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domenica 26 luglio 2020

Rischio Vesuvio e Campi Flegrei: il difficile governo dei territori vulcanici… di MalKo

VESUVIO

L’area vesuviana è caratterizzata e prende il nome, dalla massiccia presenza dell’arcinoto strato vulcano Vesuvio. Trattandosi di un apparato che nella sua lunga storia eruttiva ha prodotto eruzioni dissimili per intensità e fenomenologia, inquadrarlo in tutta la sua pericolosità è compito arduo. Come più volte sintetizzato, non è possibile prevedere con quale tipologia eruttiva il vulcano romperà nel futuro la sua annosa quiescenza che dura da 76 anni. L’assunzione dello scenario medio sub pliniano (VEI4) come eruzione massima di riferimento per la stesura dei piani di emergenza, ha dato vita all’attuale zona rossa i cui limiti scientifici sono dettati dalla linea nera Gurioli, mentre quelli amministrativi dalla Regione Campania.

In una interlocuzione avvenuta nei primi mesi del 2019 con le autorità di Protezione Civile Nazionale e Regionale e con l’Osservatorio Vesuviano (INGV), fu portato all’attenzione dei dirigenti intervenuti, la necessità di varare strumenti urbanistici graduali, per non determinare una stroncatura netta tra i limiti della zona rossa e quella verde contigua: quest’ultima per intenderci con vincoli edilizi ordinari. Una corona circolare che fungesse come un intercalare territoriale di tutta precauzione e non di evacuazione, sarebbe stato assolutamente necessario per dare spazio alle politiche lungimiranti di prevenzione, sulla scorta della consapevolezza che il pericolo eruttivo non è una costante invariabile col tempo.  

Esempio di organizzazione del territorio vulcanico


Se si adotta così com’è stato fatto uno scenario eruttivo medio e non quello massimo conosciuto, occorre anche comprendere che con il passare del tempo ciò che oggi è zona verde un domani, magari anche lontano, diventerà zona rossa VEI5 o prossima a questa intensità. Si tenga presente infatti, che l’indice di intensità vulcanica (VEI), è una scala che segue dei gradini che offrono energie 10 volte superiori ad ogni alzata: i processi energetici possono invece avere alla stregua di una scala termometrica, valori intermedi, con logiche al rialzo da piano inclinato. Un’amplificazione della probabilità eruttiva pliniana o similmente pliniana, col trascorrere dei decenni e poi dei secoli, verosimilmente rientrerà nel calcolo delle probabilità future di accadimento difficilmente contestabili. Una constatazione questa dell’intensità eruttiva, che trova una sua correlazione non misurabile con certezza con i tempi di quiescenza, che nella quasi totalità delle pubblicazioni di vulcanologia, viene indicato come fattore importante per le valutazioni al rialzo del pericolo eruttivo. In ogni caso l’imprevedibilità del sistema vulcanico che trae la sua energia dalle diramazioni con l’astenosfera, racchiude limiti di insondabilità insuperabili alla luce delle conoscenze attuali.

Ragionando sui documenti esistenti, si desume una possibilità non trascurabile che l’eruzione possa essere pliniana al giro di boa dei 200 anni di quiescenza. Superato questo limite bisecolare, la casistica introdurrà in modo non residuale la più famosa delle eruzioni, imponendo modifiche all’estensione della zona rossa per adeguarla al mutato indice di esplosività vulcanica (VEI5). Un mutamento che in assenza di regole urbanistiche, imporrebbe di fare i conti col consumo del territorio che sembra inarrestabile nel comprensorio metropolitano…

 
Area Vesuviana: zona rosso 1, zona rossa 2, zona blu, zona gialla.


Il problema grosso di protezione civile, è che nessuno al mondo può escludere la possibilità che già oggi una eruzione di questo tipo possa materializzarsi. L’altro elemento da brividi, è la previsione del fenomeno eruttivo, che per sua natura si presta ai falsi allarmi e ai mancati allarmi. Nessuno dice però, che c’è una terza possibilità: un infallibile successo previsionale di un’eruzione che poi potrebbe anche remotamente rivelarsi energeticamente superiore alle aspettative o maggiormente sbilanciata in una direzione, con effetti dirompenti capaci di superare i limiti amministrativi della zona rossa. In questo malaugurato ipotesi, migliaia di persone resterebbero immobili e impreparati come birilli...

Nella zona rossa Vesuvio sussiste il vincolo dell’inedificabilità totale per uso residenziale, e quindi va da sé che la domanda di alloggi fuori dalla zona rossa 1 (nella zona rossa 2 vige cemento libero) è fortemente aumentata. Per rispondere alle necessità immobiliari, alcuni comuni come quello di Volla, hanno incrementato la cementificazione del territorio per dare al mercato i vani richiesti.  

Articolo giornalistico ad oggetto la cementificazione di Volla.  Valutate la distanza del comune
dalla zona rossa nella mappa dell'area vesuviana riportata in alto.


La necessità di regolare senza vietare, i processi di urbanizzazione nell’area contigua alla zona rossa e per alcuni chilometri, dovrebbe spronare le autorità di governo del territorio metropolitano, a darsi regole di sviluppo sostenibile, utilizzando schemi di insediamenti abitativi capaci di favorire la politica degli spazi e una più agevole mobilità delle popolazioni su ruote. D’altro canto occorre anche prestare attenzione alle particolarità costruttive dei manufatti, in modo che siano maggiormente rispondenti alle esigenze di affrontare staticamente i fenomeni dinamici, verticali e orizzontali, insiti nelle grandi eruzioni. 

