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venerdì 29 luglio 2016

Etna e cenere vulcanica... di MalKo



Etna: 4 dicembre 2015 - eruzione dal cratere "voragine" - (Andronico)

Circa 66.000.000 di anni fa, un asteroide di poco più di 10 chilometri di diametro, piombò nell’attuale penisola dello Yucatan provocando un’immane catastrofe planetaria che costò ai dinosauri l’estinzione dal pianeta Terra.

I dati che di recente sembrano emergere, indicano che il periodo tra il Cretaceo e il Terziario fosse caratterizzato anche da imponenti eruzioni vulcaniche che disseminarono nell’ambiente enormi quantità di cenere vulcanica che, sommandosi alla coltre già prodotta dall’asteroide, accrebbero fortemente il fenomeno delle repentine variazioni climatiche globali. Fu la fine per i grandi rettili e altre specie animali…

Molto probabilmente però, la cenere vulcanica produsse anche un effetto diretto sulla respirazione dei dinosauri, soprattutto se le polveri asperse in atmosfera contenevano, come si presuppone, una significativa percentuale di acido solforico. Un danno che ovviamente non risparmiò la vegetazione e i bacini acquiferi. Le ceneri vulcaniche, lo ricordiamo, sono composte prevalentemente da silicio, il secondo elemento che abbonda nella crosta terrestre dopo l’ossigeno.

Il Dott. Daniele Andronico, ricercatore dell’INGV di Catania, è uno specialista di vulcani avendo a che fare con il maestoso Etna, un vulcano che non trova tregua geologica e che a volte diffonde ceneri nell’atmosfera bloccando il traffico aereo sull’aeroporto catanese. Approfittando della cortese disponibilità e competenza, rivolgiamo al Dott. Andronico alcune domande:

Quale fase eruttiva si caratterizza per l’emissione di cenere in atmosfera?
I prodotti vulcanici associati all’attività esplosiva vengono definiti genericamente piroclastiti o tefra. Sulla base delle loro dimensioni, i tefra vengono suddivisi in bombe (al di sopra di 64 mm), lapilli (tra 2 e 64 mm) e ceneri, termine con il quale indichiamo tutte quelle particelle vulcaniche inferiori ai 2 mm di diametro. L’emissione di cenere in atmosfera avviene quando l’attività esplosiva genera una colonna eruttiva composta da elementi piroclastici misti a vapore e gas vulcanici. La colonna eruttiva generalmente incorpora aria e si protende sopra il vulcano fino a quando ha forza a sufficienza. Quando la sua densità diventa uguale alla densità dell’aria circostante, la porzione sommitale della colonna inizia ad espandersi lateralmente secondo la direzione dei venti dominanti. Si forma così una nube vulcanica che si allunga fino a distanze di alcuni chilometri o decine di chilometri dall’apparato, con il materiale piroclastico che via via ricade a terra a iniziare dalle bombe, dai lapilli e dalle ceneri che sono le più leggere e si lasciano quindi trasportare lontano dal vento.

I vulcani delle Eolie sono troppo piccoli per produrre cenere in abbondanza?
Le isole che costituiscono l’arcipelago eoliano rappresentano la parte emersa di vulcani formatisi inizialmente in condizioni sottomarine. Basti pensare al vulcano Stromboli, la cui sommità raggiunge poco più di 900 m di altezza sebbene la base dell’edificio vulcanico si estenda sotto il livello del mare a una profondità di oltre 2000 metri.


Isole Eolie : scorcio panoramico aereo (MalKo)
La formazione di cenere non è associata alle dimensioni dei vulcani, bensì al tipo di attività eruttiva prevalente (esplosiva o effusiva). Alcuni vulcani delle Eolie sono noti per avere generato in passato eruzioni molto esplosive, e quindi anche quantità significative di ceneri in parte dilavata dai settori rocciosi emersi.

 La cenere è sostanzialmente silicio?
La composizione della cenere riflette la natura del magma che ha prodotto la cenere stessa. Quindi possiamo avere ceneri di composizione oscillante da “basica” ad “acida” con percentuali di SiO2 variabile dal 45 ad oltre il 65 %.
Su queste polveri vulcaniche esiste un’interfaccia di sostanze corrosive?

Non esistono molti studi in proposito… Coperture continue di ceneri possono comunque essere corrosive se non vengono rimosse specialmente dalle superfici metalliche. In questo caso, infatti, i gas che rivestono le particelle di ceneri potrebbero inglobarsi all’umidità atmosferica innescando reazioni acide alquanto corrosive.

E’ vero che più ancora delle ceneri è la quantità di acido solforico a produrre le variazioni climatiche schermando i raggi solari?

