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martedì 3 settembre 2019

Vulcano Stromboli: l'isola dei parossismi e dei maremoti... di MalKo





Lo Stromboli è un vulcano dove fino a qualche mese fa prevalevano i soli aspetti attrattivi dettati dalla pacata geologia dei luoghi, dalla bellezza del mare e del panorama e anche da una mitica vocazione cinematografica di posti selvaggi come alcuni animi umani... In realtà è un apparato che è riuscito a crearsi una struttura poi emersa nelle acque del Tirreno meridionale, senza mai dismettere un assetto ordinariamente eruttivo, tanto da essere appellato fin dall’antichità come faro del Mediterraneo.

Il vulcano Stromboli che si erge dal mare per circa 926 metri, ha dato origine a un territorio pari a quello della città di Pompei, lasciando però poco spazio all’antropizzazione, in ragione dell’acclività dello strato vulcano, e quindi solo in due zone a nord est e a sud ovest dell’isola vulcanica sono sorti nuclei abitati che contano complessivamente un massimo di 750 residenti, divisi tra gli agglomerati di Ginostra e San Vincenzo. Nella stagione estiva il flusso turistico incrementa la popolazione di alcune migliaia di abitanti a cui si aggiunge un sostenuto pendolarismo balneare.

La storia di questo vulcano narra di eventi parossistici frequenti, favoriti da una condizione di condotto aperto ben alimentato, che non offre particolare ostacolo al magma ricco di gas che dal profondo si spinge in alto, e che in realtà deve vincere nella sua ascesa prevalentemente la sola resistenza offerta dal peso della colonna magmatica, che a volte in superficie risulta più fredda e degassata costituendo una sorta di ostacolo che genera poi e con l’aumentare delle pressioni dirompenze.

Senza andare troppo a ritroso nella cronaca geologica dello Stromboli, annoveriamo una violenta eruzione nel 1910 che mise fine a qualche anno di gradita quiescenza. Pare che la costruzione del faro sull’isola di Strombolicchio risalga a questo periodo e fu una diretta conseguenza della pace vulcanica che fece venir meno la fiaccola magmatica particolarmente utile ai naviganti.



Un’altra eruzione di forte intensità si ebbe nel 1912 e poi il 22 maggio del 1919 con annesso maremoto che non di rado accompagna la franosità del versante nord occidentale noto come Sciara del Fuoco. L’eruzione dell’11 settembre 1930 è quella ricordata come la più violenta dell’ultimo secolo. Oltre a colonne eruttive di oltre 1500 metri, si ebbero fenomeni di lancio di bombe vulcaniche superiori ai 100 chili cadauna e poi cenere e lapilli e brandelli di lava e valanghe ardenti e maremoti. Il calore estremo dettato da nubi ardenti fece diverse vittime, così come le improvvise mareggiate.

Si ebbero eruzioni pure nel 1941, 1943, 1944, e nel 1945; e poi ancora nell’anno 1948, e 1949, 1950,1952,1953,1954. Nel 1955 si registrò un’eruzione sottomarina a poca distanza dalla Sciara del Fuoco: lo scoglio dello Strombolicchio è ciò che resta di un’intrusione magmatica all’interno di un condotto vulcanico eroso dagli elementi.
Sui fondali, specialmente quelli che guardano a Panarea, si registrano ogni tanto fenomeni di degassamento da fratture subacquee che generano un certo ribollire della superficie marina accompagnato da un forte odore di zolfo.

