VESUVIO |
L’area
vesuviana è caratterizzata e prende il nome, dalla massiccia presenza
dell’arcinoto strato vulcano Vesuvio. Trattandosi di un apparato che nella sua
lunga storia eruttiva ha prodotto eruzioni dissimili per intensità e
fenomenologia, inquadrarlo in tutta la sua pericolosità è compito arduo. Come
più volte sintetizzato, non è possibile prevedere con quale tipologia eruttiva
il vulcano romperà nel futuro la sua annosa quiescenza che dura da 76 anni.
L’assunzione dello scenario medio sub pliniano (VEI4) come eruzione massima di
riferimento per la stesura dei piani di emergenza, ha dato vita all’attuale
zona rossa i cui limiti scientifici sono dettati dalla linea nera Gurioli,
mentre quelli amministrativi dalla Regione Campania.
In
una interlocuzione avvenuta nei primi mesi del 2019 con le autorità di
Protezione Civile Nazionale e Regionale e con l’Osservatorio Vesuviano (INGV), fu
portato all’attenzione dei dirigenti intervenuti, la necessità di varare
strumenti urbanistici graduali, per non determinare una stroncatura netta tra i
limiti della zona rossa e quella verde contigua: quest’ultima per intenderci
con vincoli edilizi ordinari. Una corona circolare che fungesse come un
intercalare territoriale di tutta precauzione e non di evacuazione, sarebbe stato
assolutamente necessario per dare spazio alle politiche lungimiranti di
prevenzione, sulla scorta della consapevolezza che il pericolo eruttivo non è
una costante invariabile col tempo.
Esempio di organizzazione del territorio vulcanico |
Se
si adotta così com’è stato fatto uno scenario eruttivo medio e non quello
massimo conosciuto, occorre anche comprendere che con il passare del tempo ciò
che oggi è zona verde un domani, magari anche lontano, diventerà zona rossa
VEI5 o prossima a questa intensità. Si tenga presente infatti, che l’indice di
intensità vulcanica (VEI), è una scala che segue dei gradini che offrono
energie 10 volte superiori ad ogni alzata: i processi energetici possono invece
avere alla stregua di una scala termometrica, valori intermedi, con logiche al
rialzo da piano inclinato. Un’amplificazione della probabilità eruttiva
pliniana o similmente pliniana, col trascorrere dei decenni e poi dei secoli,
verosimilmente rientrerà nel calcolo delle probabilità future di accadimento
difficilmente contestabili. Una constatazione questa dell’intensità eruttiva,
che trova una sua correlazione non misurabile con certezza con i tempi di
quiescenza, che nella quasi totalità delle pubblicazioni di
vulcanologia, viene indicato come fattore importante per le valutazioni al
rialzo del pericolo eruttivo. In ogni caso l’imprevedibilità del sistema
vulcanico che trae la sua energia dalle diramazioni con l’astenosfera,
racchiude limiti di insondabilità insuperabili alla luce delle conoscenze
attuali.
Ragionando
sui documenti esistenti, si desume una possibilità non trascurabile che
l’eruzione possa essere pliniana al giro di boa dei 200 anni di quiescenza.
Superato questo limite bisecolare, la casistica introdurrà in modo non
residuale la più famosa delle eruzioni, imponendo modifiche all’estensione della
zona rossa per adeguarla al mutato indice di esplosività vulcanica (VEI5). Un
mutamento che in assenza di regole urbanistiche, imporrebbe di fare i conti col
consumo del territorio che sembra inarrestabile nel comprensorio metropolitano…
Il
problema grosso di protezione civile, è che nessuno al mondo può escludere la
possibilità che già oggi una eruzione di questo tipo possa materializzarsi.
