Lo stretto di Messina |
“Il Vulcano sommerso Palinuro origina
uno Tsunami nel Tirreno: è solo un’esercitazione, la TWIST… ” di MalKo
Alcuni senatori del Movimento a Cinque Stelle
(M5S), hanno predisposto un’interrogazione
parlamentare che mette
in discussione la scelta della città di Salerno come centro dell’esercitazione
internazionale denominata TWIST,
in cui si simula la formazione di un maremoto generato da una frana staccatasi
dal vulcano sommerso Palinuro,
con onde che s’infrangono sul litorale cittadino e provinciale salernitano.
A detta dei rappresentanti stellati, la manifestazione
avrebbe avuto risvolti più realistici se si fosse tenuta nella zona dello
stretto di Messina (foto d'apertura). L’assessore alla protezione civile del
comune di Salerno, De Pascale,
si è meravigliato dell’appunto parlamentare incolpando i
grillini di inesattezza e
di incoerenza con qualche spunto polemico anche sull’energia geotermica
associata al vulcanoMarsili.
Le onde di Tsunami si formano generalmente per
effetto di un terremoto, di una frana o di un’eruzione vulcanica. Pure la
caduta in mare di un asteroide potrebbe formare onde altissime, in questo caso
e con un pizzico di fantasia, potremmo accostare il rischio proveniente dal
cosmo a una sorta di frana dalla massa non preventivabile, che piomba da
altezze impensabili a velocità di alcune migliaia di metri al secondo
fiondandosi nel mare. Se ciò avvenisse, le conseguenze ovviamente sarebbero
apocalittiche…
“Fortunatamente” la maggior parte degli tsunami
sono associati in genere a violenti terremoti, come quello che avvenne in mare
a Creta il 21 luglio del 365. La scossa
sismica che superò l’ottavo grado della scala Richter, generò uno tsunami che
flagellò Alessandria d’Egitto, Cipro, la Palestina, la Tunisia, la Cirenaica,
ma anche la Sicilia e la Calabria con onde che superarono i dieci metri
d’altezza.
I maremoti più violenti che si sono avuti in Italia
afferiscono a due eventi sismici tra i massimi registrati nella nostra
Penisola, con magnitudo superiore al settimo grado Richter, come quello
potentissimo dell’11 gennaio del 1693 che flagellò la Sicilia orientale (Val di Noto). La
cronaca cita crolli,rovine e onde di dieci metri che spazzarono la costa.
Ancora più tragico per il numero altissimo di vittime fu il terremoto del
28 dicembre 1908 localizzato sempre in Sicilia nello stretto di Messina. Alle case che crollarono, si
dovettero aggiungere i danni provocati dalle onde di maremoto che, come quelle
sismiche, investirono anche la città di Reggio Calabria, disastrandola in
quella che sarà ricordata come la maggiore calamità europea del ventesimo
secolo.
Il terremoto di Lisbona
nel 1755 cagionò sommovimenti
che in questo caso superarono l’ottavo grado della scala Richter. Subito dopo
il sisma si ebbe un ritiro delle acque seguito da un possente maremoto che
invase il tessuto litoraneo cittadino aggravando una situazione già
notevolmente drammatica. Le onde si propagarono pure nell’Atlantico
raggiungendo i Caraibi e altre isole ubicate a circa cinquemila chilometri di
distanza dalla capitale europea.
Il primo aprile del 1946 un terremoto verificatosi nei pressi
dell’arcipelago delle Auletine formò
uno tsunami che dopo quasi cinque ore si riversò sulle Hawaii con onde alte che
inflissero alla città di Hilo pesanti danni. L’intensità del sisma non fu
particolarmente violenta. Da qui il dubbio che non fu solo il terremoto a
smuovere le acque…
Nel dicembre del 2004 un fortissimo terremoto
sconquassò i fondali di Sumatra
generando uno tsunami che sferzò l’isola in modo particolarmente violento
colpendo anche a distanza e nel giro di due ore lo Sri Lanka e la Thailandia e altri luoghi lontani ma esposti
radialmente al fenomeno con gravissime perdite di vite umane.
