Vesuvio - Eruzione 1944 |
I
recenti eventi sismici a bassa magnitudo che hanno interessato per giorni il
complesso vulcanico del Somma – Vesuvio, hanno destato nel vesuviano una certa interessata
curiosità più che preoccupazione, soprattutto per il protrarsi delle
irrequietezze nel sottosuolo del vulcano più famoso del mondo.
Una
parte della popolazione che vive alla base dell’arcinoto Vesuvio, percepisce il
vulcano come una “montagna” che ha avuto certamente una sua furente giovinezza
sancita dall’eruzione di Pompei del 79 d.C., con energie poi sfumate nel corso
dei secoli con eventi energeticamente decrescenti fino all’ultima eruzione del
1944.
I
settantaquattro anni che ci separano da questa data, hanno rimosso nell’attuale
generazione di giovani e meno giovani, il ricordo dei miti
fenomeni vulcanici che si svilupparono in un contesto bellico portatore di
molti e più pregnanti problemi: ovviamente in modo direttamente proporzionale
alla distanza dall’apparato eruttivo. Le
colate di lava snodandosi molto lentamente nelle terre segnatamente vesuviane, non
minacciarono direttamente i vesuviani, ma solo le loro case in modo molto localizzato
e in tutti i casi senza intaccare la vicina Napoli.
Vesuvio 1944 - La lava a Terzigno |
Neanche
la generazione degli scienziati che oggi lavorano e studiano il Vesuvio hanno nel
loro curriculum esperienze dirette circa l’osservazione e lo studio dell’andamento
dei prodromi prima di un'eruzione.
Le
congetture degli studiosi dell’Osservatorio Vesuviano sono tutte di tipo
analitico e tutte da confermare a proposito delle supposizioni che pure è
necessario fare, ma occorrerebbe evitare toni da chi ha la situazione in pugno
dal punto di vista della previsione delle eruzioni. La comparazione dei dati
che si registrano con altri vulcani simili al Vesuvio, certamente aiuta ma non
è sinonimo di equivalenza comportamentale dei sistemi magmatici, perché ogni
apparato ha caratteristiche diverse, come diverse sono le innumerevoli variabili
che entrano in gioco in una scienza, la geologia, che ha limiti esplorativi oggettivi e insormontabili, almeno nell'attualità.
Cosa
abbia nel suo grembo il fantomatico Vesuvio nessuno lo sa. Questa crisi sismica
che ha riguardato e caratterizzato prevalentemente gli ultimi trenta giorni, è
stata definita dalla direttrice dell’Osservatorio Vesuviano assolutamente
normale ancorchè rientrante in quegli episodi che periodicamente un vulcano
attivo come il Vesuvio manifesta, senza per questo mutare la sua condizione di
vulcano quiescente.
Sono una consuetudine – ripete la Dott.ssa Francesca Bianco
- l’insorgere di sciami a bassa magnitudo in questo distretto. Gli strumenti tra
l’altro non indicano alcuna variazione dello stato di quiete del Vesuvio,
tant’è che l’indice di allerta vulcanica ristagna sul colore verde (Base).
In
realtà la stessa cosa la si diceva il 9 ottobre del 1999 quando una scossa di origine vulcanica abbastanza potente
(3,6 M) da essere avvertita distintamente dai vesuviani, scatenò paure
manifeste. Ne nacque pure una diatriba scientifica tra il Prof. Luongo e la
direttrice Civetta, circa la necessità o meno di passare al livello di
attenzione vulcanica. In quel periodo però, solo gli addetti ai lavori
conoscevano la tavola di allerta con i rispettivi colori e significati. Tra l’altro
inizialmente erano 7 i livelli con due
di colore giallo: attenzione 1 e
attenzione 2. Su elementi scaturiti dall’esercitazione di protezione civile (Portici) - Vesuvio 2001 -, successivamente furono
adottati 4 livelli per 4 corrispondenti fase operative.
La
soluzione che adottò l’istituzione scientifica nel 1999 fu salomonica: nei
fatti si accentuarono le osservazioni scientifiche ma senza dichiarare alcunché
a una popolazione che non era assolutamente in grado di qualificare lo
sconosciuto termine attenzione vulcanica, che poteva passare facilmente come
allarme vulcanico…
Da
un certo punto di vista gli eventi del ’1999 e quelli del ’2018 fanno scuola.