Durante le eruzioni esplosive, oltre ai tefra vengono emessi in atmosfera enormi quantità di SO2 (anidride solforosa o biossido di zolfo). Alcuni giorni dopo la sua emissione, il biossido di zolfo si trasforma in particella di acido solforico (H2SO4). Si è visto che questi “aerosol” possono stazionare nella stratosfera per periodi piuttosto lunghi (1-2 anni), durante i quali si disperdono negli strati atmosferici riducendo la penetrazione della luce solare e, quindi, causando un abbassamento parziale della temperatura sia a scala locale che talora su ampie regioni del mondo.

Nell’aprile del 1815, una violentissima eruzione del vulcano Tambora in Indonesia, produsse una variazione del clima su scala globale, tant’è che il 1816 viene ancora oggi ricordato come l’anno senza estate.

La vegetazione soffre per gli acidi o per la schermatura ai raggi solari prodotta dalla cenere che si deposita sulle foglie?
In base alla nostra esperienza, nell’area etnea le eruzioni non emettono quantità di cenere tali da schermare per lunghi periodi i raggi solari. Tuttavia, i raccolti di verdure a foglia larga e alcuni tipi di frutta, talvolta vengono parzialmente compromessi anche da una sottile coltre di cenere vulcanica (che ricordiamolo è molto abrasiva), perché sarebbe comunque necessaria un’accurata e costosa pulizia e lavatura dei prodotti vegetali prima di immetterli sui mercati. Operazione tra l’altro che potrebbe alterare lo strato esterno della frutta rendendola meno appetibile.

A Catania e nelle zone limitrofe sono state riscontrate variazioni nella qualità delle acque ad uso potabile in superficie e nelle falde?
Ad oggi non mi risulta l’esistenza di studi sistematici che possano mettere in correlazione eventuali variazioni nella qualità (e quindi composizione) delle acque ad uso potabile a causa della dispersione della cenere vulcanica dell’Etna sull’ambiente circostante.

In concomitanza di eruzione con grande quantità di cenere vulcanica aspersa in atmosfera Le risultano difficoltà nei collegamenti radio?

I colleghi che gestiscono le reti di monitoraggio mi hanno riferito che durante l’attività esplosiva dell’Etna non sono state osservate evidenze in merito a questa problematica. In letteratura, tuttavia, vengono segnalate interferenze alle onde radio con effetti sull’operatività dei collegamenti sia radio che telefonici. Questi rari casi avvengono in occasione di eruzioni esplosive particolari, tali cioè da generare colonne eruttive contenenti grandi quantità di particelle di ceneri caricate elettricamente.

 La popolazione catanese come affronta la ricaduta di cenere sulla città?
In generale la città di Catania è meno esposta a questo fenomeno di ricaduta della cenere, rispetto ai paesi etnei della fascia orientale del vulcano (per esempio, Giarre, Milo, Zafferana). I venti dominanti sopra il vulcano, infatti, soffiano con maggiore frequenza verso i quadranti orientali. Negli ultimi anni alcuni di questi paesi sono stati interessati dalla pioggia di materiale piroclastico più volte nel giro di poche settimane o addirittura di giorni. Ad esempio, tra luglio e ottobre 2011 abbiamo registrato ben 10 episodi di fontane di lava che hanno generato ricadute di tefra quasi esclusivamente sul fianco orientale del vulcano. I comuni hanno in carico le attività di rimozione e smaltimento della cenere. Per questo tipo di operazioni utilizzano spazzatrici meccaniche e soffiatori.

Comune di Fornazzo: rimozione meccanica della cenere dalle strade (Andronico)
L’effetto principale della cenere sugli aerei è dovuta all’abrasione della carlinga o alla vetrificazione del silicio sulle palette delle turbine?
I danni più importanti che possono avvenire quando un aeromobile incontra una nube di cenere vulcanica, sono senza ombra di dubbio l’abrasione dei vetri della cabina di pilotaggio con grave riduzione della visibilità in danno dei piloti. Verrebbe comunque abrasa tutta la carlinga e le turbine ingurgiterebbero silicio che potrebbe vetrificarsi in più punti con il rischio flam out in agguato.

Altri effetti indesiderati possono riguardare i sistemi elettronici soprattutto se la cenere riesce a insinuarsi nell’aeromobile attraverso le bocchette di aereazione e ventilazione.

 Intensità e direzione e limiti della cenere dispersa in atmosfera: in che modo si controllano questi parametri?

Esistono diverse metodologie e strumentazioni che permettono di osservare una nube di cenere vulcanica. In primo luogo sull’Etna esiste una rete di telecamere nel campo visibile e termico che trasmettono videoregistrazioni in tempo reale alla sala operativa di Catania: le immagini sono accessibili anche sul sito web INGV della sezione dell’Osservatorio Etneo. Inoltre, è possibile visionare immagini acquisite da strumenti a bordo di satelliti, particolarmente utili per individuare e seguire il percorso della nube in atmosfera.