L’altro elemento da brividi, è la previsione del fenomeno eruttivo, che per sua
natura si presta ai falsi allarmi e ai mancati allarmi. Nessuno dice però, che
c’è una terza possibilità: un infallibile successo previsionale di un’eruzione
che poi potrebbe anche remotamente rivelarsi energeticamente superiore alle aspettative o
maggiormente sbilanciata in una direzione, con effetti dirompenti capaci di
superare i limiti amministrativi della zona rossa. In questo malaugurato ipotesi, migliaia di persone resterebbero immobili e impreparati come birilli...
Nella
zona rossa Vesuvio sussiste il vincolo dell’inedificabilità totale per uso
residenziale, e quindi va da sé che la domanda di alloggi fuori dalla zona
rossa 1 (nella zona rossa 2 vige cemento libero) è fortemente aumentata. Per
rispondere alle necessità immobiliari, alcuni comuni come quello di Volla,
hanno incrementato la cementificazione del territorio per dare al mercato i vani
richiesti.
Articolo giornalistico ad oggetto la cementificazione di Volla. Valutate la distanza del comune dalla zona rossa nella mappa dell'area vesuviana riportata in alto. |
La necessità di regolare senza vietare,
i processi di urbanizzazione nell’area contigua alla zona rossa e per alcuni
chilometri, dovrebbe spronare le autorità di governo del territorio
metropolitano, a darsi regole di sviluppo sostenibile, utilizzando schemi di
insediamenti abitativi capaci di favorire la politica degli spazi e una più
agevole mobilità delle popolazioni su ruote. D’altro canto occorre anche
prestare attenzione alle particolarità costruttive dei manufatti, in modo che
siano maggiormente rispondenti alle esigenze di affrontare staticamente i
fenomeni dinamici, verticali e orizzontali, insiti nelle grandi eruzioni.
Secondo
la maggior parte dei libri di vulcanologia, pedissequamente viene riportato il
dato che quanto maggiore sarà il tempo di quiescenza di un vulcano, tanto maggiore
sarà l’energia con cui l’apparato porrà fine al suo letargo geologico. La
direttrice dell’Osservatorio Vesuviano stranamente escluse pubblicamente questa
regola, sostenendo che la misura del tempo non cambia l’intensità eruttiva
massima attesa al Vesuvio, che sarà in ogni caso di media intensità e fino a prova contraria.
L'enigmatica
scienziata forse voleva riferirsi agli esami tomografici sismici o muonici che
potrebbero già aver quantificato i volumi di magma presenti nella camera magmatica
profonda. Il concetto allora potrebbe essere quello che si valuteranno in futuro e con
indagini indirette le masse di materiale rovente insinuatesi nella camera magmatica, e le comparazione "radiografiche" potrebbero consentire di mutare il quadro predittivo dell'intensità
eruttiva.Temo però, che al momento non abbiamo questa precisione analitica...
Il monte St. Helen negli USA, è molto
simile al Vesuvio e nel 1980 produsse una spaventosa eruzione. In realtà e
spinti dalla curiosità e dalla necessità di chiarezza, abbiamo chiesto al
servizio geologico americano,se è vero che l’intensità eruttiva
non è legata ai tempi di quiescenza del vulcano. La risposta è stata
lapidaria: that is not true (questo non è vero). Dal nostro
punto di vista riteniamo che se l'indagine sismica avesse elementi
tridimensionali di determinatezza assoluta, sapremmo con precisione cosa
succede pure nel sottosuolo dei Campi Flegrei, assegnando con accettabile approssimazione l’indice di pericolosità vulcanica...
Campi Flegrei . Zona rossa e gialla. |
L’affermazione
della predetta assegnò un endorsment ai rappresentanti delle pregevoli
istituzioni governative presenti, che uscirono dall’incontro giustificati per la loro ingessatura evcuativa sull'argomento, che nulla
porta però al contribuito strutturale della prevenzione del rischio vulcanico oltre i
margini temporali della loro esistenza. Tecnici dell’oggi insomma e non del
domani. Diversamente costoro avrebbero dovuto impegnarsi per costringere
la politica a prendere contezza della realtà, suggerendo azioni di pianificazione
urbanistica (Puc) con la mente concentrata sulle prerogative di sicurezza della
società futura, che non merita che si lasci una bomba naturale in un contesto
metropolitano di serrata e crescente e caotica e avviluppante conurbazione.