Nel primo caso, ne fummo testimoni, si andò molto vicino a una situazione di
panico perché i residenti percepirono direttamente il terremoto, e in qualche
caso ci furono atteggiamenti molto vicini alla paura. In quel
periodo più di qualcuno lasciò la zona rossa…
Negli
eventi di questi giorni invece, la maggior parte della popolazione è stata
informata delle scosse sismiche che si susseguivano con frequenza, prevalentemente attraverso i media, spiccatamente i social e i giornali online. Quelli che
hanno percepito i leggeri sommovimenti sono stati pochi. Questa condizione ha
favorito un’apprensione veramente minima e sonni tranquilli quasi per tutti.
Come abbiamo avuto modo di dire altre volte, all’occorrenza
sarà proprio la percezione diretta che qualcosa stia cambiando nello status del
Vesuvio, a minare la compostezza e l’efficacia delle operazioni di evacuazione della
popolazione vesuviana. Diversamente, lo stato di allarme dichiarato dalle
autorità governative senza che i cittadini avvertano i segnali ambientali di
pericolo, favoriranno un esodo meno caotico e pericoloso.
Intanto
i reportage giornalistici dalle falde del Vesuvio ci hanno proposto stoici
personaggi che affermavano con grande sicumera di non aver paura della montagna
buona, con cui condividono
amorevolmente e da tanti anni, spazi e percorsi di vita. Premesso che il
Vesuvio non ha amici ma neanche nemici, la realtà come sapete è tutt’altra.
Generalmente
quando il pericolo diventa qualcosa di molto più concreto di una sensazione o
di una informazione, come può essere quella dettata dall’ambiente circostante
che vibra e trema e oscilla e tuona, i freni inibitori del panico cedono in una
misura anche legata al perdurare dello stimolo inusuale. L’eroismo consiste nel governare la paura e l’istinto
di sopravvivenza attraverso la contrapposizione di uno stimolo bilanciante ancora
più grande, che può essere un alto ideale o il bene supremo che ci porta magari
al sacrificio della nostra vita per salvarne altre.
Nella
resistenza…nella resilienza al
vulcano, non c’è nulla di tutto questo. Offrire il petto non già alle
pallottole ma alla colata piroclastica, non avrebbe nulla di eroico, e non si passerebbe
alla storia come Leonida alle Termopili, solo perché cenere e lapilli
oscurerebbero il cielo… Gli stoici allora dovrebbero dire la verità, cioè - non
abbiamo un altro posto dove andare e soprattutto finché è possibile non
vogliamo allontanarci dal teatro delle nostre radicate abitudini perché tutto
sommato il Vesuvio dal nostro punto di vista è una imperturbabile montagna
minimamente vitale, ma non per questo percepiamo pericoli e in tutti i casi il
monte ci darebbe il tempo di scappare -.
Vesuvio - 1944 |
Gli
stoici del vesuviano in realtà sono intervistati da molte televisioni con
intervistatori che si fanno dire da costoro esattamente quello che già sanno
che diranno. In altri casi invece, gli intervistati segnalano il fatalismo
della loro condizione di “esposti”, della serie il destino ci ha messi su
questa ruota territoriale esponendoci
a dei rischi, che accettiamo nella consapevolezza delle incognite esistenti
abitando in questi luoghi pericolosi. Versione rispettabile…
Lo
stoico viene sempre preso con le molle però, e quindi è meno pericoloso
mediaticamente di quelli che dall’alto di pulpiti a maggior incidenza persuasiva, dicono che
gli strumenti non segnalano variazioni allarmanti. Occorre dire che il mutismo dello strumento per sua natura
non allarma, bensì registra: è l’uomo che può allarmare o chetare. Certo,
sapere che c’è un accordo di riservatezza tra chi ha gli strumenti in mano e
chi dovrà decidere di diffondere l’allarme, non facilita l’instaurarsi di un
rapporto di fiducia, visto che si censura il diritto alla conoscenza. Anche in
questo caso, sono in pochissimi a conoscere l’esistenza di questi accordi…
Ancora
più micidiali sono quelli sempre di collocazione istituzionale o pseudo tale, che
dicono che un’eruzione è rilevabile almeno un mese prima, grazie ai formidabili
strumenti iper tecnologici ben collocati su ampio raggio, che sono capaci di
cogliere ogni piccolo cambiamento nel sottosuolo profondo vulcanico...
