della Protezione Civile la scelta maggiormente garantista per le
popolazioni. Sono state indicati dicevamo, indici probabilistici lasciando all'organo
dipartimentale la decisione di scegliere l'arco di tempo da adottare, e quindi
gli stili eruttivi da fronteggiare: la tabella B è stata ritenuta più adatta
con l'1% di possibilità pliniana a differenza della tabella A col suo
ragguardevole 11%.
Dobbiamo quindi concludere che l'incertezza
scientifica si è avvalsa delle decisioni politiche, alla stregua del concetto
di rischio accettabile che non può essere una
valutazione scientifica ma anch'essa squisitamente politica.
Anche il concetto di camera magmatica superficiale con
poco magma che è stato chiamato in causa dal gruppo di lavoro per sostenere la
scelta dello scenario sub pliniano è fumoso, perché il magma dell’eruzione
pliniana del 79 d.C., l’eruzione di Pompei per intenderci, è saltato fuori
dalle profondità e non dalle superficialità del sottosuolo.
Quando nei primi mesi del 2019 ci è stata offerta la
possibilità di interloquire con i vertici della Protezione Civile nazionale e
regionale ed ancora con la direttrice dell’Osservatorio Vesuviano, abbiamo
rimarcato il concetto che forse circoscrivere anche un'area oltre la zona rossa
dove applicare nel tempo le regole della prevenzione, sarebbe stata una
iniziativa saggia. La letteratura scientifica infatti, afferma che quanto
maggiore sarà la quiescenza del Vesuvio, tanto maggiore sarà l’energia
dell’eruzione che verrà, e quindi pianificare azioni volte a mitigare la
vulnerabilità dei territori, ci sembra e ci sembrava un atto dovuto a quelli
che verranno dopo di noi.
La direttrice dell'Osservatorio in quella sede lasciò
intendere che non c’era una correlazione tra i tempi di quiescenza e
l'intensità eruttiva. In verità rimanemmo interdetti perché il rapporto
tra tempo di quiescenza e potenza dell'eruzione ci sembrava addirittura un
luogo comune particolarmente diffuso nella letteratura scientifica
vulcanologica... Evidentemente non è così.
Ebbene recentemente ci è capitato di leggere
un’intervista al prof. Luongo che nel merito degli scenari
eruttivi ha detto ancora di più,
cioè che questi non cambiano col passar del tempo, ma si modificano solo con
l’avvento di nuove scoperte scientifiche. In altre parole le cose rimangono
così come sono e fino a prova contraria. Del resto anche la commissione grandi
rischi nel verbale del 27 giugno 2012 auspicava che lo scenario di riferimento
venisse rimodellato con l'acquisizione di nuove scoperte scientifiche senza
citare alcuna criticità dovuta al passare del tempo. Il problema di fondo però,
rimane la coerenza tra interviste, relazioni scientifiche, video, eloqui
pubblici e pubblicazioni di servizio e stampa, dove si dice tutto e il
contrario di tutto.
In tutti i casi occorre anche che si capisca che i
territori vulcanici devono essere sede di pianificazione della prevenzione
delle catastrofi. La scienza non può dopo un certo numero di anni continuare a
ridisegnare i confini delle zone rosse perché non si è ritenuto opportuno
adottare l'eruzione massima conosciuta come eruzione di riferimento.
In realtà ai comuni della vecchia zona rossa, soprattutto quelli costieri, interessa
poco la scelta dello scenario eruttivo, perché i loro problemi non cambiano con
la potenza eruttiva sub pliniana o pliniana: in entrambi i casi sarebbero
coinvolti. Certamente ci sono altre municipalità che non possono ritenersi al
sicuro da una pliniana, come ad esempio le tre municipalità di Napoli, oppure
Volla o anche Poggiomarino e Scafati e Striano e Saviano.
Tra l'altro si è anche in presenza di una situazione
paradossale dove, in caso di un evento vulcanico VEI 3, cioè il più basso auspicabile,
Poggiomarino e Scafati e Striano sarebbero statisticamente quelli più
svantaggiati al di là della linea Gurioli.
Riteniamo che il motivo principale che ha
caratterizzato la scelta dipartimentale e regionale, di una eruzione di
riferimento medio bassa in luogo di quella massima conosciuta, ha avuto
probabilmente come riferimento guida la mediazione tutta politica e non
dichiarata basata sulla formula dei costi benefici. In linea di
principio il concetto potrebbe avere una sua logica anche se poco condivisibile, ma bisogna dichiararlo
e chiarirlo, perché è un atto dovuto ai cittadini soprattutto a quelli che
vivono ai limiti della zona rossa e che si ritengono mentalmente al sicuro da
un'eruzione a prescindere dalla potenza.
In conclusione vorremmo chiarire che nel campo delle
emergenze va da sé che non si può aprire un dibattito nazionale su cosa è
meglio fare perché sarebbe dispersivo e inconcludente e non si riuscirebbe a
mettere un punto fermo ai discorsi e alle congetture. Però, neanche si può ridurre la questione a un così è
se vi pare...
Il concetto che a fronte di un mastodontico piano di
evacuazione tarato su alcuni milioni di abitanti per fronteggiare un evento
pliniano che qualcuno si è assunto la responsabilità di minimizzarlo al punto
da estinguerlo, potrebbe avere anche motivazioni di ordine territoriale e sociale. Occorre in ogni caso tenere aperti i canali dell'informazione corretta e puntuale, in modo da consentire l'autodeterminazione ai cittadini che in tutta autonomia potrebbero decidere di lasciare questi luoghi per sottrarsi ai rischi. Argomentare darebbe trasparenza a un pericolo naturale tra i più energetici e rischiosi al mondo. In tutti i casi la diatriba sullo
scenario scientifico intanto non giustifica il lassismo e il pressapochismo delle amministrazioni coinvolte,
che allo stato attuale non sono in grado neanche di fronteggiare un incendio della
pineta sul Vesuvio...
Il Dipartimento della Protezione Civile forse dovrebbe
evitare di dare l'idea dei men in black, calando da Roma per raggiungere il vesuviano o il flegreo organizzando e dirigendo magari le esercitazioni
per poi ritornare alla base senza neanche la necessità di far scattare la penna
anti ricordo, perché il giorno dopo le amministrazioni hanno già dimenticato
tutto…
L'Osservatorio Vesuviano destinatario della clausola
di riservatezza che è visto con sfavore dall’opinione pubblica informata sull'argomento, è auspicabile
che mantenga alto un profilo operativo senza sentire il dovere non contrattuale di puntellare
altre strutture dello Stato. Alle Prefetture andrebbe completamente tolta ogni
forma di competenza sull'organizzazione e sulla pianificazione dei soccorsi,
perché questa struttura periferica dello Stato vive di affanni già sull'oggi
con i problemi diuturnamente fuori dalla porta; quindi, è lontana mille miglia
dalle tematiche preventive ancorché futuribili dell'eruzione che verrà.
Ovviamente i Campi Flegrei rientrano interamente nelle logiche complessive che abbiamo appena esposto.
Ovviamente i Campi Flegrei rientrano interamente nelle logiche complessive che abbiamo appena esposto.
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