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martedì 21 luglio 2020

Rischio vulcanico ai Campi Flegrei: pericolo, prevenzione e battaglie... di MalKo


I Campi Flegrei
Circa un mese fa ad Agnano (Campi Flegrei), a ridosso delle grandi concessionarie di auto di via Antiniana, è stato trivellato un pozzo che ha preoccupato non poco gli abitanti della zona per la fumarola che si è sprigionata dalla perforazione, tra l’altro poco profonda. L’operazione ha presentato e presenta dei retroscena per niente convincenti su quello che sembra essere un progetto sperimentale (Geogrid) legato al geotermico in una zona che si caratterizza per dei fluidi idrotermali molto caldi già a bassa profondità nel sottosuolo. Come tutti i fallimenti del mondo, anche questa trivellazione risulta orfana di responsabili, nonostante la Regione Campania abbia speso una cifra considerevole per vestire questa creatura oggi politicamente innominabile, ma ben conosciuta agli uffici regionali per le attività produttive e ricerca scientifica. Al grido delle opposizioni “riprendiamoci i soldi”, l’assessore al ramo si giustifica, almeno così ci è sembrato di capire, dicendo più o meno che il finanziamento è stato in gran parte consumato nel cantiere della metropolitana di piazza Municipio, e non è quindi possibile chiedere la restituzione delle cifre anticipate per il Geogrid…

I politici, quelli che vivono il territorio, si sono subito allertati manifestando grande interesse e compartecipazione alla preoccupazione collettiva dei cittadini e soprattutto dei gruppi organizzati, per quel buco fumarolico che emetteva vapore portando seco un carico di idrogeno solforato e anidride carbonica ed altri elementi salini. Esposti e denunce sono partiti a raffica e si sono sovrapposti accendendo l’interesse della magistratura. Intanto a fronte del pericolo dettato dalle emissioni gassose, si è adottata la cautelativa risoluzione di chiudere minerariamente il buco: cosa che è stata fatta attraverso l’installazione di un “tappo” con valvola sommitale.

Agnano: pozzo chiuso.

Tale intervento di chiusura non sappiamo se può dirsi risolutivo: solo il tempo potrà dirlo, e si spera che i fluidi riescano ad interallacciarsi alle linee di frattura preesistenti nel sottosuolo, favorendo così il ripristino similmente naturale della circolazione dei prodotti liquidi e gassosi, in modo che in ogni caso si stabilizzi, circolo o non circolo, una pressione nel condotto verticale sotto ai limiti di resistenza della copertura. 

La trivellazione è stata un po’ maldestra perché è stata effettuata in un territorio dove le rocce sono già pregne di vapori termali, che a ondate periodiche trasudano e sbuffano gas, che viene rilasciato in alcuni punti della conca, dando origine all'inconfondibile odore di uova marce. Non era affatto imprevedibile che scavando pur a profondità contenute si favorisse la fuoriuscita dei vapori, e quindi non è chiaro perché si è proceduto…

Intanto e a corredo della faccenda, occorre essere chiari e dire che è abbastanza facile intestarsi una battaglia contro gli organizzatori della improvvida operazione di perforazione nel comprensorio flegreo, soprattutto quando si condensa una comunanza fra i cittadini, favorita dalle indesiderate volute di vapore. Tutt’altra cosa invece, è incidere fortemente sui più complessi temi della sicurezza e della prevenzione del rischio vulcanico, con argomenti che generalmente sfuggono all'attenzione delle masse. Non ci risulta infatti, una pari convergenza dei cittadini, dei movimenti, della politica e degli amministratori contro l’accidia con la quale il governo nazionale e soprattutto regionale e locale stanno palleggiando la necessità di porre fine a nuovi insediamenti residenziali nella zona rossa calderica dei Campi Flegrei, attraverso norme ad hoc, alla stregua di quanto è stato fatto per il Vesuvio con la legge regionale numero 21 del 2003.

Questa necessità di grande ambizione preventiva, dovrebbe andare nella direzione di una coerente legislazione atta a fronteggiare o mitigare qualsiasi ipotesi di catastrofe vulcanica: gli esperti anche istituzionali, sfuggono questo ambito discorsivo, perché significa mettersi contro il potere politico che, generalizzando, in queste come in altre zone, a volte sfrutta la cementificazione per favorire addirittura il consenso elettorale. 
Il mondo degli amministratori e dei politicanti, allora evita nelle conferenze pubbliche e con grande abilità questo tema, per evitare imbarazzi e distinguo difendendo l'indifendibile. Non c’è volontà politica di introdurre nella zona rossa flegrea, sic et simpliciter, una legge anti cemento che vieti qualsiasi nuovo insediamento residenziale in un settore territoriale definito dallo stesso Stato ad alta pericolosità vulcanica. È urgente attivarsi, ed è appena il caso di ricordare che problematiche residenziali riguardano l’area metropolitana di Bagnoli quale esempio del controsenso: un sito questo, ubicato in zona rossa, dove è previsto sì la bonifica, ma anche un carico urbanistico di tutto rispetto. 