Dal
nostro punto di vista un po’ pragmatico invece, ogni sciame sismico rappresenta
un grosso punto interrogativo, perché la presenza e la persistenza dei sussulti
crostali e litosferici non è decifrabile in seno ad un vulcano, e soprattutto
non sono prevedibili le intensità dei sismi che potrebbero ancora ripresentarsi
come continuità del fenomeno, con esiti magari imprevedibili e indesiderati. La
sequenza sismica può interrompersi dopo alcune ore o giorni o settimane, così
come può continuare magari per mesi e al rialzo, e non ci sono strumentazioni
che hanno il dono della preveggenza dando un significato certo ai valori colti
in automatico, anche dal punto di vista della temporalità del fenomeno. La
scienza può e dovrebbe solo dire nel merito: per il momento la situazione indicata dai valori strumentali non sembra
evolversi verso una condizione diversa dalla quiescenza di base…
In
quest’ottica, la lezione che ci proviene dal terremoto dell’Aquila del 6 aprile
2009, dovrebbe essere alquanto formativa. In qualsiasi modo la si voglia
girare, la riunione di esperti che si riunì nel capoluogo abruzzese pochi
giorni prima del forte sisma, a prescindere dal livello di responsabilità
personale, escluse che la sequenza di terremoti a bassa energia che si
protraeva da mesi in quella zona, potesse poi sfociare in un terremoto ad alta
magnitudo. Purtroppo la previsione ad excludendum
così formulata dal consesso di esperti, appena una settimana dopo si rivelò
fallace: la catastrofe sismica si abbatté su uomini e cose, seguita poi da una
spirale di polemiche mai completamente sopite.
l
comunicati allora dovrebbero essere maggiormente calzanti alle incognite e ai risultati fin qui
raggiunti dalla scienza, per non ricalcare gli antefatti dell’Aquila dove
qualcuno per distinguersi volle essere più rassicurante di altri.
Questa
ed altre crisi sismiche, che si focalizzano più o meno sempre nello stesso
punto, cioè nell’area del condotto centrale del Vesuvio, che dovrebbe essere anche
il luogo maggiormente cedevole alle insufflazioni di fluidi e magma, deve
essere seguita, e sicuramente lo è, con molta attenzione dal mondo scientifico
ma anche dalla popolazione, che ricopre con molta partecipazione il ruolo di mero
terminale delle informazioni istituzionali. I cittadini non dovrebbe essere un
elemento astratto a cui dar conto solo quando il grande manovratore decide che
è arrivato il momento di muovere le leve che lo riguardano…
Vesuvio 1944 - la lava distrugge case |
L’autorità
scientifica qualche volta e con fastidio chiama in causa i blogger e i social,
rei di allarmismo ingiustificato. Viceversa, da alcuni blogger, partono note contrarie
che accennano a un eccessivo manifesto ottimismo dell’autorità, perché mancano quei
presupposti scientifici incontrovertibili e rigorosi per aspergere certezze. Magari
ci sarebbe maggiore serenità se i dati di monitoraggio del vulcano venissero
pubblicati online in tempo reale.
I
Sindaci neanche provano ad entrare in questo dibattito e ringraziano caldamente,
perché in questo piccolo scambio di vedute utile a concentrare l’attenzione su
aspetti diversi dalle loro dirette e fondamentali competenze in tema di sicurezza,
possono continuare nel loro collaudato e sostanziale atteggiamento da pesce
in barile, almeno fino a quando non dovranno affrontare un primo
livello di allerta coi cittadini che batteranno alla loro porta per sapere,
fagotti in mano, se devono o non devono lasciare la zona rossa…
Vesuvio 1944 - Aeroporto Terzigno/Pompei - Bombardiere americano bombardato dalla cenere e dai lapilli dell'eruzione. |
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