La spianata di Bagnoli - Campi Flegrei |
Insediarsi nei territori vulcanici del
vesuviano e del flegreo, significa accettare l’idea di una condizione di
pericolo immanente non mitigabile con certezza matematica dalla previsione
dell’evento eruttivo. Neanche col monitoraggio campale, iper strumentale e
spaziale, è possibile dare una chiave di lettura incontrovertibile a quelli che
sono i segnali chimici e fisici di un magma in evoluzione nel sottosuolo. Ne abbiamo già parlato...
Un ipotetico viaggio nel prodotto terra,
a sopportare temperature e pressioni, sarebbe un volo solo strumentale nel mondo litosferico e astenosferico a differenza dell'acqua e dell'aria. Le
perforazioni, quelle cosiddette carotaggi, procedono diversamente consentendo di mettere
a giorno un campione del sottosuolo, ma non di quello profondo. La prospezione
indiretta con onde sismiche allora, al momento è il metodo più utilizzato per
decifrare gli strati chilometrici. I risultati non sono precisissimi
soprattutto con l’aumentare della profondità, tant’è che non si riesce a dare
un quadro tridimensionale alle camere magmatiche, e quindi una valutazione complessiva
sulle quantità di magma stipate sottoterra. Le camere magmatiche superficiali sono più sondabili ma non attestano
moltissimo in termini di previsione, visto che il magma
può risalire direttamente dalle camere più profonde e meno investigate, come successe
nell’eruzione pliniana del Vesuvio nel 79 d.C....
La previsione dell’evento eruttivo è la
pietra filosofale a cui tendono tutti i ricercatori del mondo, ma al momento nessuno può
vantare di averla scoperta per le troppe variabili che caratterizzano prodotti a diversa densità e diversa temperatura e chimismo e dinamismo. Quindi, anche per quanto riguarda la previsione
corta del fenomeno eruttivo (72 ore), ci troveremo sempre di fronte a
proiezioni probabilistiche sui tempi, che possono essere minimi nel mancato allarme e massimi nel falso allarme.
Solo la materializzazione dell’eruzione
offrirà il dato statistico deterministico dell'evento,
che raggiungerà il suo picco di alta pericolosità nel momento in cui la colonna
eruttiva avrà toccato la massima quota. A eruzione in corso, dalla stima
dell’altezza della colonna si potrebbe azzardare analiticamente
l’intensità eruttiva che in ogni caso potrà essere valorizzata con certezza solo dopo che
sono terminati i fenomeni,che in coda potrebbero essere cattivi, e saranno chiare le ripercussioni e le implicazioni e
gli sconvolgimenti che ha subito il territorio. Se noi riusciamo a vivere nei
territori vulcanici con tutte queste premesse, è solo dovuto al fatto che le
eruzioni mediamente catastrofiche hanno periodi di ritorno molto lunghi e la percezione del pericolo in assenza di elementi percepibili dai sensi è blanda.
Per evitare un falso allarme che dal
punto di vista sociale è comunque un problema, occorre tentennare ai primi
prodromi pre eruttivi e attendere segnali più duraturi e diversificati per far
scattare l’evacuazione. La realizzazione di uno strumento di tutela, come può
essere il piano di evacuazione, è l’unico sistema per consentire di ridurre al
minimo e all’occorrenza i tempi di permanenza in area vulcanica. Le pratiche di
prevenzioni invece, vertono sulla delocalizzazione della popolazione e sull’ampliamento
delle strade come metodo strutturale per mitigare i fattori di rischio. In
questo caso si otterrebbe una diminuzione del carico antropico e
collateralmente una velocizzazione delle operazioni di evacuazione favorite da
un minor numero di persone da allontanare.
A fronte del rischio vulcanico, nella
zona rossa Vesuvio a est di Napoli,
fu introdotta per logiche appunto di prevenzione, la legge regionale numero 21 del
2003, per bloccare nuovi insediamenti residenziali che, col loro
conseguenziale carico umano, avrebbero lasciato crescere il valore esposto che
già oggi conta 700.000 abitanti addossati a quello che a ben ragione è il vulcano più
pericoloso del mondo.
I Campi
Flegrei sono un’ulteriore area vulcanica che caratterizza il settore occidentale della metropoli partenopea.
In realtà il parallelo geografico che unisce il Vesuvio ai Campi Flegrei,
sembra seguire una linea di fuoco che vede nel sottosuolo profondo un’unica
grande camera magmatica che unisce i due distretti vulcanici. Sede di un super
vulcano che si sviluppa su una vasta caldera, il flegreo pur con tutti i
requisiti legislativi di pericolosità, non è ancora titolare di un preciso
divieto di urbanizzazione alla stregua di quanto è stato fatto per il Vesuvio.
