Lo Stromboli è un vulcano dove fino a
qualche mese fa prevalevano i soli aspetti attrattivi dettati dalla pacata
geologia dei luoghi, dalla bellezza del mare e del panorama e anche da una
mitica vocazione cinematografica di posti selvaggi come alcuni animi umani...
In realtà è un apparato che è riuscito a crearsi una struttura poi emersa
nelle acque del Tirreno meridionale, senza mai dismettere un assetto
ordinariamente eruttivo, tanto da essere appellato fin dall’antichità come faro
del Mediterraneo.
Il vulcano Stromboli che si erge dal
mare per circa 926 metri, ha dato origine a un territorio pari a quello della
città di Pompei, lasciando però poco spazio all’antropizzazione, in ragione
dell’acclività dello strato vulcano, e quindi solo in due zone a nord est e a
sud ovest dell’isola vulcanica sono sorti nuclei abitati che contano
complessivamente un massimo di 750 residenti, divisi tra gli agglomerati
di Ginostra e San Vincenzo. Nella stagione estiva
il flusso turistico incrementa la popolazione di alcune migliaia di abitanti a
cui si aggiunge un sostenuto pendolarismo balneare.
La storia di questo vulcano narra di
eventi parossistici frequenti, favoriti da una condizione di condotto aperto
ben alimentato, che non offre particolare ostacolo al magma ricco di gas che
dal profondo si spinge in alto, e che in realtà deve vincere nella sua ascesa
prevalentemente la sola resistenza offerta dal peso della colonna magmatica,
che a volte in superficie risulta più fredda e degassata costituendo una sorta
di ostacolo che genera poi e con l’aumentare delle pressioni dirompenze.
Un’altra eruzione di forte intensità si
ebbe nel 1912 e poi il 22 maggio del 1919 con annesso maremoto che non di rado
accompagna la franosità del versante nord occidentale noto come Sciara
del Fuoco. L’eruzione dell’11 settembre 1930 è quella ricordata come la più
violenta dell’ultimo secolo. Oltre a colonne eruttive di oltre 1500 metri, si
ebbero fenomeni di lancio di bombe vulcaniche superiori ai 100 chili cadauna e
poi cenere e lapilli e brandelli di lava e valanghe ardenti e maremoti. Il
calore estremo dettato da nubi ardenti fece diverse vittime, così come le
improvvise mareggiate.
Si ebbero eruzioni pure nel 1941, 1943,
1944, e nel 1945; e poi ancora nell’anno 1948, e 1949, 1950,1952,1953,1954. Nel
1955 si registrò un’eruzione sottomarina a poca distanza dalla Sciara del
Fuoco: lo scoglio dello Strombolicchio è ciò che resta di un’intrusione
magmatica all’interno di un condotto vulcanico eroso dagli elementi.
Sui fondali, specialmente quelli che
guardano a Panarea, si registrano ogni tanto fenomeni di
degassamento da fratture subacquee che generano un certo ribollire della
superficie marina accompagnato da un forte odore di zolfo.
Eruzioni hanno caratterizzato anche gli
anni 1956, 1958 e 1959. E poi il 1966, 1967, 1971, 1972, 1973, 1974, 1975,
1985, 1986, 1988, 1989, 1990, 1993, 1994, 1995, 1996, 1998,1999,2001,2002,2003.
L’elenco continua e annovera altri eventi parossistici come quelli del
recente passato, tra questi quelli del 2007 e del 2012, ed altri ancora che
hanno segnato la vita sull’isola che in verità non è mai stata di totale pace
vulcanica…
Il 3 luglio 2019 un forte boato è rimbombato su tutta l’isola accompagnato
da un’eruzione parossistica, la più intensa rispetto a quelle ordinarie e
maggiori a cui la popolazione in un certo qual senso è abituata. Questa volta
però non si è trattato di una fenomenologia vulcanica dal taglio turistico: oltre
allo sviluppo di una colonna eruttiva alta quasi 2000 metri e quindi visibile
pure a grande distanza, sull’isola si sono dovuti fare i conti con la pioggia
di cenere e lapillo e con gli incendi della vegetazione attivati da brandelli
di lava incandescente spruzzati dal vulcano in ogni direzione.