Eruzioni hanno caratterizzato anche gli anni 1956, 1958 e 1959. E poi il 1966, 1967, 1971, 1972, 1973, 1974, 1975, 1985, 1986, 1988, 1989, 1990, 1993, 1994, 1995, 1996, 1998,1999,2001,2002,2003. L’elenco continua e annovera altri eventi parossistici come quelli del recente passato, tra questi quelli del 2007 e del 2012, ed altri ancora che hanno segnato la vita sull’isola che in verità non è mai stata di totale pace vulcanica…


Il 3 luglio 2019 un forte boato è rimbombato su tutta l’isola accompagnato da un’eruzione parossistica, la più intensa rispetto a quelle ordinarie e maggiori a cui la popolazione in un certo qual senso è abituata. Questa volta però non si è trattato di una fenomenologia vulcanica dal taglio turistico: oltre allo sviluppo di una colonna eruttiva alta quasi 2000 metri e quindi visibile pure a grande distanza, sull’isola si sono dovuti fare i conti con la pioggia di cenere e lapillo e con gli incendi della vegetazione attivati da brandelli di lava incandescente spruzzati dal vulcano in ogni direzione.


Occorre fare un passo indietro per rappresentare un altro fenomeno non meno pericoloso delle eruzioni stromboliane: il maremoto. Il 30 dicembre del 2002 le zone costiere dell’isola di Stromboli vennero investite da onde alte fino a 10 metri innescate da fenomeni franosi localizzati proprio sul versante della Sciara del Fuoco: frane in parte sottomarine e a seguire subaeree. La zona isolana di Nord Ovest infatti, è luogo privilegiato dove s’incanalano dalla terrazza craterica i prodotti lavici del vulcano. Questo significa apporto di materiale che va a sovraccaricare altri depositi preesistenti, che a volte mandano in disequilibrio statico gli ammassi litoidei sulla scorta delle sollecitazioni sismico vulcaniche favorite anche da processi erosivi dettati dagli elementi meteomarini.

Il 28 agosto 2019 un nuovo evento parossistico ha scosso di nuovo il vulcano: particolarmente drammatiche le immagini di una colata piroclastica che scivola nel mare avanzando sull’acqua grazie ad una sorta di cuscino d’aria e vapore che ne ha favorito lo scorrimento. I turisti su una barca troppo vicina alla Sciara del Fuoco, sono scappati via giusto in tempo per evitare una brutta fine all’interno di quella sorta di nuvola nera costituita non già da fuliggine ma da materiale vulcanico ad altissima temperatura.


Nel mese di maggio 2019 il livello di allerta vulcanica per lo Stromboli era posizionato sul verde (vedi tabella sottostante). Dopo l’evento del 3 luglio 2019 l’allerta è stata innalzato a giallo. Ed ancora dopo l’evento eruttivo del 30 agosto 2019, il livello è passato all’arancione.

Livelli allerta per lo Stromboli

Diversamente da altri vulcani come il Vesuvio o i Campi Flegrei, qui allo Stromboli anche se si dovesse raggiungere il livello di allerta rosso, non è automatica l’evacuazione totale o parziale della popolazione strombolana.

D’altra parte lo si capisce anche dall’attualità, dove con uno stato di preallarme (arancione) in atto, i turisti possono ancora arrivare sull’isola con i traghetti di linea, e il divieto di attracco vale solo per imbarcazioni che superano i 200 passeggeri. I natanti tra l’altro devono mantenersi a 2 miglia dalla Sciara del Fuoco mentre il turismo appiedato non può spingersi sul vulcano oltre quota 290 metri o da Ginostra.

Evacuazione o non evacuazione dell’isola sarà una decisione che sarà presa dall’autorità nazionale di protezione civile, che nel merito sentirà la commissione grandi rischi, il presidente della Regione Sicilia e il sindaco di Lipari. Questo significa che le autorità regionali e comunali avranno sicuramente già predisposto un piano di evacuazione per allontanare all’occorrenza l’intera popolazione di Stromboli, soprattutto se si dovessero temere cedimenti strutturali alla parete vulcanica nord occidentale con risvolti pericolosissimi. 


Questa evacuazione dovrebbe avvenire, semmai se ne presentasse la necessità, attraverso le zone di atterraggio elicotteri o presso i pontili d’imbarco dei traghetti o entrambi i siti. Da un punto di vista tecnico, l’evacuazione massiva con elicotteri non è l'ideale quando ci sono tempi stretti e molte unità da evacuare. L’elicottero inoltre ha un grosso limite di azione dettato dalla cenere vulcanica, tant’è che difficilmente potrebbe operare troppo vicino a una colonna eruttiva o su superfici ammantate di cenere e lapilli. 