Nella riunione di audizione della IV commissione consiliare permanente del 26 settembre 2018 ad
oggetto:<<Proposta di Legge: Norme
Urbanistiche per i Comuni rientranti nelle zone a rischio vulcanico dell'area
flegrea>>, nel merito si sono succeduti al microfono l’assessore
all’urbanistica del comune di Pozzuoli, il dirigente del servizio pianificazione
urbanistica generale del comune di Napoli, il sindaco di Pozzuoli e la rappresentate
del Movimento 5 Stelle. Da quello che si è capito, Napoli e Pozzuoli reggono un
po’ la cordata sulle decisioni da prendere anche per gli altri comuni della
zona rossa flegrea.
Nel dibattito sono emersi pochi
distinguo ma l’equipaggio remava
nella stessa direzione. Emettere un divieto di cementificazione sic et sempliciter non è stato ritenuto
opportuno da alcun rappresentante. Il sindaco di Pozzuoli ci è
sembrato abbastanza chiaro nell’esposizione del suo pensiero riconducibile alla volontà di bloccare ogni formula abitativa che incentivi le residenze nel centro storico
puteolano, perché, dice, più vulnerabile e meno facile da evacuare. Fuori dal
centro storico però, è di tutt'altro avviso…
Questo potrebbe significare che il
sindaco di Pozzuoli eluda qualsiasi accostamento tra bradisismo e rischio
eruttivo. Il primo cittadino ha forse un’errata visione degli agglomerati
residenziali di Monterusciello e del
rione Toiano appena a nord del monte Nuovo (sede dell'ultima eruzione) e a nord est del lago craterico d'Averno considerato la porta dell'inferno.... Queste due cittadine ubicate ben all’interno della
città, sono state un errore tecnico politico scientifico e amministrativo, a
suo tempo supportato da una scienza molto disorientata perché la realizzazione di nuovi alloggi ha
portato a delocalizzare maldestramente la popolazione dalla pronunciata gobba del Rione Terra, da zona rossa a
zona rossa… Il sindaco quindi sembra legato alla visione degli anni 80’; ragiona
come si ragionava allora, senza intuire che all’epoca nonostante il bradisismo
e i terremoti raggiunsero un picco di allarme tale da togliere veramente il
sonno, non fu dichiarata l’evacuazione totale di Pozzuoli (neanche parliamo del flegreo), perché il bradisismo fu ritenuto un fenomeno sismico molto
localizzato che minava la stabilità dei palazzi, ma non fu associato a un possibile elemento prodromico di un’eruzione.
Monterusciello - Pozzuoli |
Il rappresentante del comune di Napoli,
pure ci sembrava d’accordo sulle necessità di non incrementare troppo la
popolazione nella zona rossa flegrea, ma ha insistito affinchè si proceda in modo da insediare un convitto
di studenti nell’ex collegio Ciano
(Bagnoli), luogo da 211.000 metri quadrati con 50 edifici, lamentandosi che la
legge non opera a proposito delle zone rosse un distinguo tra residenze ordinarie
e quelle speciali e collettive che a suo parere sono un’altra cosa.
Collegio Ciano Bagnoli - immagine tratta da fanpage.it |
In realtà l’attento relatore avrebbe dovuto ricordare il dramma della casa dello studente dell’Aquila, che pur essendo una
residenza studentesca speciale e collettiva, crollò sotto i colpi del sisma del
6 aprile 2009 sui poveri allievi che dovettero contare con strazio 8 vittime.
Il
terremoto come si sa, non opera distinzioni di sorta sulla natura delle
residenze, ma neanche le eruzioni vulcaniche, anche se le probabilità di
cavarsela nel secondo caso sono sicuramente maggiori… D’altra parte occorre
dire che pure gli alberghi ubicati nel flegreo potrebbero presentare lo stesso
problema di fondo del convitto, e lo stesso dicasi per i centri di accoglienza migranti, quali attività
assimilabili al concetto di dimora provvisoria.
L’altro
elemento appena imbarazzante, riguarda la famosa zona di Bagnoli-Coroglio, oggetto
di un programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana e quindi di una cabina di regia reclamata da tutti per una vasta area definita di rilevanza nazionale dal
decreto sblocca Italia.
Per capire cosa sia Bagnoli è
interessante soffermarsi sull’isolotto di Nisida che segna visivamente il confine a
sud dei Campi Flegrei. Nisida non è altro che una delle tante bocche eruttive
di cui è disseminato il flegreo la cui attività è ascrivibile a circa 6000 anni
fa. Su quest’isola/penisola, ci sono vestigia romane inabissatesi per effetto del
bradisismo, quale fenomeno che interessa anche la parte marittima della collina
di Posillipo, con reperti alla Gaiola sprofondati sott'acqua, e gibbosità sottomarine a 2,5 Km. fuori dal porto di Napoli. Qui trapelano dalla gobba di 19 metri elementi gassosi che provengono dal mantello.