Intanto
i sindaci della zona rossa che hanno costituito un cartello per mettere in
discussione gli insopportabili divieti anti cemento vigenti
nel vesuviano, chiedono a gran voce di abbattere e riscrivere la legge 21/2003 e nel
contempo lamentano la necessità di trovare soluzioni agli abusi edilizi
attraverso le sanatorie. Queste pretese degli amministratori locali che sanno un tantino di campagna elettorale, possono incidere fortemente sulle politiche della sicurezza areale, quale territori fortemente antropizzati e minacciati dall’imprevedibilità vulcanica, che da oriente a occidente stringe nella morsa del rischio eruttivo l’area
metropolitana napoletana.
Se i primi cittadini con i loro esperti riusciranno a convincere l’assessore Bruno Discepolo ad aprire il borsone dell’edilizia nel comprensorio vesuviano, anche per i Campi Flegrei si prospetterà una legge di latta, per dirla alla Cordova, che proclamerà di bloccare ogni ulteriore insediamento abitativo nel settore a maggior rischio vulcanico, ma con molte postille, distinguo e scappatoie ad esempio su Bagnoli, che invece di diventare un hub di protezione civile diventerà probabilmente un distinto agglomerato urbano.
Se i primi cittadini con i loro esperti riusciranno a convincere l’assessore Bruno Discepolo ad aprire il borsone dell’edilizia nel comprensorio vesuviano, anche per i Campi Flegrei si prospetterà una legge di latta, per dirla alla Cordova, che proclamerà di bloccare ogni ulteriore insediamento abitativo nel settore a maggior rischio vulcanico, ma con molte postille, distinguo e scappatoie ad esempio su Bagnoli, che invece di diventare un hub di protezione civile diventerà probabilmente un distinto agglomerato urbano.
Per
quanto ne sappiamo, l’unica azione amministrativa che va nella direzione di
strutturare sul serio le pratiche di mitigazione del rischio
vulcanico nei Campi Flegrei, è quella di varare una legge capace di bloccare qualsiasi ulteriore insediamento abitativo
nella zona rossa, fermando così nuove esposizioni dei cittadini al pericolo, alla stregua di quanto è stato fatto nel vesuviano con la
norma regionale, risultata di una certa efficacia al netto degli abusi
edilizi perpetrati su un territorio francamente senza controlli.
L’ipotesi
di disegno di legge presentato nel 2016 dalla consigliera regionale Maria
Muscarà :<< Norme urbanistiche per i comuni rientranti
nelle zone a rischio vulcanico dell’area flegrea>>, affronta quindi
il problema. L’iter della buona proposta, si è arricchito dei pareri espressi
in alcune sedute dai rappresentanti delle municipalità del flegreo e del napoletano, in verità poco entusiasti del rigore normativo proposto. La tessitura di questa
legge è particolarmente importante, perché i governi locali, che sembra che
badino più a quello che si costruisce piuttosto che al dove lo si costruisce,
fanno squadra e premono ridimensionando con le loro pretese il rischio vulcanico
in nome di esigenze sociali e del progresso economico.
E’ di questi giorni una pubblicazione (Invited perspectives: The volcanoes of Naples: how can
the highestvolcanic risk in the world be effectively mitigated?) del
Dott. De Natale dell’INGV (OV) che affronta il tema di una discussione sulla prevenzione basata
solo sulla previsione dell’evento vulcanico, accennando alla fallibilità della
pratica. Poi individua altri elementi come i limiti dei piani di emergenza e la
necessità di intraprendere il cammino del decentramento abitativo per mitigare
il rischio vulcanico.
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