Tsunami si sono verificati pure recentemente in Giappone nel 2011. Le immagini fornite dai
media con l’irrefrenabile ingressione del mare nell’entroterra furono veramente
angoscianti. In quel caso fu allarme all’allarme con la fuga di elementi
radioattivi dalla centrale nucleare di Fukushima che presentò grossi problemi a
uno dei reattori. I sistemi elettrici di emergenza tarati per un’onda anomala
di sei metri, furono sommersi dalle acque che raggiunsero invece i quattordici
metri di altezza. Bisogna anche dire che quello di Tohoku è stato il più forte
sisma mai registrato nella terra del Sol levante con una magnitudo nove della
scala Richter.
Le frane, anche quelle sottomarine, sono
probabilmente al secondo posto come eventi capaci di produrre tsunami. Tra
questi si annoverano alcuni importanti fenomeni come quello di Terranova nel 1929 e quello che occorse nel Golfo d’Alaska nel 1958. Nel mese di dicembre 2002
una frana inizialmente sub marina e poi aerea si staccò dal vulcano Stromboli, nel nostro Tirreno,
generando un’onda anomala che cagionò danni solo sui vicini litorali
fortunatamente quasi deserti.
Alle eruzioni vulcaniche sottomarine e marine, si
addebitano maremoti importanti come quello che seguì la famosa esplosione del
vulcano Krakatoa in
Indonesia nel 1883, riportata negli annali come tra le più potenti eruzioni mai
verificatasi sul Pianeta.
In quel caso pare che ci siano state una serie di
concause a generare un treno di onde di maremoto: un’esplosione dovuta all’acqua
di mare entrata nella camera magmatica, i flussi piroclastici che si staccarono
copiosi dal vulcano e molto probabilmente e come causa predominante il collasso
e lo sprofondamento dell’apparato vulcanico che si sbriciolò. Per avere un’idea
del fenomeno tsunami che si ebbe col Krakatoa nella sua dirompenza massima, si
cita sovente una nave da guerra che fu presa dalle onde e deposta a più di due
chilometri all’interno della giungla.
Alla stregua del Krakatoa bisogna citare la più
remota eruzione di Thera (Santorini) verificatasi nel 1650 a.C. in
Grecia. Pare che questa sia stata l’eruzione più potente in assoluto almeno
negli ultimi diecimila anni, che causò anche uno tsunami che è indicato come
fattore predominante della forse leggendaria e rovinosa caduta di Atlantide. Di sicuro le onde
spazzarono violentemente l’isola di Creta e con essa la civiltà minoica che si
dissolse probabilmente anche per i frequenti terremoti che flagellavano l’area.
Da questa eruzione comunque, si formarono onde di maremoto che raggiunsero pure
l’Italia nel settore rivolto a est. Il distretto di Santorini e dintorni è
ancora oggi da tenere sotto strettissima osservazione…
L’ultimo grande maremoto generatosi nel
Mediterraneo orientale per effetto di un forte sisma (8° Richter), fu quello
che si sviluppò nei pressi dell’isola di Rodi l’8 agosto 1303.
Le conclusioni che possiamo trarre vanno nella
direzione che anche il mare
nostrum può essere
interessato da onde di maremoto, anche se l’oceano Pacifico rimane il luogo
preferenziale di formazione di questo spettacolare e micidiale fenomeno che
acquista vigore dalle profondità marina.
Nel Mediterraneo le sorgenti che possono generare
maremoti sono abbastanza vicine alla costa. Quindi, sensori di allarme o altri
sistemi tecnologicamente all’avanguardia che in altri luoghi si rivelano molto
utili per la salvaguardia delle collettività rivierasche, da noi devono fare i
conti con tempi troppo stretti per essere di una certa efficacia protettiva per
le popolazioni costiere. Questo significa che bisogna lavorare intanto sulla
prevenzione evitando di costruire strutture particolarmente importanti in
prossimità dei litorali esposti. La centrale di Fukushima ad esempio, forse
andava edificata nell’entroterra.