Catania Fontanarossa
Radar anti cenere (DPC)
La direzione e quindi l’area di dispersione di una nube vulcanica, può essere simulata in qualsiasi momento grazie a molteplici modelli numerici che utilizzano anche dati previsionali su velocità e direzione dei venti a diverse quote sopra il vulcano. Infine, oggi sono disponibili anche nuove tecnologie “radar” e tecniche “lidar”, che consentono di acquisire informazioni sulla presenza di una nube e sulla concentrazione delle particelle vulcaniche in atmosfera.

A quale altezza massima avete riscontrato cenere vulcanica nell’atmosfera?

Durante le fontane di lava dell’Etna degli ultimi anni, le colonne eruttive hanno spesso raggiunto altezze intorno agli 8-9 km sul livello del mare. In occasione dei recenti episodi parossistici di dicembre 2015, il flusso di massa eruttata nell’unità di tempo è stato così elevato, che il tetto della colonna ha raggiunto i 14 km s.l.m., ovvero ha oltrepassato la tropopausa, cioè il limite fra troposfera e stratosfera che alle nostre latitudini si attesta intorno ai 12 km sul livello del mare. Questi valori sono senza dubbio rilevanti per l’Etna, ma va ricordato che durante le eruzioni di tipo pliniano (come quella del 79 d.C.), la colonna eruttiva del Vesuvio superò i 30 km di altezza.

Un’eruzione dell’Etna si differenzierebbe di molto in termini di produzione di cenere rispetto a un’eruzione del Vesuvio di pari intensità?
È una domanda interessante. In teoria, a parità di intensità (ovvero di flusso di massa eruttata nell’unità di tempo), la differenza in termini di magnitudo (ovvero volume di tefra emessi), dipenderebbe soltanto dalla durata dell’evento eruttivo. Ma il Vesuvio emette un magma più “acido” e con temperatura più bassa rispetto al magma basaltico dell’Etna; fattori questi, che dovrebbero favorire una maggiore capacità del Vesuvio a “frammentare” il magma in particelle fini.


Comune di S. Alfio: copertura diffusa di cenere e lapilli - (Andronico)

In caso di eruzione del Vesuvio Lei dovrebbe raggiungere l’Osservatorio Vesuviano per contribuire a monitorare la dispersione della cenere in atmosfera? Esistono accordi operativi in tal senso?

In caso di eruzione al Vesuvio, le altre sezioni INGV metterebbero a disposizione dell’Osservatorio Vesuviano competenze e professionalità interne, per monitorare e studiare le caratteristiche delle ceneri eruttate, elaborando simulazioni circa la propagazione della nube eruttiva e analisi sulla dispersione delle ceneri, ed altro ancora per gestire la crisi vulcanica.

Un ringraziamento particolare al Dott. Daniele Andronico dell’INGV di Catania, per la chiarezza espositiva e per la cortese disponibilità a trattare alcuni aspetti vulcanici che caratterizzano il territorio della nostra Penisola.

Per concludere vogliamo aggiungere che nei piani d’emergenza Vesuvio la cenere vulcanica rappresenta uno degli aspetti di maggiore pericolosità dopo le colate piroclastiche, e per questo motivo nella pianificazione d’emergenza alcune cittadine vesuviane sono state ricomprese nella zona rossa di secondo livello (R2). La cenere vulcanica, dicevamo, ha un notevole potere abrasivo, conduce l’elettricità e non si diluisce nell’acqua. L’inalazione del prodotto vulcanico provocherebbe difficoltà respiratorie soprattutto a chi ha questa funzione vitale già compromessa; un altro importante inconveniente dovuto all'esposizione alla cenere, consisterebbe nell'irritazione delle parti molle e umide del corpo, come ad esempio gola ed occhi.
Vesuvio: zona rossa e gialla
Nella zona Rossa 2 del Vesuvio è bene ricordarlo, è prevista l’evacuazione totale della popolazione, che deve allontanarsi velocemente alla diramazione dell’allarme vulcanico. Non bisogna attendere l’eruzione per decidere quali settori territoriali evacuare, e non ci si ripara negli immobili dal tetto spiovente in attesa che questa passi. I cittadini vesuviani della zona rossa 2, possono allontanarsi dalle loro cittadine alla stregua e con le stesse modalità di quelli della zona rossa 1, già in fase di pre allarme vulcanico.

Un particolare ringraziamento al Dott. Daniele Andronico, vulcanologo dell'INGV Catania, per l'interessante intervista che ci ha concesso.

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