Altre bocche eruttive riguardano le località di Coroglio, Chiaia, Monte Echia e il cratere di Santa Teresa a Bagnoli: tutti poco visibili perchè profondamente antropizzati. Questo significa che i Campi Flegrei sono un unicum che in termini di pericolosità non ha un centro e una periferia, a maggior ragione se si considera che un evento eruttivo esplosivo rilascerebbe colate piroclastiche che si espanderebbero per non pochi chilometri. Quindi, il pericolo vulcanico non è rappresentato da dove ci si posiziona nella caldera, ma dall’intera caldera dove ogni sito può essere percorso o raggiunto dai micidiali flussi piroclastici.
(Golfo di Napoli) - Rilievo digitale del fondo marino - Foto Dott. G. Ventura |
Altre bocche eruttive riguardano le località di Coroglio, Chiaia, Monte Echia e il cratere di Santa Teresa a Bagnoli: tutti poco visibili perchè profondamente antropizzati. Questo significa che i Campi Flegrei sono un unicum che in termini di pericolosità non ha un centro e una periferia, a maggior ragione se si considera che un evento eruttivo esplosivo rilascerebbe colate piroclastiche che si espanderebbero per non pochi chilometri. Quindi, il pericolo vulcanico non è rappresentato da dove ci si posiziona nella caldera, ma dall’intera caldera dove ogni sito può essere percorso o raggiunto dai micidiali flussi piroclastici.
Ebbene su questo storico ex
polo industriale di Bagoli e zone limitrofe, incombono forti interessi magari anche leciti legati al
business delle residenze e degli investimenti.
Una pianificazione del 2005 stimava in 515.000 metri cubi la misura cementizia
da destinare alla realizzazione di abitazioni. Oggi con un ridimensionamento del
numero di residenze da costruire, ha portato la stima a circa 200.000 metri
cubi di cemento: Parliamo di oltre 1.000.000 di sacchi di cemento.
Da notare che Bagnoli fu la sede scelta
per l’esperimento del Campi Flegrei Deep
Drilling Project, cioè una trivellazione che doveva raggiungere a circa
4000 metri di profondità la testa del rigonfiamento bradisismico, localizzato
poco fuori il porto di Pozzuoli per sondarne il contenuto. Da Bagnoli si
sarebbe proceduto in verticale e poi con una inclinazione dello scalpello
rotante in direzione di Pozzuoli. Il progetto di fatto è stato sospeso così
come sono state bocciate dal Ministero dell’Ambiente, le perforazioni a uso
geotermico nella zona di Scarfoglio (Pozzuoli) per evidente pericolosità dell'area vulcanica.
La caldera flegrea è monogenica, quindi
ogni bocca eruttiva ha prodotto una sola eruzione. Non conoscendo dove si
aprirà il cratere allora, non è possibile circoscrivere con precisione una zona ad alta
pericolosità vulcanica come invece è stato fatto per il poligenico Vesuvio.
Gli altri comuni come Marano, Quarto e Giugliano, non
hanno particolari valenze archeologiche e paesaggistiche e storiche o
consistenti vincoli, e quindi dal punto di vista delle richieste da avanzare
alla commissione regionale incaricata di valutare l'edilizia in zona rossa, pare che siano prevalentemente interessati più che altro ai
condoni edilizi e in ogni caso si riservano di valutare i documenti prodotti
dai comuni capofila e da quelli del Monte di Procida e Bacoli, con quest'ultimo che forse dovrebbe rivedere le strategie di allontanamento già nell'esercitazione EXE 2019.
Cosa fare dell’edilizia
residenziale e anche dei manufatti abusivi ad uso abitativo realizzati nelle zone rosse ad alta
pericolosità vulcanica, è scritto nelle caratteristiche di pericolosità delle aree in esame, ma anche nella deontologia della scienza e della politica che tra i compiti dovrebbe annoverare la pianificazione del futuro futuribile. Ai Campi
Flegrei è probabile che la prossima indeterminabile eruzione assuma una taglia esplosiva
con la produzione di colate piroclastiche.
Questo fenomeno devastante ha già colpito il vesuviano più volte con l’ultima
manifestazione ascrivibile all'anno 1631.
Nel 79 d.C. in seno all'eruzione pliniana di Pompei, si formarono diverse colate piroclastiche che si abbatterono pure su Ercolano causando la morte di alcune centinaia di ercolanesi che, con temperature dei flussi superiori a 350° C., subirono una morte istantanea per effetto della repentina evaporazione dei liquidi biologici compresi quelli della calotta cranica.
