Il vulcano Solfatara |
I
Campi Flegrei sono la sede di un super vulcano che si presenta sotto forma di
una vasta caldera, forse due quasi sovrapposte con una parte in mare, senza un
vistoso apparato montuoso che puntualizzi il pericolo, ma con dei bordi collinari calderici
che racchiudono i profili di decine di bocche monogeniche una volta eruttive.
Secondo il Rittmann, non è da escludere che i Campi Flegrei sono ciò che resta
di uno strato vulcano simile al Vesuvio ma molto più grande: l’Archiflegreo.
Trentanovemila anni fa una violenta esplosione che sarà ricordata come la
maestosa eruzione dell’ignimbrite
campana, fu annunciata da un inizio freatomagmatico seguito da una fase
pliniana con una colonna eruttiva che s’innalzò nel cielo per oltre 40
chilometri, causando distruzioni su vasta scala e perturbazioni sul clima.
Cosa
ribolla nelle viscere di questa nervosa
caldera metropolitana non è chiarissimo e le prospezioni geologiche non hanno
ancora consentito di scrutare con precisione il fondo. Il bradisismo rimane il fenomeno
più evidente di questo distretto vulcanico, e sembra logico ipotizzare una
commistione tra il magma e le abbondanti circolazioni acquifere che
interessano il sottosuolo flegreo. Il bradisismo deve essere una conseguenza di
questi due elementi che s’incontrano, a volte con una prevalenza del magma, che
in qualche caso sembra si sia intruso fino ad alcuni chilometri dalla
superficie.
La
zona di Pisciarelli, a ridosso della
Solfatara di Pozzuoli, da un po’ di anni è balzata alle cronache per le polle
calde e ribollenti che la segnano, accompagnate da una variazione dei parametri
geofisici e geochimici del vulcano, tali da indurre nel 2012 la proclamazione
dello stato di attenzione.
L’ultima
eruzione dei Campi Flegrei si è verificata nel 1538 con la nascita del Monte
Nuovo. Ci troviamo quindi di fronte a circa 500 anni di quiescenza, tra l’altro
contati da un evento obiettivamente minimo. I ricercatori dell’Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), hanno prodotto, anche per il
vulcano flegreo, una tabella statistica in cui si evidenzia la probabilità di
accadimento di alcune tipologie eruttive.
Ai
Campi Flegrei, studi statistici hanno classificato come evento massimo atteso un’eruzione
dall’indice di esplosività VEI 4. Indicazione accettata dal Dipartimento della
Protezione Civile così come la relativa zona rossa. Ricordiamo che molti
considerano la protratta pace geologica come un fattore determinante per la futura intensità eruttiva.
Quando
sia alto il rischio di vivere in questi luoghi è molto difficile dirlo, così
come è altrettanto difficile riuscire a cogliere incontrovertibili segnali di imminente
eruzione in un territorio che trentacinque anni fa si è sollevato non a centimetri
ma a metri, con giornate caratterizzate da migliaia di terremoti e con fumarole
che negli ultimi anni pompano anidride carbonica a ritmi industriali.
Il
mantra ripetuto di continuo che il super vulcano flegreo e il Vesuvio sono i
due apparati più monitorati al mondo, non vale come condizione per assicurarsi con
matematica certezza la previsione dell’evento con larghi margini di tempo.
Infatti, anche se gli strumenti ultrasofisticati e il telerilevamento spaziale
riescono a cogliere la più minuscola delle variazioni chimiche e fisiche tanto
dal profondo quanto dalla superficie, rimarrà sempre in capo all’uomo la
responsabilità di azzardare una previsione eruttiva o comunque di
caratterizzare il comportamento del vulcano. Per capirci, lo strumento termometro, anche il più preciso presente
sul mercato con lettura a dieci cifre, alla fine ci segnerà sempre e comunque
la sola temperatura, ma non sarà mai in grado di dirci se questa aumenterà
ancora e neanche di che malattia si tratta…
Pure
sul tipo di eruzione la statistica elaborato dall’INGV e che vi abbiamo
proposto, non può ritenersi un dogma; quindi, senza andare nel catastrofico, l’insorgenza
di una tipologia eruttiva di tipo pliniano (VEI5), tra l’altro data al 4%,
rimarrà la grande incognita futura per acclarare il successo statistico. Nelle camere di giustizia che trattarono il terremoto dell'Aquila e le responsabilità della commissione grandi rischi, la statistica venne
appellata come sapere incerto… D’altra parte non è neanche possibile prevedere,
se non in tempi brevi, dove potrebbe aprirsi la bocca eruttiva che
potrebbe essere plurima.