Occorre fare un passo indietro per
rappresentare un altro fenomeno non meno pericoloso delle eruzioni
stromboliane: il maremoto. Il 30 dicembre del 2002 le zone costiere dell’isola
di Stromboli vennero investite da onde alte fino a 10 metri innescate da
fenomeni franosi localizzati proprio sul versante della Sciara del Fuoco: frane
in parte sottomarine e a seguire subaeree. La zona isolana di Nord Ovest
infatti, è luogo privilegiato dove s’incanalano dalla terrazza craterica i
prodotti lavici del vulcano. Questo significa apporto di materiale che va a
sovraccaricare altri depositi preesistenti, che a volte mandano in
disequilibrio statico gli ammassi litoidei sulla scorta delle sollecitazioni
sismico vulcaniche favorite anche da processi erosivi dettati dagli elementi
meteomarini.
Il 28 agosto 2019 un nuovo evento
parossistico ha scosso di nuovo il vulcano: particolarmente drammatiche le
immagini di una colata piroclastica che scivola nel mare avanzando sull’acqua
grazie ad una sorta di cuscino d’aria e vapore che ne ha favorito lo
scorrimento. I turisti su una barca troppo vicina alla Sciara del Fuoco, sono
scappati via giusto in tempo per evitare una brutta fine all’interno di quella
sorta di nuvola nera costituita non già da fuliggine ma da materiale vulcanico
ad altissima temperatura.
Nel mese di maggio 2019 il livello di
allerta vulcanica per lo Stromboli era posizionato sul verde (vedi tabella
sottostante). Dopo l’evento del 3 luglio 2019 l’allerta è stata innalzato a
giallo. Ed ancora dopo l’evento eruttivo del 30 agosto 2019, il livello è
passato all’arancione.
Livelli allerta per lo Stromboli |
Diversamente da altri vulcani come il
Vesuvio o i Campi Flegrei, qui allo Stromboli anche se si dovesse raggiungere
il livello di allerta rosso, non è automatica l’evacuazione totale o parziale
della popolazione strombolana.
D’altra parte lo si capisce anche
dall’attualità, dove con uno stato di preallarme (arancione) in atto, i turisti
possono ancora arrivare sull’isola con i traghetti di linea, e il divieto di
attracco vale solo per imbarcazioni che superano i 200 passeggeri. I natanti tra
l’altro devono mantenersi a 2 miglia dalla Sciara del Fuoco mentre il turismo
appiedato non può spingersi sul vulcano oltre quota 290 metri o da Ginostra.
Evacuazione o non evacuazione dell’isola
sarà una decisione che sarà presa dall’autorità nazionale di protezione civile,
che nel merito sentirà la commissione grandi rischi, il presidente della
Regione Sicilia e il sindaco di Lipari. Questo significa che le autorità
regionali e comunali avranno sicuramente già predisposto un piano di
evacuazione per allontanare all’occorrenza l’intera popolazione di Stromboli,
soprattutto se si dovessero temere cedimenti strutturali alla parete vulcanica nord
occidentale con risvolti pericolosissimi.
Questa evacuazione dovrebbe avvenire,
semmai se ne presentasse la necessità, attraverso le zone di atterraggio
elicotteri o presso i pontili d’imbarco dei traghetti o entrambi i siti. Da un
punto di vista tecnico, l’evacuazione massiva con elicotteri non è l'ideale
quando ci sono tempi stretti e molte unità da evacuare. L’elicottero inoltre ha
un grosso limite di azione dettato dalla cenere vulcanica, tant’è che
difficilmente potrebbe operare troppo vicino a una colonna eruttiva o su
superfici ammantate di cenere e lapilli.