L’elemento che differenzia la storia del
flegreo con quella del vesuviano, anche dal punto di vista del sentire comune, è che nel puteolano mancano i segni di morte
dovuti al passaggio delle nubi ardenti. Calchi e scheletri sotto al Vesuvio sono
un monito evidente di vite interrotte repentinamente. Nel flegreo non ci sono
queste testimonianze, e quindi il segno tangibile del pericolo è stato blando e da
qui la sottostima durata molti anni. Col bradisismo e quindi sul finire degli anni 80', e poi con la dichiarazione dello stato di attenzione vulcanica nel 2012, il rischio vulcanico per quest'area è diventato elemento di conoscenza e di riflessione per la popolazione.
Ritornando all'oro grigio, il cemento, la soluzione
potrebbe essere salomonica: via libera alla riqualificazione sismica e quindi
all’abitabilità del collegio Ciano quale residenza già esistente da
destinare agli studenti. Ovviamente la clausola che deve accompagnare questa
scelta, dovrebbe essere la riqualificazione sismica dei fabbricati e
all’occorrenza l’evacuazione preventiva degli allievi già nella fase di
preallarme senza oneri contributivi del tipo autonoma sistemazione perché si ipotizza una casa alle spalle.
Sulla spianata di Bagnoli invece, luogo dove vigono piani di riqualificazione urbana
e insediamenti residenziali, non c’è niente e niente dovrebbe starci se
non strutture di interesse collettivo diverso dalle residenze. Da anni suggeriamo per questo la realizzazione di un’area atterraggio
elicotteri, con annessa struttura polifunzionale di protezione civile, utile
come punto di riunione attrezzato. Anche la realizzazione di un molo d’attracco
in emergenza potrebbe rientrare nel polo e tra le strutture da adibire
all’evacuazione via mare, anche in un ottica di recettività dall'isola d'Ischia che non è da meno in termini di pericolosità vulcanica e sismica.
I contenuti della legge regionale numero
21 del 2003 << Norme urbanistiche per i comuni rientranti nelle zone a
rischio vulcanico dell’area vesuviana>> potrebbero essere sicuramente
d’ispirazione a una legge che alla stregua debba vietare nuovi insediamenti residenziali nella zona rossa dei Campi Flegrei, classificata dallo Stato come area ad alta pericolosità vulcanica. All'appello manca Ischia che, per gli aspetti sismici e vulcanici, dovrebbe essere considerata interamente in zona rossa senza distinzione di sorta e destinataria di una legge ad hoc...
Per quanto riguarda gli abusi edilizi, il
problema è reso drammatico per l’alto numero di costruzioni fuorilegge che
costellano il vesuviano ma anche il flegreo e in ultima analisi la Campania. Non c’è la possibilità di abbattere tutte le costruzioni contemporaneamente, così come non c’è la possibilità di collocare tutti gli
sfrattati in sedi alternative adeguate. Neanche le procure colsero gli aspetti della faccenda, dando un senso e un'attenzione al piano di abbattimenti differenziati, basati solo sulle finalità del manufatto e sulla mano che l'ha costruito, dando quindi un senso alla morale ma non al pericolo, tra l’altro sfruttando l’inerzia e il malfunzionamento
degli apparati dello Stato.
In Campania bisogna procedere, almeno
per le zone rosse vulcaniche, all’abbattimento di tutti i fabbricati allo stato grezzo
oggetto quindi di speculazione e non di abuso di necessità, senza alcuna distinzione di sorta circa la finalità e la mano o l’organizzazione di
chi li ha costruiti.
I fabbricati abusivi ancorchè abitati
che, per fattura o ubicazione, risultano particolarmente pericolosi, o
perché realizzati all’interno di perimetri di riserva forestale o di parco
naturale, dovrebbero essere anch'essi abbattuti perché in sintesi inficiano capisaldi del diritto: la legalità, la sicurezza e la protezione ambientale quale patrimonio di tutti.
I fabbricati abitati che non
rappresentano per fattura o ubicazione un pericolo o un danno all’ambiente, ai beni cuturali e al paesaggio, dovrebbero essere considerati sanabili ma non vendibili,
in modo che l'abuso non può più considerarsi un investimento economico, e quindi non può essere ceduto ad altri perché oltre che a
trasmettere l'immobile si trasmetterebbe per ubicazione l'esposizione a un rischio di notevole portata. Del resto lo
Stato non può sancire l’alta pericolosità vulcanica e sanare gli abusi: la via Salomonica serve a uscire dall'empasse senza scatenare una rivolta sociale... Obbligare le bitumiere ad avere a bordo una blue box garantirebbe un controllo del territorio ieri e oggi profondamente disatteso...
il 27 novembre 2019 il consiglio regionale Campania ha votato alcuni emendamenti che riaprono la possibilità di sanare gli abusi edilizi in zona rossa Vesuvio...
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