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mercoledì 13 maggio 2020

Rischio Campi Flegrei: le incognite e il sopravvivere... di MalKo



Campi Flegrei

Il 26 aprile nel distretto vulcanico dei Campi Flegrei, a ridosso del punto strategico di Pisciarelli, si è manifestato uno sciame sismico misurato in 41 eventi localizzati a profondità oscillanti tra 1.0 e 2.7 km. L'evento delle ore 02:59 di Md. 3.3, è stato il più forte mai registrato dal 1985 (dati Osservatorio Vesuviano). In contemporanea la notte del 27 una serie di sismi a bassa magnitudo ha interessato il Vesuvio. Il 10/05/2020, un ulteriore sciame sismico ha colpito la zona dei Campi Flegrei, con scosse protrattesi per una decina di minuti, non intense ma continue, con i diagrammi che suggerivano una sorta di tremore litosferico localizzato… 
Essere un abitante dei Campi Flegrei ci rendiamo conto che non è semplice. Fino a quando il problema tellurico lo si associava al solo fenomeno bradisismico, vivere lontano dal rione Terra poteva sembrare una misura sufficiente per ritenersi al sicuro dal dissesto dei fabbricati collocati sulla gobba litosferica. Successivamente ci si è resi conto che tutta l’area flegrea è sottoposta a un rischio ben maggiore che è quello vulcanico: una scoperta un po’ tardiva. D’altra parte se avessero riflettuto bene sul dato geologico, non avrebbero costruito complessi residenziali per spostare la popolazione dalla zona rossa bradisismica alla zona rossa vulcanica. Così come non avrebbero collocato la sede dell’Osservatorio Vesuviano all’interno del recinto calderico.
Le operazioni di messa in sicurezza dei Campi Flegrei hanno richiesto la necessità di stabilire un’eruzione massima di riferimento da cui difendersi. A tal proposito alcuni ricercatori dell’INGV hanno elaborato un prospetto statistico assegnando percentuali probabilistiche ad ogni specifica tipologia eruttiva: da questa tabella gli scienziati della commissione grandi rischi hanno concluso che una eruzione sub pliniana (VEI4), alla stregua di quanto è stato deciso per il Vesuvio, è l’eruzione massima di riferimento.
Statistica tipologia eruttiva Campi Flegrei