L’evacuazione via mare magari necessaria
per trasportare gli strombolani sull’isola di Lipari o comunque a Milazzo, non
porrebbe particolari difficoltà perché oltre ai traghetti c’è il naviglio
veloce ordinariamente presente in quel settore geografico e che può
imbarcare centinaia di passeggeri. Come tutte le piccole isole però, non dotate
di porti veri e propri ma di attracchi, le condizioni meteomarine possono
vanificare per giorni l’efficacia e la prontezza operativa delle navi a
prescindere dal tonnellaggio, dettando l'isolamento della comunità isolana
soprattutto nella stagione invernale.
Il problema dell'imprevedibilità dei
parossismi del vulcano Stromboli, certamente pongono gli isolani nella
condizione di dover valutare una serie di cose che riguardano la sopravvivenza
economica ma senza potersi discostare troppo dalle esigenze di tutela fisica
dei residenti.
Occorre dire che le case non sembrano
possedere quei requisiti di difesa passiva auspicabili in una zona vulcanica
attiva, quali potrebbero essere i tetti a volta e porte e finestre ubicate
prevalentemente nelle mura perimetrali opposte al vulcano.
In un contesto dove tra i fenomeni
occorre annoverare l'aspersione di brandelli di lava incandescente, i tetti
dovrebbero essere ignifughi e non di cannucce; magari coperture rotondeggianti
e resistenti alla pioggia di pietre e lapilli aiuterebbe. Un discorso a parte
meriterebbe la questione incendi d'interfaccia...
Ovviamente la realizzazione di rapidi
percorsi che offrano velocemente quota a chi percepisce l'allarme maremoto,
sono nelle cose da farsi con urgenza anche sulla vicina Penisola.
Un'attenta analisi del rischio offerto
da lucide e oggettive valutazioni scientifiche, potrebbe favorire una serie di
riflessioni ed eventualmente una discriminazione circa la condizione di maggior
rischio per l'abitato di Ginostra, che dal carteggio ci sembra più esposto alle
fenomenologie balistiche o di scorrimento. Occorre poi dire che tale comunità è
isolata dagli altri e più estesi nuclei urbanizzati localizzati a est
dell'isola: questo operativamente crea problemi aggiuntivi. Tutti aspetti da
approfondire...
Le rilevanze scientifiche potrebbero
quindi offrire una soluzione a quella che dovrà essere necessariamente la
pianificazione e la rivisitazione dell'urbanizzazione dell'isola vulcanica per
scongiurare politiche di abbandono o vivecersa di affollamento. D'altra parte l'imprevedibilità dei
fenomeni e l'isolamento geografico ordinario, devono spingere le autorità e le
popolazioni a trovare delle soluzioni attive e passive capaci di guadagnare
tempo nelle situazioni critiche e mitigare l'indice di rischio che oggi
sull'isola è abbastanza elevato.
Tecnicamente per energie in gioco e territori coinvolti l'emergenza
Stromboli dovrebbe essere nelle prerogative di diretto coordinamento regionale
e non nazionale. Purtuttavia il rischio maremoti potrebbe riguardare ampi
territori e più regioni e quindi potrebbe essere giustificato l'intervento del
dipartimento della protezione civile che rimarca all'uopo competenze anche in assenza
della dichiarazione dello stato di emergenza in forza dell'imprevedibilità e
della repentinità del pericolo parossistico che incorpora tra l'altro il
rischio maremoto. Valutazioni condivisibili purchè le altre amministrazioni
competenti non facciano gli spettatori in tribuna limitandosi a formulare unicamente
richieste di ristoro economico.
L'affaire Stromboli è da seguire
amministrativamente, tecnicamente e scientificamente con molta attenzione,
soprattutto dal punto di vista della prevenzione delle catastrofi, perchè come
la cronaca ci rimanda, la repentinità e la imprevedibilità dei parossismi e
delle frane, non lasciano grande spazio alla fuga come difesa immediata da
un'isola che sarebbe cara a Jules Verne...
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