Le scogliere o altre barriere possono se non
difendere almeno mitigare gli effetti delle onde di tsunami,soprattutto per i punti
più vulnerabili della costa. Le case in cemento armato resistono meglio al
passaggio dell’acqua, così come sui litorali indifesi risulta provvidenziale
non costruire al piano terra.
Generalmente il ritiro improvviso ed esteso delle
acque (anche il contrario) dal bagnasciuga potrebbe essere un indicatore di rischio, mentre la
notizia di forti scosse di terremoto localizzate in mare, dovrebbe indurre la
popolazione esposta a prestare attenzione ad eventuali comunicati radio di
allarme.
La possibilità di sfruttare l’energia geotermica
dai fluidi caldi che circolano nel vulcano sottomarino Marsili è un bel
progetto. L’utilizzo della geotermia in mare aperto potrebbe mitigare i
pericoli derivanti dal riporto in superficie di sostanze non proprio innocue
contenute nelle acque minerali calde, anche se il processo necessita di una
valutazione d’impatto ambientale.
Il problema del Marsili nella faccenda del geotermico e dei tsunami, sono i
costoni instabili e scoscesi del vulcano sommerso, soggetti alla permanente forza di
gravità. Un loro distacco per motivi naturali o artificiali potrebbe generare
una frana dagli esiti incerti a proposito della formazione di un maremoto. Per
avere un quadro ineccepibile sui livelli di rischio legati al deepwater drilling,
abbiamo formulato un preciso quesito all’INGV nel mese di agosto. Siamo in
attesa di una risposta che quando arriverà pubblicheremo.
Per quanto riguarda la scelta di Salerno come luogo
dove si svolgerà tra pochi giorni l’esercitazione di protezione civile TWIST (Tidal Wave in southern Thyrrenian
sea), la statistica degli eventi
depone a sfavore della panoramica città. E’ la Sicilia ad essere soggetta
particolarmente al rischio maremoto. Basta vedere la cartina in basso che
abbiamo introdotto nell’articolo per lasciare intuire anche visivamente che la
Trinacria è esposta ai possenti fenomeni dell’arco ellenico, sede di grande
instabilità geologica, a quelli dell’arco calabro ed ancora a quelli
dell’arco eolico, comprensivo appunto dei vulcani Marsili, Palinuro,ecc…
Lo stretto di Messina poi, rappresenta certamente
una strettoia geografica dove le eventuali onde di maremoto provenienti non
solo da est, potrebbero aumentare la loro altezza.
La campagna informativa “Maremoto: io non rischio!”
che precede il momento esercitativo, avrebbe avuto quindi una maggiore enfasi
se si fosse svolta nella località italiana maggiormente e realmente sferzata da
questo fenomeno nel passato, cioè la Sicilia orientale con le città di Catania,
Messina, Augusta e Siracusa. Fermo restante che anche nel Tirreno meridionale
il rischio maremoto comunque sussiste, anche se non ci sembra immediatamente
evincibile dalla letteratura scientifica una storia pregressa di onde
particolarmente alte e invadenti.Il futuro però, e lo riconosciamo, è sempre
un'incognita anche geologicamente parlando...
Probabilmente la città di Salerno è stata indicata centro
dell’esercitazione per sopperire a esigenze di varia natura che poco hanno a
che fare con gli scenari tsunamici. Alla stregua del centro direzione e comando
(DICOMAC) che sarà installato sulla litoranea (stadio Arechi) a pochi passi dal
mare. Una decisione, si legge nel depliant, condizionata dalle esigenze
esercitative. Quindi, la scelta delle tende pneumatiche è solo un caso…
la distanza tra il vulcano Palinuro (zona centrale) e Capo Palinuro è di 36 miglia circa (67 Km.) Tra il vulcano Palinuro e la città di Salerno siamo nell'ordine delle 70 miglia (130 Km.)
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