In
una condizione di pericolo vulcanico connaturato in questo territorio ardente super controllato, non è possibile, come dicevamo, superare matematicamente l’incertezza della previsione. La realizzazione di uno strumento attivo di
tutela, come può essere il piano di emergenza e di evacuazione, aiuterebbe molto, e ci sembra
nell’immediato una cogente necessità di salvaguardia per i cittadini, oltre che un obbligo giuridico per le amministrazioni competenti.
Il
sindaco è responsabile locale della protezione civile, e quindi, supportato
da tutti gli uffici comunali, è il principale stratega delle politiche di
sicurezza sul suo territorio ancorchè non demandabili ad altri.
Le sentenze sul terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, contengono un dato interessante
su cui riflettere: è la politica che deve esprimersi sul rischio dettando
istruzioni alla popolazione. Tant’è che il pulsante dell’evacuazione è in mano
al Presidente del Consiglio e non al presidente dell’INGV o al referente della
commissione grandi rischi per il rischio vulcanico o all’Osservatorio Vesuviano.
Nella
conferenza di illustrazione dell’esercitazione di protezione civile denominata
EXE 2019, che si terrà dal 16 al 20 ottobre 2019, il comitato organizzatore con
in testa il sindaco di Pozzuoli e altri autorevoli rappresentanti delle
istituzioni nazionali e regionali, è stato precisato che i dati di
monitoraggio raccolti dall’Osservatorio Vesuviano (INGV), non vengono tenuti
segreti ma regolarmente pubblicati sotto forma di bollettini e dati online.
In
realtà la convenzione onerosa stilata dal Dipartimento della Protezione Civile con
l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), all’articolo 3 prevede che l'ente scientifico deve :<<diffondere le valutazioni relative a scenari
di pericolosità o di rischio, sismico, vulcanico e da maremoto, ottenute
nell’ambito delle attività coperte dalla presente Convenzione, secondo modalità
concordate con il Dipartimento. Il Dipartimento ha comunque la facoltà di
considerare riservati alcuni documenti ed elaborati e di stabilire le modalità
e i tempi di eventuale pubblicizzazione>>. Quindi s’intuisce che la pubblicazione
dei dati di monitoraggio forse potrebbero avere dei ritardi quando i valori raccolti necessitano di attente valutazioni…
Trattandosi di un tavolo ad oggetto prove di evacuazione(exe 2019) in un
ambito esercitativo legato al piano di emergenza comunale e nazionale, sarebbe
stato opportuno che alla presentazione del programma esercitativo, tra l’altro mandato in streaming, fossero
seduti solo tecnici e non rappresentanti delle istituzioni scientifiche. I
ruoli dovrebbero essere chiari e a tema dividendoli per competenze… La presenza dell’Osservatorio
Vesuviano è utile nei consessi informativi ma non in quelli operativi. In quelli operativi la trattazione scientifica è già avvenuta a monte e quindi si va al sodo nelle formule di tutela.
Per
quanto riguarda l’esercitazione invece, i ragguagli e i dettagli forniti dai
conferenzieri sono stati particolarmente carenti e confusionari, suscitando
perplessità su alcune delle decisioni adottate. Ad esempio quella di destinare piazza
Garibaldi ad area d’incontro non ci
sembra il massimo della strategia.
Anche
il concetto di area di attesa ci
sembra surreale per quello che s’intende, perché in un contesto di allarme
vulcanico chi va alla fermata prevista (area attesa) per aspettare il pullman
che lo porterà a piazza Garibaldi?
E
i cittadini di Giugliano gradiranno di avere come area d’incontro Villa Literno,
mentre i concittadini di Bacoli e Monte di Procida dovranno concentrarsi
nell’area d’incontro proprio di Giugliano, che tra l’altro e in tutti i casi
seppur per una quota parte è ubicato in zona rossa?