I sindacati e le organizzazioni di categoria poi e in genere, sono contrarie alle limitazioni dell’edilizia, perché il settore dei lavoratori edili è in crisi: chi va a spiegare a costoro che in nome dell’economia non si può mettere fuori sicurezza una zona ad alto rischio vulcanico, addirittura favorendo una antropizzazione già dai numeri spropositati, che oggi conta nella depressione calderica del super vulcano un numero di residenti doppio rispetto alla città di Venezia, o quasi pari al numero di abitanti di Genova…

A leggere i resoconti (2019) delle audizioni ad oggetto problematiche relative alla definizione delle istanze di condono edilizio legge regionale 21/2003 appare molto chiaro il pensiero dei sindaci del vesuviano e degli esperti chiamati a supportare i primi cittadini: l’eloquio degli oratori è intraprendente e ridondante. Il Vesuvio e la zona rossa è un problema di protezione civile affermano, che non va confuso con i piani di urbanizzazione comunale! Ovvero, dovranno essere i comuni a decidere dove possono ancora sorgere dimore e bisogna magari abrogare la legge 21 del 2003 e riscriverla velocemente e di sana pianta. Innanzitutto però, i sindaci chiedono il condono edilizio per le migliaia di pratiche che stipano gli uffici tecnici, perché non si può fare la traversata del deserto (audizione in commissione regionale) e tornare a mani vuote dai concittadini, e tra questi pure gli abusivi, che andrebbero invece ristorati amministrativamente, pena il risarcimento degli oneri di urbanizzazione già anticipati.

Invocare una legge contro l’edilizia residenziale in area vulcanica flegrea dicevamo è problematico, e gli amministratori pubblici hanno recepito tutte le acuzie che hanno individuato gli strategici colleghi del vesuviano, e non vogliono fare lo stesso “errore”. Costoro auspicano il varo di una legge per i Campi Flegrei che abbia possibilmente il ventre flaccido, e quindi consenta di coniugare il divieto di cementificare con la velata possibilità di poter manovrare senza enfasi e propaganda, direttamente sulle licenze edilizie, magari favorendo l'edificato in quelle zone cittadine che gli stessi comuni pretendono di accamparsi il diritto di classificarle come luoghi compatibili con il rischio vulcanico. Non a caso la municipalità di Pozzuoli non esclude di decentrare la zona abitata del Rione Terra a favore di altri siti periferici, secondo la personalissima visione che basta essere lontani dai fenomeni acuti del bradisismo per ritenersi al sicuro…

zona rossa Campi Flegrei


Su questo argomento il panorama politico regionale individua la sola consigliera  Maria Muscarà dei cinque stelle, come propositrice della legge ad oggetto:<< Norme urbanistiche per i comuni rientranti nelle zone a rischio vulcanico dell’area flegrea>>, depositata il 29 giugno 2016. I disposti contenuti in questa proposta, sono senza tentennamenti ed escludono a chiari lettere qualsiasi nuovo insediamento abitativo nella caldera flegrea, proibendo anche i cambi di destinazione d'uso da commerciale a residenziale, favorendo invece il processo inverso, cioè da dimora a struttura turistica o commerciale. Da esperti della sicurezza e del rischio vulcanico, non possiamo che condividere questa proposta che per essere efficace non può essere assolutamente portatrice di postille e comma che in qualche modo aprano una breccia nello stop al cemento, in quanto una possibile eruzione vulcanica può avvenire in un punto qualsiasi del pavimento calderico, e le possibili colate piroclastiche così come i prodotti piroclastici, possono colpire a chilometri di distanza dal centro o dai centri eruttivi. Insediare nuove costruzioni magari sui bordi calderici, non offre nessuna garanzia di sicurezza... 

Noi abbiamo il dovere morale di lasciare ai posteri un habitat migliore di come lo abbiamo trovato, magari maggiormente congeniale a una più sicura vivibilità morale e fisica, secondo politiche che possono andare solo nella direzione della salvaguardia e del recupero degli spazi. Non si vada però nella direzione suggerita da un ex sindaco del vesuviano, che si professò attento a certe necessità, e quindi affermò che avrebbe favorito la realizzazione di mansarde a spiovente col duplice scopo di scongiurare l’accumulo di cenere e lapilli e consentire l’abitabilità nelle nuove volumetrie sopraelevate senza consumare un solo centimetro di terreno… 

Il pericolo vulcanico nel flegreo è inquantificabile: non c’è alcuno che possa definire con certezza il livello di rischio che incombe sugli abitanti del super vulcano. È possibile stimare il rischio in senso concettuale, partendo da fatti un po' azzardati, come quello che un evento vulcanico può avere un indice di esplosività nella migliore delle ipotesi non eccedente VEI4: e poi conosciamo l’ammontare del valore esposto (550.000 ab.). Nella classica e semplificata formula del rischio (R= PxVe), occorre dire che l’uomo non potendo incidere sulla pericolosità vulcanica, può solo architettarsi per variare il valore esposto al ribasso, cioè il numero di abitanti. Se pensate che il capillare monitoraggio che caratterizza quest’area sia sufficiente a far assurgere il problema della sicurezza ai soli beni materiali siete fuori strada. La geologia non è una disciplina in tutti i casi esatta e ampiamente prevedibile nelle sue manifestazioni energetiche, neanche utilizzando un monitoraggio super tecnologico, soprattutto se il pericolo proviene dal profondo. Quindi, le politiche di sicurezza sono strettamente connesse con le politiche degli spazi. Senza spazi si è più vulnerabili: allora se più abitanti confluiscono nella caldera flegrea, tanto maggiore sarà il rischio e tanto minore le capacità di resilienza dei residenti che, in tutti i casi e a iniziare da Pozzuoli, il più popolato dei paesi flegrei,  devono avere o progettare vie di fuga orientate a nord, e non sul centro storico di Napoli. Quest’ultimo è in zona rossa 2, anche se si tituba a certificarlo e a definirne i contorni… 














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