Sull’ipotesi di pericolo appena formulata, è stata quindi circoscritta la zona rossa flegrea e sono stati elaborati i piani di emergenza e di evacuazione. Un evento vulcanico VEI 4 in ogni caso non è una passeggiata e comporterebbe la produzione di colate piroclastiche che potrebbero colpire entro un raggio di 7 - 10 chilometri dal centro eruttivo, con qualche rallentamento offerto dalla barriera di fabbricati e orli collinari. Quale sia questo centro eruttivo non è dato saperlo, e non si può neanche escludere matematicamente che possano essere più di uno. Sempre nel campo delle incognite, precisiamo ancora una volta che non si sa quando si verificherà la prossima eruzione e con quale intensità si presenterà.  
In tutti i casi l’Osservatorio Vesuviano prevede di prevedere l’approssimarsi di una eruzione con almeno 72 ore di anticipo, anche se non ci sono elementi deterministici su cui fondare questa certezza. In controtendenza, un articolo pubblicato sulla rivista focus il 30 settembre del 2015 aveva questo titolo: Eruzioni vulcaniche: i Campi Flegrei non "avvisano".  Nel lavoro alla base di questa affermazione, in linea generale c’è il concetto che un’eruzione può essere il frutto di combinazioni chimiche dettate da differenti magmi che s’incontrano, e che danno vita a quelle reazioni che promuovono in poche ore spinte in alto della massa incandescente.
Il fatto che non ci sia un apparato montuoso che sovrasti il magma e che la superficie crostale flegrea sia in qualche modo e nei secoli provata nella compattezza dalle intrusioni magmatiche, dai sismi, dai moti bradisismici e ancora dall’azione chimica degli acquiferi surriscaldati, se non da tutti questi elementi messi insieme, potrebbe essere un fattore importante che si offrirebbe a diverse interpretazioni. Alcune pubblicazioni accennano a questi elementi snervanti che cagionerebbero una minore resistenza del coperchio calderico. Non è chiaro però, cosa comporti questa condizione, in quanto tutti gli studi raccontano di questi processi, ma senza riportare nel merito alcuna conclusione.
Nei Campi Flegrei un’eruzione manca da circa 500 anni: un periodo sufficientemente lungo da rendere probabilmente possibile qualsiasi congettura sul pericolo vulcanico. D’altra parte quello che ci sembra fondamentale nei processi eruttivi, è quello che succede nel dinamico sottosuolo chilometrico: luogo madre di tutte le eruzioni. Riuscire a cogliere nel futuro prossimo una immagine tridimensionale della camera magmatica flegrea, consentirebbe di avanzare ipotesi maggiormente corrispondenti alla realtà geologica di questa particolare area calderica.  
La buona riuscita di un piano di emergenza comprende due fattori fondamentali: il primo è senz’altro la previsione dell’evento vulcanico. Si raggiunge questo risultato in genere facendo affidamento sulle notizie che ci pervengono dagli annali delle eruzioni precedenti, soprattutto per la parte prodromica degli eventi. Un database contenente la misura fisica e chimica di tutti i fenomeni pre eruttivi del passato aiuterebbe moltissimo, perché sarebbe maggiormente agevole la comparazione e l’intreccio dei dati: in una parola il processo si chiamerebbe esperienza... Al superamento di quelli che si ritengono misure strumentali limite, scatterebbe un crescente allarme che non è mai meccanico ma umano, ancorché frutto delle interpretazioni e dei consulti che nel nostro sistema operativo avvengono all’interno della commissione grandi rischi. L'allarme scientifico non corrisponde all'allarme civico, perchè il pulsante dell'evacuazione è nelle sole competenze del Presidente del Consiglio.
In realtà per i Campi Flegrei non c’è un database pregresso, e la caldera presenta diecine di bocche eruttive monogeniche, con l’ultima eruzione datata 1538, cioè 250 anni prima della rivoluzione francese. Si comprende bene allora, che gli elementi su cui basare proiezioni predittive non ci sono, o quantomeno sono estrapolate da altre realtà calderiche esistenti sul Pianeta, ma non da quella che abbiamo sotto i piedi.
Il secondo elemento fondamentale per la pratica di salvaguardia della popolazione è l’organizzazione nazionale, regionale e comunale di protezione civile, che, in caso di pericolo, deve essere capace di allontanare il più presto possibile gli abitanti del flegreo dalla zona rossa. I piani di emergenza che servono nel nostro caso a definire modi e mezzi di trasporto per evacuare in 72 ore i circa 550.000 residenti dei Campi Flegrei, presentano ad oggi strategie molto discutibili, che sembrano frutto di un mero esercizio aritmetico piuttosto che una reale formula per assicurare nel concreto la salvaguardia dei cittadini.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, in un contesto di allarme vulcanico pensare di organizzare un servizio navetta che dalle aree di attesa del centro di Pozzuoli trasferisca circa la metà della popolazione puteolana alla stazione di Napoli per prendere posto sui treni freccia rossa, è una strategia non impossibile ma decisamente traballante. Infatti, dal caos allarmistico comunale si procederebbe verso il caos urbanistico napoletano, soprattutto se tale movimentazione di genti avverrebbe in un contesto di prodromi pre eruttivi come quelli sismici. Riteniamo probabile una rivisitazione di questo piano, dove la metropoli napoletana si vedrà collocata in buona parte nella zona rossa, comprendente anche la stazione ferroviaria di Piazza Garibaldi che non può essere un punto d’incontro ma solo di attesa per i partenopei che orbitano in quella zona. Quindi, la strategia oggetto dell’esercitazione Exe Flegrei 2019 a nostro avviso è più che discutibile…
Zona Rossa Campi Flegrei
Pozzuoli è il comune flegreo più popolato ed è anche quello soggetto alle manifestazioni di vulcanesimo più evidenti. Escludere come è stato fatto per Torre del Greco nel vesuviano, l’utilizzo dei mezzi marittimi a basso pescaggio come i catamarani e le monocarene per evacuare la zona porto e il circondario, è una scelta operativa francamente incomprensibile. L’ipotesi di un rigonfiamento del fondale marino diverso dal bradisismo, che è un fenomeno lento, qualora dovesse presentarsi non sarebbe così repentino da cogliere alla sprovvista il sistema di sorveglianza scientifica. Diversamente, l’Osservatorio Vesuviano dovrebbe restituire le apparecchiature super tecnologiche disseminate in ogni dove in terra e nel mare calderico, perché promettevano con questi strumenti anche spaziali, precisioni estreme, tali da rilevare le sollecitazioni dovute al passaggio dei Paguro Bernardo sui fondali di Bacoli. Quindi è molto difficile, si presume, essere colti alla sprovvista.
La caldera flegrea ha un raggio medio tra i 12 e i 15 chilometri. Premesso che un’eruzione dalla potenzialità sub pliniana (VEI4) può creare problemi seri entro i 7 -10 chilometri dal centro eruttivo e sottovento ad esso, tutta la circonferenza flegrea a questo punto è da considerarsi a rischio ed è quindi zona rossa.  Per spostare la popolazione dal pericolo vulcanico, i tecnici delle emergenze generalmente preferiscono tenere aperti tutti i possibili canali di trasporto senza stroncature preventive. Le orme che lasciarono circa quattromila anni fa i nostri avi del bronzo antico sulla cenere appena depositatasi nella zona a nord del Vesuvio, lasciano intendere quale sia l’ultima risorsa disponibile per allontanarsi dalla minaccia vulcanica. Migliaia di anni fa, essere runners era l’unica, e non l’ultima risorsa disponibile per mettersi al sicuro…  
Un uomo in discrete condizioni fisiche riesce a percorrere una distanza di circa 5 chilometri ogni ora. Ne consegue e come ultima ratio ai sistemi di mobilità previsti, che in 2 ore…diciamo 3, dovrebbe essere possibile porsi in salvo.  Ovviamente per i vecchi e i bambini, e gli allettati e i malati, questa opzione non è perseguibile. Questo spiega perché, semmai la fase di attenzione dovesse acuirsi, spostare le persone più deboli in luogo sicuro fuori area calderica, è la premessa necessaria per garantirsi una maggiore possibilità di manovra. La seconda è di non curarsi dei beni materiali. La lapide posizionata nel 1632 sulla strada principale di Portici, esattamente l’anno successivo alla devastante eruzione VEI4 del Vesuvio, recita appunto questo salutare principio…









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