Il
dirigente della protezione civile regionale ha ipotizzato in fase di
evacuazione l’utilizzo delle autovetture con alla guida il capo famiglia che se
ne va via con le masserizie mentre moglie e figli andranno via con i mezzi
pubblici… questa opzione fu prevista già nel 1995 nella prima bozza del piano
Vesuvio e fu oggetto di feroce ilarità da parte del pubblico vesuviano…
Sempre
il dirigente della protezione civile regionale, ha specificato poi, che la via
del mare non è stata vagliata, perché il porto di Pozzuoli potrebbe risultare
inagibile alle grandi navi, per il rigonfiamento del fondo portuale dettato
dall’escalation eruttiva. Quindi, il sollevamento dei fondali minerebbe questa
possibilità. In realtà con siffatta condizione, è lecito
ritenere che la popolazione sia già andata via da un pezzo. Tant’è che non
pensiamo affatto che nell'ambito delle conoscenze attuali sia possibile ripetere l’esperienza ovvero
l’azzardo dettato dal bradisismo degli anni passati, coi fondali marini allo
scoperto e la popolazione al mercato rionale.
La
via del mare quindi, potrebbe essere inquadrata ovviamente come integrativa e non
sostitutiva di altre. Nel caso di Pozzuoli potrebbe essere particolarmente strategica,
perché l’area a ridosso del porto è quella maggiormente penalizzata per la sua
posizione mediana all’interno della zona rossa, alla stregua di Torre del Greco per il Vesuvio.
Si
tenga presente che la risorsa nautica è già presente nel Golfo di Napoli, con
una flotta basata su naviglio leggero come catamarani e monocarene, che hanno
ottime doti di manovrabilità, di velocità e di carico che supera le 350 persone
per scafo, con numerose postazioni idonee per trasportare in sicurezza pure
portatori di disabilità. A fare la differenza con le grandi navi, sono i circa 120
centimetri di pescaggio dei battelli leggeri: una misura minima che rende queste
navi capaci di operare anche in acque un poco rigonfie...
Che
ci sia un certo apice del bradisismo proprio in mare a poca distanza dal porto,
non dovrebbe essere un limite alla via marittima, a meno che lo
stratega che ha immaginato il piano di evacuazione non abbia valutato una evacuazione con eruzione in atto oppure un
processo evacuativo con una fenomenologia prodromica eruttiva a un livello
invasivo e destabilizzante con popolazione ancora sul posto.
Intanto capiamo che esistono nei fatti due piani di evacuazione. Quello con la
percezione diretta del pericolo, dettato dalle fenomenologie pre eruttive che
possono essere terremoti, boati ed eruzioni freatiche, e poi c’è il piano di
evacuazione frutto di un allarme analitico e non percepito dai sensi. Nessuno può dire quale situazione nel futuro è possibile che si presenti. A fare la
differenza tra i due piani sarà il comportamento della popolazione.
La
strategia evacuativa prevista dai conferenzieri, forse ha una possibilità di successo
solo se l’allarme all’occorrenza verrà diffuso in una condizione ambientale senza stress, e ancora, se la popolazione
casertana e napoletana fuori zona rossa, si tapperà in casa per tre giorni onde
consentire il deflusso degli evacuati. Cosa difficile, perché i prodromi pre
eruttivi come i terremoti, potrebbero interessare anche l’area circostante i
confini della zona rossa, soprattutto nel settore cittadino napoletano, molto vicino ai
Campi Flegrei se non dentro al campo vulcanico areale... Il centro di Napoli strategicamente parlando forse dovrebbe essere accuratamente evitato…
Quello
tra i relatori di EXE 2019 che è rimasto coi piedi per terra è stato il sindaco di
Pozzuoli, che nell’accennare agli sforzi esercitativi ha caldamente sollecitato
la realizzazione del tunnel al porto, perché oltre due milioni di turisti
sbarcano e s’imbarcano dalle navi…
Concludiamo
con un pensiero molto chiaro che ci perviene sempre dalle camere di giustizia dell’aquilano:
"L'organo
della protezione civile, che provvede a fornire informazioni alla pubblica
opinione circa la previsione, l'entità o la natura di paventati eventi
rischiosi per la pubblica incolumità, esercita una concreta funzione operativa
di prevenzione e di protezione, ed è a tal fine tenuto ad adeguare il contenuto
della comunicazione pubblica ad un livello ottimale di trasparenza e correttezza
scientifica delle informazioni diffuse, e ad adattare il linguaggio
comunicativo ai canoni della chiarezza, oggettiva comprensibilità e inequivocità
espressiva"
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