Secondo la maggior parte dei libri di vulcanologia, pedissequamente viene riportato il dato che quanto maggiore sarà il tempo di quiescenza di un vulcano, tanto maggiore sarà l’energia con cui l’apparato porrà fine al suo letargo geologico. La direttrice dell’Osservatorio Vesuviano stranamente escluse pubblicamente questa regola, sostenendo che la misura del tempo non cambia l’intensità eruttiva massima attesa al Vesuvio, che sarà in ogni caso di media intensità e fino a prova contraria. 

L'enigmatica scienziata forse voleva riferirsi agli esami tomografici sismici o muonici che potrebbero già aver quantificato i volumi di magma presenti nella camera magmatica profonda. Il concetto allora potrebbe essere quello che si valuteranno in futuro e con indagini indirette le masse di materiale rovente insinuatesi nella camera magmatica, e le comparazione "radiografiche" potrebbero consentire di mutare il quadro predittivo dell'intensità eruttiva.Temo però, che al momento non abbiamo questa precisione analitica...

Il monte St. Helen negli USA, è molto simile al Vesuvio e nel 1980 produsse una spaventosa eruzione. In realtà e spinti dalla curiosità e dalla necessità di chiarezza, abbiamo chiesto al servizio geologico americano,se è vero che l’intensità eruttiva non è legata ai tempi di quiescenza del vulcano. La risposta è stata lapidaria: that is not true (questo non è vero). Dal nostro punto di vista riteniamo che se l'indagine sismica avesse elementi tridimensionali di determinatezza assoluta, sapremmo con precisione cosa succede pure nel sottosuolo dei Campi Flegrei, assegnando con accettabile approssimazione l’indice di pericolosità vulcanica...

Campi Flegrei . Zona rossa e gialla.


L’affermazione della predetta assegnò un endorsment ai rappresentanti delle pregevoli istituzioni governative presenti, che uscirono dall’incontro  giustificati per la loro ingessatura evcuativa sull'argomento, che nulla porta però al contribuito strutturale della prevenzione del rischio vulcanico oltre i margini temporali della loro esistenza. Tecnici dell’oggi insomma e non del domani. Diversamente costoro avrebbero dovuto impegnarsi per costringere la politica a prendere contezza della realtà, suggerendo azioni di pianificazione urbanistica (Puc) con la mente concentrata sulle prerogative di sicurezza della società futura, che non merita che si lasci una bomba naturale in un contesto metropolitano di serrata e crescente e caotica e avviluppante conurbazione.

Intanto i sindaci della zona rossa che hanno costituito un cartello per mettere in discussione gli insopportabili divieti anti cemento vigenti nel vesuviano, chiedono a gran voce di abbattere e riscrivere la legge 21/2003 e nel contempo lamentano la necessità di trovare soluzioni agli abusi edilizi attraverso le sanatorie. Queste pretese degli amministratori locali che sanno un tantino di campagna elettorale, possono incidere fortemente sulle politiche della sicurezza areale, quale territori fortemente antropizzati e minacciati dall’imprevedibilità vulcanica, che da oriente a occidente stringe nella morsa del rischio eruttivo l’area metropolitana napoletana. 

Se i primi cittadini con i loro esperti riusciranno a convincere l’assessore Bruno Discepolo ad aprire il borsone dell’edilizia nel comprensorio vesuviano, anche per i Campi Flegrei si prospetterà una legge di latta, per dirla alla Cordova, che proclamerà di bloccare ogni ulteriore insediamento abitativo nel settore a maggior rischio vulcanico, ma con molte postille, distinguo e scappatoie ad esempio su Bagnoli, che invece di diventare un hub di protezione civile diventerà probabilmente un distinto agglomerato urbano.

Per quanto ne sappiamo, l’unica azione amministrativa che va nella direzione di strutturare sul serio le pratiche di mitigazione del rischio vulcanico nei Campi Flegrei, è quella di varare una legge capace di bloccare qualsiasi ulteriore insediamento abitativo nella zona rossa, fermando così nuove esposizioni dei cittadini al pericolo, alla stregua di quanto è stato fatto nel vesuviano con la norma regionale,  risultata di una certa efficacia al netto degli abusi edilizi perpetrati su un territorio francamente senza controlli.

L’ipotesi di disegno di legge presentato nel 2016 dalla consigliera regionale Maria Muscarà :<< Norme urbanistiche per i comuni rientranti nelle zone a rischio vulcanico dell’area flegrea>>, affronta quindi il problema. L’iter della buona proposta, si è arricchito dei pareri espressi in alcune sedute dai rappresentanti delle municipalità del flegreo e del napoletano, in verità poco entusiasti del rigore normativo proposto. La tessitura di questa legge è particolarmente importante, perché i governi locali, che sembra che badino più a quello che si costruisce piuttosto che al dove lo si costruisce, fanno squadra e premono ridimensionando con le loro pretese il rischio vulcanico in nome di esigenze sociali e del progresso economico.


E’ di questi giorni una pubblicazione (Invited perspectives: The volcanoes of Naples: how can the highestvolcanic risk in the world be effectively mitigated?) del Dott. De Natale dell’INGV (OV) che affronta il tema di una discussione sulla prevenzione basata solo sulla previsione dell’evento vulcanico, accennando alla fallibilità della pratica. Poi individua altri elementi come i limiti dei piani di emergenza e la necessità di intraprendere il cammino del decentramento abitativo per mitigare il rischio vulcanico.











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