L’evacuazione via mare magari necessaria per trasportare gli strombolani sull’isola di Lipari o comunque a Milazzo, non porrebbe particolari difficoltà perché oltre ai traghetti c’è il naviglio veloce ordinariamente presente in quel settore geografico e che può imbarcare centinaia di passeggeri. Come tutte le piccole isole però, non dotate di porti veri e propri ma di attracchi, le condizioni meteomarine possono vanificare per giorni l’efficacia e la prontezza operativa delle navi a prescindere dal tonnellaggio, dettando l'isolamento della comunità isolana soprattutto nella stagione invernale. 

Il problema dell'imprevedibilità dei parossismi del vulcano Stromboli, certamente pongono gli isolani nella condizione di dover valutare una serie di cose che riguardano la sopravvivenza economica ma senza potersi discostare troppo dalle esigenze di tutela fisica dei residenti.
Occorre dire che le case non sembrano possedere quei requisiti di difesa passiva auspicabili in una zona vulcanica attiva, quali potrebbero essere i tetti a volta e porte e finestre ubicate prevalentemente nelle mura perimetrali opposte al vulcano.
In un contesto dove tra i fenomeni occorre annoverare l'aspersione di brandelli di lava incandescente, i tetti dovrebbero essere ignifughi e non di cannucce; magari coperture rotondeggianti e resistenti alla pioggia di pietre e lapilli aiuterebbe. Un discorso a parte meriterebbe la questione incendi d'interfaccia...
Ovviamente la realizzazione di rapidi percorsi che offrano velocemente quota a chi percepisce l'allarme maremoto, sono nelle cose da farsi con urgenza anche sulla vicina Penisola.

Un'attenta analisi del rischio offerto da lucide e oggettive valutazioni scientifiche, potrebbe favorire una serie di riflessioni ed eventualmente una discriminazione circa la condizione di maggior rischio per l'abitato di Ginostra, che dal carteggio ci sembra più esposto alle fenomenologie balistiche o di scorrimento. Occorre poi dire che tale comunità è isolata dagli altri e più estesi nuclei urbanizzati localizzati a est dell'isola: questo operativamente crea problemi aggiuntivi. Tutti aspetti da approfondire...

Le rilevanze scientifiche potrebbero quindi offrire una soluzione a quella che dovrà essere necessariamente la pianificazione e la rivisitazione dell'urbanizzazione dell'isola vulcanica per scongiurare politiche di abbandono o vivecersa di affollamento. D'altra parte l'imprevedibilità dei fenomeni e l'isolamento geografico ordinario, devono spingere le autorità e le popolazioni a trovare delle soluzioni attive e passive capaci di guadagnare tempo nelle situazioni critiche e mitigare l'indice di rischio che oggi sull'isola è abbastanza elevato. 

Tecnicamente per energie in gioco e territori coinvolti l'emergenza Stromboli dovrebbe essere nelle prerogative di diretto coordinamento regionale e non nazionale. Purtuttavia il rischio maremoti potrebbe riguardare ampi territori e più regioni e quindi potrebbe essere giustificato l'intervento del dipartimento della protezione civile che rimarca all'uopo competenze anche in assenza della dichiarazione dello stato di emergenza in forza dell'imprevedibilità e della repentinità del pericolo parossistico che incorpora tra l'altro il rischio maremoto. Valutazioni condivisibili purchè le altre amministrazioni competenti non facciano gli spettatori in tribuna limitandosi a formulare unicamente richieste di ristoro economico.

L'affaire Stromboli è da seguire amministrativamente, tecnicamente e scientificamente con molta attenzione, soprattutto dal punto di vista della prevenzione delle catastrofi, perchè come la cronaca ci rimanda, la repentinità e la imprevedibilità dei parossismi e delle frane, non lasciano grande spazio alla fuga come difesa immediata da un'isola che sarebbe cara a Jules Verne...




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